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(Adnkronos) - All'origine c'è una puntura di zanzara e un virus che le scatena. Ma fra tre delle più temute infezioni trasmesse da questi insetti - Dengue, Chikungunya, West Nile - che abbiamo imparato a conoscere, purtroppo da molto vicino, anche in Italia, ci sono similitudini, ma anche molte differenze. Nei primi due casi i nomi che si sono 'guadagnate' sono piuttosto esplicativi nel descrivere i rischi per chi (fortunatamente una piccolissima percentuale), dopo essersi infettato, sviluppa la malattia. La Dengue è infatti conosciuta anche come 'febbre spacca ossa', per i dolori che provoca proprio a livello dello scheletro, mentre il termine Chikungunya, di origine africana, significa 'ciò che curva o contorce', per i particolari dolori articolari che costringono a una posizione difensiva e immobile. Per queste due infezioni la responsabile è la zanzara di genere Aedes, la cosiddetta 'tigre', che si è diffusa in Italia agli inizi degli anni '90, quando è sbarcata per la prima volta a Genova insieme a un carico di copertoni dagli Usa. Per quanto riguarda la Chikungunya, i primi casi a trasmissione locale in Italia risalgono al 2007. Dopo la puntura di una zanzara portatrice del virus - come riporta il sito Epicentro dell'Istituto superiore di sanità - l'incubazione va da 3 a un massimo di 12 giorni. In seguito si manifestano improvvisamente febbre e dolori alle articolazioni, tali da limitare i movimenti dei pazienti che tendono a rimanere assolutamente immobili e in posizioni rannicchiate. Tra i sintomi anche dolore muscolare, mal di testa, affaticamento e rash cutaneo. Nella maggior parte dei casi i pazienti si riprendono completamente, ma il dolore alle articolazioni può persistere per mesi e persino anni. Raramente si verificano complicanze gravi, tuttavia negli anziani la malattia può essere una concausa di morte. Ad oggi non ci sono cure e i trattamenti sono sintomatici anche se recentemente è stato approvato un vaccino negli Usa, non disponibile in Europa. Il virus della Dengue ha come ospite principale l'uomo, ma non c'è contagio diretto tra esseri umani: circola nel sangue della persona infetta da 2 a 7 giorni e se in questo periodo si verifica la puntura di una zanzara questa può trasmetterlo ad altri. Dopo 5 o 6 giorni dalla puntura, se si sviluppa la malattia, si può avere una febbre molto alta, mal di testa acuti, dolori attorno e dietro agli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, nausea e vomito, irritazioni della pelle che possono apparire sulla maggior parte del corpo dopo 3-4 giorni dall'insorgenza della febbre. In genere si guarisce completamente in 2 settimane. Raramente l'infezione può evolvere in febbre emorragica - che si presenta soprattutto in un secondo episodio di infezione - con emorragie gravi che possono causare veri e propri collassi e, anche se in casi rari, risultare fatali. Per la prevenzione esistono due vaccini: uno indicato solo per le persone che si sono già infettate, l'altro efficace contro i diversi sierotipi del virus, il cui uso va però valutato di volta in volta. A differenza delle altre due infezioni, a trasmettere il virus West Nile non è la zanzara tigre, ma il tipo Culex. Anche in questo caso non c'è trasmissione da uomo a uomo e i 'serbatoi' virali sono anche gli uccelli. Più lunga - in relazione alle altre due arbrovirosi - l'incubazione dopo la puntura, visto che i sintomi possono presentarsi anche a distanza di 14, e possono passare persino 21 giorni nelle persone con un deficit del sistema immunitario. La maggior parte delle persone infettate non sviluppa sintomi, ma nel caso si presentino, per circa il 20% dei contagiati si tratta di forme leggere: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. La durata è variabile, da pochi giorni a poche settimane, a seconda dell'età e delle condizioni di salute di base. Negli anziani e nei fragili ci possono essere sviluppi più preoccupanti. I sintomi più gravi si presentano in meno dell'1% delle persone infette e possono essere: febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi, il virus può causare un'encefalite letale e non esiste una terapia specifica. In tutti e tre i i casi la prevenzione più efficace sta nel tenere lontane le zanzare: usando repellenti, indossando abbigliamento adeguato per non lasciare scoperto il corpo (pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe) quando si è all'aperto; usando delle zanzariere alle finestre; svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori con acqua stagnante; cambiando spesso l'acqua nelle ciotole per gli animali; tenendo le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.
(Adnkronos) - "L’accordo ha una sua ragione d’essere perché evita l’applicazione di dazi doppi rispetto a quelli concordati. Per una valutazione più ponderata serve approfondirne i dettagli, capire fino a che punto inciderà sulle nostre esportazioni. Per quanto riguarda l’area napoletana e il Mezzogiorno in generale, i settori su cui l’intesa impatterà maggiormente saranno certamente il farmaceutico e l’agroalimentare. Bisognerà vedere, caso per caso, fino a che punto i dazi colpiranno concretamente le imprese esportatrici o potranno essere riversati, in termini di aumento dei prezzi, sui consumatori americani". Così, con Adnkronos/Labitalia, Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell'Unione industriali Napoli, commenta l'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15%. "Tenendo conto che nel chimico-farmaceutico sono colpite anche aziende Usa attive in Europa, che solo con investimenti enormi e probabilmente non convenienti potrebbero rilocalizzare le loro produzioni nel loro Paese", sottolinea. "Ci attendiamo naturalmente -continua- che l’Unione europea e il Governo italiano, per la loro parte, definiscano misure di sostegno per chi sia stato particolarmente danneggiato dall’aumento delle tariffe. Ad aggravare la situazione c’è la svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, già in atto ma che potrebbe aumentare sensibilmente se la Fed, eventualmente dopo la sostituzione di Powell, dovesse ridurre il costo del denaro. Secondo autorevoli stime, l’esposizione dell’area Ue verso gli Stati Uniti si aggira sui duemila miliardi di dollari. La politica monetaria americana può scaricare sulle aziende europee parte dei costi di un’inflazione non più tenuta a freno. La Bce dovrà in tal caso adottare contromisure adeguate e tempestive", conclude il leader degli industriali napoletani.
(Adnkronos) - Sistemi di Gestione dell’Energia (Sge): se ben applicati e se c'è il giusto coinvolgimento dell'organizzazione e delle varie funzioni aziendali producono nel tempo benefici nel collegamento fra il core business e l’uso dell’energia. Inoltre, permettono di garantire il rispetto di tutti i requisiti di legge e regolamentari, consentendo l’accesso a più ampie risorse per la capitalizzazione dell’impresa e la copertura dei costi di investimento. Sono questi alcuni dei concetti emersi dal webinar di oggi dedicato proprio agli Sge, durante il quale c’è stato un aggiornamento sulle tematiche normative, la definizione dei contesti in cui si inserisce la Iso 50001 (es. transizione energetica) ed un focus sui casi applicativi di successo. A fine 2023 l’Italia era seconda a livello mondiale in termini di aziende certificate Iso 50001 e quarta in termini di siti certificati. Rimane il predominio della Germania legato al fatto che pose come condizione per poter accedere ai benefici degli energivori l'adozione della Iso 50001, scelta che ha prodotto negli anni una serie di risultati positivi in termini di riduzione dei consumi delle imprese coinvolte. Dal 2027 la certificazione ISO 50001 sarà obbligatoria per tutte le imprese che superano gli 85 TJ (ossia circa 2.030 tep) di consumi annui sulla base della direttiva 1791/2023. Altro dato rilevante: nel 2024 sono state 451 le organizzazioni certificate ISO 50001 con un energy manager nominato, ossia il 36% (+123% rispetto al 2017). Considerando le nomine degli energy manager da parte dei soggetti obbligati sopra la soglia dei 2.030 tep si vede però che oltre mille realtà dovranno provvedere all’adozione del sistema di gestione, dato confermato dalle analisi di Enea. L’adozione di un Sge, sottolinea Dario Di Santo, direttore Fire, "aiuta le organizzazioni a rispondere alle priorità attuali in termini di riduzione dei costi e dei rischi sugli approvvigionamenti e delle emissioni, nonché di miglioramento della sostenibilità. E con ciò aiutano a cogliere gli obiettivi nazionali di riduzione dei consumi finali e ad aumentare la sicurezza energetica e la competitività del sistema Paese. La diffusione dei Sistemi di Gestione dell’Energia è però ancora insoddisfacente e occorre lavorare per accrescerla, sia per cogliere questi benefici che per rispondere alle richieste della direttiva 1791/2023 sull’efficienza energetica". Durante la mattinata, Antonio Panvini di Cti ha tracciato un quadro sulle norme tecniche per la gestione dell’energia parlando della famiglia delle ISO 5000x e della norma in cantiere sulla decarbonizzazione, mentre Ettore Piantoni di En/Clc/Jtc 14 ha spiegato il ruolo dei Sge nel contesto della transizione energetica. Stefano Perboni di AssoEge ha trattato, invece, il tema della contabilità energetica associata ai Sistemi di Gestione dell’Energia, illustrando un caso applicativo. Ricordiamo che AssoEge e Fire hanno elaborato un modello ed un metodo per la contabilità energetica con l’obiettivo di fornire un modello comune (anche per la rendicontazione dei risultati). Marcello Salvio di Enea ha evidenziato, tra l’altro, come gli Sge influenzano il potenziale di risparmio. Riportiamo di seguito i dati estratti dalla presentazione.