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(Adnkronos) - "Eravamo schiacciati da troppi debiti, avevamo deciso di suicidarsi insieme". Un patto suicida sarebbe alla base della tragedia scoperta nella stanza 186 del residence Ferrucci di Prato, dove nella mattina di venerdì 25 luglio è stato trovato morto Maurizio Drovandi, 52 anni, dipendente della filiale pratese del Monte dei Paschi di Siena, mentre il compagno Marco Vitali, 55 anni, è rimasto ferito. Vitali, ascoltato dagli inquirenti, ha raccontato che entrambi avevano deciso di togliersi la vita tagliandosi la gola per motivi economici legati a debiti e problemi di dipendenza dalle droghe. Secondo il racconto di Vitali, ricoverato all'ospedale Santo Stefano con ferite lievi, avrebbero deciso di suicidarsi insieme perché sopraffatti da una grave crisi economica legata a debiti contratti per l'acquisto continuativo di sostanze stupefacenti. La coppia, risultata legata da un vincolo affettivo da un decennio, avrebbe tentato di far fronte ai debiti vendendo le proprie abitazioni e l'attività di fornaio gestita da Vitali, senza riuscire a risanare la situazione, come ha raccontato il ferito al procuratore Luca Tescaroli. Nella stanza dove è avvenuta la tragedia sono stati rinvenuti due biglietti manoscritti con una frase che reciterebbe: "Abbiamo deciso insieme. Non fate funerali, donate gli organi". Le firme, che sembrano appartenere a entrambi, sarebbero però vergate dalla stessa mano, dettaglio che gli inquirenti stanno approfondendo con accertamenti grafologici. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio e mantiene aperte tutte le ipotesi investigative, anche in considerazione dello stato della stanza al momento del ritrovamento: disordine e segni di una possibile colluttazione, con il corpo di Drovandi trovato in parte sotto il letto. "Le investigazioni in atto sono tese a verificare la causa della morte e del ferimento", ha spiegato il procuratore Tescaroli in un comunicato. Le indagini sono affidate alla squadra mobile della questura. Allo stato, si è appurato che il decesso di Drovandi risale alla giornata di mercoledì scorso. Lunedì 28 luglio verrà conferito l'incarico per procedere all'autopsia. Il tragico fatto è avvenuto nello stesso residence dove, solo due mesi fa, era stata vista viva per l'ultima volta Maria Denisa Paun Adas, la escort trentenne romena successivamente ritrovata morta nei pressi di un edificio abbandonato nelle campagne di Montecatini Terme (Pistoia). Per quel delitto è stato arrestato e ha confessato il connazionale Vasile Frumuzache.
(Adnkronos) - I lavoratori specializzati sono sempre più introvabili: lo confermano i dati pubblicati da Unioncamere e il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024 ammonta al 47,8% la difficoltà di reperire personale, in aumento del 2,7% rispetto al 2023. Tra le regioni più in difficoltà ci sono Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia con il 65% circa di lavoratori introvabili; seguono Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte – Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, con il 61,7% e la Lombardia con 61,2%. A pesare su questa carenza il mismatch tra scuola e lavoro, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, ma anche il cosiddetto paradosso del ‘grande spreco’ rappresentato dai giovani inattivi, che riguarda un quarto dei giovani tra 25 e 34 anni. Ne parla con Adnkronos/Labitalia l’imprenditrice piemontese Paola Veglio, amministratore delegato di Brovind, attiva nel mondo dell’automazione industriale, che da anni denuncia la difficoltà a trovare giovani lavoratori. Nel suo caso, il problema è acuito dalla particolare dislocazione geografica della sua azienda: il piccolo borgo di Cortemilia, nell’Alta Langa, lontano dai servizi offerti dalle grandi città. “Impazzire per trovare lavoratori qualificati - spiega - è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. Penso sia sempre più importante che tra scuola e tessuto imprenditoriale ci sia maggior vicinanza, in modo che i giovani possano toccare con mano cosa significhi lavorare in azienda. I percorsi di stage o l’alternanza scuola lavoro sono utili ma non sufficienti. Dovrebbe esserci una maggior presenza fisica dei ragazzi sul luogo di lavoro, per capire cosa si faccia realmente, in modo che una volta preso il diploma possano avere le idee più chiare su ciò che vorranno fare. Sto lavorando concretamente per ridurre questo gap, costruendo un dialogo produttivo con le scuole tecniche del territorio. Spero che anche altre aziende vorranno fare altrettanto”. “Brovind - sottolinea - vive un duplice problema, da un lato fatica a trovare personale qualificato, dall’altro i giovani sono poco inclini a lavorare in un piccolo borgo. Per queste ragioni cerchiamo di far coincidere le esigenze del welfare aziendale con quelle del welfare territoriale. Con la crescita dell’organico, in Brovind la mensa era diventata troppo piccola, ma il territorio non offriva soluzioni utili per agevolare la pausa pranzo. Per questo, ho ristrutturato e riaperto un ristorante pizzeria chiuso da anni che ospita 60 dipendenti a mezzogiorno, ma accoglie anche i cittadini e i turisti del borgo. Grazie agli sforzi del comune, finalmente a Cortemilia è presente un asilo nido e Brovind paga la retta ai figli dei propri lavoratori”. “Da qualche anno - racconta - il mondo del lavoro è cambiato: oggi sono le persone a scegliere l’azienda in cui lavorare. È più difficile agganciare i giovani, perché il loro modo di pensare è diverso dalle generazioni precedenti; finché non entreremo in sintonia con loro sarà difficile coinvolgerli. Si potrebbe partire da una narrazione diversa del lavoro in fabbrica, oggi sempre più tecnologicamente sofisticato, per riqualificare l’immagine dell’operaio e renderla più interessante”. “Ci vorrebbero più incentivi - sottolinea l’imprenditrice - per assumere i giovani e dovrebbe essere reintrodotta l’opportunità ai minorenni di partecipare agli stage estivi: oggi i ragazzi hanno a disposizione solo l’esperienza di alternanza scuola-lavoro e spesso arrivano ai 18 anni completamente spaesati e senza avere la minima idea di come funzioni il mondo lavorativo. Il paradosso - ammette - di un’Italia che non trova lavoratori mentre i giovani restano ai margini dovrebbe farci riflettere: forse non sono loro a essere lontani dal lavoro, ma il lavoro a non parlare più la loro lingua. Se vogliamo che borghi storici come Cortemilia continuino a vivere, serve più coraggio nel ripensare il lavoro: renderlo accessibile, umano e connesso al futuro delle nuove generazioni, non al passato delle imprese”.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.