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(Adnkronos) - Lele Adani 'consiglia' Massimiliano Allegri. L'ex difensore dell'Inter, oggi opinionista televisivo in Rai e coconduttore del podcast 'Viva El Futbol', ha voluto regalare qualche indicazione tattica al nuovo allenatore del Milan, nonostante il 'dissing' degli scorsi anni. Tra i due infatti non c'è mai stato un buon rapporto, con il calcio di Allegri che è stato più volte criticato da Adani. Oggi però qualcosa sembra cambiato. In una storia pubblicata sul proprio profilo Instagram, Adani simula la disposizione del Milan in campo sul tavolo da biliardo, indicando alcuni movimenti che potrebbero favorire la fase offensiva. "Tomori si allarga sulla sinistra nella linea a tre, Saelemaekers si alza e Loftus-Cheek si accentra", spiega l'ex difensore mentre muove le palle da biliardo, "tu in questa costruzione, che deve essere vissuta meno nella propria metà campo cercando di allargarti, di aprirti e alzarti, hai la possibilità di palleggiare per arrivare all'uno contro uno". "Se a destra gioca Pulisic, più predisposto ad accentrarsi e lavora sulla trequarti. Alla prima punta, che difficilmente potrà essere Leao se vuoi palleggiare, ci arrivi diretto con scarico e attacco con gli esterni, quindi Leao è meglio sulla fascia o nella posizione di mezzo. I due mediani a fare qualità e quantità, a interrompere e costruire. Secondo me se tu riesci a premiare il lavoro sulle fasce, dove a sinistra ci sarà Estupinian", dice Adani riferendosi al terzino, successore di Theo Hernandez, appena acquistato dal Brighton, "allora può essere un'idea da approfondire, con il baricentro che dovrà aprirsi e alzarsi un po' di più. Vedrai che ci sta lavorando su questo sistema".
(Adnkronos) - Il prossimo 1° agosto rischia di segnare una data che potrebbe cambiare radicalmente l’equilibrio commerciale tra Europa e Stati Uniti: il presidente Trump ha annunciato l’introduzione di dazi del 30% su tutti i prodotti importati dall’Unione Europea. Si tratta di una misura che colpisce duramente l’export italiano proprio verso il suo principale mercato extra-Ue. Per molte imprese italiane il mercato statunitense non è solo un canale di vendita: è un vero e proprio hub operativo, con stabilimenti produttivi, reti distributive locali e trading companies controllate dalla casa madre. È in questo contesto che assume un ruolo chiave una figura spesso trascurata nella riflessione strategica, ma centrale nell’operatività quotidiana: il manager espatriato. "Nel linguaggio della geopolitica commerciale, i dazi sono spesso letti come cifre, grafici, percentuali. Ma dietro ogni percentuale c’è un ciclo produttivo da riorientare, una filiera logistica da riadattare, un prezzo da ricalibrare. E, soprattutto, persone chiamate a gestire l’impatto di questi stravolgimenti: manager e team locali, che operano in loco o controllano una regione più ampia basandosi presso la casa madre, ma in continuo e perenne movimento nella regione medesima attraverso presenze ripetute e business trip strategici. Per questo, in un momento come quello in corso, non possiamo non interrogarci sulle competenze, le responsabilità e le opportunità dei dirigenti italiani già operativi negli Stati Uniti”, spiega ad Adnkronos/Labitalia Andrea Benigni, ceo Eca Italia. Ma quante sono figure presenti negli Usa? "Non esiste in generale un censimento preciso sul numero di manager e tecnici italiani inviati stabilmente negli Usa dalle capogruppo italiane che hanno delle società controllate negli Stati Uniti. Nel 2023, lo stock italiano di investimenti diretti negli Usa ha raggiunto 49,3 miliardi dollari statunitensi, con flussi netti pari a 1,09 miliardi dollari (Fonte Ambasciata Italiana Washington). Considerando una rete di circa 3.150 filiali italiane, ciascuna con una media di 80 dipendenti, e ipotizzando che tra il 12 % e il 18 % siano figure manageriali o specialistiche, possiamo stimare con prudenza che i manager e i tecnici italiani impegnati in assegnazione ricorrente e stabile negli Usa siano compresi in un range tra 25 e 35.000 unità, occupando ruoli che vanno dal ceo al coo, dal cfo al marketing director passando per plant manager, product manager, supply chain manager e tecnologi di prodotto”. Espatriati: non più ambasciatori, ma operatori di frontiera. “In passato si tendeva a considerare gli espatriati come figure di rappresentanza, portatori della cultura aziendale all’estero", continua Benigni. "Oggi, come emerge chiaramente anche da una recente analisi McKinsey sul 'beyond expats', questi manager devono essere molto di più: operatori di frontiera, capaci di leggere i segnali del mercato americano in tempo reale, influenzare le scelte locali, e dialogare efficacemente con l’headquarter in Italia. Forse mai come in questa fase è il momento di valorizzare gli espatriati quali ambasciatori interni, facilitatori del reverse knowledge transfer: far sì che ciò che imparano sul campo ritorni in azienda come patrimonio condiviso”. E i possibili dazi rappresentano una prova di maturità per il sistema Italia. “Se da un lato il dazio del 30% impone una reazione rapida e decisa, dall’altro rappresenta anche un banco di prova per la maturità organizzativa delle aziende italiane internazionalizzate. Quelle che hanno investito in una presenza solida negli Usa, stabilimenti produttivi, centri logistici, reti di vendita locali, oggi hanno strumenti per contenere i danni", prosegue il ceo di Eca Italia. "Ma non bastano le infrastrutture: servono le persone giuste al posto giusto. È in questo contesto che i manager espatriati diventano un asset cruciale: non solo per il mantenimento dell’operatività, ma per il disegno di un nuovo equilibrio strategico tra Italia e Stati Uniti. Un equilibrio che dovrà fare i conti con normative in evoluzione, consumatori più esigenti e supply chain sempre più frammentate”, continua. E Benigni sottolinea come in questo scenario complesso esiste una norma che può venire incontro alle imprese italiane. "Nel contesto attuale di incertezza geopolitica e riorganizzazione delle filiere internazionali, molte aziende italiane -spiega- con presenza diretta negli Stati Uniti stanno valutando piani di localizzazione di propri manager presso le controllate americane. In questo scenario, una disposizione spesso trascurata può rappresentare un prezioso strumento di semplificazione per i dipartimenti risorse umane: si tratta dell’articolo 7 par. 3 della Convenzione bilaterale di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti. Questa norma prevede l’obbligo, in caso di assunzione di un cittadino italiano da una legal entity statunitense controllata da capitale italiano, di versamento dei contributi previdenziali in Italia, anziché negli Usa", sottolinea. "Ciò permette al professionista aziendale -continua- di non interrompere la propria anzianità contributiva nel sistema previdenziale italiano, pur lavorando stabilmente negli Stati Uniti con contratto locale. Il vantaggio è duplice: da un lato, l’azienda ha la possibilità di strutturare contratti di lavoro in linea con il mercato del lavoro americano, semplificando la compliance locale e potendo far leva su un mercato salariale estremamente incentivante, dall’altro il lavoratore può essere più sereno nell’accettare un incarico estero, sapendo di non compromettere la propria posizione previdenziale in Italia", conclude. “Oggi più che mai - chiosa Benigni - sono i manager italiani negli Usa a rappresentare la continuità, la visione e la capacità di adattamento del nostro tessuto industriale. Investire su di loro, nella selezione, nella formazione, nel supporto, significa costruire anticorpi robusti contro le turbolenze del commercio globale”.
(Adnkronos) - Oltre il 90% degli ingredienti principali mappati sino all'origine con punte del 94% per le nocciole e del 97% per cacao e olio di palma, il 92,1% degli imballaggi progettati per essere riciclabili, emissioni di Scope 1 e 2 ridotte del 21,7% con l'obiettivo prefissato di dimezzare le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030, il 90% dell'elettricità per la produzione e lo stoccaggio proveniente da fonti rinnovabili. Sono i principali progressi raggiunti da Ferrero nel perseguimento dei principali obiettivi di sostenibilità coerente all’impegno del gruppo volto a generare un impatto positivo sull’intera catena del valore e contenuti nel 16esimo rapporto di sostenibilità pubblicato oggi. “La sostenibilità è profondamente radicata nella strategia a lungo termine di Ferrero - sottolinea Giovanni Ferrero, Executive Chairman del Gruppo - e’ un motore fondamentale della resilienza aziendale e guida le nostre decisioni, mentre cresciamo responsabilmente. Di fronte alle sfide globali, in particolare al cambiamento climatico, il nostro impegno rimane chiaro: approvvigionarsi responsabilmente, innovare con coraggio e salvaguardare l’ambiente per le generazioni future. Questo progresso è reso possibile grazie all’adozione di azioni collettive, alla valorizzazione dell'innovazione, ricerca e sviluppo, continuando ad imparare dalle nostre esperienze, per ottenere un impatto misurabile e significativo”. “A livello di sostenibilità, abbiamo compiuto progressi costanti nella nostra agenda durante l'anno fiscale 2023/2024 - aggiunge Lapo Civiletti, Chief Executive Officer del Gruppo Ferrero - sono particolarmente orgoglioso dei progressi che stiamo mettendo in atto per raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine. Abbiamo portato avanti con successo il nostro percorso in ambito sostenibilità, mantenendo al contempo una solida gestione finanziaria in tutta l'azienda. Stiamo compiendo grandi sforzi nella tracciabilità dei nostri ingredienti chiave e per migliorare la visibilità della catena di approvvigionamento, portando avanti al contempo i nostri impegni per garantire i diritti umani, proseguendo il nostro percorso di decarbonizzazione”. Tra gli gli altri punti significativi del rapporto, in tema di sicurezza e qualità alimentare emerge che il 100% degli stabilimenti Ferrero è certificato secondo lo standard Global Food Safety Initiative (Gfsi), un’attenzione costante alle porzioni accuratamente definite con l’85% dei volumi commercializzati che presenta una porzione pari o inferiore a 130 kcal, il 63% pari o inferiore a 100 kcal e il 91% inferiore a 150 kcal a porzione. Il rappoto segnala, poi, un impatto continuo sulle comunità nei Paesi di origine attraverso partnership di lunga data con organizzazioni internazionali e locali, come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) e Save the Children: in particolate, Kinder Joy of moving ha raggiunto oltre 3,7 milioni di bambini in 35 Paesi, con investimenti superiori a 13 milioni di euro. Nel 2024, Ferrero ha collaborato con Organizzazione degli Stati Americani (Oas ) per promuovere l'inclusione, l'equità e l'accesso ai diritti attraverso lo sport e l'attività fisica, in particolare per bambini, adolescenti e donne delle Americhe. Infine, sul fronte degli imballaggi il rapporto evidenzia notevoli progressi nella riduzione della plastica vergine, tra i quali è rilevante la diminuzione del 13% del rapporto plastica/prodotto. Questo include la conversione delle scatole di Ferrero Rocher da polistirene a polipropilene in Nord America e Cina, con un risparmio stimato di circa 11.000 tonnellate di plastica e il lancio di Nutella Plant-Based in vasetti realizzati con il 60% di vetro riciclato e il nuovo cucchiaino di carta di Kinder Joy.