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(Adnkronos) - Dati e numeri della professione infermieristica sono online nel DataCorner, nuova sezione del sito della Federazione nazionale Ordini delle professioni infermieristiche (fnopi.it). Raccoglie le edizioni del Rapporto Fnopi-Sant'Anna e i dati provenienti dall'Albo unico nazionale, estratti ed elaborati, con cadenza semestrale, dall'Ufficio Servizi informativo e dall'Ufficio Stampa e comunicazione della Federazione. Al 30 giugno 2025 - si legge nel sito - l'Albo unico nazionale registrava 461.313 iscritti, che comprendono: infermieri che lavorano nel Servizio sanitario nazionale o nelle strutture private convenzionate, quelli che svolgono attività di libera professione e coloro che non esercitano la professione ma che continuano a restare iscritti all'Albo. L'età media è di 46,5 anni, c'è una netta prevalenza femminile (76,42% donne e il 23,58% uomini) e si contano 8.901 infermieri pediatrici. Ma 461.313 infermieri sono tanti o sono pochi in relazione alla popolazione italiana? Rispetto ai quasi 59 milioni di cittadini (dati Istat 2025), gli infermieri ogni mille abitanti, dato internazionalmente riconosciuto come parametro per valutare una adeguata presenza di professionisti, sarebbe al momento di 7,8. Si scopre così un dato che sarebbe allineato a quello degli ultimi 25 anni - sottolinea la Federazione Ordini - e darebbe una crescita pressoché costante dello 0,1% ogni anno prendendo in considerazione la serie pubblicata da Ocse-Oecd annualmente dal 2000 a oggi e basata anch'essa sull'Albo unico nazionale Fnopi. Ma è una crescita sufficiente? Grazie a i dati disponibili, si può formulare una risposta. Come si legge nel sito Fnopi, "prima di rispondere a questa domanda dobbiamo prendere in considerazione altri due dati. Innanzitutto, come illustrato dal primo Rapporto sulle professioni infermieristiche realizzato da Fnopi e da Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, che ha analizzato e incrociato dati dal 2022 al 2024 provenienti da numerose fonti ufficiali, per avere un parametro più stringente relativo ai bisogni di salute e alle relative politiche pubbliche va preso in considerazione anche il dato di chi svolge la professione nelle strutture sanitarie pubbliche. Dunque, stando al conto annuale del personale del Servizio sanitario nazionale realizzato dalla Ragioneria generale dello Stato su dati 2022, il numero di infermieri ogni mille abitanti in Italia è di 4,79". Il secondo elemento che va tenuto presente rispetto alla progressione, seppure lenta, ma costante, di questi numeri negli anni - spiegano gli infermieri - è quello relativo all'evoluzione demografica della popolazione. Osservando i dati Istat, se nel 2001 si potevano trovare 125 infermieri ogni mille cittadini over 80, nel 2001 questo rapporto era sceso a 109 ed è precipitato a 99 nel 2024, con una riduzione di oltre il 20% in poco più di 20 anni. Un rapporto che è destinato a crollare ulteriormente vista la bassa natalità e l'aspettativa di vita così elevata degli italiani. E nel resto del mondo? Con i dati Ocse-Oecd "possiamo spostare lo sguardo sui principali Paesi europei e del G7 e notare che dal 2012 al 2021 il divario dell'Italia con gli altri non abbia fatto che allargarsi. Con l'Italia ferma su dati tra 6 e 7 infermieri ogni mille abitanti, Usa e Germania sono passati da 10 a 12, il Regno Unito e la Francia sopra gli 8, mentre la Spagna ci ha raggiunto, pur partendo da valori molto più bassi. La media Ue fissata al 2024 e analizzata nel Rapporto Sant'Anna vede il dato di 8,4 infermieri ogni mille abitanti, con l'Italia in fondo alla classifica". Alla luce di questi dati, "in Italia il numero di infermieri va aumentato in maniera notevole e molte misure, promosse da Fnopi, in questi anni, e messe in campo dal Governo e dalle altre istituzioni, vanno in questa direzione - sottolinea la Federazione - Ma oltre ad aumentare il numero di infermieri, è decisivo limitare le cessazioni: un primo segnale incoraggiante in questi anni sembra potersi registrare. Infatti, dopo anni in cui questo dato era in costante crescita, l'Albo unico nazionale Fnopi registra un calo negli ultimi 3 anni consolidati con: 11.589 cancellazioni nel 2022, 11.282 nel 2023 e 10.230 nel 2024". Un dato in diminuzione che sembra andare a confermarsi nel corso del 2025, con i primi 6 mesi (gennaio-giugno) che registrano 2.502 cancellazioni.
(Adnkronos) - Risparmiare sui dazi? Una 'mission possible' per ExportUsa - società specializzata nello sviluppo commerciale sul mercato americano, attiva da oltre 20 anni con sedi a New York, Dayton (Ohio), Miami (Florida), Rimini (Italia) e Bruxelles (Belgio) - che ha appena lanciato uno Sportello dazi, dedicato proprio alle aziende italiane che esportano negli Stati Uniti e vogliono orientarsi tra categorie doganali, tariffe e regolamenti complessi. Lo sportello (dazi@exportusa.us) fornisce consulenza su classificazioni doganali corrette, simulazioni di costo e strategie per evitare errori che portano a dazi cumulativi. Per affrontare questa 'spada di Damocle' che pende sulle imprese italiane esportatrici, infatti, è fondamentale gestire l’export in modo consapevole e strategico, e in qualche caso si può trovare il modo per risparmiare in modo consistente. Come dire: trasformare un ostacolo in opportunità. A spiegarlo, in un'intervista a Adnkronos/Labitalia, è il presidente di ExportUsa, Lucio Miranda. Si parla spesso di dazi quando si discute di esportazioni verso gli Stati Uniti. Perché questo tema è così centrale oggi? "I dazi sono senza dubbio uno dei temi più caldi nel commercio con gli Usa, e lo sono ancora di più da quando Donald Trump ha iniziato a sfidare i partner europei. Ne parlano i media di tutto il mondo, ma nonostante questo molte aziende italiane che vogliono esportare negli Stati Uniti si trovano ancora in difficoltà su un aspetto fondamentale che sta a monte: il calcolo corretto del dazio. Molte volte manca una strategia chiara. Le imprese si affidano a procedure frettolose o a soggetti esterni che, comprensibilmente, non hanno a cuore il risparmio per l’azienda. Il risultato è che spesso si pagano più dazi del necessario". E' da qui che nasce l’idea dello Sportello dazi Usa di ExportUsa (dazi@exportusa.us). Come funziona? "Abbiamo creato uno sportello dedicato, già attivo e contattabile alla mail dazi@exportusa.us, proprio per supportare le aziende italiane nel districarsi tra categorie doganali e le tariffe. È un servizio di consulenza che nasce dall’esperienza quotidiana sul campo. Niente teoria astratta, andiamo dritti al punto: aiutare le imprese a risparmiare, anche cifre molto consistenti, grazie a un protocollo d’importazione sviluppato insieme a uno studio legale americano esperto di diritto doganale". Quali sono gli errori più comuni che riscontrate tra le aziende italiane? "Il primo è delegare in bianco il calcolo del dazio allo spedizioniere. Lo capisco: le imprese vogliono semplificare il processo. Ma lo spedizioniere tende a scegliere l’opzione più prudente per evitare contestazioni, e questo ha un costo. Il nostro consiglio è chiaro: non delegare alla cieca, ma seguire da vicino la classificazione delle merci e verificare sempre i codici utilizzati". E i Codici doganali sono gli stessi in Europa e negli Usa? "Molti pensano di sì, ma non è vero. Le prime quattro cifre del sistema armonizzato sono uguali, ma le successive sei cambiano. Ed è proprio lì che si gioca la partita del risparmio. Una classificazione più accurata può abbassare di molto l’aliquota applicata. Ignorare questa differenza significa esporsi a un’imposizione più elevata, del tutto evitabile". Quindi tutto parte da una corretta classificazione delle merci? "Direi di sì: è il primo passo per un calcolo doganale corretto. Ma non è banale: non si tratta solo di descrivere il prodotto, ma di capire come viene classificato secondo la logica americana, che non sempre coincide con quella europea. Gli Usa seguono criteri rigorosi, e spesso un errore porta a pagare dazi più alti. Noi aiutiamo le aziende a utilizzare strumenti ufficiali come i pareri vincolanti della dogana americana, che offrono chiarezza e sono fondamentali in caso di dubbi". E, concretamente, quanto si può risparmiare seguendo questi consigli? "Dipende da diversi fattori: volume della merce, dazio medio applicato e costo industriale del prodotto. Ma parliamo di cifre davvero significative. Un’azienda che esporta imbarcazioni, cosmetici o integratori per un valore annuo di 12 milioni di dollari, con un costo di produzione del 40% e un dazio medio del 10%, può risparmiare 500.000 dollari in un anno, 1,7 milioni in tre, fino a 2,9 milioni in cinque anni. Anche nel settore dei macchinar i margini ci sono. Se un’azienda esporta 15 milioni di dollari l’anno, con un costo industriale del 60% e un dazio medio del 14%, il risparmio può arrivare a 400.000 dollari in un solo anno e 2,5 milioni in cinque anni". Come si svolge il lavoro dello sportello? "Facciamo simulazioni caso per caso, valutando tutti i parametri rilevanti. Molti imprenditori stanno aspettando il primo agosto nella speranza che i dazi vengano cancellati. Ma il dazio del 30% annunciato da Trump è ancora solo un’ipotesi. Quello che è molto più probabile è che il 10% diventi la nuova base di partenza. Aspettare senza muoversi non è una strategia". Quindi il suo consiglio finale per le imprese italiane? "Essere proattivi. Non aspettare che la situazione cambi da sola, ma gestire l’export in modo consapevole e strategico. I dazi sono un costo, ma non sono inevitabili. Con le giuste competenze e strumenti, si possono ridurre in modo importante. Lo Sportello Dazi nasce proprio per questo".
(Adnkronos) - “Iren è una società all'avanguardia in termini di innovazione e sostenibilità, molto radicata sul territorio. Il ritorno in Italia con il suo programma Emtn di 5 miliardi ci inorgoglisce. Si inserisce all'interno della nostra iniziativa di rimpatrio degli emittenti obbligazionari su borsa italiana”. A dirlo Maurizio Pastore, responsabile della quotazione debito e fondi per il gruppo Euronext, in occasione della ‘Ring the Bell Ceremony’ organizzata a Palazzo Mezzanotte da Iren. È stata l’occasione per celebrare la costituzione del nuovo Programma Emtn (Euro Medium Term Notes). Iren ha rinnovato il proprio Programma incrementando l’ammontare massimo da 4 a 5 miliardi di euro. Il Prospetto informativo relativo al Programma è stato approvato da Consob e ha ottenuto il giudizio di ammissibilità alla quotazione sul Mercato telematico delle obbligazioni (Mot) da parte di Borsa Italiana. “Il mercato obbligazionario è in crescita - prosegue Pastore - c'è molta domanda da parte degli investitori e un'offerta importante anche di emittenti. Su questa base abbiamo insistito per rimettere Borsa Italiana e il mercato del capital market italiano al centro dell'attenzione”. I risultati non si sono fatti attendere: “Da novembre 2024 ad oggi, sono tornati 15 emittenti con programmi da circa 120 miliardi di cui già 9 emessi. Pertanto è importante rivitalizzare questo settore dove eravamo già forti” conclude.