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(Adnkronos) - Una spiaggia frequentata anche da diecimila persone ogni fine settimana, ma che ancora, a metà luglio, non ha quasi nessun servizio. Il mare di Roma ridotto a una distesa desolante di chioschi chiusi, serrande abbassate e strutture quasi del tutto abbandonate a loro stesse con nessuno spogliatoio, zero docce e giusto qualche toilette. Due chilometri di spiaggia, quella dei cancelli di Ostia, a due passi dalla tenuta presidenziale di Castelporziano, che, nonostante annunci e promesse del Comune di Roma, in piena estate ancora fatica a essere raggiunta dai minimi servizi, in una stagione, quella 2025 - anno del Giubileo - che si è aperta ufficialmente lo scorso 1 maggio. Almeno sulla carta. Già a fine giugno, l’Adnkronos aveva registrato una situazione caratterizzata da totale incuria e abbandono, con i servizi igienici chiusi e latrine di emergenza nascoste fra le dune o dietro le strutture stesse. Oggi, a 15 giorni dalla chiusura di un bando arrivato già tanto in ritardo, la situazione è migliorata, ma è ancora molto lontana da poter essere considerata risolta: i chioschi, pur assegnati, sono infatti tutti ancora deserti, privi di bar e bagnini, e i servizi igienici sono aperti solo in una piccola parte delle 8 strutture dislocate ai cancelli. Se gli edifici 1, 2, 3 hanno effettivamente bagni aperti e puliti, infatti, le strutture 5, 6, 7, 8 sono ancora chiuse con i lucchetti. A quanto apprende l’Adnkronos, “c’è stato un blitz e hanno cacciato via la gente che dormiva dentro alcune stanze degli edifici”: al numero 2, dove i bagni sono utilizzabili ma gli spogliatoi sono ancora chiusi a chiave, una porta è stata sradicata ed è stata buttata a terra dentro uno dei locali. Mentre un altro vano dello stesso stabile è stato dato alle fiamme di recente, come testimonia l’odore pungente di bruciato, con tanto di pareti annerite e lampade sul soffitto che si sono sciolte per il calore. La struttura numero 7 è allagata: “È al disotto del livello del mare - racconta chi conosce la situazione della zona - e c’è perfino il timore che possa essere terreno fertile per la malaria”. Il fango e l’acqua stagnante sono lì da talmente tanto tempo che alcune piante sono cresciute e hanno superato il metro di altezza: una delle stanze, raggiungibile con una passerella di fortuna sopra il guado, ha la porta spalancata. Al suo interno, una gran quantità di cianfrusaglie ammassate. Ma a Castelporziano, c'è anche chi decide di raccontare un’altra faccia del mare di Roma: “Da vent’anni le solite bande di ladri scorrazzano indisturbate saccheggiando le auto di chi viene ai Cancelli. La gente si difende come può, si arrangia come può, ricorrendo anche ai parcheggiatori abusivi pur di non trovare vetri delle loro auto sfondati. Fra le dune si vedono anche gruppi di spacciatori, che sono una novità di questa stagione, la peggiore che io possa ricordare qui. Di certo, senza bagnini né servizi, è un miracolo che non sia morto qualcuno”. Rispetto a due settimane fa infatti, l’unica differenza sono alcune luci dei chioschi, che sono accese. Ma null’altro sembra essere cambiato in questa estate desolata per il mare di Roma e per i tanti che, comunque, sperano di potersi godere una giornata sulle spiagge della Capitale d’Italia. (di Lorenzo Capezzuoli Ranchi)
(Adnkronos) - "Un dazio generalizzato al 30% su tutti i prodotti europei esportati negli Usa rappresenta un ulteriore colpo per la nostra industria, di fronte al quale è necessaria una forte presa di coscienza e un'azione coordinata a livello europeo per tutelare il tessuto produttivo continentale". A sottolinearlo all'Adnkronos/Labitalia è Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane: un settore che, in Italia, conta quasi 900 imprese e impiega oltre 23.000 addetti. Per le fonderie, il dazio del 30% che dovrebbe entrare in vigore il 1° agosto va a colpire tutti i prodotti che non erano già coinvolti dalle tariffe del 50% su acciaio e alluminio decise lo scorso marzo: "Ma il rischio reale - dice Zanardi - più che quello di un impatto diretto sulle già ridotte esportazioni verso gli Usa, è relativo soprattutto agli effetti indiretti che questi dazi possono generare". Negli ultimi anni, prima quindi dell’introduzione delle ultime misure, la quota di export verso gli Usa si era già fortemente ridotta a causa dei costi di produzione troppo elevati, che da diverso tempo frenano la competitività delle produzioni italiane ed europee. Nel 2024, in particolare, le esportazioni di getti ferrosi dall’Italia verso gli Stati Uniti si sono fermate a 22.000 tonnellate (circa il 2,5% della produzione) registrando un calo del -66% rispetto al 2023. "Il nostro export – sottolinea Zanardi - è ormai limitato a prodotti di nicchia ad alto valore aggiunto, che le fonderie americane non sono probabilmente in grado di realizzare. Queste produzioni sono difficilmente sostituibili, dazi o non dazi, ma pesano molto poco sul totale". Al di là però degli effetti diretti, quel che è certo è che politiche commerciali come quelle dell’amministrazione Trump generano distorsioni che si ripercuotono sull'intera filiera: "Siamo molto preoccupati di una possibile invasione di fusioni provenienti dal Far East sul mercato europeo, con prodotti che, deviati dal mercato americano, potrebbero riversarsi in Europa, che è il mercato più aperto al mondo, distorcendo ulteriormente la concorrenza e deprimendo i prezzi". L'Europa oggi si trova a quindi un bivio: deve decidere se difendere la propria industria o proseguire in politiche che portano diritte alla deindustrializzazione. "Come abbiamo evidenziato durante la nostra ultima assemblea - sottolinea - il tempo è ormai scaduto, e bisogna agire con estrema urgenza con interventi mirati. Le nostre quattro proposte e le priorità sono chiare". 1) Riduzione dei costi energetici: l'emergenza energetica persiste dal 2021 e il prezzo dell'elettricità in Italia continua a restare legato a quello del gas, nonostante la crescita delle produzioni da rinnovabili. Un'anomalia che penalizza le imprese energivore a tutto vantaggio dei fornitori di utilities. E' fondamentale procedere al disaccoppiamento del costo dell'elettricità da quello del gas. 2) Semplificazione normativa: la complessità e la rigidità del quadro regolatorio europeo è un problema per le imprese, e soprattutto per le pmi. Ci sono strumenti come il Cbam (Carbon border adjustment mechanism) che, nato per difendere le imprese a maggior rischio di delocalizzazione, si è poi concretizzato in un meccanismo che aumenterà i costi di produzione (daziando le materie prime importate) senza proteggere i prodotti finali realizzati da aziende come le fonderie dalla concorrenza sleale di imprese che producono fuori dalla Ue con standard ambientali e lavorativi molto inferiori ai nostri. 3) Garanzia di accesso alle materie prime critiche: la dipendenza strategica da Paesi extra-Ue per le materie prime critiche è un rischio crescente, aggravato dalla militarizzazione delle materie prime e delle politiche commerciali. 4)Sostegno all'innovazione delle imprese: le pmi del settore necessitano di fondi accessibili per innovazione, digitalizzazione ed efficientamento. "L'industria delle fonderie - rimarca Fabio Zanardi - è parte integrante delle fondamenta industriali europee. E' tempo che l'Europa trasformi gli annunci in azioni concrete per difendere questo asset strategico e assicurare il suo futuro industriale".
(Adnkronos) - “Noi, come Comuni, siamo stati i primi a mettere a terra le potenzialità del Pnrr. Abbiamo realizzato nuove infrastrutture, molte di queste opere sono in corso ma siamo stati tra i primi ad aver rispettato le tempistiche e gli obiettivi del Pnrr”. Lo ha detto Vito Parisi, vicepresidente Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) con delega al trasporto pubblico locale a alla mobilità sostenibile, partecipando alla presentazione della terza edizione di ‘Eco Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti’, che Anci patrocina, in programma il 16 e 17 settembre 2025 nel Centro Congressi di Piazza di Spagna a Roma. “Ora bisogna parlare di governance, perché c’è l’infrastruttura, ma ci serve un processo di pianificazione seria, che vada oltre i Pums, i Piani urbani di mobilità sostenibile di cui si sono dotati diversi Comuni. Servono delle agenzie di trasporto - aggiunge - con dei manager che gestiscono il trasporto pubblico, e questo deve avvenire in sede locale e pubblica, come quella dei Comuni. Mi auguro che questo fondo venga rimpinguato, perché le risorse non sono soddisfacenti, e che ci sia un ripensamento”. Le agenzie di trasporto dei medi e piccoli Comuni, rispetto a quelli metropolitani, sembrano aver già individuato modelli virtuosi che, spiega Parisi, potrebbero essere applicati anche alle grandi città: “Mi auguro che quanto prima ci sia una condivisione dei dati al riguardo. Purtroppo, oggi la domanda di trasporto pubblico è basata su un dato storico e non si tiene conto delle evoluzioni che ci sono state, di quello che accade all’interno delle stazioni ferroviarie o con lo sharing dell’automobile piuttosto che delle biciclette. È un sistema che si sta evolvendo, però è importante che la sua governance ritorni in una sede pubblica. L’auspicio è che tutto ciò diventi molto concreto, perché date le tendenze ormai prossime, come la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, noi non possiamo subire un processo che rischia di essere nelle mani del privato”.