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(Adnkronos) - La giornata di ieri, all'indomani del suo 37esimo compleanno, per Andrea Sempio, l'amico del fratello della vittima nuovamente indagato dalla procura di Pavia per l'omicidio di Chiara Poggi, è iniziata presto: alle 9.30 circa, in anticipo, il 19enne all'epoca dei fatti, è arrivato in taxi davanti alla caserma Montebello di Milano, dove si trovano gli uffici della sezione investigazioni scientifiche dei carabinieri. Accompagnato dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia, Sempio è sceso dall'auto e ha attraversato la folla di cronisti che gli si parava di fronte. Sguardo dritto, non ha rilasciato dichiarazioni prima di entrare in caserma. Lì è stato sottoposto al tampone salivare, da cui verrà estratto il suo Dna, che poi potrà essere confrontato con quello trovato sulle unghie di Chiara Poggi. Due esami, quindi, che probabilmente verranno fatti in uno stesso momento, ma per i quali c'è ancora da attendere molto: circa un mese, si stima in ambienti investigativi. Il test sul Dna di per sé non è un esame lungo né complicato, anche se non sarà svolto dai carabinieri della sezione investigazioni scientifiche di Milano, ma più probabilmente dai colleghi del Ris. Ad allungare l'attesa sono i tempi della giustizia: la procura di Pavia dovrà mandare le notifiche all'indagato e - si suppone - anche alla famiglia della vittima, che potranno nominare dei consulenti di parte per la comparazione genetica. Difficile, quindi, che prima di aprile si possa sapere se il Dna di Sempio coincida con quello trovato sulle unghie. E anche in quel caso, come prova da sola potrebbe non essere sufficiente per aprire un nuovo procedimento a carico del 37enne, già indagato e archiviato per l'omicidio otto anni fa. Anche per questo motivo le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Milano proseguono a tutto campo: i militari, guidati dal colonnello Antonio Coppola, da mesi sono impegnati in un censimento dei reperti del delitto, molti già analizzati in passato. Da capire oggi, a quasi 18 anni dall'omicidio e a oltre nove dalla condanna definitiva di Alberto Stasi, se, dove e in che stato siano conservate le prove. Ci sono poi le audizioni dei testimoni, da raccogliere tenendo presente non solo il lasso di tempo intercorso dall'agosto 2007, ma anche l'influenza che in tutti questi anni i processi, mediatici e giudiziari, possono avere esercitato sugli abitanti di Garlasco. E infine le numerose intercettazioni, che i carabinieri del nucleo investigativo di Milano dovranno selezionare e riascoltare. Un lungo lavoro, il cui esito in questo momento è difficile da prevedere. Ostentano tranquillità i legali di Andrea Sempio. "Siamo sereni e certamente collaboreremo" alle indagini, perché "non abbiamo nulla da temere", ha detto sorridente l'avvocato Angela Taccia, salendo sul taxi insieme al suo assistito, fuori dalla caserma Montebello. "Il ragazzo è tranquillo perché è innocente, non c'entra niente e non aveva alcun rapporto con Chiara", le ha fatto eco il collega Massimo Lovati. “L’indagine del 2017 - ha attaccato poi - è stata frutto di una macchinazione, non vorrei che lo fosse ancora dopo otto anni". Non solo la difesa di Alberto Stasi, ma anche i carabinieri di Milano hanno intanto provato a 'riaprire' il caso giudiziario. Già nel 2020 i militari hanno inviato alla Procura di Pavia, competente per il delitto di Garlasco, un'informativa dettagliata per chiedere ulteriori approfondimenti fornendo un elenco dettagliato di presunte lacune per un omicidio in cui "bisognerebbe quantomeno prendere in considerazione la presenza di un correo". Le indagini dei militari di Milano si attivano per alcuni episodi di pedinamento, molestie e disturbo, subiti nel 2018 dall'avvocata Giada Bocellari, ancora oggi legale di Stasi che avrebbero portato - a dire dei carabinieri - a elementi "non adeguatamente valutati". Punto su punto quegli elementi, che oggi tornano d'attualità nella terza indagine contro Sempio vengono 'smontati' nel 2017 dalla Procura di Pavia e archiviati dal giudice per le indagini preliminari Pasquale Villani. Oggi la 'bocciatura' di cinque anni fa, a sorpresa, sembra far breccia su un altro pubblico ministero di Pavia. La nota informativa dei militari elenca la "serie di anomalie" nelle indagini sul delitto di via Pascoli: "sul dispenser (oltre alle due impronte di Stasi) vi sono numerose impronte papillari sovrapposte"; nel lavandino del bagno, durante il sopralluogo, "si evince chiaramente la presenza di 4 capelli neri lunghi che attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue"; c'è un'impronta sulla parete interna della porta di ingresso su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica" così come sulla parete delle scale dove fu trovato il corpo senza vita della ventiseienne. Dubbi vengono sollevati, ritenendola "quantomeno parziale" la comparazione sulla suola della scarpa insanguinata. Cinque anni fa e di nuovo ora, i militari tornano a sollevare dubbi sulle "tre telefonate verso casa Poggi" ad opera di Andrea Sempio (7 e 8 agosto 2007) pochi giorni prima dell'omicidio e "il biglietto del parcheggio", consegnato dall'allora diciannovenne per dimostrare che la mattina del 13 agosto 2007 non era a Garlasco ma a Vigevano. "Tutti i punti segnalati come incongruenti dai carabinieri di Milano sono stati, in realtà, già oggetto di ampia valutazione sia nei numerosi precedenti provvedimenti giudiziari che hanno definito la vicenda in questione, sia, in ultimo, nella richiesta di archiviazione del pm, recepita integralmente dal gip di Pavia nel decreto di archiviazione del marzo 2017 nel procedimento contro Sempio". La Procura di Pavia, sempre nel 2020, sottolinea come lo stesso Comando provinciale di Milano - per sua stessa ammissione - "non ha consultato tutti gli atti (molti dei quali peraltro pubblicamente accessibili) argomentando di conseguenza con una visione assai parziale della vicenda". Le impronte digitali su cui si chiedono approfondimenti "non hanno utilità investigativa" - scrive l'allora procuratore aggiunto Mario Venditti, tesi condivisa dal gip Villani - e nel caso non escludono la responsabilità di Alberto Stasi contro il quale, a usare le parole della Cassazione, c'è "un quadro d'insieme convergente verso la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio". Le impronte del fidanzato di Chiara Poggi sono nel bagno dove si lava l'assassino, i capelli nel lavandino sono della vittima colpita alla testa con un'arma mai trovata, la suola 'a pallini' sul pavimento è di una suola 42, il numero che indossa Alberto Stasi. Per i carabinieri di Milano ci sono "alcuni elementi degni di approfondimenti investigativi, poiché, fermo restando gli elementi a carico di Stasi, bisognerebbe quantomeno prendere in considerazione la presenza di un correo". Presenza "esclusa" con assoluta certezza non solo dalla sentenza della Cassazione contro l'allora fidanzato, ma già anche dalla Procura di Pavia e dal giudice per le indagini preliminari. Muoversi negli spazi stretti, tra il bagno e l'accesso alle scale, senza lasciare tracce sul pavimento era impossibile come dimostra la condanna di Stasi e l'assenza di una seconda impronta rende impossibile l'ipotesi dei militari. "La presenza di più persone avrebbe anzi ingombrato ancora di più il disimpegno rendendo del tutto inverosimile la presenza di una seconda persona in totale assenza di sue tracce, tracce peraltro non rinvenute né nel disimpegno, né in altre parti dell'abitazione". E viene 'smontato', già nel 2020, anche l'intero capitolo che i carabinieri dedicano a Sempio chiamato in causa per una telefonata effettuata verso il telefono fisso di casa Poggi una settimana circa prima del delitto. Osservazioni che "non hanno reale consistenza investigativa" perché - scrive la procura nel 2017 e condivide il gip - , la telefonata 'sospetta' "avviene in realtà una settimana prima dei fatti; ed è vero che le telefonate tra Sempio e il telefono fisso della famiglia Poggi erano poco frequenti, ma questo deve essere considerato normale in un piccolo centro abitato dove i ragazzi hanno molte possibilità di incontrarsi di persona senza preventivamente concordare il luogo e ora". La differenza di età tra indagato e vittima "rende difficile ipotizzare un interesse di Sempio nei suoi confronti; interesse peraltro mai riferito da alcuna delle persone sentite" si legge nell'archiviazione di Pavia. E "altrettanto suggestiva, ma priva di sostanza", la vicenda dello scontrino di parcheggio prodotto da Andrea Sempio come 'alibi' per la mattina del 13 agosto 2007". Quando viene sentito la prima volta lui non esibisce alcuno scontrino a supporto delle sue affermazioni "un modo ben curioso di crearsi un alibi. Lo scontrino viene infatti rinvenuto successivamente dal padre, il quale decide di conservarlo in accordo con la madre, nonostante il figlio fosse già stato sentito dagli inquirenti, o forse proprio per questo. Va infatti ricordato l'enorme scalpore suscitato dalla vicenda in Garlasco come nel resto della provincia, ed è verosimile che i genitori abbiano voluto conservare lo scontrino proprio perché il figlio era già stato sentito, ed era quindi - ai loro occhi - in qualche modo entrato nell'indagine".
(Adnkronos) - Possiamo considerare il welfare aziendale come parte integrante della strategia collettiva delle imprese? E in che modo è possibile coniugare sostenibilità, digitalizzazione e welfare? Questi interrogativi saranno al centro della terza edizione del Welfare day 2025, l’evento organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, azienda leader nei benefit e nel coinvolgimento dei dipendenti, in programma oggi, giovedì 13 marzo, a Roma, presso il Palazzo dell’Informazione. L’iniziativa rappresenta un'importante occasione di confronto per il mondo corporate, offrendo nuovi insight, dati e ricerche di Pluxee sulle soluzioni di welfare aziendale e il loro impatto sulla produttività e sul benessere dei lavoratori. Durante l’evento verrà commentato il nesso tra benessere, felicità e imprese, scoprendo come oggi non sia possibile scindere i primi due elementi dalla vita professionale e lavorativa. Ciò che favorisce la felicità sul luogo di lavoro si rivela fondamentale sia per l’attrattività delle aziende nel mercato del lavoro si per la retention dei talenti, orientando le scelte strategiche dei responsabili delle risorse umane e non solo. Questo non può che coniugarsi con il welfare aziendale, il quale oggi ha delle caratteristiche ben precise e si affianca con la sostenibilità sociale. Nel corso dei vari Talk Show, si mostrerà come il welfare debba essere considerato un elemento vitale dell'operatività di un'azienda. Attraverso la partecipazione di esperti del settore e manager aziendali verranno esplorate le ultime tendenze e best practice per integrare il welfare nelle strategie aziendali, favorendo una crescita sostenibile e digitale. Benefit e iniziative di sostegno al dipendente generano benessere tra la popolazione, contribuendo a rendere sostenibile il lavoro. Diffusi all'interno di tutte le funzioni aziendali, accrescono la felicità e la produttività, generando un ciclo virtuoso che rafforza il coinvolgimento dei dipendenti, migliorando la reputazione aziendale e garantendo una crescita sostenibile nel lungo periodo. Uno degli obiettivi sarà rispondere alla domanda: come si può creare e mantenere un ecosistema aziendale orientato alla soddisfazione delle persone? Lungi dal costituire un semplice accessorio del salario, il pacchetto di benefici che l'azienda mette a disposizione dei lavoratori - prestazioni sanitarie, sostegno alla genitorialità - deve essere sempre più in grado di incontrare le esigenze di questi ultimi. All’interno del Welfare day 2025, questi argomenti saranno discussi con Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo, rispettivamente country marketing e product director e managing director di Pluxee Italia, con il contributo chief hr officer e hr manager di aziende come Atac, Fater, Fendi, Philip Morris International, Procter & Gamble, Tim e molte altre.
(Adnkronos) - Il Gruppo Hera inaugura a Imola (BO), nel cuore della Motor Valley, il primo impianto nel suo genere a livello europeo, in grado di rigenerare la fibra di carbonio su scala industriale. Si chiama Fib3R, un nome all’insegna delle tre R che sono alla base del progetto: recover, reduce, reuse, ovvero recuperare la fibra di carbonio e riutilizzarla, riducendo l’utilizzo di fibra vergine e quindi l’impatto ambientale che sarebbe necessario per produrla. La fibra rigenerata da Fib3R - spiega Hera in una nota - mantiene inalterate le caratteristiche di leggerezza ed elevata resistenza della fibra vergine, garantendo di ottenere - attraverso un procedimento all’avanguardia di pirogassificazione - un prodotto in uscita rigenerato, pronto per essere riutilizzato, ritessuto e/o impregnato, per impieghi altamente performanti a cui questo tipo di materiale è destinato. I settori industriali interessati vanno dall’automotive all’aerospaziale, dalla nautica all’arredo, fino al tessile e alla moda in senso lato. L’Unione Europea ha riconosciuto a Fib3R un contributo di oltre 2,2 milioni di euro nell’ambito del NextGenerationEu per la tecnologia innovativa e la rilevanza strategica dei materiali trattati. L’investimento complessivo previsto dal Gruppo Hera per realizzare l’impianto di Imola ammonta a 8 milioni di euro. Ad oggi, nell’impianto si prevede una produzione di 160 tonnellate di fibra di carbonio riciclata ogni anno, con un risparmio energetico del 75% rispetto alla fibra vergine. “Nel suo genere Fib3R è il primo impianto in Europa per il riciclo della fibra di carbonio, con l’obiettivo di promuovere filiere corte e circolari, in linea con la nostra strategia di rendere i nostri territori più competitivi e resilienti - afferma Orazio Iacono, amministratore delegato del Gruppo Hera - FIib3R rappresenta, inoltre, un esempio concreto di come il Gruppo Hera sia in grado di combinare innovazione tecnologica e sostenibilità sfruttando la cross fertilization tra le competenze all’avanguardia delle varie filiere del Gruppo. Il recupero della fibra di carbonio non solo consente di ridurre l’impatto ambientale di questi scarti, ma crea anche nuove opportunità di mercato in settori strategici dell’industria. Investire in infrastrutture circolari di questo tipo significa aumentare la resilienza delle filiere produttive, ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche e, al contempo, creare valore attraverso modelli di business sostenibili". "Con oltre 100 impianti all’avanguardia e 5 nuove strutture in corso di realizzazione - continua - abbiamo consolidato nel tempo la più grande e moderna piattaforma impiantistica del Paese per il trattamento e recupero di materia, rafforzando il nostro ruolo di operatore di riferimento nel settore e di motore dell’economia circolare in Italia. Il nostro Piano industriale conferma questa strategia con investimenti per 2 miliardi di euro nel periodo 2024-2028 destinati alla rigenerazione delle risorse, un impegno che punta a generare valore per tutti i nostri stakeholder”. L’impianto di Imola è stato messo a punto dalla controllata Herambiente, operatore nazionale nel recupero e trattamento dei rifiuti, che da tempo aveva iniziato a sperimentare il processo di recupero delle fibre di carbonio, in collaborazione con il dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Bologna e con il partner tecnologico Curti Costruzioni Meccaniche. Dopo tre anni di sperimentazione, il Gruppo Hera ha sviluppato industrialmente il progetto e realizzato l’impianto Fib3R. Nell’impianto di Imola - spiega Hera - la rinascita della fibra di carbonio avviene all’interno di un tunnel di 60 metri dove viene realizzato un processo avanzato di pirogassificazione: nella prima fase, quella della pirolisi, viene liberata dalla resina la fibra di carbonio, più resistente al calore, e nella seconda fase avviene la gassificazione che garantisce una fibra rigenerata di altissima qualità, purissima, lucente e sostenibile. La resina decomposta in forma gassosa viene, infatti, riutilizzata per generare parte dell’energia necessaria al processo, massimizzando il recupero energetico. Le polveri rimaste nelle fibre vengono aspirate e inviate al sistema di abbattimento. Il ciclo di riciclo è potenzialmente infinito e il risparmio energetico è molto alto rispetto alla produzione di fibra vergine, altamente energivoro per le alte temperature utilizzate. Inoltre, produrre fibra di carbonio vergine significa impiegare materie prime fossili e aumentare i conferimenti in discarica, visto che gli scarti della lavorazione delle fibre sono destinati quasi esclusivamente allo smaltimento. Non solo: l’unicità di Fib3R sta anche nella totale tracciabilità del materiale trattato. Gli scarti in fibra di carbonio, infatti, entrano nell’impianto all’interno di contenitori dotati di QR code, che riporta la loro carta di identità: caratteristiche tecniche, peso, provenienza. Una volta compiuto il processo, lo stesso materiale tracciato torna al proprietario sotto forma di fibra di carbonio rigenerata e il cerchio si chiude. I compagni di viaggio di Fib3R. Il Gruppo Leonardo ha avviato attraverso la Divisione Aerostrutture la sinergia industriale con il Gruppo Hera supportando all’interno dell’impianto di Imola un progetto di recupero delle fibre di carbonio di rinforzo dei compositi a matrice polimerica utilizzati per la costruzione di parti di aeromobili. Dunque, grazie agli asset di Herambiente e al know-how sviluppato nei laboratori del Gruppo Leonardo, il prezioso materiale verrà riciclato con positive ricadute in termini di sostenibilità e circolarità. In particolare, la Divisione Aerostrutture di Leonardo conferirà a Herambiente parte delle fibre di scarto derivanti dalla costruzione delle componenti di alcuni fra gli aeromobili civili più noti nel settore dell’aviazione commerciale.