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(Adnkronos) - E' un trend europeo che interessa anche l'Italia: crescono nel nostro Paese le segnalazioni di casi di epatite A, legati sia alla trasmissione sessuale che al consumo di alimenti contaminati, dai frutti di mare ai frutti di bosco. Lo segnala l'aggiornamento del bollettino della sorveglianza Seieva (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute), coordinata dall'Istituto superiore di sanità (Iss), relativo al primo semestre del 2025. Nel report si rileva anche un aumento dei casi di epatite E e un calo dei casi di epatite B, mentre per l'epatite C la situazione risulta sostanzialmente stabile. La malattia ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni e un decorso generalmente autolimitante e benigno. Sono pure frequenti le forme asintomatiche, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini. Tuttavia, a volte si possono avere forme più gravi con decorso protratto e anche forme fulminanti rapidamente fatali, si legge sul sito dell'Iss. La malattia è letale in una percentuale di casi che si attesta fra lo 0,1% e lo 0,3%, ma può arrivare fino all’1,8% negli adulti sopra ai 50 anni. In genere la malattia, che dura 1-2 settimane, si manifesta con febbre, malessere, nausea, dolori addominali e ittero, accompagnati da elevazioni delle transaminasi e della bilirubina. Una quota delle infezioni, specialmente se contratte in giovane età, rimane asintomatica. I pazienti guariscono completamente senza mai cronicizzare; pertanto, non esiste lo stato di portatore cronico del virus A, né nel sangue, né nelle feci. La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni. I fari sono puntati in particolare sulle segnalazioni di infezioni da epatite A, che dall'1 gennaio al 30 giugno 2025, sono state complessivamente 247, in aumento rispetto ai 159 casi segnalati nello stesso periodo del 2024 e i 105 relativi al 2023. Le regioni che hanno i numeri più alti sono Lombardia (18,6%), Emilia Romagna (16,6%) e Lazio (15,8%). Il 64% dei casi si è verificato in uomini. La classe d'età maggiormente affetta è stata quella dai 35 ai 54 anni (35,2%), l'età mediana dei casi è di 37 anni (range: 2-95 anni), ma sono stati diagnosticati anche 29 casi pediatrici sotto i 14 anni d'età. Il fattore di rischio riportato più frequentemente dai casi - quasi 1 su 2 - è il consumo di frutti di mare (47,1%), mentre il 23% ed il 24% dei casi riportavano, rispettivamente, viaggi in area endemica e consumo di frutti di bosco. Si osserva poi, rilevano gli esperti, un aumento nel numero di casi segnalati in uomini che fanno sesso con uomini (Msm - men who have sex with men), esposizione riportata dal 29,8 % dei casi (era 11,4% nel 2024). "Tali aumenti di segnalazioni - sottolinea Maria Elena Tosti, del Centro nazionale per la salute globale dell'Iss - impongono una stretta sorveglianza dei casi a livello sia nazionale sia europeo con la necessità di mettere in pratica tempestivamente le azioni di prevenzione atte a garantire il contenimento degli outbreak di epatite acuta A. Fondamentale è il ricorso alla vaccinazione per i contatti di casi, i viaggiatori verso aree endemiche e uomini che fanno sesso con uomini. Per quanto riguarda l'epatite B, i casi segnalati da gennaio al 30 giugno 2025 sono stati 72, in calo rispetto ai 106 notificati nello stesso periodo del 2024. Sono prevalentemente di sesso maschile (77,8%%), tutti sopra i 18 anni (range 26-96), età mediana di 55,5 anni, e la fascia maggiormente rappresentata è quella dei 35-54enni (38,9%). Le regioni che hanno segnalato il maggior numero di casi sono l'Emilia-Romagna (22,2%), la Lombardia (19,4%) e il Lazio (15,3%). Le cure odontoiatriche sono state il fattore di rischio riportato più frequentemente (42,4% dei casi), seguite dai trattamenti estetici (rasatura dal barbiere, manicure/pedicure, piercing e tatuaggi, 31,8%). Il 25,4% riportava un'esposizione sessuale a rischio, intesa come partner sessuali multipli o mancato uso del profilattico in corso di rapporti occasionali. Nel primo semestre 2025 risultano invece praticamente stabili i casi di epatite C: ne sono stati complessivamente segnalati 25, contro i 27 dello stesso periodo del 2024. Per la maggior parte i casi provengono dalla Lombardia (36%), seguita dall'Emilia Romagna (20%). Le segnalazioni riguardano prevalentemente maschi (60%), con un'età mediana di 48 anni (range età 15-75); 1 caso rientra nella fascia d'età tra 15 e 24 anni, mentre quella maggiormente colpita è dai 35 ai 54 anni, con 10 casi notificati (40%). L'esposizione nosocomiale è stata il fattore di rischio riportato più frequentemente (36% dei casi di epatite C). E infine i nuovi casi di epatite E segnalati nei primi 6 mesi di quest'anno sono stati 60, in aumento rispetto ai 37 dello stesso periodo del 2024. La maggioranza delle segnalazioni proviene dalle regioni Abruzzo (18 casi segnalati, 30%) e Lazio (14 casi). I casi sono prevalentemente di sesso maschile (78,3%) e con età mediana di 59 anni (range 22-89). Tre avevano fatto un viaggio in area endemica (Algeria, Egitto e Filippine), mentre gli altri hanno plausibilmente acquisito l'infezione in Italia. Il 58,5% dei casi riportava di aver consumato carne di maiale (prevalentemente insaccati, 25/31 casi); mentre l'11,3% dei pazienti aveva consumato carne di cinghiale. "Un dato rilevante - evidenzia l'Iss nel focus dedicato - è il ricorso ancora non soddisfacente al test per l'epatite E, nei casi di epatite acuta nei quali è stata esclusa la positività per i virus dell'epatite A, B e C. Infatti solo il 63,7% di questi casi è stato testato e, in caso di test, l'89,2% dei casi (58/65) è risultato positivo, indice che plausibilmente i casi reali di epatite acuta attribuibile al virus Hev sono maggiori di quelli effettivamente diagnosticati".
(Adnkronos) - Si chiudono il 30 novembre le Giornate gastronomiche di Alicante (jornadasalc.com/restaurantes/), evento di punta di una delle più frequentate città balneari della Spagna, che in questo 2025 detiene il titolo di Capitale spagnola della gastronomia. Per tutto il mese, più di 40 ristoranti hanno proposto menu speciali creati per l’occasione e a prezzi variabili a partire dai 25 euro a persona. Un’iniziativa, organizzata dal Patronato de Turismo del Ayuntamiento de Alicante e L’Exquisit Mediterrani - Turisme Cv, per scoprire la ricchezza culinaria del territorio attraverso proposte che combinano tradizione, innovazione e prodotti locali. Una cucina, quella di Alicante, che rispecchia la sua storia millenaria, dove eredità e creatività si fondono (per tutte le informazioni si può visitare il sito https://alicanteturismo.com/ e la pagina dedicata del portale dell’Ente Spagnolo del Turismo www.spain.info). Non è un caso, infatti, che Alicante, prendendo il testimone da Oviedo, sia stata scelta come Capitale spagnola della gastronomia. La città, nel cuore della Costa Blanca, ha saputo preservare e promuovere una cultura gastronomica focalizzata sul riso, ingrediente principale, e fatta di piatti che si basano sui prodotti freschi del mare e dell'orto, riflettendo l’essenza della Dieta mediterranea. Una proposta, quindi, che ha i suoi punti di forza nell'eccellenza dei prodotti locali, nell’innovazione culinaria e nella ricchezza delle sue ricette tradizionali. E questo riconoscimento valorizza proprio il lavoro di ristoranti, mercati e produttori locali, evidenziando l’identità culinaria di Alicante e il suo non secondario impatto sull’economia locale. Il 2025, quindi, consacra Alicante come destinazione per gli amanti del buon cibo e ha visto susseguirsi, mese dopo mese, una serie di eventi, tra show-cooking, degustazioni, fiere, esperienze gastronomiche e incontri con i grandi nomi della cucina. Tra gli eventi più importanti che si sono svolti quest’anno, dal 3 al 6 ottobre, la settima edizione di Alicante Gastronómica 2025, una fiera che ha riunito 250 espositori e ha visto la partecipazione di rinomati chef stellati. A suggellare il rapporto che da secoli lega questa città del sud-est spagnolo, a due ore da Valencia, con il suo piatto simbolo, Alicante viene chiamata la ‘Città del riso’. Non solo un claim, ma una vera e propria etichetta che funge da certificato di garanzia per i ristoranti dove si possono assaporare ricette autentiche, e se ne contano almeno 300. Solo per citare i più noti piatti tradizionali a base di riso, c’è l’arroz a banda (piatto di umili origini, dove il pesce con cui si cucinava il riso veniva poi collocato a parte per mangiare due piatti in uno), l’arroz del senyoret (con frutti di mare sgusciati, in modo che le mani non si sporchino mangiando), l’arroz negro (con il nero di seppia), il socarrat (un riso croccante). Il riso può essere ‘seco’, ossia asciutto, ‘meloso’, cremoso tipo i nostri risotti, oppure ‘caldoso’, cioè brodoso tanto da richiedere un cucchiaio. Si prepara rigorosamente con gli ingredienti della Dieta mediterranea - olio d’oliva extravergine, pomodoro, zafferano, aglio, peperoni essiccati (che sono tipici di Alicante) - e si condisce con verdure (carciofi, fagiolini e fagioli) e poi carne e pesce per creare la base del brodetto in cui il riso viene cotto. Oltre al riso, nella cucina alicantina troviamo zuppe e stufati, come la popolare olleta, a base di lenticchie, fagioli, riso, verdure, costine di maiale. Ma, in questa città affacciata sul Mediterraneo, non mancano il pesce e i frutti di mare, dalle acciughe al tonno, dal merluzzo alla spigola, poi gamberi rossi e aragoste. Un antichissimo metodo di conservazione del pesce è quello di salarlo ed essiccarlo tendendolo appeso, come si fa ad esempio per il tonno o il baccalà. Con il pesce essiccato si prepara l’insalata alicantina, uno dei più popolari antipasti, servito con capperi, olive e pomodori. Molto gustosa la focaccia tradizionale, la ‘coca’, ripiena, con base croccante e un topping che è tipo crumble in diverse varianti. Fra le più tipiche quella con cipolla e tonno che è tradizione consumare alla festa di San Giovanni, a fine giugno, la più importante della città, a cui è dedicato persino un museo, quando si festeggia l’arrivo dell’estate accendendo falò tra musica, spettacoli e fuochi d'artificio. Tra i dolci, tipici sono i rollitos de anis, a base di anice, e la coca boba, la versione dolce della focaccia a base di noci e datteri. Alicante è poi molto famosa anche per i gelati ma soprattutto per il torrone, il Turrón, che è una Igp. Anche qui è tradizionale per Natale: viene ancora fatto in modo artigianale e deve contenere almeno il 60% di mandorle e il 10% di miele per avere la Denominazione di origine. Pregiati i vini locali Doc, provenienti dalle oltre 40 cantine dell’area, prevalentemente da vitigni locali, tra cui il monastrell. Per il dessert c’è un famoso vino invecchiato (almeno 10 anni), il Fondillón. Se uno dei segreti della cucina alicantina è la grande varietà di prodotti locali, i quattro mercati della città sono il modo migliore per scoprirli. Il più importante è il Mercado central, ospitato in un edificio modernista di 11mila mq con oltre 300 banchi vendita su due piani. Il piano inferiore è dedicato a pesce fresco e frutta e verdura, frutta secca, pane e dolci. Il piano superiore offre una grande varietà di prodotti e intorno, lungo il perimetro, anche punti ristoro dove degustare, mentre all’esterno ci sono i bancarelle di fiori. Ma in tutta la città non mancano negozi con le specialità e, soprattutto in questo anno celebrativo, si possono fare tour turistici a tema gastronomico, visitando il mercato, partecipando a degustazioni e corsi di cucina, o andando alla scoperta della Via del vino nella provincia. Alicante, in quanto meta turistica, è una città con una grande offerta gastronomica. Si trovano locali ad ogni angolo delle strade, nelle terrazze, nell’isola pedonale intorno a Calle Mayor, che attraversa il centro antico, e nelle vie che circondano il Teatro principale, nella città ‘nuova’, quella costruita tra XIX e XX secolo, intorno alle Ramblas. E’ qui che si fa più sentire l’abitudine del ‘tardeo’, espressione che combina le parole ‘tarde’ e tapas, a indicare una sorta di movida che parte dall’aperitivo e termina con un drink dopo cena. E se sono ancora troppi quei locali dall’aria turistica dove i camerieri invitano i passanti a entrare, oggi Alicante rivendica il suo posto tra le mete culinarie d’eccezione. Fra il centro città e la sua provincia si trovano attualmente 17 ristoranti stellati Michelin, senza contare i locali segnalati dalla Guida Repsol. Ristoranti dove tradizione e innovazione vanno a braccetto e dove a farla da padrone sono sempre i prodotti freschi locali. Ne è un esempio Plëgat, ristorante aperto pochi mesi fa proprio durante l’anno della Capitale spagnola della gastronomia. A pochi passi dal Mercato centrale, dove ogni giorno si rifornisce dei prodotti del mare e dell’orto, è un locale intimo, con cucina a vista, dove tutto viene preparato espresso e soprattutto con il tempo che ci vuole. E’ la scommessa dello chef Nanín Pérez, tornato ad Alicante con un ristorante tutto suo dopo essersi formato con grandi nomi. E qui propone una cucina che racconta una storia, radicata nella tradizione, con ingredienti di qualità e con il desiderio di suscitare emozioni. Ma sperimentare i ristoranti di Alicante vuol dire anche andare alla scoperta di questa città dalla storia millenaria - l’antica Lucentum romana, la ‘città della luce’, le cui vestigia sono ancora visibili nell’area archeologica a 3 chilometri - che è stata un crocevia di culture. Simbolo di Alicante, visibile dal mare se si arriva con una delle tante navi da crociera che attraccano nel porto, è il Castello di Santa Barbara, che domina la città dalla cima del monte Benacantil. Costruito tra l’VIII e il IX secolo, all’epoca della dominazione musulmana, e modificato nei secoli, legando la sua storia a quella della città (è servito anche come prigione durante la guerra civile spagnola), è una delle più grandi fortezze medievali di Spagna, di cui si visitano quattro livelli di epoche diverse e alcune sale interne. Qui si tengono anche spettacoli, concerti e degustazioni e si può godere di una vista spettacolare sulla baia di Alicante. E’ il monumento più visitato della città e si raggiunge con un ascensore oppure a piedi attraversando il parco Ereta e il caratteristico quartiere di Santa Cruz, all’inizio della collina. Ai piedi della fortezza si estende il nucleo più antico del centro storico, risalente all’epoca della dominazione musulmana e le cui fondamenta sono visibili all’interno di un piccolo museo allestito proprio accanto all’Ayuntamiento, il Palazzo del Comune (visitabile) che è tra gli edifici civili più importanti della città, con una maestosa facciata barocca tra due piazze. Ma a lasciare a bocca aperta anche gli irriducibili della spiaggia sono le chiese di questa città. A cominciare dalla Basilica di Santa Maria, la più antica, costruita nel XIV secolo sulle rovine di una moschea, con portale barocco nella facciata e all’interno grandioso altare rococo. E poi la Concattedrale di San Nicola, costruita nel 1600 in stile rinascimentale, dove si possono visitare anche il chiostro e la sagrestia. Alicante vanta poi una ricca offerta museale che, in un centro balneare, non ci si aspetta. C’è il Mubag (Museo di Belle arti Gravina), che ospita la collezione più importante di opere d’arte di Alicante, dal Medioevo all’inizio del XX secolo; il Maca (Museo di arte contemporanea), collocato nell’edificio più antico della città, che offre un’importante collezione donata dallo scultore Eusebio Sempere, comprese opere di Picasso, Dalì e Mirò; il Marq (Museo archeologico provinciale), con pannelli interattivi e anche informazioni sull’antica Lucentum; il Museo delle Acque, che racconta la storia dell’approvvigionamento idrico e dà accesso all’antica cisterna. E, ancora, il tradizionale Museo dei Presepi; il Centro di interpretazione dei rifugi antiaerei, con un sistema di tunnel costruiti negli anni Trenta, quando Alicante subì 71 bombardamenti; e il più moderno Museo The Ocean Race, all’ingresso della Marina, che illustra 45 anni di storia delle competizioni a vela. Biglietto da visita di Alicante è l’elegante passeggiata che si estende sul tratto centrale del lungomare: la Explanada de España, costruita nella prima metà del XX secolo, con pavimento in marmo decorato a mosaico a tre colori e costeggiata da palme. Qui si affacciano alcuni degli alberghi più belli e più noti, e qualche grattacielo di troppo. Alicante, infatti, in quanto centro balneare di primo piano, si distingue non solo per la sua gastronomia, ma anche per una solida infrastruttura turistica, con un'offerta alberghiera di 8.000 posti letto. Nei suoi 15 chilometri di costa, ne ha 9 ricoperti di spiagge bianchissime, premiate ogni anno con la Bandiera blu, e che sono il principale richiamo turistico: Playa Postiguet, San Juan, Albufereta. Di fronte alla cosa, poi, sorge l’Isola di Tabarca, la cui storia è legata a doppio filo a Genova: fu fortificata nel XVIII secolo per ordine di Carlo III per creare un villaggio che ospitasse i pescatori ‘tabarchini’, coloni di origine genovese sfuggiti dall’isola tunisina di Tabarka, per rifugiarsi prima in Sardegna (nell’attuale Carloforte) e poi appunto nell’isoletta al largo di Alicante ribattezzata Nueva Tabarca. Anche questa piccola isola ha un suo piatto tipico, il caldero, a base di riso e pesce, che veniva preparato in un recipiente di ferro a bordo delle navi. C’è poi un volto dinamico e moderno di Alicante, che è città universitaria con un ateneo che conta oltre 25mila studenti; ospita un importante distretto digitale ed è sede dell’Euipo (Ufficio per la proprietà intellettuale dell’Unione europea). Grazie al suo aeroporto internazionale che assicura collegamenti diretti con tutta Europa (tra cui voli giornalieri per diverse città italiane), Alicante è anche meta prescelta per il turismo congressuale. Una città dove andare in qualsiasi mese, grazie anche al suo clima mite, con 3mila ore di sole all’anno. Quasi un’eterna primavera da vivere, e rivivere, in ogni stagione. Persino a Natale, ormai prossimo, con i suoi 2,6 milioni di luci pronte ad accendersi in tutta la città.
(Adnkronos) - Green Deal o Green Crash? Un bilancio sulla transizione energetica, sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, sul ricorso alle energie rinnovabili e sulla promozione di modelli industriali sostenibili è scaturito dal confronto di questa mattina, all’Annual European Report 'Green Deal o Green Crash', evento organizzato da Istud Business School, insieme e Cottino Social Impact Campus di Torino (AdnKronos tra i media partner). Il Green Deal europeo dovrebbe costituire un fine invece si sta trasformando in un mezzo. "Non è il percorso che può assicurarci un futuro sostenibile - esordisce Danilo Bonato, direttore Sviluppo Strategico e Relazioni Istituzionali di Erion Compliance Organization - ma un freno alla crescita mascherato da rivoluzione verde. Se questa è la prospettiva della transizione ecologica, si rischia di regalare il dominio industriale alla Cina, pagando un prezzo altissimo in competitività e autonomia. In questo scenario incerto, le famiglie e le imprese sono soffocate dal caro energia: aumenti insostenibili che chiedono risposte immediate e concrete". Il Green Deal sta determinando sicuramente un impatto economico "dovuto principalmente all’uso di materie prime a basse emissioni - commenta Alessandro Bottarelli, Sustainability Leader, Abb Electrification Smart Power Division - e alla decarbonizzazione dei siti produttivi, nonché all’attività di rendicontazione ambientale. Ciò si traduce nell’aumento dei costi ma anche della competitività, visto che la sostenibilità sta diventano un elemento discriminante anche in campo industriale, purtroppo non ancora monetizzabile". "Il management - spiega Marella Caramazza, direttore generale Istud Business School e Board Member Cottino Social Impact Campus - è per noi una disciplina a forte orientamento sociale, che può giocare un ruolo decisivo a generare impatto positivo a partire dalla definizione di nuovi modelli di business, dalla valutazione degli investimenti, dalla definizione di nuove metriche e comportamenti attesi". Attenzione anche al tema dell'economia circolare e del riciclo dei rifiuti plastici. "Serve cominciare con altre forme di riciclo - spiega Roberto Sancinelli, presidente di Montello Spa - che possono essere non solo di riciclo 'plastica in plastica' ma possono essere 'plastica in carburanti', 'plastica in combustibili solidi o gassosi' da utilizzare in sostituzione di combustibili fossili primari, riciclo in energia per autoconsumo della plastica non più riciclabile in materia". Quali sono le soluzioni al caro energia d’imprese e famiglie? Secondo Valentino Piana, Direttore Economics Web Institute e Senior Climate Strategist dell’European Network of Living Labs, professore associato alla Yonsei University e membro della task force sulla mobilità delle Nazioni Unite, "al consumatore che vuole risparmiare, l’economia verde offre auto che costano meno di quanto spende oggi, pannelli rimovibili (adatti quindi a chi è in affitto e in appartamento) che hanno tempi di ritorno di un solo anno, sistemi di isolamento e riscaldamento che costano meno quando saremo in pensione. Il lavoratore che vuole avere un lavoro stabile e sicuro sarebbe folle a preferire di lavorare in un settore a tecnologia obsoleta, protetto temporaneamente da dazi che non possono durare". Per Paolo Peroni di Rödl&Partner, "le imprese e i cittadini sentono come stringente la necessità di ridurre i costi dell’energia elettrica e perseguire il massimo livello di autonomia e indipendenza energetica. Le soluzioni oggi più vicine, concrete, realistiche sono le rinnovabili, la cui diffusione troverà nuova forza propulsiva nei sistemi di accumulo (i Bess), nelle comunità energetiche rinnovabili e nei Ppa tra imprese e produttori di energia verde, a beneficio della sostenibilità e della tanto ambita competitività". Nell’energia l’Italia ha visto negli ultimi anni uno sviluppo significativo delle fonti rinnovabili, con investimenti crescenti in fotovoltaico, eolico e accumuli. E’ l’analisi del professor Alessandro Marangoni, Althesys Strategic Consultants, direttore scientifico dell’Irex il principale think thank in Italia sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica. "Nel 2024 l’Irex Annual Report di Althesys ha mappato 121 miliardi di euro e 86,6 GW di progetti nelle rinnovabili, con una crescita del 60% sull’anno precedente - aggiunge - Solo una parte però sarà realizzata, con le procedure autorizzative e i fenomeni Nimby che ancora frenano i progetti di grandi dimensioni. Storicamente l’autorizzato è in media circa il 25% delle richieste. Nell’eolico off-shore, ad esempio, l’Italia è ancora al palo. La conseguenza è che molto ancora dipende dal gas e i costi in bolletta non scendono". "La penetrazione delle rinnovabili non emissive - spiega Riccardo Bani, presidente di Teon - nel settore termico che pesa per il 55% dei consumi finali in energia, in Italia è solo del 5%. L’evoluzione tecnologica delle pompe di calore (che vede un’importante filiera produttiva in Italia) oggi ne permette l’impiego efficiente e diffuso anche nell’edificato esistente dotato di tradizionali radiatori senza dover sostenere costi invasivi all’interno delle unità abitative ma sostituendo la vecchia caldaia e in molti processi industriali (alimentare, cartario, tessile, farmaceutico, sanitario) con risparmi di spesa compresi tra il 40 e il 70%". Il Green Deal funziona quando è semplice da usare. Lo pensa Massimiliano Braghin, presidente e Co-Founder di Infinityhub Spa Benefit. "Quando vincono veramente tutti e quando la conoscenza diventa informazione e coscienza comune e diffusa - dice - La tecnologia c’è, ma manca ancora la consapevolezza e lo scambio di informazione intima tra chi la produce, la progetta, chi la finanzia e chi la utilizza. Il capitale e la finanza seguono e si moltiplicano con la fiducia, e l’esperienza comune e la fiducia sono acceleratori fantastici e così nascono anche la governance aperta e i modelli replicabili. La twin transition accelera solo se diventa win win e perciò desiderabile, non obbligata". Questo ragionamento introduce il tema dell’Intelligenza Artificiale (Ai) che può contribuire alla transizione verde in molti modi. Andrea Farinet, docente di Economia e Gestione delle imprese della Liuc-Università Cattaneo e presidente di Socialing Institute spiega: "L’Ia può intervenire nella gestione delle reti energetiche, nell’ottimizzazione dei consumi negli edifici, nell’industria e nei trasporti, può ridurre gli sprechi e migliorare l’efficienza nel monitoraggio ambientale, consente di ridurre guasti e prolungare la vita di impianti e infrastrutture, riducendo sia i costi sia gli impatti ambientali. L’Ia, però, non è priva di limiti: i modelli più complessi richiedono grandi quantità di energia e la costruzione di data center molto energivori. Questo significa che l’intelligenza artificiale può essere un alleato potente della sostenibilità solo se si adotteranno tecniche di progettazione più efficienti, algoritmi meno energivori e infrastrutture alimentate da fonti rinnovabili". Allora, Green Deal o Green Crash? In un momento di profonda crisi di identità industriale e tecnologica, l'Europa rischia di rinunciare a un pezzo importantissimo delle sua identità "rifugiandosi nella falsa illusione - esordisce Mario Calderini, School of Management del Politecnico di Milano, Scientific Advisor Cottino Social Impact Campus, membro del comitato di esperti della Commissione europea sull’Economia Sociale - che l'eccesso di attenzione al clima e alla società sia il problema principale della perdita di competitività della sua finanza e della sua industria. Si tratta di riconciliare le due traiettorie rappresentate da sostenibilità e innovazione tecnologica, storicamente separate. Le aziende si sono concentrate sul raggiungimento di obiettivi di sostenibilità più facili da implementare, mentre si sono trascurati gli obiettivi più rischiosi, maggiormente investiti dai trade-off, ma con un potenziale più alto". "Tra i cittadini - conclude l’editorialista e saggista Maurizio Guandalini, chairman dell’evento, tra i più qualificati analisti indipendenti del sistema finanziario globale - aleggia da un lato, la consapevolezza di sostenere il peso dei sacrifici per benefici che saranno goduti da altri, dalle generazioni che verranno e, dall’altro lato, che i cambiamenti climatici che stiamo vivendo saranno irreversibili. La sfida è riuscire a coniugare crescita economica e tutela ambientale" .