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(Adnkronos) - C'è attesa oggi, mercoledì 23 luglio, per i colloqui tra Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si terranno sempre a Istanbul come i due precedenti. "Effettivamente, la nostra delegazione è partita per Istanbul e i colloqui sono effettivamente programmati per questa sera…" ha detto alla stampa il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. "Nessuno si aspetta una strada facile. Sarà molto difficile". La delegazione russa, guidata dal consigliere del Cremlino, Vladimir Medinsky, è comunque già arrivata a Istanbul. L'incontro inizierà oggi alle 19, le 18 in Italia, secondo quanto riferisce una fonte del ministero degli Esteri turco. "La riunione tra le delegazioni turche, russe e ucraine inizieranno al palazzo di Ciragan, alla presenza del ministro degli Affari Esteri, Hakan Fidan, e del direttore del Mit, Ibrahim Kalin", ha precisato la fonte riferendosi al capo dei servizi di intelligence turchi. L'Ucraina spera in una "posizione costruttiva" da parte della Russia ai colloqui attesi in Turchia, ha detto all'Afp una fonte della delegazione di Kiev, vuole parlare di scambio di prigionieri, ritorno dei bambini ucraini portati in Russia e di un possibile incontro tra il presidente Volodymyr Zelensky e il leader russo Vladimir Putin. "Riteniamo questa sia una posizione costruttiva da parte dell'Ucraina e tutto dipenderà dalla volontà della Russia di rinunciare ai suoi ultimatum e adottare una posizione costruttiva", ha aggiunto la fonte. Per il presidente ucraino "bisogna dare nuovo slancio ai negoziati". "L'Ucraina è pronta a lavorare nel modo più produttivo possibile per garantire la liberazione della nostra gente dalla prigionia e il ritorno dei bambini rapiti, per fermare le uccisioni e preparare un incontro dei leader volto a porre fine a questa guerra" aggiunge. "La nostra posizione è assolutamente trasparente. L'Ucraina non ha mai voluto questa guerra ed è la Russia che deve porre fine al conflitto che ha iniziato". Sull'altro fronte, quello delle proteste per la riduzione dell'indipendenza delle autorità anticorruzione, il presidente ucraino Zelensky ha riunito "tutti i vertici delle forze dell'ordine e delle agenzie insieme al Procuratore generale". "È stato un incontro molto necessario, una conversazione schietta e costruttiva che aiuta davvero" ha scritto. "Abbiamo tutti un nemico comune: gli occupanti russi. Difendere lo Stato ucraino richiede un sistema di forze dell’ordine e anticorruzione abbastanza forte da garantire un reale senso di giustizia". La riunione avviene all'indomani del passaggio di emendamenti al Parlamento ucraino, controfirmati da Zelensky stesso, che di fatto riducono l'indipendenza delle autorità anticorruzione ucraine rafforzando il controllo del presidente. L'operazione ha suscitato critiche e proteste sia nel Paese che da parte dell'Ue. "Sentiamo tutti ciò che la società sta dicendo. Vediamo cosa si aspettano i cittadini dalle istituzioni statali: giustizia garantita e funzionamento efficace di ciascuna istituzione", sottolinea il presidente. "Abbiamo discusso delle decisioni amministrative e legislative necessarie per rafforzare il lavoro di ogni istituzione, risolvere le contraddizioni esistenti ed eliminare le minacce. Tutti lavoreranno insieme. A livello politico, garantiremo il sostegno necessario", continua, assicurando che i partecipanti alla riunione hanno "concordato che ognuno lavorerà esclusivamente in modo costruttivo". Tra due settimane sarà presentato un piano d'azione sviluppato congiuntamente che indicherà i passi necessari da compiere per rafforzare il Paese, risolvere i problemi esistenti, garantire più giustizia e "proteggere davvero gli interessi della società ucraina", anticipa il presidente ucraino. Il Cremlino ha ironizzato oggi sull'ultima controversia in Ucraina relativa a una legge approvata dal Parlamento, che limita l'autonomia delle due agenzie anticorruzione che operano in modo indipendente. "La corruzione è un tema caldo per Kiev", ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov. Tuttavia, si è rifiutato di fornire ulteriori dettagli. Ieri il Parlamento ucraino ha approvato una legge che riduce i poteri dell'ufficio nazionale e della procura anti-corruzione. La Russia rivendica, inoltre, nuovi progressi militari nel nord-est dell’Ucraina con la conquista del villaggio di Varachino nella regione di Sumy, mentre continua a respingere attacchi aerei ucraini. Lo ha dichiarato il ministero della Difesa russo, secondo cui "unità del gruppo militare Nord hanno liberato la località di Varachino, nella provincia di Sumy", senza che al momento vi siano conferme da parte di Kiev. Mosca afferma inoltre che nelle ultime 24 ore le sue forze di difesa aerea hanno abbattuto 256 droni e sei bombe, lanciate dall’esercito ucraino, oltre a un missile Himars e un missile Neptune. Il ministero non ha fornito dettagli su eventuali vittime o danni materiali.
(Adnkronos) - Una storia di trasformazione post-industriale e di rigenerazione urbana, ma soprattutto di riscatto culturale e di nuova opportunità. A narrarla è quel grande progetto che è Chemnitz2025, che per un anno offre a una città tedesca troppo a lungo sottovalutata la ribalta internazionale. Chemnitz, infatti, insieme con la regione circostante che occupa la parte centrale della Sassonia, quest’anno detiene il titolo di 'Capitale europea della cultura' (Ecoc), insieme con le città transfrontaliere di Gorizia e Nova Gorica. Un traguardo su cui in pochi avrebbero scommesso in tempi ormai remoti ma che oggi fa guardare al futuro con occhi diversi grazie al potenziale di attrattività turistica che questa gigante ‘macchina’ dell’Ecoc ha generato. E nello slogan scelto per Chemnitz2025 sta tutta l’essenza di questa operazione culturale: ‘C the Unseen’, ossia, parafrasando la traduzione letterale e simbolica dall’inglese, ‘vedere ciò che non veniva visto’ ma anche Chemnitz (C), l’invisibile, la sconosciuta, la nascosta. Un destino che sembrava scritto nel suo passato di grigio polo industriale, di città rasa al suolo durante la Seconda Guerra mondiale e poi ricostruita a modo suo, ricaduta nella Ddr e in quegli anni bui ribattezzata Karl-Marx-Stadt, per ritrovarsi dopo la riunificazione della Germania a caccia di quell’identità che le altre due ‘cugine’ sassoni, Dresda e Lipsia, hanno trovato più velocemente. Una città dell’Europa dell’Est in un paese dell’Europa dell’Ovest, come spesso viene descritta, dove però il cambiamento sociale è stato sempre catalizzatore di innovazione e dove la capacità di reinventarsi è profondamente radicata. Ora, guadagnato il titolo di ‘Capitale europea della cultura’, è arrivata l’occasione per il grande salto: diventare attrattiva dal punto di vista culturale e imporsi quindi come nuova meta turistica. Valorizzando quello che c’era e che c’è, per niente poco, e offrendo nuova vita a tutto ciò che ancora ha qualcosa da dire e da dare. “All’inizio la gente del posto non capiva il significato di ‘Capitale europea della cultura’, pensava di avere solo qualche spettacolo o mostra. Ma ‘Capitale europea della cultura’ vuol dire partecipazione dei cittadini, significa aprire le menti e scoprire il valore della città, dove ognuno può fare qualcosa. Il motto ‘C the Unseen’ è riferito anche alle persone, è un invito a guardare cosa c’è dietro. E’ un processo di sviluppo integrato della città che porta a rafforzare i valori europei contro i populismi, a creare connessioni tra gli individui, ad alimentare la resilienza”, racconta Ferenc Csak, a capo del dipartimento della Cultura del Comune di Chemnitz, che ha seguito tutto il processo per il riconoscimento del titolo sin dal 2015. “Certamente, la ‘Capitale europea della cultura’ - osserva - ha permesso di creare nuove location per eventi, nuovi spazi culturali, ha insegnato a ottenere e utilizzare fondi europei, ha sostenuto la comunità dei makers che in tutto il progetto ha un ruolo importante. Poi, con la regione circostante e le 38 municipalità che formano la ‘Capitale europea della cultura’ con Chemnitz, si è creato un network che prima non esisteva: una struttura di cooperazione grazie alla quale abbiamo sviluppato una strategia culturale per il territorio”. “Il risultato ad oggi - sottolinea - è stato ottimo: il turismo è cresciuto del 25%, in controtendenza rispetto ad altre zone della Germania. Ora la scommessa è di lavorare sull’eredità che tutto questo ci consegna. Chemnitz oggi è una città vibrante, con progetti culturali internazionali e il nostro sforzo è proprio quello di continuare su questa strada tracciata”. Per capire Chemnitz occorre conoscere il suo passato di centro industriale fra i più grandi del paese. Un buon punto di partenza lo offre il Museo dell’Industria, ospitato in una ex fonderia, dall’imponente facciata a mattoni rossi con il tipico tetto a scaloni vetrati delle fabbriche di un tempo. Dalle estrazioni minerarie nei ricchi giacimenti di argento, uranio, stagno e carbone della zona fino all’automotive e al tessile, sono ripercorsi 200 anni di storia dell’industria pesante, con oggetti di ogni tipo e persino un motore a vapore monocilindrico a contropressione del 1896 ancora funzionante. “Il museo testimonia il ruolo che Chemnitz ha avuto come centro industriale tra i più importanti della Germania, mettendo a confronto tradizione e innovazione. E quest’anno abbiamo registrato addirittura il 60% in più di visitatori”, spiega Susanne Richter, responsabile commerciale del Museo dell’Industria di Chemnitz e alla guida del gruppo di collezioni ‘gemelle’ in Sassonia. Per il 2025 il Museo dell’Industria ospita (fino al 16 novembre) una delle più significative mostre di Chemnitz2025, ‘Tales of transformations’, che illustra lo sviluppo che ha portato Chemnitz a diventare la ‘Manchester della Sassonia’, mettendola a confronto con altre grandi città industriali europee: la stessa Manchester e poi Mulhouse, Lodz, Tampere e Gabrovo, ciascuna con la sua strada all’industrializzazione da raccontare. “Abbiamo creato la mostra in cooperazione con queste altre quattro città industriali europee che hanno in comune una storia di trasformazione, dall’operoso passato industriale al declino post-industriale, fino alla capacità di reinventare spazi”, sottolinea. Una mostra interattiva con corner dedicati alle singole città, dove non manca la riflessione sul futuro, con tanto di sondaggio su come ci si immagina Chemnitz, cosa si vorrebbe dal punto di vista culturale ma anche ambientale, “che è stato molto partecipato - aggiunge Susanne Richter - e speriamo che i risultati possano essere utili all’amministrazione”. Tra il ricco passato industriale della città e il declino post-bellico, ci sono stati di mezzo gli anni in cui Chemnitz era parte della Germania dell’Est, che hanno lasciato traccia non solo in architetture e monumenti, primo fra tutti il gigantesco busto di Karl Marx che tuttora è uno dei simboli della città, ma anche e soprattutto nella società civile. Così uno dei più importanti progetti di Chemnitz2025 è dedicato a questo modo di vivere e di pensare tipicamente est-europeo, riassunto dalla ‘cultura del garage’. Una tradizione molto comune nei paesi dell’ex blocco sovietico in quegli anni, in cui le persone si costruivano da sole il loro garage in attesa di metterci l’agognata auto, tipicamente una Trabant come quelle esposte al Museo dell’Industria. Ma il garage non era solo una autorimessa, era uno sfogo, una via di fuga dagli angusti appartamenti degli edifici a blocchi, uno spazio in cui trascorrere del tempo, socializzare con i vicini, costruirsi un angolo di mondo. Camminando per Chemnitz capita spesso di notare accanto ai palazzi una fila di piccoli garage dalle saracinesche colorate a formare una sorta di cortile. Così, per onorare la ‘Capitale europea della cultura’, è stato fatto un lavoro di mappatura dei garage ancora esistenti, almeno 160, e creato un percorso per andare a scoprirli. Si chiama ‘#3000Garagen’, è composto da 10 stazioni sparse per la città e completato da una mostra (visitabile fino al 29 novembre) allestita al Garage Campus, uno dei luoghi riqualificati sorti nella sede di un ex deposito di tram. Sono esposti oggetti raccolti nei garage, foto dei proprietari e documenti inediti che raccontano questa storia poco conosciuta in Europa occidentale. “L’idea del progetto - spiega Agnieszka Kubicka-Dzieduszycka, direttore artistico del progetto ‘#3000Garagen’ - viene dalla vita stessa della città, dove ancora esistono molti garage che rappresentano una eredità culturale. Abbiamo raccolto dati e testimonianze per questo che è un progetto tipicamente partecipativo, in quanto presuppone il coinvolgimento delle persone. E’ stato anche redatto da un gruppo di architetti un ‘Garage Manifesto’ in cui si chiede di salvaguardare questi garage come monumenti nazionali. E c’è anche da chiedersi se ora possono avere una nuova vita: ad esempio, a volte vengono affittati da giovani artisti”. Per conoscere e tramandare le abilità che questi veri e propri gabinetti di curiosità celano, è stata promossa pure una ‘Scuola del garage’, in programma a fine agosto, che coinvolge anche un’architetta italiana, Silvia Gioberti. Il Garage Campus è solo uno dei 30 siti oggetto di riqualificazione in occasione di Chemnitz2025, nell’ambito di un ampio progetto che prevede una serie di aree di intervento per lo sviluppo urbano che ha portato non solo a dare nuova vita a spazi in abbandono, ma anche a dare impulso a importanti opere infrastrutturali. Emblematica la Hartmannfabrik, la vecchia fabbrica recuperata e utilizzata per quest’anno come Visitor Centre, ma anche un nuovo parco nel vecchio sito della ferrovia. Molti di questi luoghi, sparsi in tutta la regione che con Chemnitz è parte della ‘Capitale europea della cultura, sono stati destinati a ‘Maker Hubs’, poli creativi dove artisti, designers, artigiani, inventori e startupper possono avere uno spazio in cui coltivare la loro attività, incontrarsi, confrontarsi e fare networking. E muoversi attraverso la regione è abbastanza facile, complice il cosiddetto ‘modello Chemnitz’ basato su un collegamento ferroviario leggero in continua espansione. Per quest’anno, sono stati introdotti anche biglietti speciali che consentono di utilizzare tutti i mezzi di trasporto dell’area per tre giorni a un prezzo vantaggioso, così come è stato creato un collegamento diretto via bus con l’aeroporto di Praga, il più vicino, due volte al giorno. Un quadrilatero con al centro Chemnitz, che si estende dai Monti Metalliferi, patrimonio Unesco dal 2019, nella regione di Erzgebirge, al confine con la Repubblica ceca, con una lunga storia di attività mineraria, fino a Freiberg a Est, soprannominata la città d’argento, dove anche quest’anno si è tenuta la sfilata dei minatori, e a Zwickau a Ovest, che ha dato i natali al musicista Robert Schumann ma anche, in quanto polo dell’automotive, alla casa automobilistica Audi. In mezzo 38 municipalità che si sono unite quest’anno in un network all’insegna della cultura, idealmente rappresentato dal ‘Purple Path’, un percorso di sculture contemporanee che colorano i centri urbani, narrando la storia di questa regione, della sua industria, del suo artigianato e della sua gente. Nella sola città di Chemnitz se ne contano una decina, tra cui una scultura-fontana in acciaio nella piazza principale, di fronte al municipio con la sua doppia facciata, quella colorata più antica e rifatta dopo i bombardamenti (come la chiesa di St.Jakob che è subito dietro) e quella più recente, rimasta in quel tono scuro molto comune in queste città tedesche ricostruite dopo la guerra, a pochi passi dalla Roter Turm, la torre simbolo della città. Un altro ‘miracolo’ artistico è quello compiuto dal francese Daniel Buren, che è riuscito a colorare e illuminare la grigia ciminiera della centrale elettrica che svetta sulla città, diventando probabilmente il progetto artistico più alto al mondo. A circondarlo un ampio spazio anch’esso restituito alla città dove si è aperto in questi giorni, fino al 17 agosto, il Kunstfestival Begehungen, festival d’arte contemporanea che vede la partecipazione anche di artisti italiani, con un focus su temi quali la sostenibilità, la biodiversità e il cambiamento climatico. Tra agosto e settembre si tiene, inoltre, ‘Ibug - Arte urbana nell’area industriale’, uno dei festival di arte urbana più importanti in Europa. Tra le mostre, è visitabile fino al 10 agosto ‘European Realities’, che illustra i movimenti del realismo degli anni Venti e Trenta in Europa, la prima a raccoglierli in un’unica esposizione, ospitata all’interno del Museo Gunzenhauser, costruito dall’architetto Fred Otto nello stile razionalista del Novecento. E c’è attesa per la mostra dedicata a Edvard Munch (10 agosto-2 novembre), incentrata sul sentimento della paura nella sua arte e all’influsso che ha avuto in opere fino ai giorni nostri. Tra gli eventi estivi - parte di un cartellone che conta oltre mille eventi e 233 progetti (per tutte le informazioni si può consultare il sito https://chemnitz2025.de) - ancora in corso fino a fine luglio l’‘Estate al parco’, con concerti, incontri e persino lezioni di yoga tutti i giorni allo Stadthallenpark. Da segnalare anche il Festival europeo degli Skateboard dal 22 al 24 agosto e il Festival dei costruttori di giochi dal 29 al 31 agosto nel villaggio di Seiffen. Un Festival molto speciale che si è tenuto a fine giugno e che verrà ripetuto dal 26 al 29 luglio è quello di danza contemporanea (‘Tanz Moderne Tanz’), che nell’anno della ‘Capitale europea della cultura’ propone uno spettacolo originale: un’esibizione in 18 tappe attraverso altrettante location della città durante un’intera giornata, intitolata ‘Odissea in C’ e ispirata all’‘Ulisse’ di James Joyce. Un appuntamento ogni ora in un angolo diverso, con artisti che cambiano e nuove coreografie, che culmina con lo spettacolo nell’Opernhaus, il teatro principale di Chemnitz, che affaccia su una delle piazze più iconiche, con ai lati la chiesa di San Pietro e la Galleria d’arte (che raccoglie tra l’altro le opere di Karl Schmidt-Rottluff, cofondatore del gruppo Brucke) e l’Hotel Chemnitzer Hof, esempio di architettura razionalista. Come spiega la responsabile per la danza dell’Opernhaus e ideatrice del Festival, Sabrina Sadowksa, “è uno spettacolo itinerante per portare la danza alle persone, negli spazi aperti; l’idea era di fare qualcosa che non si sarebbe potuto fare altrove e di far vedere la città agli abitanti e ai visitatori, seguendo il motto ‘C the Unseen’”. Un percorso che unisce il centro alle periferie, passando da un angolo di quiete che è il laghetto che circonda la zona del castello, dove sorgeva il monastero benedettino, primo nucleo della città; è qui, infatti, che si possono vedere le più antiche case della città, nel tipico stile a graticcio. C’è poi, prima di arrivare in Theaterplatz, la tappa allo Schillerpark, con alle spalle la Unibibliothek, altra opera che ha visto trasformare il vecchio edificio di una filanda in uno spazio polifunzionale moderno. Per immergersi nei grandi contrasti di Chemnitz basta fare una passeggiata e imbattersi in architetture che hanno plasmato la città attraverso i secoli: da quelle medievali, quasi interamente ricostruite dopo la Seconda guerra mondiale, agli edifici Art Nouveau specchio di un periodo prospero per la Chemnitz della grande industria, tra la fine dell’Ottocento e la prima parte del Novecento, quando ricchi mercanti e imprenditori si fecero costruire le loro case nel quartiere di Kassberg, tra i più interessanti in Europa per la concentrazione di edifici Jugendstil dalle tipiche facciate decorate. Rilevante anche l’impronta di architetti che si sono ispirati, negli anni intorno al 1930, allo stile neo-oggettivista e razionalista, lasciata su edifici molto interessanti, come Smac, l’ex grande magazzino Schocken, dall’originale facciata curva, o la piscina comunale considerata un masterpiece del neo-oggettivismo. Ci sono poi le inconfondibili costruzioni di epoca sovietica, che oggi hanno riconquistato un posto nella mappa della città, fino ad arrivare alle opere di riqualificazione in chiave sostenibile dei giorni nostri. Insomma, impossibile non riempirsi lo sguardo di quelle mille sfumature che colorano Chemnitz, partita dal grigio, e approdata all’arcobaleno che ha ridipinto la sua ciminiera e con essa il futuro della città.
(Adnkronos) - Agrifuture, l’azienda agricola sperimentale di MartinoRossi Spa interamente dedicata alla ricerca e al test in campo di tecniche agronomiche e soluzioni innovative finalizzate a una agricoltura sostenibile di alta qualità, si conferma sede di importanti progetti condivisi con partner dell’industria alimentare. In alcune porzioni dei 30 ettari di Agrifuture situati a ridosso della sede centrale di MartinoRossi a Malagnino, infatti, sono in corso sperimentazioni di tecniche di precision farming, agricoltura rigenerativa e agricoltura consociativa condotte per conto e in stretta collaborazione con nomi eccellenti dell’agroalimentare nazionale come Gruppo Amadori e Galbusera, che riconfermano così nuovamente il concreto impegno in ambito di sostenibilità, diretto a contribuire alla creazione di modelli agricoli più resilienti, efficienti e rispettosi dell’ambiente. In particolare, MartinoRossi, fornitore del Gruppo Amadori con materie prime e ingredienti destinati alla produzione della linea di prodotti finiti plant-based, sta portando avanti un progetto sperimentale in uno dei campi di Agrifuture, in collaborazione con l’azienda romagnola. L’attività si concentra sulla consociazione colturale e sulla tecnica di precision farming, con l’obiettivo di applicare pratiche agricole rigenerative e ridurre l’uso di acqua e fertilizzanti. Il progetto si basa sulla consociazione del mais vitreo con leguminose, coltivate in file alternate secondo lo schema del 'corridoio solare'. Questa tecnica mira a trarre vantaggio dalla naturale complementarità tra le colture: il mais, che ha un elevato fabbisogno di azoto, può trarre beneficio dalla presenza delle leguminose, che grazie a batteri del genere Rhizobium fissano l’azoto atmosferico direttamente nel terreno, riducendo l’impiego di fertilizzanti sintetici. Le leguminose, a loro volta, ricevono un vantaggio dall’ombreggiamento fornito dallo sviluppo verticale del mais, che può proteggerle dalle alte temperature favorendone lo sviluppo. Il campo è suddiviso in due parcelle con differenti combinazioni: una con fagiolo cannellino, l’altra con pisello giallo, una leguminosa scelta in funzione delle esigenze del Gruppo Amadori, che la impiegherà nello sviluppo dei propri prodotti plant-based. Per questa seconda parcella, MartinoRossi ha selezionato una varietà particolarmente tollerante al caldo, con l’obiettivo di verificare in condizioni reali se il mais possa contribuire a mitigare lo stress termico della leguminosa durante i periodi più caldi. Il progetto si propone dunque di verificare in che misura la consociazione sia in grado di rendere più sostenibile la produzione di mais riducendo l’utilizzo di concimi chimici e di acqua. A supporto di questo obiettivo, vengono applicate anche tecniche di sub-irrigazione di precisione e la somministrazione di bioinduttori per via radicale, entrambe realizzate attraverso il sistema Underdrip®. "Abbiamo aderito con entusiasmo - commenta Tommaso Chiappa, direttore Consumer Marketing Amadori - a questo progetto. La scelta di collaborare con MartinoRossi per la fornitura delle proteine vegetali destinate alla nostra linea plant-based è motivata principalmente dalla profonda attenzione che l’azienda dedica alla ricerca e sviluppo, anche sul campo, alla sostenibilità e alla gestione integrata della propria filiera, dalla coltivazione alla raccolta e produzione. L'adozione di una filiera 100% italiana per le proteine vegetali nella nostra gamma Veggy, introdotta da pochi mesi, ha rappresentato un tassello cruciale della strategia di sviluppo della linea. Questa scelta continua a giocare un ruolo fondamentale nell'affermare il Gruppo Amadori come la Protein Company Italiana più sostenibile e innovativa". MartinoRossi, punto di riferimento dell’industria alimentare nella fornitura di farine, granelle e ingredienti funzionali senza glutine, allergeni e Ogm da cereali e legumi coltivati in filiera controllata, ha avviato inoltre insieme a Galbusera un progetto di studio volto a misurare la produttività del mais bianco coltivato con apporti minimi sia di concimi azotati sia di acqua. La sperimentazione ha avuto inizio a metà maggio con la semina del mais su un campo gestito in agricoltura conservativa dove Ersaf Lombardia monitora nell’evolversi nel tempo la quantità di sostanza organica. La porzione seminata, inoltre, è servita dal sistema di sub-irrigazione di precisione Underdrip, che rilascia quantità ottimizzate di acqua e bioinduttori a diretto contatto con l’apparato radicale, evitando in questo modo gli sprechi d’acqua per evaporazione e riducendo i prelievi di risorsa idrica. MartinoRossi, nell’ambito di questa sperimentazione, ha utilizzato droni per somministrare biostimolanti fogliari, ovvero microrganismi che entrano in simbiosi con le colture favorendone lo sviluppo radicale e la capacità di assunzione di nutrienti. L’impiego dei droni da un lato ha migliorato la qualità della nebulizzazione grazie alla forte turbolenza generata dalle eliche; dall’altro, i limiti di carico dei droni hanno condotto a sperimentare, con esito positivo, l’efficacia di un quantitativo sensibilmente inferiore (circa il 70% in meno) di soluzione irrorata. Inoltre, sempre allo scopo di utilizzare solo l’acqua necessaria, MartinoRossi sta testando in campo da qualche anno delle particolari microsonde, che monitorano sia la temperatura sia il flusso della linfa all’interno della pianta, rilevando in tempo reale eventuali situazioni di stress idrico. “Per noi di Galbusera questa sperimentazione è un esempio concreto di come qualità eccellente, innovazione e sostenibilità possano intrecciarsi in un progetto condiviso lungo tutta la filiera. Con MartinoRossi stiamo lavorando sul mais bianco, uno degli ingredienti dei nostri biscotti senza glutine, contribuendo a ridurre i fertilizzanti, consumi idrici ed emissioni. È un modello virtuoso, che ci vede non solo come acquirenti ma come parte attiva di una filiera che genera impatto reale”, dichiara Giovanna Solito, direttore Marketing di Galbusera. Parallelamente alle sperimentazioni in partnership con Galbusera e Amadori, MartinoRossi sta conducendo presso Agrifuture altri progetti in collaborazione con Campi d’Italia, Underdrip, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Milano, Lilas4Soild (relativamente al Carbon Farming) ed Ersaf. In particolare, con UniMi è in corso lo sviluppo di un modello Ai per la gestione automatizzata dell’irrigazione.