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(Adnkronos) - Aspettando il gran finale di stagione, con il duello Bagnaia-Martin che si deciderà all'ultima curva di Barcellona, c'è chi pensa già al prossimo mondiale di MotoGp. Tra questi c'è Marc Marquez, terzo in classifica generale, che dal 2025 sarà compagno di squadra di Pecco in Ducati: "Il cambiamento è stato azzeccato, perché altrimenti quest'anno avrei annunciato il mio ritiro. Avevo molti punti interrogativi nella mia mente. Ma ora tutti i dubbi sono scomparsi”. Con la Ducati lo spagnolo punta a tornare nella lotta per il titolo: “Sento di essere tornato a un livello competitivo. Non direi quello del 2019, ma piuttosto un livello sufficiente per continuare a lavorare, ad avere quello spirito speciale della MotoGp, e a riassaporare la vittoria, il podio, l'intensità che si prova lottando al vertice. Vincere è come una droga, dopo i centri di Aragon e Misano, ho cercato sempre di ripetermi. Ho capito però che le vittorie non sono la normalità. Quando non si primeggia, la mentalità cambia, si valutano le cose in modo diverso. Vincere dà molta fiducia ed è qualcosa che, dopo tre o quattro anni senza risultati e le operazioni al braccio, iniziavo a perdere”. Questa stagione però Marquez è tornato sui suoi livelli: “Non so se è per la moto o per la condizione fisica. Tra belle gare, podi e vittorie, il mio morale è tornato altissimo”. La nuova vita in Ducati lo metterà fianco a fianco al campione del mondo in carica, Pecco Bagnaia: “Con la moto più competitiva in griglia è più facile lottare per le vittorie, ma non è scontato. Pecco sarà il riferimento all'interno del nostro box e il mio obiettivo è avvicinarmi al suo livello. Spero che entrambi lotteremo per il titolo, evidenzierebbe la nostra competitività. Credo molto nella Ducati, ho fiducia nello staff e penso che avremo la migliore moto per i prossimi due anni. Poi non si sa mai, perché questa è competizione. Sicuramente io e Pecco avremo un bel rapporto professionale. Aiuteremo la Ducati, proveremo a vincere il titolo. È il mio obiettivo per i prossimi anni”.
(Adnkronos) - "Se dovessi fare un titolo direi luce e ombre. Questo perché da un lato indubbiamente abbiamo apprezzato alcuni aspetti della manovra, come la grande attenzione alla tenuta dei conti pubblici che è sicuramente un tema importante, in un'ottica di potenziale poi risparmio in termini di interessi sul debito pubblico. Come è stato importante avere reso strutturale il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti, perché noi vediamo con favore tutto ciò che è definitivo e non temporaneo, così come anche la riduzione dell'aliquota di tassazione dei premi di produttività dal 10 al 5%. Quello che manca, secondo noi, è però una politica industriale a medio termine che dia quelle che sono le linee guida che il Paese vuole seguire". Così, in un'intervista con Adnkronos/Labitalia, Cristian Camisa, presidente di Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, sulla manovra economica del governo, il giorno dopo l'incontro con l'esecutivo. Secondo Camisa infatti "in un momento come questo occorrerebbe fare un piano triennale con al centro lo sviluppo delle nostre piccole e medie industrie, perché stiamo vivendo un momento di transizione estremamente importante, con sfide che, probabilmente, se non riusciamo a vincerle, ci porteranno fuori dal mercato", sottolinea. E il presidente di Confapi non usa gira di parole sul momento economico del Paese. "Io solitamente, come un imprenditore è, sono sempre molto ottimista. Non nascondo però -sottolinea- che in quest'ultimo periodo vedo segnali negativi che non sono solo dal punto di vista economico. C'è sicuramente un Pil che arranca, una produzione industriale che ha fatto un -0,4% a settembre e un -4% su base annua, ed è il ventesimo calo consecutivo, ma soprattutto vedo che si stanno incastrando una serie di scenari non positivi. Tra cui ad esempio la meccanica che è al palo, un costo dell'energia che è uno dei temi di competitività di questo Paese, la crisi di uno dei mercati di sbocco principale che è la Germania. Ma soprattutto sta cominciando a mancare la fiducia. Ecco, una delle azioni che secondo me il governo deve porre in essere è cercare di avere una strategia a lungo termine che ridia fiducia a questo Paese e che faccia capire che vogliamo continuare a essere una potenza manifatturiera", ribadisce. Uno dei nodi più critici oggi per il sistema Paese è l'automotive. "Abbiamo tantissime aziende -spiega- dell'indotto dell'automotive che sono in una crisi profondissima. Generalmente come Confapi abbiamo aziende dell'indotto di secondo livello, cioè non aziende che servono direttamente Stellantis, ma aziende che servono aziende che servono a Stellantis. Ecco, mentre le aziende di primo livello hanno internalizzato tutte le produzioni che prima avevano esternalizzato, questo ha comportato per le nostre aziende una mancanza completa di commesse da un giorno all'altro. Io ho visitato diverse aziende dell'indotto piemontese nell'ultima settimana, ho incontrato imprenditori disperati. Aziende sane, aziende che avevano avuto sviluppi molto importanti negli ultimi anni e che stanno chiudendo per mancanza di commesse. Noi abbiamo stimato almeno 35 mila posti di lavoro a rischio, senza contare quello che sarà poi l'indotto dell'indotto, cioè tutte quelle attività sinergiche a queste aziende", ribadisce. E le proposte della Confederazione vanno dirette al 'cuore' del problema. "Per lo sviluppo dell'automotive -spiega- occorre dare un segnale molto forte. Per noi oggi dare un segnale molto forte, ad esempio, è entrare nel capitale di Stellantis attraverso una società veicolo. Ho ricordato ieri a Chigi che il costo dell'azione di Stellantis è passato dai 27 euro di marzo ai 12,50 attuali, quindi l'esborso sarebbe anche meno importante e si darebbe un segnale. Si farebbe capire che in Italia si vuole ancora fare produzione. Contestualmente a questo occorre immediatamente riportare quegli incentivi che sono stati traslati alla Difesa, quei famosi 4,5 miliardi, sul Mimit. E dare incentivi per l'acquisto di vetture solo se, e solo se, la percentuale della vettura è stata prodotta per almeno il 60 o il 70% in Italia o in Europa. Questo sicuramente è un segnale forte se vogliamo mantenere l'automotive", sottolinea Camisa. Al contrario, spiega Camisa, "se invece si pensa che l'automotive non sia più un qualcosa all'interno del sistema Paese, occorre da un lato arrivare immediatamente, ho già scritto al Ministro Calderone, a un raddoppio delle settimane di cassa integrazione nel triennio, da 52 a 104 e avere un sistema di incentivi che però sia pluriennale, perché non è che le aziende si riconvertono in qualche mese, per permettere a queste aziende una riconversione industriale. Anche in questo caso però dovremmo dare delle linee guida per capire in che cosa e dove si devono riconvertire. Non penso che la sua Difesa possa andare a coprire tutti questi posti di lavoro, tutte queste aziende che stanno rischiando", sottolinea. E sul tema dell'energia le richieste di Confapi sono chiare. "Noi ci alziamo ogni mattina -spiega- avendo un gap competitivo che va dal 70 al 40% del costo energetico rispetto ai principali competitori europei. Quindi è necessario indubbiamente non ascoltare più le minoranze chiassose ma ascoltare le maggioranze silenziose. Il tema del nucleare è un tema che deve essere posto all'ordine del giorno, un tema su cui noi abbiamo già dato -sottolinea- la nostra adesione, però non si deve partire domani, si doveva partire ieri perché comunque stiamo parlando di anni per arrivare alla realizzazione. E quindi secondo noi dobbiamo agire anche su altre direttrici. La prima, uno sviluppo ulteriore dell'energia pulita, quindi in particolare dal fotovoltaico e non solo. E poi serve anche un sistema di calcolo un po' differente dei prezzi perché mentre in molte parti d'Europa i prezzi stavano calando, in Italia sono continuati a crescere", aggiunge ancora. "E quindi -spiega ancora Camisa- abbiamo da un lato il nostro mondo che sta continuando a pagare l'energia sempre più cara e dall'altro i big player dell'energia italiana che fanno utile a capogiro. Quindi io sono liberale e non ho mai parlato di extra profitti, però sicuramente un sistema diverso di calcolo del prezzo che possa un po' mitigare questa distorsione è assolutamente necessario", conclude.
(Adnkronos) - “Da tempo ci interroghiamo sul valore economico e sociale della nostra filiera produttiva, del modello produttivo dei vignaioli indipendenti sparsi su tutto il territorio nazionale. Abbiamo ingaggiato Nomisma in quanto player di altissimo livello in questo campo e ne è uscita una ricerca molto soddisfacente, che risponde ai nostri quesiti in maniera puntuale”. Lo ha detto Lorenzo Cesconi, vignaiolo e presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), in occasione della presentazione dell’indagine 'Il modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti per la sostenibilità della filiera vitivinicola italiana' condotta da Nomisma wine monitor, l’osservatorio di Nomisma sul mercato del vino, in collaborazione con Fivi e dedicata ai produttori associati alla federazione. “Dal report è emerso che i vignaioli indipendenti hanno un ruolo sociale importante, coltivando prevalentemente aree in territorio montano e collinare, dove c'è bisogno di presidiare e custodire un territorio altrimenti fragile - spiega Cesconi - Il ruolo territoriale dei vignaioli ci è stato confermato dall’indagine, da cui emerge che coltiviamo per l'80% zone di versante, in collina oppure in montagna”. “Il nostro ruolo sociale è importante anche perché il 30% dei nostri dipendenti sono assunti a tempo indeterminato e abbiamo anche un ruolo importante nella definizione della qualità delle produzioni. Il nostro atteggiamento è sempre qualitativo, tant'è che scegliamo di produrre in maniera biologica, scelta che riguarda più della metà dei nostri soci - continua Cesconi - Puntiamo sempre al vertice qualitativo di tutte le denominazioni, tant'è che il nostro prezzo medio di vendita si attesta a più o meno il doppio rispetto alla media nazionale. Questo approccio ha un ruolo importante sul richiamo delle denominazioni nei territori vitati, tant'è che anche nel comparto dell’enoturismo la nostra categoria svolge un ruolo di player importante”. “Il 90% delle nostre aziende fa vendite in cantina ed attrae clienti e turisti, che per un 40% sono stranieri. Inoltre riteniamo che l’enoturismo e i vignaioli indipendenti italiani possono avere un ruolo importante nel far defluire un po’ di turisti nelle campagne, contrastando così il fenomeno dell'over tourism", conclude il presidente Fivi.