ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Travolta a 21 anni da un’auto rubata, guidata da due rom minorenni. Nella tragedia di Milano, dove la signora Cecilia De Astis, 71enne in pensione, travolta e uccisa lunedì da un’auto rubata, con a bordo quattro ragazzini tra gli 11 e i 13 anni, oggi rivive il suo stesso incubo: "Stessa dinamica. Ma io sono viva, lei non c’è più" dice all’AdnKronos Stefania Livoli, 58enne romana, oggi professionista dell’informazione. Quando ha sentito la notizia della 71enne ha sentito il cuore fermarsi. "E’ successa esattamente la stessa dinamica - racconta Stefania - tranne che io non ero alla fermata di un tram. La ferita si è riaperta e mi ha fatto ripensare a quel giorno. Se non lo hai provato riesci a capire a metà. Il destino ha voluto che tu fossi lì in quel momento, esattamente in quel punto, ed un po' quello che è successo a me”. Stefania aveva 21 anni, viveva a Roma. “Era il 22 ottobre 1988, un sabato mattina - spiega -. Sono entrata in una pasticceria in via Oderisi da Gubbio, vicino a viale Marconi, per ordinare la torta di compleanno di mia madre. Ho parcheggiato in seconda fila, ero di corsa, sono entrata a fare l’ordine, e poi prima di uscire ho detto: ‘Torno dopo a prenderla’. È l’ultimo ricordo che ho”. Quando uscì per aprire la portiera dell’auto, due ragazzi - di 16 e 14 anni - le piombarono addosso a tutta velocità. “Avevano rubato una macchina, scippato una donna e stavano scappando. Hanno perso il controllo e mi hanno centrata. Non ho visto nulla. Mi hanno raccontato che sono volata più in alto di un camion e poi ricaduta sfondando il parabrezza. Avevo vetri e schegge in tutta la schiena, i piedi distrutti, la spalla in frantumi, un trauma cranico. Ricordo di essermi svegliata in ospedale e aver detto: 'Mi è passato un treno sopra'”. La riabilitazione fu lunga e dolorosa. “Non ero in coma profondo ma in uno stato di semi-incoscienza. Mi svegliavo, perdevo conoscenza, poi mi risvegliavo di nuovo. I medici mi dissero che forse il non aver visto arrivare l’auto mi aveva salvato: non ho avuto il tempo di irrigidirmi”. Durante la fuga, i due investirono anche un’altra donna anziana, ferendola gravemente al volto. “Le misero 50 punti in faccia, lei non denunciò per paura. Io invece sì. La mia vita poteva finire lì, e pensavo fosse giusto denunciare”. Ma in tribunale la realtà fu amara. “Uno dei due minorenni era seduto sulle panche prima di entrare nella stanza del giudice e ricordo ancora la sua faccia. Il giudice mi disse: ‘Si metta una mano sulla coscienza: la sua denuncia potrebbe segnare il loro destino, sono incensurati’. Alla fine mollai. L’anno dopo vidi la sua foto sul giornale: aveva legato un ragazzino a un albero e spento sigarette sul suo corpo. Lo stesso per cui mi avevano chiesto di chiudere un occhio”. Oggi la sensazione è la stessa di allora. “Non è colpa di un bambino se nasce in un campo nomadi, se cresce allo stato brado - osserva - ma qualcuno deve occuparsene. In qualche maniera devi essere educato. Il giudice ricordo mi disse di aver ritracciato a fatica uno dei due, perché la famiglia l'aveva disconosciuto. Ma andava fatto qualcosa. Ci può stare fare uno sbaglio, ma se si lascia correre si sentiranno autorizzati a continuare a sbagliare, perché si sentiranno invincibili e impuniti”. Nella sua tragedia c'è stata anche una nota ‘comica’. Qualche mese dopo l’incidente, Stefania viene chiamata dai carabinieri e torna nella pasticceria di via Oderisi da Gubbio. “Ero ancora ingessata e dentro questa pasticceria trovai Mario Brega, l’attore - ricorda -. Un omone, era gigantesco. Quando ci fu l’incidente molta gente scese in strada. Lui abitava sopra la pasticceria, vide tutto. Il titolare gli domandò: ‘Mario, ma sai chi è questa ragazza? E’ quella che hanno investito’. Lui si girò, mi guardò, mi tirò a sé, e cominciò a piangere. Mi disse: ‘Ti avevano coperta con il lenzuolo bianco ma avevo visto che ti eri mossa dalla finestra, che eri viva. Piangeva neanche fossi la figlia”. Stefania non è d’accordo con chi dice oggi che è inutile punire i quattro minori di Milano perché la soluzione è la scuola: “Sono madre. La scuola deve fare la sua parte ma l'educazione inizia a casa - rimarca -. Se non ci sono regole, i ragazzi crescono senza senso del limite. E quando si mettono alla guida, il limite lo scoprono ai danni di qualcun altro. Credo piuttosto che qualcuno dovrebbe assicurarsi che questi bambini vadano a scuola, perché alle spalle non c'è nessuno che si preoccupa e si prende la briga di andare a controllare quanti bambini in un campo rom vanno a scuola". Quando le chiediamo cosa direbbe ai figli della 71enne investita a Milano, si ferma un attimo. "Mi è venuta la pelle d’oca - confessa -. La penso esattamente come loro: non è una disgrazia, è un omicidio. Purtroppo, nessuno restituirà loro la mamma e, difficilmente, avranno giustizia. È qualcosa con cui dovranno convivere, e che lascerà sempre un senso di insoddisfazione. Perché finirà come tante altre storie che leggiamo ogni giorno: la persona che amavi non c’è più, e tutto si riduce al fatto di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma qui non si può parlare di disgrazia: è stata la disattenzione o l’irresponsabilità, di un gruppo di adulti che ha permesso a dei ragazzini di guidare un’auto”. Stefania sa cosa significhi sentirsi dire parole che feriscono. “Le parole della madre di uno dei quattro minorenni mi hanno lasciata sconcertata. A volte basta un gesto o un’ammissione di colpa per aiutare chi soffre. Non ridà indietro la vita di una persona, ma fa la differenza. Per questo capisco la rabbia dei figli della signora”. Poi il ricordo torna al padre. “Non ne abbiamo mai parlato in famiglia, ma anni dopo ho scoperto che lui considerava il mio incidente il più grande shock della sua vita. Lo disse durante un test medico, quando gli diagnosticarono una malattia neurodegenerativa. Quel giorno fu il primo a sapere dell’incidente: un mio amico, che aveva trovato per terra il mio foulard e il mio orologio, li portò da lui. Era pallido come un lenzuolo, sotto shock. Mio padre pensò persino che volesse rapinarlo. Solo dopo capì e dovette affrontare quella scena. Non credo, conoscendolo, che avrebbe mai ridotto tutto a una ‘disgrazia’”. Stefania ne è convinta: quello che stanno vivendo quei figli non si può capire fino in fondo se non ci passi attraverso. “Da fuori, si può intuire, ma solo vivendolo lo comprendi davvero. Per questo ribadisco: non è una disgrazia. È un omicidio. Qualcuno dovrebbe prendersi la responsabilità di quanto accaduto”. (di Federica Mochi)
(Adnkronos) - Formare nuovi professionisti esperti di comunicazione e marketing applicata al cinema per migliorare le competenze professionali degli operatori dell’industria culturale e creativa, favorendo la transizione tecnologica e digitale del settore. Con questi obiettivi, Cinecittà Spa annuncia l’avvio del corso di formazione professionale gratuito dedicato alla comunicazione e al marketing nel settore audiovisivo e gestito attraverso l’unità dedicata LuceLabCinecittà con il supporto strategico di Adnkronos Comunicazione. Il corso, in programma tra novembre 2025 e gennaio 2026 nella sede Adnkronos di Roma in piazza Mastai, si propone di fornire ai 25 partecipanti selezionati competenze immediatamente spendibili presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, società di produzione e distribuzione, canali televisivi e organizzatori di eventi culturali. Dichiara il presidente di Cinecittà, Antonio Saccone: 'È ineludibile oggi più che mai quanto la Comunicazione sia un settore decisivo per un mondo come quello dell'Audiovisivo, sempre più espanso. L'Industria culturale esige professionisti sempre più in grado di trasmettere, interessare, creare contenuti che diano valore aggiunto ai contenuti culturali. Cinecittà è tra le altre cose una centrale comunicativa cardine per il settore, e sostiene la formazione di professionisti della comunicazione e del marketing autorevoli, creativi e responsabili: saranno loro ad aprire porte importanti al cinema del futuro. I corsi di LuceLabCinecittà vogliono fornire le chiavi per aprire queste porte". Adnkronos Comunicazione, partner d’eccellenza del progetto, mette a disposizione la propria esperienza e il proprio know-how per garantire un percorso formativo di alto profilo, orientato alle reali esigenze del mercato. Per partecipare è sufficiente avere un diploma di scuola secondaria di secondo grado e buona conoscenza della lingua italiana e compilare il form pubblicato sul sito https://lucelabcinecitta.com/ con scadenza alle ore 12 del 30 settembre 2025. L’iniziativa si inserisce nell’ambito del Progetto Cinecittà, parte integrante della Missione 1 del Pnrr - Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo | M1C3 - Turismo e cultura 4.0 | Investimento 3.2: Sviluppo industria cinematografica finanziato quindi dalla Comunità europea nell’ambito del piano NextGenerationEU. Il programma didattico, della durata complessiva di 120 ore, prevede lezioni frontali, esercitazioni pratiche e moduli dedicati alla sicurezza sul lavoro. I contenuti spaziano dalla comunicazione istituzionale a quella di prodotto ed eventi, con focus su giornalismo, uffici stampa, agenzie di comunicazione, festival, rassegne e Film Commission. Particolare attenzione all’analisi di casi studio e buone pratiche, per formare figure capaci di operare in contesti complessi e in continua evoluzione. Cinecittà Spa e Adnkronos Comunicazione confermano così il loro impegno nel promuovere l’eccellenza e l’innovazione nel settore audiovisivo, contribuendo alla crescita di una nuova generazione di professionisti della comunicazione.
(Adnkronos) - 'Matriarche e Memorie'. È questo il tema della Giornata mondiale dell'elefante (World Elephant Day) di quest’anno, celebrata come ogni anno il 12 agosto. La Giornata 2025 ha infatti un focus sul ruolo cruciale delle femmine di elefante nel guidare e preservare la storia dei loro branchi. Così il Wwf in una nota in cui ricorda che la leadership del branco di elefanti è affidato ad una femmina adulta ed esperta che è responsabile di guidare il gruppo, prendere decisioni cruciali su dove andare a reperire acqua e cibo e su come reagire ai pericoli. La Giornata mondiale dell’elefante è anche occasione, per il Wwf, di lanciare l’allarme sullo stato di conservazione di queste specie, promuovendo le azioni di conservazione che contrastano bracconaggio, commercio di avorio, perdita di habitat e conflitti con l’uomo, e sensibilizzando sul ruolo chiave che gli elefanti svolgono negli ecosistemi e sul loro valore culturale. In 8 Paesi asiatici (Cambogia, Cina, Laos, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam) restano fra gli 8-11mila elefanti in natura. La popolazione residua di elefante asiatico oggi occupa appena il 5% del suo areale storico. Conosciuti come 'ingegneri dell'ecosistema e giardinieri della foresta', gli elefanti asiatici svolgono un ruolo cruciale - spiega il Wwf - disperdendo semi e sostanze nutritive attraverso i loro escrementi mentre si spostano, creando percorsi nelle foreste dense e modificando gli habitat forestali a beneficio di altri animali. Anche le loro impronte possono formare piccoli ecosistemi che fungono da habitat per organismi come alcuni anfibi. La perdita e la frammentazione degli habitat, i conflitti con l'uomo e il bracconaggio hanno causato un allarmante declino della popolazione: in alcuni Paesi sono rimasti solo poche centinaia di individui in natura. La coesistenza è certamente un fattore chiave per garantire un futuro all’elefante. L’India è il paese dove è presente la più grande popolazione di elefante asiatico (la popolazione di elefanti in questo paese si attesta tra i 25-30mila individui, pari a quasi due terzi della popolazione globale di elefanti asiatici). "Nel complesso, il mantenimento della più grande popolazione esistente di elefanti selvatici al mondo, in un contesto fortemente antropizzato come quello indiano - spiega il Wwf - è reso possibile da un solido quadro istituzionale, politico e giuridico dedicato alla conservazione". Anche gli elefanti africani si trovano ad affrontare forti difficoltà. Il loro numero è drasticamente crollato, passando dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415mila riportati nell’ultimo censimento. Le due specie presenti sono l’elefante di savana (Loxodonta africana), classificato come 'in pericolo', e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis), inserito tra le specie in 'pericolo critico'. Il bracconaggio resta la causa principale del declino di entrambe le specie: si stima che ogni anno, infatti, vengano uccisi circa 20mila elefanti per il commercio illegale di avorio. A questo si aggiungono le uccisioni generate dai conflitti con le comunità locali, in crescita a causa della deforestazione (trasformazione di aree di foresta e savana in coltivazioni), carenza di cibo o di acqua. Da oltre 30 anni il Wwf porta avanti programmi di conservazione in Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo e Gabon come le azioni di mitigazione dei conflitti con l’uomo, lo sviluppo del programma 'Zero Poaching', la collaborazione con il programma Traffic per ridurre il commercio di avorio, il lavoro di sostegno alle comunità locali attraverso lo sviluppo di attività economiche sostenibili, l’educazione ambientale, l’assistenza medica e il sostegno alla scolarizzazione. Grazie al progetto 'Una foresta per gli elefanti', nel territorio del Tridom (Gabon, Camerun, Repubblica del Congo) il Wwf sta realizzando azioni di studio e monitoraggio tramite fototrappole, analisi genetiche e tagging, rafforzamento del sistema antibracconaggio, aumentando le risorse disponibili per gli uffici che lavorano sul campo, le tecnologie avanzate e la formazione delle guardie. Il progetto prevede, inoltre, un’intensa attività finalizzata a migliorare la convivenza tra elefanti e comunità locali, tramite azioni volte a mitigare i conflitti attraverso un nuovo approccio, denominato Safe, che punta al raggiungimento di 5 obiettivi generali misurabili: sicurezza per le persone, sicurezza per la fauna selvatica, protezione delle proprietà umane, protezione dell’habitat, monitoraggio efficace.