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(Adnkronos) - I negoziati possono attendere, la Russia martella in Ucraina. Vladimir Putin ignora gli ultimatum di Donald Trump e non rinuncia agli obiettivi dell'Operazione speciale. "Avanziamo su tutta la linea del fronte", dice il presidente russo, che prosegue con la strategia consolidata: giudica indispensabile una pace duratura con garanzie di sicurezza per Mosca mentre le sue forze armate cercano la spallata decisiva nella guerra. Le richieste del presidente americano Trump perché si trovi una soluzione al conflitto fra Russia e Ucraina non sono state ascoltate. E nemmeno le annunciate sanzioni americane a Mosca sembrano spaventare il Cremlino. Il copione, sul campo, appare consolidato. L'esercito russo ha accelerato la sua incursione in territorio ucraino per il quarto mese consecutivo, portando a termine a luglio la sua più ampia avanzata da novembre, come emerge da un'analisi realizzata dall'Afp sulla base dei dati dell'Isw, Institute for the stuydy of war. In un mese le forze di Mosca hanno conquistato 713 Km quadrati in territorio ucraino, contro i 79 recuperati da Kiev, per una progressione netta di 634 km quadrati. A giugno la conquista netta era stata di 588 km quadrati, 507 a maggio, 379 ad aprile e 240 a marzo. Putin, nelle ultime ore, ha 'certificato' la conquistare della città chiave di Chasiv Yar, nell'Ucraina orientale, dopo quasi 18 mesi di feroci combattimenti nella zona: Mosca ora controlla un nodo logistico fondamentale, che consente di gestire le vie dei rifornimenti e costituisce il trampolino per un'ulteriore spallata verso ovest. La Russia sta raccogliendo i frutti dopo mesi all'insegna della politica dei piccoli passi. Mosca, secondo l'analisi della Cnn, "sta capitalizzando una serie di contenuti progressi e investendo risorse significative in un'offensiva estiva in arrivo, che rischia di ridisegnare il controllo delle linee del fronte. Nel corso di quattro giorni di reportage nei villaggi di Kostiantynivka e Pokrovsk – due delle città ucraine più colpite nella regione di Donetsk – si è assistito a un rapido cambio di controllo del territorio. I droni russi sono riusciti a penetrare in profondità in aree che un tempo le forze di Kiev consideravano oasi di pace, e le truppe hanno faticato a trovare personale e risorse per fermare la persistente avanzata nemica. La spinta russa - sottolinea l'emittente americana - arriva proprio mentre Trump ha drasticamente ridotto la scadenza per la pace con Putin da 50 a 12 giorni. Il presidente americano ha dichiarato di essere "molto deluso" dal suo omologo russo e ha lasciato intendere che il capo del Cremlino aveva già deciso di non accettare il cessate il fuoco che gli Stati Uniti e i loro alleati europei chiedono da mesi. Trump si è poi detto "sorpreso" dal leader del Cremlino, che ha descritto come ''ovviamente un tipo tosto''. Nel corso di una intervista a Newsmax, il presidente Usa ha affermato che ''abbiamo avuto numerose conversazioni proficue in cui avremmo potuto porre fine a questa storia e all'improvviso hanno iniziato a volare bombe". Trump ha aggiunto che Putin ''forse vuole provare a prendere tutto'' in Ucraina, ma ''penso che sarà molto dura per lui''. Il presidente americano ha quindi ricordato di aver ''parlato molto con Putin e credo che abbiamo avuto un'ottima conversazione. Poi torno a casa e vedo che una bomba è stata sganciata a Kiev e in altre città, uccidendo delle persone''. Il tycoon ha spiegato che nei colloqui aveva avuto una percezione diversa, ''pensavo - ha detto - che avessimo risolto la questione tre volte''. La riduzione dei tempi per Putin è stata intanto accolta con favore da Kiev e potrebbe accrescere il senso di urgenza nelle capitali occidentali rispetto al sostegno diplomatico o militare all'Ucraina. Ma sembra improbabile che possa cambiare la rotta di Mosca, dove la sua superiore forza lavoro, la tolleranza per le perdite e la vasta linea di produzione militare stanno iniziando a dare i loro frutti. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato la scorsa settimana che le forze russe "non stavano avanzando", pur riconoscendo che le circostanze lungo la linea del fronte erano "difficili". La sensazione di una crisi in atto è più acuta intorno alla città di Pokrovsk, attaccata senza successo da Mosca per mesi, con un alto costo in termini di vite umane russe. Un comandante ucraino in servizio nei pressi della città ha descritto "uno scenario molto negativo", in cui le truppe nella vicina città di Myrnohrad rischiavano di "essere circondate". L'ufficiale ha aggiunto che i russi si erano già spostati nel vicino villaggio di Rodynske e si trovavano ai margini di Biletske, mettendo a repentaglio la linea di rifornimento per le truppe ucraine all'interno di Pokrovsk, valutazioni confermate alla Cnn da un agente di polizia ucraino e da un altro soldato ucraino. Il comandante ha detto ancora di temere un probabile assedio, simile a quello di Avdiivka e Vuhledar dell'anno scorso, dove "abbiamo resistito fino all'ultimo e abbiamo perso città e persone". Viktor Tregubov, portavoce del gruppo di forze Khortytsia attivo nella zona, ha dichiarato alla televisione di Stato che "c'è una pressione costante lungo tutto il fronte orientale. In questo momento, è assolutamente ovunque". Ha aggiunto che le truppe russe hanno attaccato principalmente con reparti di fanteria. "Se qualcuno viene ucciso, gli altri lo seguono immediatamente". Sebbene le forze di Mosca abbiano ottenuto solo progressi incrementali negli ultimi mesi, conquistando piccoli insediamenti con scarso vantaggio strategico, il ritmo dell'avanzata ha accelerato, secondo la mappatura open source di DeepState. I recenti progressi sono stati strategicamente vantaggiosi, rendendo l'accerchiamento di Pokrovsk, Kostiantynivka e Kupiansk a nord una minaccia palpabile nelle prossime settimane. La conquista da parte della Russia della città chiave di Chasiv Yar fornirebbe alle forze di Mosca una posizione estremamente vantaggiosa per nuovi attacchi. La caduta di queste tre città creerebbe tre crisi distinte per Kiev. In primo luogo, si tratta delle aree urbane da cui l'Ucraina difende il resto della regione di Donetsk che controlla, senza le quali le sue truppe non avrebbero centri di rifugio e rifornimento. In secondo luogo, la loro perdita libererebbe un numero significativo di forze russe, che a quel punto potrebbero spingersi con forza su Kramatorsk e Sloviansk, le più grandi città di Donetsk ancora sotto il controllo ucraino. In terzo luogo, queste perdite lascerebbero le forze di Kiev esposte, a difesa di terreni agricoli per lo più aperti, con poche città sul loro percorso, tra la regione di Donetsk e la sua città chiave di Dnipro. Una serie di attacchi con droni hanno intanto preso di mira impianti industriali negli oblast russi di Ryazan, Penza e Samara, riferiscono stamani funzionari regionali e media locali, come rilancia il Kyiv Independent. A Ryazan è stata colpita una raffineria di petrolio, come hanno confermato le autorità regionali. A Penza, secondo il canale di monitoraggio Telegram Exilenova+, è stato attaccato l'impianto di Elektropribor sarebbe stato preso di mira. I canali Telegram filorussi hanno segnalato cinque esplosioni sopra la città. Nella regione di Samara, la raffineria di petrolio Novokuibyshevsky è in fiamme a seguito di un attacco di droni. I video pubblicati sui canali Telegram locali mostrano fiamme che si alzano dalla raffineria. Tre le persone rimaste uccise in Russia a causa dell'attacco con droni che ha colpito anche l'oblast di Rostov, hanno riferito le autorità locali. L'esercito russo ha riferito di aver intercettato in totale 112 droni lanciati nella notte dall'Ucraina.
(Adnkronos) - L'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15% per i prodotti europei entrerà in vigore domani 1° agosto. Ma l'incertezza, mancando ancora un piano operativo sui diversi settori, regna sovrana. E le sorprese, per le aziende italiane che esportano in Usa, sono dietro l'angolo. Anche quelle di ritrovarsi, concretamente, a dover fronteggiare un dazio maggiore rispetto al 15% previsto dall'accordo. Come racconta ad Adnkronos/Labitalia Giuseppe Napoletano, amministratore unico della Solania Srl, azienda campana che esporta in tutto il mondo, Usa compreso, il pomodoro San Marzano Dop, una delle icone del made in Italy agroalimentare, che si produce esclusivamente nell'agro Sarnese – Nocerino. "Da domani -sottolinea- ci sarà su ogni container che entrerà negli Stati Uniti c'è l'applicazione del dazio del 15% in più, sul pomodoro già pagavamo il dazio del 6,50 a cui si sommerà il 15%. Dalle informazioni che ho avuto l'altro giorno da Interglobo, lo spedizioniere che fa tutte le operazioni doganali il prezzo 6,50 più 15, che fa 21,50", sottolinea. Un incremento di costi, quello legato ai dazi, che per Solania arriva in un periodo positivo per l'azienda. "Quelli del 2024 sono stati numeri importanti, siamo un'azienda -spiega- che esporta il pomodoro San Marzano Dop in tutto il mondo, facciamo 50 Paesi, dagli Stati Uniti, Canada, Brasile, fino ad arrivare tra il Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Abbiamo sede in Campania, esattamente a Sarno e abbiamo due stabilimenti di produzione, una a Sarno e un'altro a Nocera Inferiore. Produciamo circa un milione di quintali di pomodoro, l'export per noi rappresenta quasi l'80%, e gli Usa il 50% di esso. E quindi il problema con l'applicazione dei dazi c'è, è chiaro che dobbiamo essere bravi a ottenere i costi per superare questo momento negativo", sottolinea. Ma, nonostante l'incertezza e l'aumento dei costi legato all'applicazione dei dazi, l'imprenditorie non perde la fiducia. "Io sono fiducioso perché il consumatore americano è molto attento alla qualità, il nostro è un prodotto che va verso un mercato di fascia medio alta. Noi dovremo essere a produrre nel contenere i costi e gli eventuali aumenti di non applicarlo al cliente finale", sottolinea. E Napoletano, nel contenimento dei costi senza intaccare la qualità, si è mosso per tempo. "In previsione di questa situazione, quando si è iniziato a parlare di dazi, abbiamo ci siamo già attrezzati contenendo il costo dell'acciaio, visto che il nostro pomodoro va in contenitori metallici. Abbiamo già fatto i contratti a dicembre e gennaio scorso, in cui non abbiamo subito ulteriori aumenti, mentre in questo momento l'acciaio è aumentato del 7-8%", sottolinea. La 'strada', per Napoletano, per vincere la 'guerra' dei dazi, deve essere questa: valore aggiunto del prodotto e ottimizzazione dei costi. "Abbiamo sentito il nostro importatore -spiega- e il sentimento è chiaro, quando ci sono queste situazioni incredibili a livello internazionale, anche loro devono stringere la cinghia in un momento particolare. Ma noi siamo fiduciosi perché il nostro prodotto è un prodotto di fascia medio alta, non è un prodotto cheap. Il problema lo potresti tenere su un prodotto cheap che magari aumenta del 15-20%", ribadisce. "Chi è abituato a mangiare qualità e a spendere per la scatola di pomodoro San Marzano, continuerà a farlo, non penso almeno per il momento, un'eventuale riduzione del consumo negli Usa", sottolinea. E l'imprenditore sottolinea come oltre ai dazi a pesare sia la svalutazione del dollaro. "Se non c'è un intervento politico a livello internazionale" la situazione che si è creata con i dazi Usa "la puoi tamponare, però a lungo andare puoi avere dei problemi occupazionali, dei problemi di produzione. Questo accordo ha permesso agli Usa di fare il proprio business e di vendere proprie risorse all'Europa, però prima o poi vanno regolati questi scambi commerciali, non si possono tenere i tassi così alti. Mi auguro che da qui a fine anno, anche in occasione delle elezioni di medio termine in America, qualcosa possa succedere", sottolinea. E intanto Napoletano è concentrato sul momento più importante per l'azienda: la produzione del pomodoro San Marzano che viene trasformato esclusivamente in pelati, come previsto dal disciplinare. "In questo momento abbiamo un pomodoro eccellente, un'annata di qualità. Negli ultimi giorni c'è stata una piccola pioggia che non ha fatto danni, perché poi sul pomodoro quello che incide sono eventuali grandinate, che potrebbe danneggiare il prodotto. Fino ad adesso stiamo facendo una qualità eccellente", sottolinea, concludendo che "noi produciamo poi anche pomodoro normale, in Puglia, e anche li stiamo avendo una qualità eccellente".
(Adnkronos) - Il 74% del cacao acquistato da filiere dirette o integrate; il 95% dei terreni conformi ai criteri 'deforestation-free'; il 93% del packaging primario riciclabile o compostabile. Il settimo Bilancio di Sostenibilità di Icam racconta una filiera sempre più tracciabile, l’impegno concreto per l’adattamento climatico nei Paesi d’origine, la centralità delle persone e un modello d’impresa che guarda al futuro attraverso la doppia transizione ambientale e digitale. Icam Cioccolato, azienda familiare giunta alla sua terza generazione, è oggi un punto di riferimento a livello internazionale nel mondo del cioccolato e dei semilavorati del cacao, con una presenza in 75 Paesi e un modello produttivo che unisce tecnologie avanzate, filiera corta e presidio diretto delle origini. Una visione imprenditoriale orientata alla creazione di valore condiviso e all’innovazione, nel rispetto delle persone e del pianeta. Con il suo settimo Bilancio di Sostenibilità, Icam rende tangibile un impegno che dura da anni: costruire una filiera tracciabile, valorizzare l’operato delle comunità dei Paesi d’origine e crescere in modo coerente con i propri valori. “Il Bilancio di Sostenibilità riflette la continuità del nostro impegno, caratterizzato dalla consapevolezza di una responsabilità attuale e intergenerazionale che implica la collaborazione a tutti i livelli e la cultura, intesa come competenza e come condivisione di valori - dichiara Sara Agostoni, Chief Sustainability Officer di Icam Cioccolato - Il 2024 è stato per ICAM un anno caratterizzato da crescita e consolidamento, abbiamo implementato attività di governance trasformativa, rafforzando la presenza della sostenibilità nelle decisioni aziendali, e continuato a portare avanti iniziative che non solo tutelano l’ambiente, ma promuovono anche il benessere delle persone lungo tutta la filiera”. I DATI. Delle oltre 30mila tonnellate di cacao acquistate nel 2024, il 74% proviene da filiere corte e integrate, una scelta che consente di esercitare un controllo diretto anche sulla qualità delle materie prime. Tracciabilità della filiera (e della sua gestione etica) e qualità del cacao, sono gli elementi cardine attraverso i quali Icam opera nelle proprie filiali operative in Uganda e Perù, così come nelle oltre 20 filiere di approvvigionamento in Africa e Sudamerica. Paesi in cui l’azienda rafforza la gestione responsabile della supply chain adottando sistemi di certificazione etiche e ambientali, come Fairtrade, Rainforest Alliance e Biologico. Questi protocolli, che coprono oggi il 64% del cacao prodotto da Icam, rappresentano un importante supporto nella verifica del rispetto degli standard ambientali e sociali, nel favorire il miglioramento della qualità e della produttività e nel garantire un equo riconoscimento economico ai produttori, a cui viene corrisposto un premio o un prezzo più alto. Inoltre, in conformità con il Regolamento Ue sulla deforestazione (Eudr), Icam ha adottato un approccio strutturato alla tutela delle foreste. Nel 2024 è stato completato un importante lavoro di geolocalizzazione di tutti i fornitori strategici, con oltre 27mila appezzamenti agricoli nei Paesi d’origine, con l’obiettivo di dimostrare il rispetto del principio di 'deforestation-free' per l’intera filiera. Questo lavoro capillare di mappatura dei terreni si traduce oggi in risultati concreti e positivi: il 95% dei terreni mappati è risultato già conforme ai criteri Eudr, con uno scarto del 5% per cui sono in corso specifici approfondimenti e, dove possibile, saranno attuati dei piani di mitigazione. L’impegno di Icam nella creazione di filiere sostenibili per l’ambiente e le persone, ha trovato nel 2022 la propria declinazione pratica nel progetto pilota 'Sustainable Farming for a Climate Resilient Livelihood of Cocoa Farmers in Uganda'. Realizzato in collaborazione con un cliente internazionale (Corpeq Bv, SanoRice Holding Bv), l’Ong Solidaridad East& Central Africa e co-finanziato dal Fund for Responsible Business (Fvo) e dal ministero degli Affari Esteri Olandese, il progetto ha permesso di supportare e formare oltre 600 famiglie di coltivatori ugandesi nella gestione di 310 ettari di piantagioni di cacao distribuiti in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. Con una durata di 4 anni complessivi, il progetto mira all’implementazione di un modello di sviluppo agricolo inclusivo e resiliente, dove il miglioramento della qualità del cacao si traduce anche in maggiore autonomia, stabilità economica e coesione sociale per le comunità coinvolte. Ad oggi, l’86% dei coltivatori coinvolti nel progetto ha adottato e applicato correttamente le tecniche di fertilizzazione organica, il 66% ha adottato una corretta spaziatura tra gli alberi e il 70% ha implementato le tecniche di potatura trasferite per permettere una corretta crescita delle piante e una riduzione delle infestazioni da parassiti e malattie del 21%. I cicli di formazione sono stati tenuti da un gruppo di 27 agronomi di Icam Chocolate Uganda che hanno affiancato direttamente i coltivatori nella gestione quotidiana delle piantagioni e promuovendo scambi di conoscenze tra gli agricoltori stessi. Oltre agli aspetti tecnici, il percorso ha toccato anche temi legati alla comunicazione interculturale, al coinvolgimento delle comunità, all’uso di strumenti digitali per il monitoraggio e a iniziative volte a favorire l’inclusione sociale. Inoltre, nel 2024 oltre il 98% dei coltivatori coinvolti nel progetto Sustainable Farming ha aderito al Vsla (Village Savings and Loan Association), uno strumento chiave per promuovere inclusione, autonomia e benessere, con un impatto sociale positivo e duraturo. Si tratta di gruppi di risparmio autogestiti e autofinanziati che mettono a fattor comune i risparmi dei membri in caso di emergenze, investimenti in attrezzature, spese familiari (come le rette scolastiche) e per facilitare l’accesso al credito, rafforzando reti di solidarietà e fiducia reciproca. Non solo. Con l’obiettivo di favorire un cambiamento profondo, il progetto Sustainable Farming ha introdotto la metodologia 'Gender Action Learning System', implementata dalla Ong Solidaridad. Un approccio finalizzato a una maggiore consapevolezza e pianificazione finanziare condivisa tra l’uomo e la donna con l’obiettivo di riequilibrare i ruoli all’interno delle famiglie e nelle comunità, migliorare la gestione delle risorse finanziarie e generare una situazione di parità fra i ruoli come leva di sviluppo per l’intera comunità. Il benessere delle persone è al centro dell’attività dell’Azienda anche nella sede italiana, dove l’impegno concreto è quello di offrire ai propri collaboratori condizioni di lavoro soddisfacenti. L’attenzione al work-life balance è uno dei pilastri sanciti nell’accordo integrativo aziendale. Anche la formazione aziendale è un driver attraverso cui Icam si prende cura dei percorsi di crescita delle proprie persone. Nel 2024, sono state infatti erogate oltre 20.380 ore di formazione interna, con moduli dedicati alla sicurezza, alle soft skill, all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità. L’attenzione alle persone si espande oltre il perimetro aziendale, al territorio comasco e alle realtà locali. Nel solo 2024 l’azienda ha infatti donato oltre 1,1 milioni di euro in prodotti alimentari a enti del terzo settore, organizzazioni benefiche, associazioni che si occupano di contrasto alla povertà, educazione e inclusione. L’impegno di Icam verso la sostenibilità ambientale si concretizza anche nelle scelte industriali. Lo stabilimento di Orsenigo è un modello di efficienza, grazie a un impianto di trigenerazione che produce simultaneamente energia elettrica, calore e acqua refrigerata. Nel 2024, il 77% del fabbisogno energetico dello stabilimento è stato coperto da questa fonte interna, mentre il restante è stato acquistato dalla rete nazionale e proviene da fonti rinnovabili. Grazie a investimenti mirati in efficienza energetica e innovazione industriale, Icam ha ridotto del 30% l’intensità emissiva Scope 1 e 2 rispetto al 2020. Il monitoraggio continuo, supportato da tecnologie 4.0 e da un approccio integrato alla sostenibilità, consente di controllare i consumi per tonnellata prodotta e l’impronta carbonica complessiva. In parallelo, anche il packaging evolve in chiave sostenibile: nel 2024 l’azienda ha raggiunto il 93% degli imballaggi primari riciclabili (1.039 tonnellate), mentre l’uso di materiali compostabili certificati è cresciuto del 38%, riducendo di 73 tonnellate la plastica tradizionale. Potenziato anche il sistema di recupero degli scarti, grazie alla mappatura dei punti critici e interventi mirati, come la riduzione dei residui derivanti dal lavaggio degli allergeni.