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(Adnkronos) - Sono salite a nove le vittime dell'infezione da virus West Nile da inizio anno in Italia. È di ieri sera la notizia del quinto decesso in Campania, di un 76enne in dialisi morto a Caserta. Originario della provincia di Salerno, era in una residenza a Grazzanise. Il bilancio dei decessi nel 2025 conta dunque un morto in Piemonte, tre nel Lazio e cinque in Campania. Secondo Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all'università Lumsa di Roma, per i casi di West Nile si può prevedere "un picco dopo la metà di agosto poi dovrebbe esserci una rapida discesa". In una video intervista pubblicata dal sito rainews.it ha fatto il punto sul virus West Nile che l'ateneo monitora già da anni sul territorio nazionale. "Non è una novità: basti pensare che già nel 2018 abbiamo osservato oltre 550 casi e lo scorso anno ci siamo fermati poco sopra 460", ricorda l'esperto. Generalmente, però, "negli anni precedenti abbiamo osservato casi di West Nile circoscritti all'Emilia Romagna, al Veneto e alcune zone della Pianura Padana. Quest'anno, invece, finora i casi si sono concentrati soprattutto nella provincia di Latina, quindi nella regione Lazio, e anche in Campania. Una vera novità rispetto al passato", sottolinea Maruotti. Secondo lo statistico, "sicuramente i casi continueranno ad aumentare. I dati degli anni passati ci mostrano una chiara tendenza: la curva comincia a crescere da metà luglio, raggiungendo il picco fra la seconda e la terza settimana di agosto. Per poi scendere molto rapidamente subito dopo". È allarme? "In realtà non sembra esserci un aumento dei casi rispetto a quelli che abbiamo visto negli anni precedenti", ribadisce l'infettivologo Matteo Bassetti. Tuttavia la casistica di quest'anno "riguarda regioni diverse, soprattutto il Lazio e la Campania", precisa il primario dell'Irccs ospedale policlinico San Martino di Genova. "Evitiamo l'allarmismo - raccomanda - e cerchiamo di dare delle indicazioni molto precise" ai cittadini. Per esempio su quando è il caso di rivolgersi a un ospedale, in modo da non congestionare i pronto soccorso già alle prese con le difficoltà della stagione estiva. "Sento dire da alcuni: dovete andare al pronto soccorso quando avete la febbre. Assolutamente no, non è così, non facciamo questo errore", ammonisce Bassetti via social. Ma allora quando bisogna rivolgersi al medico o a una struttura sanitaria? "Intanto - chiarisce l'esperto - se siete stati punti da zanzare in una delle zone endemiche nel nostro Paese" per l'infezione da virus West Nile, e solo "se si ha la febbre insieme a sintomi neurologici quali per esempio mal di testa, rigidità nucale, confusione mentale, paralisi dei nervi facciali, tremori. Ecco, se ci sono dei sintomi neurologici che si associano alla febbre si può andare in ospedale per farsi visitare e diagnosticare. Negli altri casi - tranquillizza Bassetti - non ha nessun senso andare in ospedale e intasare i pronto soccorso". Qualche giorno fa Gianni Rezza, già direttore della Prevenzione del ministero della Salute e oggi professore straordinario di Igiene all'università Vita-Salute San Raffaele, aveva spiegato in un post sulla sua pagina Facebook, che "anche all'interno delle zone" in cui sono stati rilevati casi "una puntura di zanzara non vuole dire infezione certa, e "infezione non significa malattia grave", ma "esiste una gradazione del livello di rischio età dipendente" e sono gli anziani a rischiare di più. "Quando si affronta il tema del rischio di infettarsi e di ammalarsi in maniera più o meno grave, occorre pensare in termini probabilistici. Deve essere quindi chiaro che esiste una forte variabilità geografica all'interno del nostro Paese, e che il virus West Nile è attualmente presente solo in alcune aree di un certo numero di regioni. Particolare attenzione va quindi posta nell'identificare le aree affette, all'interno delle quali vanno prese particolari precauzioni. Anche laddove West Nile sta attivamente circolando, non è detto che la puntura di una singola zanzara conduca all'infezione (anche se non si può escludere), in quanto la prevalenza di zanzare positive per il virus è in genere bassa, per cui la probabilità di infettarsi cresce col numero di zanzare da cui si viene punti". Un altro nodo critico, continua Rezza, " riguarda il rischio di sviluppare sintomi o di ammalare gravemente una volta infettati. Su questo, i dati della Regione Lazio, che insieme alle altre regioni sta compiendo un ottimo sforzo sul campo, possono esserci d'aiuto. Su 28 casi identificati a ieri fra provincia di Latina e Anzio, 17 sono neuroinvasivi (il che non vuole dire però necessariamente 'gravi'. I sacri testi ci dicono che su 100 casi, 20 presentano sintomi lievi, e meno di uno va incontro a una grave encefalite. È chiaro che i sistemi di sorveglianza tendono a identificare soprattutto i casi con sintomi più evidenti mentre tendono a 'sfuggire' quelli asintomatici o paucisintomatici (lo scorso anno in Italia 272 dei 460 casi riportati, ovvero più del 50%, aveva sintomi neurologici)". L'esperienza fatta in nel nostro Paese in questi anni "evidenzia come, anche nella maggior parte dei casi caratterizzati da neuroinvasivita', quelli che poi finiscono in terapia intensiva con sintomi gravi sono fortunatamente pochi (attualmente un paio nel Lazio, oltre purtroppo alla 82enne deceduta). Quindi la probabilità di ammalare in maniera grave una volta infettati è bassa (se venissero identificati tutti gli infetti, cosa non fattibile, lo si capirebbe facilmente), ma dipende dall'età della persona colpita, ovvero aumenta con l'aumentare dell'età, e anche se possono manifestarsi rari casi con sintomi pesanti fra i giovani oltre che in immunodepressi, ad essere a maggior rischio di ammalare gravemente sono i grandi anziani.
(Adnkronos) - In un’epoca in cui anche il lusso sembra essersi omologato, tra guanti bianchi, jet privati e marchi diventati status symbol, una nuova sensibilità si fa strada. È quella dei viaggiatori più colti ed esigenti, che non cercano più semplicemente comfort o status, ma autenticità, memoria, relazione. A rispondere a questa trasformazione è Unexpected Italy, la startup che sta riscrivendo la mappa del lusso attraverso l’Italia più segreta e affascinante. Fondata da una vicentina e da un barlettano che si erano conosciuti a Londra, oggi rappresenta lotta contro il turismo 'mordi e fuggi' e valorizza le comunità locali. “Il vero lusso oggi non è l’abbondanza impersonale di un hotel a cinque stelle indistinguibile da Tokyo a New York”, racconta Elisabetta Faggiana, fondatrice e Ceo che qualche mese fa è stata all’Onu a presentare il proprio progetto che lotta contro l’overtourism, che si batte anche contro l'abuso delle key-box, emblema della spersonalizzazione degli alloggi. “È svegliarsi in una dimora storica - prosegue - dove la colazione è preparata con le ricette di famiglia, è degustare un vino custodito da generazioni nella cantina dei padroni di casa, è ascoltare un artigiano che trasforma la tua storia personale in un abito, un gioiello, un oggetto d’arte. Serve sempre più valorizzare l'esperienzialità, riflettendo le nuove preferenze degli individui con un patrimonio elevato, che sono le stesse delle persone a budget più limitato”. In un mondo dove il lusso si è spesso ridotto a formule preconfezionate - hotel fotocopia, esperienze standardizzate, status da esibire - esiste chi, con coraggio e visione, sta ridisegnando la mappa del viaggio d’élite in Italia. Per questo Unexpected Italy propone un’idea di ospitalità e scoperta fondata su memoria, materia e mani: luoghi autentici, persone vere, emozioni irripetibili. È ciò che si può vivere solo lì, e in nessun altro luogo al mondo. Lusso è unicità. Lusso è memoria. Lusso è emozione. Proposte e idee che stanno interessando moltissimo. Tra gli ultimi appuntamenti a cui Faggiana e Losito sono stati a parlare, anche il Global Business Travel Association e il Forum sul Turismo Sostenibile organizzato da Ambrosetti. “Unexpected Italy - aggiunge Savio Losito - non propone un’altra idea di lusso. Propone la sua vera essenza: irripetibile, locale, intima. Non stelle, ma radici. Non etichette, ma relazioni. Non fretta, ma tempo. In un’epoca che corre, la nostra traveltech company sceglie di fermarsi nei luoghi dove il tempo è ancora maestro. E ci invita a farlo con lei. Perché il vero lusso, oggi, è vivere qualcosa che non si può replicare altrove”. Attraverso una selezione attenta di residenze, botteghe artigiane, cantine e ristoranti, Unexpected Italy costruisce un viaggio sensoriale e culturale che attraversa l’Italia meno ovvia, ma più profonda. Un mosaico fatto di oltre 12 province in continua espansione, dove il lusso non è ostentazione, ma radice, verità, tempo.
(Adnkronos) - Sistemi di Gestione dell’Energia (Sge): se ben applicati e se c'è il giusto coinvolgimento dell'organizzazione e delle varie funzioni aziendali producono nel tempo benefici nel collegamento fra il core business e l’uso dell’energia. Inoltre, permettono di garantire il rispetto di tutti i requisiti di legge e regolamentari, consentendo l’accesso a più ampie risorse per la capitalizzazione dell’impresa e la copertura dei costi di investimento. Sono questi alcuni dei concetti emersi dal webinar di oggi dedicato proprio agli Sge, durante il quale c’è stato un aggiornamento sulle tematiche normative, la definizione dei contesti in cui si inserisce la Iso 50001 (es. transizione energetica) ed un focus sui casi applicativi di successo. A fine 2023 l’Italia era seconda a livello mondiale in termini di aziende certificate Iso 50001 e quarta in termini di siti certificati. Rimane il predominio della Germania legato al fatto che pose come condizione per poter accedere ai benefici degli energivori l'adozione della Iso 50001, scelta che ha prodotto negli anni una serie di risultati positivi in termini di riduzione dei consumi delle imprese coinvolte. Dal 2027 la certificazione ISO 50001 sarà obbligatoria per tutte le imprese che superano gli 85 TJ (ossia circa 2.030 tep) di consumi annui sulla base della direttiva 1791/2023. Altro dato rilevante: nel 2024 sono state 451 le organizzazioni certificate ISO 50001 con un energy manager nominato, ossia il 36% (+123% rispetto al 2017). Considerando le nomine degli energy manager da parte dei soggetti obbligati sopra la soglia dei 2.030 tep si vede però che oltre mille realtà dovranno provvedere all’adozione del sistema di gestione, dato confermato dalle analisi di Enea. L’adozione di un Sge, sottolinea Dario Di Santo, direttore Fire, "aiuta le organizzazioni a rispondere alle priorità attuali in termini di riduzione dei costi e dei rischi sugli approvvigionamenti e delle emissioni, nonché di miglioramento della sostenibilità. E con ciò aiutano a cogliere gli obiettivi nazionali di riduzione dei consumi finali e ad aumentare la sicurezza energetica e la competitività del sistema Paese. La diffusione dei Sistemi di Gestione dell’Energia è però ancora insoddisfacente e occorre lavorare per accrescerla, sia per cogliere questi benefici che per rispondere alle richieste della direttiva 1791/2023 sull’efficienza energetica". Durante la mattinata, Antonio Panvini di Cti ha tracciato un quadro sulle norme tecniche per la gestione dell’energia parlando della famiglia delle ISO 5000x e della norma in cantiere sulla decarbonizzazione, mentre Ettore Piantoni di En/Clc/Jtc 14 ha spiegato il ruolo dei Sge nel contesto della transizione energetica. Stefano Perboni di AssoEge ha trattato, invece, il tema della contabilità energetica associata ai Sistemi di Gestione dell’Energia, illustrando un caso applicativo. Ricordiamo che AssoEge e Fire hanno elaborato un modello ed un metodo per la contabilità energetica con l’obiettivo di fornire un modello comune (anche per la rendicontazione dei risultati). Marcello Salvio di Enea ha evidenziato, tra l’altro, come gli Sge influenzano il potenziale di risparmio. Riportiamo di seguito i dati estratti dalla presentazione.