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(Adnkronos) - Un team internazionale di ricercatori ha compiuto un passo importante nella comprensione della leucemia linfatica cronica (Cll), una delle forme più diffuse di tumore del sangue. La scoperta riguarda alcuni Rna circolari, molecole speciali di Rna ancora poco conosciute, che si sono rivelate indicatori chiave per marcare le forme più aggressive della malattia, con alterazioni cromosomiche che aumentano la produzione della proteina Bcl3. I risultati dello studio, coordinato dall'università di Padova in collaborazione con ricercatori del Centro nazionale di terapia genica e farmaci a Rna, sono stati pubblicati sul 'Journal of Hematology & Oncology'. Secondo gli autori possono contribuire a migliorare la diagnosi della Cll e, poiché vanno nella direzione di trovare nuovi bersagli per terapie a Rna, anche aiutare a rendere più efficace la cura della malattia in futuro. Grazie a metodologie avanzate di sequenziamento e raffinati algoritmi informatici - informa una nota - i ricercatori hanno analizzato per la prima volta il trascrittoma circolare, l'insieme degli Rna che invece di presentarsi nella solita forma 'a filo' sono chiusi a cerchio, in pazienti affetti da una rara forma aggressiva di leucemia linfatica cronica (circa l'1% dei casi diagnosticati). Hanno identificato così alcuni Rna circolari molto abbondanti nelle cellule maligne e nello specifico le due molecole circCoro1C e circClec2D, presenti in quantità elevate nei casi più gravi della malattia. "Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a Rna", spiega Stefania Bortoluzzi, professoressa del Dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell'università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, del Dipartimento di Medicina UniPd, che ha raccolto i campioni dalla Svezia alla Grecia, agli Stati Uniti e alla Cina. Tra i protagonisti dello studio, spiccano i giovani ricercatori Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro nazionale di ricerca sviluppo di terapia genica e farmaci a Rna, finanziato dal programma NextGeneration Eu (Pnrr Missione 4 - Istruzione e Ricerca), che hanno condotto un'analisi pionieristica sugli Rna circolari nelle cellule leucemiche. Lo studio - si sottolinea nella nota - ha richiesto un grande sforzo internazionale che ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina computazionale, Ematologia e Biologia molecolare. I ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. "Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale - commenta Visentin - ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti". La ricerca è stata condotta nei laboratori di Medicina computazionale del Dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell'università di Padova, e dell'Unità di Ematologia del Dipartimento di Medicina dello stesso ateneo, diretta da Livio Trentin. La ricerca è stata resa possibile grazie al supporto dell'università di Padova (con il progetto Stars), della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, dei fondi Pnrr del Centro nazionale per lo sviluppo di terapia genica e farmaci a Rna e del Centro nazionale di ricerca in Hpc, Big Data e Quantum Computing, e dell'associazione 'Ricerca per credere nella vita', fondata da una paziente affetta da leucemia per sostenere la ricerca e il reparto di Ematologia dell'Azienda ospedale - università di Padova.
(Adnkronos) - L’Istituto nazionale tributaristi (Int) ha partecipato alla consultazione pubblica promossa dalla Commissione europea, in merito alla revisione delle norme procedurali antitrust dell’Unione europea. La Commissione afferma che l'applicazione rigorosa ed efficace delle norme dell'Ue in materia di concorrenza protegge le imprese (professionisti) e i consumatori in tutta l'Ue, stimolando la competitività. I regolamenti attuativi di tale procedura di tutela sono in vigore da oltre 20 anni, nel frattempo l'economia ha conosciuto alcuni cambiamenti, tra cui la digitalizzazione delle imprese e delle professioni, che hanno messo alla prova gli strumenti e le procedure esistenti, progettati per le indagini su documenti cartacei. Inoltre, l'esperienza dell'applicazione delle norme dell'Ue in materia di concorrenza in parallelo con le autorità nazionali garanti della concorrenza, pur essendo estremamente positiva, può essere migliorata. Un obiettivo condiviso dall’Int il cui presidente, Riccardo Alemanno, ha dichiarato: “E’ sicuramente condivisibile una revisione delle norme procedurali collegate all’antitrust dell‘Ue che possano favorire la Commissione europea nelle indagini volte a tutelare la concorrenza e a intervenire sui casi di posizione dominante da parte di soggetti produttivi di beni e/o servizi ai sensi degli articoli 101 e 102 del Tfue. La limitazione della concorrenza e/o posizioni dominanti sul mercato da parte di soggetti produttivi, siano essi imprese o professionisti, danneggiano fortemente non solo gli operatori economici, ma soprattutto il cittadino consumatore che è sempre il soggetto penalizzato dalla mancanza di concorrenza che si traduce in regimi monopolistici per la cessione di beni e/o le prestazioni di servizi. E’ poi altrettanto importante che vi sia una armonizzazione delle normative antitrust dei Paesi membri e che la Commissione svolga controlli e verifiche anche in tal senso sulle attività delle autorità antitrust nazionali". Ma per l’Int è stata anche l’occasione per ribadire a livello europeo, l’importanza delle norme antitrust a supporto alla direttiva 2018/958 relativa a un test di proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni o di modifiche di quelle già esistenti, direttiva recepita integralmente dallo Stato italiano con il decreto legislativo 16 ottobre 2020, n. 142. “Da mesi - ha evidenziato Alemanno - si parla di riforma di vari settori professionali. Non entriamo ovviamente nel merito della gestione di altre categorie e sulla necessità di modernizzare talune professioni, ma ricordiamo che così come saranno tutelate le professioni del settore ordinistico altresì devono essere salvaguardate le professioni di cui alla legge 4/2013. Le richieste delle categorie professionali organizzate in Ordini devono pertanto essere compatibili con le prerogative delle professioni organizzate in associazioni professionali ai sensi della normativa vigente”. Dallo scorso mese di maggio, ad esempio, ricorda l'Int, circola una bozza di legge delega al governo che fornisce le indicazioni di massima per la riforma del decreto istitutivo dell’albo unico dottori commercialisti ed esperti contabili; nelle premesse viene indicata la salvaguardia delle altre professionalità organizzate nei singoli settori, ma non viene fatto cenno alla salvaguardia di quelle organizzate in associazioni ai sensi della legge 4/2013. Su questo Alemanno scriverà al presidente del Consiglio e ai ministri competenti per richiedere già nel testo della Legge delega l’inserimento della tutela delle prerogative delle professioni organizzate ai sensi della legge 4/2013. “Ricordo - ha precisato il numero uno dell’Int e vicepresidente vicario di Confassociazioni - che i professionisti associativi sono coloro che, oltre a lavorare e dare lavoro, versano i loro contributi previdenziali alla Gestione separata dell’Inps, cassa di previdenza dei professionisti privi di cassa autonoma privata, il cui saldo estremamente positivo, sostenuto dai versamenti dei 450mila soggetti iscritti, contribuisce a garantire la sostenibilità dei conti dell’Ente previdenziale pubblico. Chiedere di poter continuare a svolgere il proprio lavoro nelle materie libere per legge, che tali devono restare, e nelle funzioni attribuite da specifiche leggi dello Stato, è un diritto che governo e Parlamento non ignoreranno".
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.