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(Adnkronos) - Ascolti record per Temptation Island: il quinto appuntamento del programma si conferma leader della prima serata con il 30% di share e 3.851.000 telespettatori. Lo share sale al 35.77% sul target commerciale, fa notare Mediaset. Il docu-reality guidato da Filippo Bisciglia ha toccato picchi di 4.474.000 di telespettatori e del 39.1% di share. Prosegue lo straordinario successo tra i giovanissimi con il 49.15% di share tra i 15-34enni. Boom anche sui social: #TemptationIsland è l’argomento più discusso della serata. Al secondo posto, la replica di 'Don Matteo' su Rai1, con 1.854.000 spettatori e il 13% di share. Terzo piazzamento per 'Delitti in Paradiso' su Rai2, con 806.000 spettatori e il 5.7% di share. A seguire, tra gli altri ascolti di prime time: 'In Onda Prima Serata' su La7 (745.000 spettatori, share 4.9%), 'La notte del 12' su Rai3 (629.000 spettatori, share 4.2%), 'Lo specialista' su Rete4 (628.000 spettatori, share 4.5%), 'Oblivion' su Italia1 (611.000 spettatori, share 4.3%), 'Tel chi el Telùn' sul Nove (487.000 spettatori, share 3.6%), 'Rocky III' su Tv8 (332.000 spettatori, share 2.3%). In access prime time, prosegue la serie vincente de 'La Ruota della Fortuna' su Canale5, che ottiene 4.073.000 spettatori con il 25.8% di share mentre su Rai1 'Techetechetè' registra 2.494.000 spettatori con il 15.8% di share. Rai1 prevale invece nel preserale con 'Reazione a Catena – L’Intesa Vincente' (2.161.000 spettatori, share 22.5%) e con 'Reazione a Catena' (2.998.000 spettatori, share 25.1%) battendo su Canale5 'Sarabanda – Prima Sfida' (1.401.000 spettatori, share 15.9%) e 'Sarabanda' (1.961.000 spettatori, share 18%).
(Adnkronos) - Si fa sempre più ampio il divario tra chi crede nell’importanza delle trasferte di lavoro e chi preferisce alternative digitali. E gli italiani si confermano tra i più cauti: solo il 64% dei viaggiatori d’affari nel nostro Paese si dichiara disponibile a spostarsi nei prossimi 12 mesi, al di sotto della media globale del 70% e lontani dai picchi registrati in Messico (88%), Brasile (94%) e Regno Unito (87%). E' quanto emerge dalla nuova Global business travel survey di Sap Concur. A livello globale il compromesso tra risparmio sui costi, sicurezza dei dipendenti e valore delle interazioni in presenza è ancora oggetto di accese discussioni nelle sale riunioni. Se il 94% dei business traveller considera il viaggio uno strumento essenziale per il proprio ruolo, un terzo dei travel manager vede nell’ascesa delle riunioni virtuali una minaccia per il futuro stesso del business travel. In questo scenario il 43% dei cfo è convinto che oltre la metà dei viaggi aziendali potrebbe essere efficacemente sostituita da videoconferenze. Di fronte alla riluttanza a viaggiare, il 45% dei cfo teme che questa possa compromettere la salute dell’azienda, mentre il 35% dei travel manager considera la scarsa disponibilità dei dipendenti una minaccia concreta per la continuità delle trasferte. Le discrepanze non si fermano qui. Il 66% dei dipendenti afferma che viaggi importanti sono stati tagliati a causa dei costi, ma solo il 29% dei cfo riconosce apertamente che i limiti di budget ostacolano trasferte essenziali. E sulla governance delle trasferte? Per i cfo il potere decisionale è saldamente nelle loro mani (69%), mentre i travel manager vedono un equilibrio più distribuito tra ruoli. “Questi dati - commenta Andrea Piccinelli, head of Sap Concur Italy - mettono in luce per la prima volta in modo così chiaro i principali punti di disallineamento tra le tre anime del business travel: dipendenti, travel manager e cfo. Se vogliamo che i viaggi d’affari tornino a essere un motore di crescita, è essenziale costruire un nuovo allineamento tra esigenze operative e visione strategica, traiettoria che abbiamo scelto di perseguire in Sap Concur anche grazie all’enorme potenziale che l’innovazione sta offrendo, dall’automazione all’ai. Un’ia, se vogliamo, al servizio della relazione, perché viaggiare sia sempre più semplice per le aziende che vogliano investire nel contatto diretto, nella presenza fisica e nella relazione umana”. La ricerca conferma che il viaggio di lavoro resta un pilastro per il successo aziendale, ma serve una riflessione profonda sulle priorità, sulla cultura organizzativa e sulle aspettative reciproche. Per l’Italia, sarà decisivo capire se la cautela attuale è solo una fase transitoria o un cambiamento strutturale.
(Adnkronos) - “Per noi il welfare è una tradizione storica: siamo arrivati a questa decisione già nel primo dopoguerra grazie a coloro che mi hanno preceduto alla guida di A2a. Credo che sia un sintomo di responsabilità importante che ci siamo già assunti come Gruppo. Siamo la prima life company a presentare un piano di incentivazione per i nostri dipendenti e abbiamo un piano sulla genitorialità”. Sono le dichiarazioni di Roberto Tasca, presidente di A2a, in occasione dell’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’, organizzato da A2a per condividere una riflessione sui servizi di welfare, sui Premi di produttività e sul nuovo piano di azionariato diffuso, presentati a Milano. “In un momento in cui il Paese ha una serie di problemi di natura economica e sociale, dove gli stipendi sono bassi, noi vogliamo affrontare tali problematiche intervenendo a sostegno dei nostri dipendenti e della comunità nella quale siamo inseriti, con tutti i nostri limiti, ma con la consapevolezza di volerlo fare - spiega Tasca - Non è un caso che oggi vi sia la presenza dei sindaci di Milano e Brescia, le due città che rappresentano il controllo del nostro Gruppo. Credo sia un'unione perfetta di sforzi volti a intervenire su un problema concreto del nostro Paese”. “Il piano sulla genitorialità che abbiamo fatto consiste nel pagare chi fa figli all’interno della nostra life company, sostenendo da 1 a 18 anni il figlio: diamo 3250 euro al momento della nascita e diluiamo nel corso del tempo. Un piano varato per 12 anni - sottolinea - Abbiamo fatto questo per incentivare i nostri dipendenti. Infatti, regaliamo per tre anni il controvalore di 500 euro in azioni. Questo per far sì che chi lavora con noi si senta anche parte dei risultati economici e del comportamento che il titolo azionario ha sul mercato”. “Lo facciamo con un'assunzione di responsabilità: non è un vincolo, non è una legge o un decreto, è una testimonianza che vogliamo dare esattamente in questa direzione perché riteniamo che essere presenti in una comunità significhi anche farsi carico, in momenti particolari come questo, di questo tipo di responsabilità”, conclude il presidente di A2A.