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(Adnkronos) - Il panorama dell'identità digitale in Italia è in piena evoluzione. Dopo un decennio dalla sua introduzione, lo Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è diventato per milioni di italiani il principale canale di accesso ai servizi online della Pubblica Amministrazione. Dal fascicolo sanitario elettronico alle pratiche Inps, passando per i bonus, i bandi di finanziamento e le comunicazioni con l'Agenzia delle Entrate, lo Spid è lo strumento che ha permesso di accelerare la digitalizzazione del nostro Paese, migliorando la posizione dell’Italia nel panorama europeo. Se nei prossimi anni la tendenza sarà quella di privilegiare un'identità digitale centralizzata - la Carta d'Identità Elettronica (CIE), che permetterà in futuro l'accesso all’IT Wallet - per il momento lo Spid resta a tutti gli effetti lo strumento principale per interagire con l'ecosistema digitale italiano, come testimoniano i circa 41 milioni di identità rilasciate e gli oltre 1,2 miliardi di autenticazioni all’anno rilevate dall’Agid (l’Agenzia per I’Italia Digitale) corrispondenti ad altrettanti accessi a servizi digitali della Pa e non solo. In questa fase la scelta dei gestori di identità digitale (Identity Provider) assume un'importanza cruciale, specialmente per quanto riguarda i costi. Sebbene il servizio sia stato concepito per essere gratuito per i cittadini, alcuni provider hanno recentemente introdotto tariffe per il rilascio o per il rinnovo. In questo contesto, diversi Identity Provider continuano a offrire l'attivazione e il rinnovo dello Spid in modo completamente gratuito, sostenendo la transizione digitale senza gravare sui cittadini e sulle imprese. Per quanto riguarda il rilascio di SPID, i 13 provider italiani operativi (Aruba, Etna, InfoCamere, Intesi Group, Lepida, Namirial, Poste, Register, Sielte, Team System, Tinexta Infocert, TI Trust Technologies) prevedono almeno una modalità di riconoscimento gratuita per l’utente, mentre per il rinnovo solo alcuni (Aruba, Tinexta Infocert e Register) al momento prevedono dei costi. Ognuno di essi offre diverse modalità di identificazione, tra cui il riconoscimento di persona presso uffici abilitati o l'identificazione on line tramite Cie, Carta Nazionale dei Servizi (Cns) e firma digitale che rappresentano le opzioni più diffuse e a costo zero. Tra le realtà che garantiscono la gratuità del servizio – sia in fase di emissione sia di rinnovo - c’è ID Infocamere, il servizio delle Camere di commercio italiane, che si posiziona come uno dei soggetti attivi nel sostenere l'accesso ai servizi digitali, offrendo agli imprenditori un'opzione affidabile e senza costi per continuare a utilizzare l'identità digitale in un'economia data driven. L'economia digitale, infatti, riveste un ruolo cruciale per l'Italia, agendo da catalizzatore per la crescita economica e l'innovazione. Settori come l'e-commerce, i servizi online, il cloud computing e lo sviluppo di software sono in forte espansione, creando nuove opportunità di lavoro e stimolando gli investimenti. La digitalizzazione delle imprese, in particolare delle Pmi che costituiscono la larga parte del tessuto produttivo italiano, aumenta la produttività e l'efficienza, permettendo anche alle realtà più piccole e meno strutturate di competere con più possibilità di successo anche su scala globale. L'adozione di tecnologie digitali e l’automazione dei processi passano necessariamente per l’utilizzo esteso dell’identità digitale - indispensabile per autenticarsi nell’ambito di ogni tipo di procedura, sia amministrativa sia produttiva - e sta rivoluzionando tutti i settori dei servizi sia in ambito pubblico che privato compresi i servizi finanziari (Fintech). Processi che stanno attraversando in modo capillare la vita di cittadini e imprese e che vanno gestiti in modo consapevole. L'accesso a Internet ad alta velocità e la diffusione massiva nell’utilizzo di servizi per l’identità digitale - oggi attraverso lo Spid, la Cie e la Cns domani attraverso il Wallet - sono la condizione per assicurare interazioni sempre più fluide tra cittadini e imprese da un lato, e Pubblica Amministrazione e mercato dall’altro. L'evoluzione in atto mira a dotare l'Italia di uno strumento di identificazione digitale più moderno e integrato, con l’obiettivo di semplificare l'esperienza degli utenti. Fino al completamento di questa complessa transizione, lo Spid continuerà dunque a svolgere il suo ruolo fondamentale nel percorso di trasformazione digitale del Paese, supportato dai provider che ne garantiscono il funzionamento.
(Adnkronos) - Il lavoro nel turismo cresce, ma la mancanza di personale rischia di arrestare bruscamente la corsa di un settore che traina l’economia italiana da anni. Nel 2024 questo comparto ha continuato a creare occupazione, superando 1,5 milioni di addetti (+2,1% rispetto al 2023 e +21,5% rispetto al 2014). Ma dietro i numeri da record si nasconde un paradosso: mai così tanti lavoratori introvabili. Rispetto al 2019, quando i profili mancanti erano 210mila (24,6%) il numero delle assunzioni di difficile reperimento si è triplicato, toccando quota 604 mila (51,8%). E a farne le spese sono soprattutto le aziende del Centro Nord. Secondo l'analisi della Fondazione Studi consulenti del lavoro, 'L’occupazione nel turismo, tra opportunità e limiti di crescita', elaborata su dati Istat, le imprese faticano soprattutto a trovare cuochi, pasticcieri, gelatai e camerieri. Un’emergenza silenziosa che rischia di inceppare il motore di uno dei comparti chiave dell’economia nazionale. Se, da un lato, il settore si consolida e vede aumentare soprattutto il lavoro dipendente (9% in cinque anni) nelle aree del Centro Italia così come nel Mezzogiorno, dall’altro continua a scontare difficoltà crescenti nell’intercettare i profili richiesti. A mancare sono soprattutto cuochi (irreperibili nel 61,7% dei casi), pasticcieri e gelatai (59,8%), camerieri (54,7%), baristi (50,6%) e, ancor di più, i tecnici della produzione e preparazione alimentare (76,4%). La difficoltà riguarda in modo particolare le regioni che negli ultimi anni hanno assistito a una crescita del fabbisogno di figure per il comparto ricettivo-ristorativo: è il caso, ad esempio, della Sicilia, Calabria e Sardegna. Ma le regioni dove si registra più affanno sono nel Centro-Nord: dopo il Molise (66,6% dei profili giudicati irreperibili dalle aziende), spiccano Umbria (61,1%), Trentino Alto Adige (58,4%), Lazio (58,1%), Piemonte e Val D’Aosta (55,7%). A pesare sul comparto, evidenzia l'analisi, sono fattori strutturali significativi: l’assenza sistemica di percorsi formativi idonei che producano personale qualificato in misura adeguata alle richieste, stagionalità e intensità del lavoro. In questa situazione, tuttavia, si intravedono dei segnali positivi: negli ultimi anni è cresciuta, infatti, la domanda di lavoratori con qualifica di formazione professionale, la cui incidenza sul totale delle assunzioni previste è passata dal 43,2% del 2019 al 51,7% del 2024. Piccolo segnale di un’evoluzione in corso anche se ancora molto lenta. “Il turismo rappresenta un volano per l’economia del nostro Paese, ma non possiamo ignorare l’altra faccia della medaglia: la difficoltà crescente nel trovare lavoratori qualificati rischia di trasformarsi in un’emergenza strutturale che mette a rischio lo sviluppo futuro del comparto e l’andamento positivo dell’occupazione. Oggi più che mai è fondamentale vincere la sfida del reperimento delle competenze investendo nella formazione mirata, soprattutto aumentando gli Its”, ha dichiarato il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca.
(Adnkronos) - In Italia è Sos incendi. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. A scattare questa fotografia è Legambiente che ha diffuso nei giorni scorsi il suo nuovo report 'L’Italia in fumo'. Stando al report di Legambiente, che ha analizzato e rielaborato i dati Effis (European Forest Fire Information System), dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 hanno interessato aree agricole, 120 aree artificiali, 7 aree di altro tipo. Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per l’associazione ambientalista, "ad oggi il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari". Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia diffuso il 10 luglio scorso, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. “Per contrastare gli incendi boschivi - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non basta concentrarsi sull’emergenza estiva o su singole cause, ma è fondamentale adottare un approccio integrato che integri prevenzione, rilevamento, monitoraggio e lotta attiva. Bisogna puntare sulla prevenzione attraverso una gestione territoriale efficace, che includa l’uso ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali. Ma è anche fondamentale promuovere e remunerare i servizi ecosistemici, sostenendo e rivitalizzando le comunità rurali nelle aree interne e montane affinché possano riappropriarsi di una funzione di presidio territoriale. Allo stesso tempo è importante applicare la normativa vigente per arginare qualsiasi ipotesi di speculazione futura sulle aree percorse dal fuoco, ed estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualsiasi rogo. È cruciale rafforzare le attività investigative per individuare i diversi interessi che spingono ad appiccare il fuoco, anche in modo reiterato. L’analisi approfondita dei luoghi colpiti e dei punti d’innesco accertati può costruire una mappa investigativa essenziale per risalire ai responsabili”. Da segnalare anche gli incendi scoppiati in aree naturali. Su 30.988 ettari di territorio bruciati, 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. A livello regionale, Puglia e Sicilia risultano le regioni più colpite da incendi in aree Natura 2000.