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(Adnkronos) - "La poliposi nasale in realtà non è una malattia del naso, è una malattia sistemica con delle manifestazioni nasali. Spesso si associa anche ad altri sintomi sindromici, quindi notevolmente importanti come l'asma bronchiale, come la dermatite atopica, sono tutte malattie che afferiscono a cosiddette infiammazioni di tipo 2, cioè una reazione da ipersensibilità. E' una reazione da ipersensibilità nei confronti di alcune sostanze presenti nell'ambiente con cui il paziente entra in contatto. Per cui il problema di accanirsi sul naso per liberarlo dai polipi può essere poco soddisfacente se non si va ad intervenire sulle cause che promuovono la formazione primaria dei polipi nel naso. Ecco perché è bene, oltre agli interventi chirurgici, mettere in atto una serie di provvedimenti di tipo diagnostico, ma anche terapeutico, che volgono a mitigare il quadro delle infiammazioni di tipo 2". Così Marco Radici, direttore della Uoc di Otorinolaringoiatria dell'ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina - Gemelli Isola di Roma, all'Adnkronos Salute interviene su uno dei temi centrali del Congresso Sio, Società italiana di otorinolaringoiatria, in programma a fine maggio a Padova. (Video) La poliposi nasale, che può diventare sinusite cronica, è una patologia che "interessa circa un 12-13% della popolazione italiana, quindi un numero relativamente alto - illustra Radici - La diagnosi, in alcuni casi, viene posta occasionalmente, nel corso di visite otorino-laringoiatriche richieste per altri motivi come cefalea o disturbi dell'olfatto. La terapia biologica ha sicuramente migliorato la qualità della vita" grazie alla "capacità di agire" sui meccanismi della "flogosi di tipo 2, cioè di eliminare o, perlomeno, di controllare le cause che promuovono la formazione dei polipi nel naso, e quindi l'ostruzione respiratoria, ma anche l'asma bronchiale grave e la dermatite atopica". Il passaggio alla terapia con farmaci biologici - tecnologicamente avanzati e come tali costosi quindi di alto impatto sulla spesa sanitaria - è indicato "soltanto dopo il fallimento di terapie convenzionali di tipo medico o chirurgiche, con recidiva - chiarisce l'esperto - Bisogna sicuramente fare dei passaggi graduali nella scelta delle terapie, ma è chiaro che, nei casi gravi, in cui c'è una tendenza alla recidiva dopo la chirurgia, o anche una cattiva risposta al trattamento medico convenzionale, la terapia biologica rappresenta un'ancora di salvezza per questi pazienti che migliorano considerevolmente il loro pattern di vita quotidiana, riducendo la spesa relativa alle giornate di lavoro perse a causa delle riacutizzazioni, ma anche per una migliore performance diurna legata a una migliore condizione del riposo notturno. Il paziente che respira bene col naso - precisa Radici - sicuramente riposa meglio di chi ha il naso ostruito e che tende ad avere problemi di ossigenazione". Il trattamento con farmaci biologici "è ormai uno degli argomenti centrali dei nostri incontri scientifici - sottolinea l'esperto - per l'impatto che effettivamente hanno avuto sulla patologia di interesse otorinolaringoiatrico, pneumologico, gastroenterologico, dermatologico e su tutto un vastissimo panorama di affezioni che un tempo erano trattate quasi esclusivamente con farmaci corticosteroidei". Anche per questo "all'interno dei nostri incontri, e in particolar modo del Congresso nazionale, la terapia biologica occupa un ruolo centrale".
(Adnkronos) - Il disegno di legge che prevede la partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati dell’impresa sta seguendo il suo iter parlamentare e potrebbe diventare legge molto presto. Si tratta di un tema storico per il nostro Paese, sul quale anche i direttori del personale hanno espresso il loro pensiero. L’88% di loro, infatti, ritiene che il tema sia molto importante per lo sviluppo e il successo delle aziende e, di questi, il 33% dichiara che la proposta è molto utile. Nel merito della proposta di far partecipare i lavoratori alla governance dell’impresa, invece, circa il 72% dei direttori del personale si dichiara favorevole. Questo è uno dei dati di fondo emersi dall’indagine sul tema curata dal centro ricerche dell’Aidp (associazione nazionale per la direzione del personale), guidato dal professor Umberto Frigelli, a cui hanno risposto oltre 600 professionisti delle risorse umane. “Il Disegno di Legge n. 1407 rappresenta un'opportunità unica per dare concretezza all'articolo 46 della Costituzione e favorire la partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. La survey condotta da Aidp evidenzia chiaramente il grande potenziale di queste pratiche. La partecipazione non si impone, si costruisce: serve un’alleanza tra istituzioni, imprese e persone, come Aidp lavoreremo per ottenere questo risultato. solo così potremo creare un modello partecipativo efficace e duraturo. Questi e tanti altri saranno i temi al centro del nostro 54° congresso nazionale del 16 e 17 maggio”, spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp. In questi anni sono state già implementate nelle aziende diverse forme e modalità di partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale. Il 30% delle aziende, infatti, ha predisposto organismi consultivi attraverso forme e processi strutturati per avanzare suggerimenti e proposte di miglioramento; il 21% circa a definito delle modalità strutturate di coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni produttive e organizzative; il 20% circa ha definito modalità consultive, non vincolanti, attraverso la partecipazione dei lavoratori a comitati paritetici su temi come formazione, piani di carriera inquadramento; il 15% ha previsto modalità di partecipazione ai profitti e l’8% alla gestione e partecipazione alla scelte strategiche. Il 69% dei professionisti HR dichiara una certa soddisfazione su tali forme di partecipazione implementate che considera efficaci e proficue. I direttori del personale che non hanno implementato la partecipazione. Tra le modalità di partecipazione sopra elencate i direttori del personale che non hanno ancora implementato nessuna iniziativa in questo senso prediligono, in grande maggioranza, le modalità consultive attraverso, processi strutturati (il 58%) o comitati paritetici consultivi non vincolanti (il 36%) su temi quali la formazione, la carriera, l’inquadramento. Quasi il 17% è favorevole alla partecipazione agli utili e il oltre il 9% alla partecipazione alle scelte strategiche. Oltre il 60% dei direttori del personale ritiene che la partecipazione dei lavoratori, nelle varie forme possibili, serva ad aumentare l’ingaggio e la motivazione; il 29% circa ad avere proposte e suggerimenti utili alla gestione e il 19% a migliorare l’efficienza dei processi aziendali. Oltre il 21%, inoltre, pensa che serva a migliorare il clima aziendale e il 12% crede che la partecipazione dei lavoratori sia utile a migliorare la governance complessiva dell’azienda. Potrebbe, infine, migliorare le relazioni sindacali per il 9% e incrementare il compenso dei dipendenti per oltre l’8% dei rispondenti. Il 54° congresso dell'Aidp dal titolo 'La Forza dell’Immaginazione', si svolgerà presso l’Allianz MiCo di Milano. Parteciperanno oltre 1.400 professionisti delle risorse umane provenienti da tutte le regioni d’Italia, 76 speaker di altissimo livello, nazionale e internazionale e una cena molto particolare con Leonardo Da Vinci, tutta da scoprire. Nella due giorni si discuterà di come la diversità culturale sia una fonte inesauribile di ispirazione e l’intelligenza artificiale, al centro della rivoluzione spazio-temporale del lavoro unita all’urgenza della sostenibilità, siano decisivi per immaginare un futuro in cui le visioni hanno il coraggio di diventare realtà.
(Adnkronos) - "Non sono ancora state accertate in maniera chiara e completa le cause di quello che è successo" ma "un fenomeno di una tale estensione ha una serie di cause e concause, non può dipendere solamente da un singolo evento. O meglio, il singolo evento può innescarla, ma è la fragilità complessiva del sistema che ha portato a conseguenze così estese". Così Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, analizza con Adnkronos la dinamica di quanto accaduto lunedì con il blackout in Spagna e Portogallo anche rispetto al dibattito che in queste ore si sta concentrando sul ruolo delle rinnovabili. "Il sistema spagnolo ha delle caratteristiche peculiari, per esempio, rispetto all'Italia ha avuto uno sviluppo delle rinnovabili molto esteso - ricostruisce Marangoni - A cui non è corrisposto uno sviluppo e un rafforzamento altrettanto robusto delle infrastrutture di rete. In più è un sistema elettrico che è non dico isolato ma quasi rispetto al resto d'Europa, cioè non ha molte connessioni con gli altri Paesi europei. Cosa invece molto diversa per l'Italia che ha diverse interconnessioni estere. Quindi, sicuramente, è una questione di fragilità complessiva del sistema". Due i temi: l'interruzione in sé, e quindi ciò che ha causato l'evento, e i tempi di ripresa del sistema. "I tempi di riavvio così lunghi pare che siano dipesi in parte dalla lentezza di rimessa in moto delle centrali nucleari, fermate quando il sistema è andato in crisi. La Spagna ha anche il nucleare, non ha il peso che ha in Francia, ovviamente. Ha una quota residuale - spiega - Normalmente il termoelettrico diverso dal nucleare, quindi gli impianti a gas, per esempio, sono impianti flessibili che hanno dei tempi di avviamento più brevi mentre il riavvio del nucleare è molto più lento". Per Marangoni, quindi, "puntare il dito solo sulle rinnovabili come unica causa di tutto l'evento non è corretto; la questione è che le rinnovabili, che in Spagna coprono una quota altissima della generazione, richiedono che ci sia anche un sistema di infrastrutture, reti, stoccaggi, adeguato". "Questo è un po' il quadro complessivo. Dopodiché in questa fase ancora non sono stati chiariti tutti i dettagli tecnici, quindi, le mie considerazioni così come quelle di altri colleghi vanno prese ancora con una certa cautela", sottolinea.