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(Adnkronos) - La rottura tra Ademola Lookman e l'Atalanta appare insanabile. L'attaccante ha deciso: vuole lasciare Bergamo e accasarsi all'Inter, ma l'amministratore delegato della Dea Antonio Percassi ha definito la posizione del club, pronto a cedere il nigeriano solo all'estero. Anche per questa presa di posizione che appare ormai difficile da riconciliare con le idee per il proprio futuro, Lookman ha deciso di allontanarsi dalla città fino a nuovi aggiornamenti. Interrompendo quindi il lavoro quotidiano nel centro sportivo di Zingonia per recuperare dal fastidio al polpaccio. Ma com'è la situazione tra Lookman e l'Inter ad oggi, venerdì 8 agosto? Pochi giorni fa, l'Atalanta ha rifiutato un'offerta da 45 milioni (bonus inclusi) per il nigeriano. Il primo passo ufficiale nella trattativa. Percassi ha espresso una posizione chiara, quella di voler accontentare il giocatore e lasciarlo partire, ma solo in caso di proposta congrua (non inferiore ai 50 milioni) da parte di una squadra straniera. Una visione che non coincide con quella dell'attaccante, che ha intenzione di accettare la proposta dell'Inter per trasferirsi a Milano. Anche ieri, giovedì 7 agosto, Lookman non si è presentato al centro sportivo e non ha dato notizie. Con questa situazione, l'Atalanta potrebbe multarlo e trattenere parte del suo stipendio (in quanto ancora tesserato). I giorni intanto passano e l'Inter studia le possibili mosse per sistemare l'attacco: l'ex Leicester resta la prima scelta, ma sullo sfondo sono vive ipotesi di mercato che portano ad alternative come Sancho, Nkunku e Garnacho.
(Adnkronos) - L'accordo tra Usa e Ue sui dazi al 15% "non è una vittoria né un pareggio, ma non è una disfatta" perchè "si è evitata una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso". In una lunga intervista con Adnkronos/Labitalia , Cristina Scocchia, ad di illycaffè, storico marchio del caffè made in Italy con una forte quota di export negli Usa, analizza l'intesa sui dazi e parla dei possibili effetti sul business di illycaffè. Al centro del colloquio anche la 'tempesta perfetta' nel mercato del caffè, l'andamento dei prezzi, la conferma degli investimenti e le ultime novità sulla quotazione in Borsa. Usa e Ue hanno raggiunto un'intesa sui dazi al 15% per i prodotti europei che doveva partire da oggi, 1° agosto, ma che in realtà prenderanno il via il 7 agosto. Come giudica l'accordo? Io sono una persona molto pragmatica, non penso certo che questa sia una vittoria, e neanche un pareggio. Però non penso che sia una disfatta, nel senso che dobbiamo essere anche obiettivi. Le forze in campo erano molto diverse. Da una parte, abbiamo gli Stati Uniti, che sono uno Stato, con una leadership politica chiara, con indipendenza energetica, militare e tecnologica. Noi invece, dall'altra parte, abbiamo un'Europa che non è uno Stato, ma è tanti Stati insieme. Un insieme di Stati con una governance ancora poco chiara e farraginosa, e senza una leadership forte e condivisa. Infatti, su molte tematiche e anche sui dazi abbiamo visto e vediamo posizioni discordanti tra i vari paesi, Francia, Germania, Italia, in primis. Quindi non siamo uno Stato unico, non abbiamo una leadership europea forte. E poi non siamo indipendenti dal punto di vista energetico, non siamo indipendenti dal punto di vista militare e della difesa, non siamo indipendenti neanche dal punto di vista della tecnologia, soprattutto la tecnologia digitale e dell'intelligenza artificiale, dove dipendiamo dagli americani, quindi è ovvio che se le forze in campo sono così dispari, mi viene in mente Tucidide con Atene contro Melo, a un certo punto, per non finire come Melo, bisogna anche essere razionali e ripiegare in maniera pragmatica e ordinata. Quindi non è una vittoria, non è neanche un pareggio, è un ripiegamento, però non è una disfatta. La disfatta vera, secondo me, sarebbe stata andare allo scontro con gli Stati Uniti, iniziare una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso, perché, ripeto, noi non siamo indipendenti, loro sì, e in più avremmo logorato quella partnership politica, morale e valoriale che lega le due anime dell'Occidente. E questo, secondo me, sarebbe stata la disfatta vera, logorare questa partnership che fa dell'Occidente quello che è, ovvero un'unione tra le due parti dell'Oceano. Scendendo nel concreto, come pensa che impatterà questo provvedimento sul vostro business negli Usa? Quanto pesa il mercato americano sul vostro bilancio? Gli Stati Uniti pesano per noi il 20% del business. Al momento non sappiamo ancora se ci saranno delle eccezioni sui dazi, delle esenzioni su alcune categorie merceologiche che riguardano i settori agricoli. Non sappiamo ad esempio se settori come il caffè o eventualmente il cacao saranno esclusi da questi dazi. Siamo in attesa di sapere e di capire meglio. Ieri abbiamo visto come tutti una dichiarazione del ministro Usa del Commercio Lutnick che in un'intervista alla Cnbc dichiarava che alcuni prodotti che non vengono coltivati nel mercato americano come ad esempio il cacao e il caffè potrebbero, ha usato il condizionale, essere esclusi. Da allora però non abbiamo più sentito niente. È ovvio che già aver assorbito i dazi al 10% è stato difficile, se saranno poi al 15% sarà ancora più difficile per noi assorbirli. Però cercheremo di agire su due fronti, da un lato aumentare i prezzi al consumo perché dobbiamo porre un limite a quanto possiamo comprimere i nostri margini e dall'altra stiamo valutando da diversi mesi ormai la possibilità di produrre una parte di quello che poi commercializziamo sul mercato americano direttamente su quel mercato, e mi riferisco per esempio agli Energy Drinks che sono poi il prodotto che più viene amato degli americani. E' un progetto che va avanti anche perché è un progetto strategico che è accelerato certamente dai dazi, ma non dipende esclusivamente dai dazi. Noi infatti compriamo il caffè in nove paesi equatoriali, spediamo tutto a Trieste, a Trieste tostiamo e trasformiamo il prodotto e dopodiché lo rispediamo dall'altra parte dell'Oceano per andare negli Stati Uniti. Anche il trasporto Brasile-Trieste e Trieste-Stati Uniti è un costo logistico importante per l'azienda, in più crea un impatto sull'ambiente perché questi trasporti ovviamente emettono poi CO2. E quindi, per ragioni di efficienza della logistica e anche di sostenibilità, è giusto che un'azienda come noi che è sempre più globale, perché ormai ha all'estero il 70% del proprio mercato, inizi a ragionare su una scelta di questo tipo. E' ovvio poi che i dazi hanno accelerato queste nostre riflessioni. In questa condizione di incertezza quale è la situazione che state affrontando sul mercato del caffè? Quale ad oggi l'andamento del costo della materia prima? Il caffè verde purtroppo continua ad avere una quotazione molto alta, la spinta inflattiva non si sta attenuando, oggi siamo intorno ai 300 centesimi per libra. Certo, rispetto a quando era arrivato a 439, è ovvio che c'è stata una riduzione anche apprezzabile, però noi dobbiamo tenere presente che il prezzo medio era 100-130, quindi comunque anche oggi stiamo parlando di un costo della materia prima tre volte superiore alle medie storiche, quindi un aggravio dei corsi di produzione molto importante per noi. Diciamo che il settore tra dazi e costo della materia prima è sotto pressione. Noi come azienda, come illycaffè, stiamo reggendo molto bene, abbiamo appena chiuso un primo semestre comunque in forte crescita, più 11% di fatturato, più 4% di Ebitda e più 9% di utile netto. Diciamo che abbiamo chiuso un semestre positivo nonostante la tempesta perfetta. E la cosa che per me è più importante è che siamo cresciuti in tutti i mercati: l'Italia ha fatto +12%, l'Europa +25%, gli Stati Uniti +21%, quindi una crescita veramente globale. Visti gli aumenti del costo della materia prima avete ritoccato i prezzi al consumo dei vostri prodotti in questi mesi? Avete in programma di fare altri aumenti? Abbiamo rivisto i prezzi però in maniera molto contenuta, infatti di questa crescita del fatturato dell'11% di cui accennavo prima, due terzi è legato a una crescita di volume e solo un terzo è una crescita di valore dovuta all'aumento dei prezzi. Quindi abbiamo trattenuto su di noi la maggior parte dell'aumento dei costi di produzione, non volevamo riversarli a valle sui consumatori e quindi vedere i volumi che ci spingono per circa il 7%-7,5% di quell'11% significa che alzare i prezzi in maniera bilanciata e non aggressiva è stata la scelta giusta per un brand come il nostro. Adesso ovviamente controlleremo la situazione, non abbiamo in piano aumenti ulteriori di prezzo per quest'anno però ovviamente queste decisioni devono essere poi riviste mensilmente perché in un contesto volatile come questo quello che diciamo oggi potrebbe non essere più la soluzione migliore a settembre e ottobre. Per ora però le confermo che per quest'anno non abbiamo altri aumenti di prezzo all'orizzonte. A che punto siete per la quotazione in Borsa? Io credo che la quotazione sia un evento unico nella vita di un'azienda e che va realizzato quando l'azienda se lo può permettere e quando ci sono le condizioni di mercato giuste. Noi in questo momento abbiamo risultati molto forti per cui potremmo essere pronti, dal punto di vista aziendale, per la quotazione. Però questa è una condizione necessaria e non sufficiente. È anche necessario che ci sia una finestra macroeconomica giusta per la quotazione e decisamente questa non lo è, con tutte queste tensioni, con i riverberi che le politiche protezionistiche hanno sui mercati. Quindi in questo momento abbiamo deciso di posticipare la quotazione, non pensiamo avverrà nel 2026, monitorizzeremo durante il 2026 quello che è il contesto e se sarà possibile a quel punto decideremo quando quotarci. Quindi è un progetto che per adesso è stato rimandato a causa di un contesto onestamente sfavorevole. illycaffè conferma comunque gli investimenti previsti, a partire da Trieste? Assolutamente, questo per me è molto importante perché in salita si accelera, come dico sempre: il futuro va costruito, non va atteso e quindi è proprio in questi momenti di grande incertezza che bisogna trovare il coraggio di investire. Si tratta di coraggio perché quando i margini sono in compressione per l'aumento dei costi della materia prima e per i dazi, ovviamente, ci vuole coraggio ad investire, però noi questo coraggio ce l'abbiamo. Abbiamo confermato i 120 milioni di investimento a Trieste, siamo a buon punto con il completamento della tosteria che dovrebbe essere pronta nei prossimi 6-9 mesi. Proprio adesso, a partire dal primo di agosto, stiamo costruendo una nuova linea di produzione per i 250 grammi che sono il nostro prodotto più iconico e grazie a questi progetti di ampliamento della capacità produttiva abbiamo assunto direttamente 100 persone negli ultimi 6 mesi. Questo è un segno concreto non solo di quanto vogliamo investire in Italia e a Trieste in particolare, ma anche di quanto questo poi abbia un riverbero positivo sull'occupazione. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Benessere delle famiglie con animali d’affezione, l’Italia non tiene il passo: i servizi offerti nel settore pet care mostrano ritardi strutturali e forte disomogeneità tra Comuni costieri e interni. E' la fotografia del XIV rapporto nazionale 'Animali in Città' di Legambiente sulle performance dei Comuni e delle Asl nella gestione degli animali nei centri urbani (con il patrocinio di Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Enci, Fnovi, Amvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva), presentato questa mattina in occasione ella 37esima edizione di Festambiente, il festival nazionale del Cigno Verde dal 6 al 10 agosto a Rispescia (GR). Nel 2024, su un campione di 734 amministrazioni comunali (appena il 9,3% dei comuni italiani) che hanno risposto in modo completo al questionario di Legambiente, solo il 39,5% (meno di 4 comuni su 10) ha ottenuto una performance almeno sufficiente nella gestione degli animali d’affezione. Di questi - spiega l'associazione - 82 Comuni costieri (il 12,7% del totale in Italia) e 652 interni (il 9% del totale) che, pur condividendo ritardi strutturali, dimostrano andamenti divergenti, con differenze marcate nella qualità e disponibilità dei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali. La disomogeneità più evidente riguarda l’accesso ad aree libere per cani: presenti nel 36,2% dei Comuni costieri e nel 10,4% appena dei Comuni interni - rileva Legambiente - Altra differenza si registra per i servizi di pensione per animali, disponibili nel 57,3% dei Comuni costieri e in appena il 21,9% di quelli dell’entroterra. Nella gestione del fine vita degli animali d’affezione, invece, solo il 28% dei Comuni costieri e il 10% degli interni ha predisposto regolamenti per cremazione, tumulazione o inumazione. Altro tema sensibile sono botti e fuochi d’artificio, spesso fonte di stress per gli amici a quattro zampe - si legge nel report - ad adottare regolamenti specifici per limitarne l’uso il 21,9% dei Comuni costieri e l’8,3% di quelli interni. Ancora limitata, poi, la presenza di Sportelli Animali o di un Garante per i diritti degli animali (l’8,5% dei Comuni costieri e il 4,4% per quelli interni) e di un sostegno economico ai cittadini nella sterilizzazione degli animali (14,6% e 4,7%). Un grave ritardo dei Comuni costieri - avverte l'associazione - è costituito dall’adozione di un regolamento per la corretta fruizione delle spiagge da parte delle famiglie con animali d’affezione, presente solo nel 23,2% dei casi. Il Cigno Verde è tornato a denunciare, poi, l'assenza di una sanità veterinaria pubblica di prossimità. Non solo la fotografia dei ritardi da colmare. Anche quest’anno Legambiente assegna il Premio 'Animali in città' a quelle realtà virtuose che si sono distinte per l’offerta di servizi e azioni dedicate alla prevenzione del benessere animale, sulla base di 36 indicatori per i Comuni e di 25 per le Aziende Sanitarie. Tra le amministrazioni comunali premiate, Napoli che si distingue per la copertura sanitaria e l’integrazione tra servizi veterinari e socioassistenziali; San Giovanni in Persiceto (BO) che eccelle grazie a servizi integrati, un forte attivismo civico e ordinanze comunali efficaci; Modena per l’investimento economico significativo e una regolamentazione urbana completa a tutela del benessere animale. Tra i Comuni sotto i 5mila abitanti, premiati Zocca (MO) e Campodolcino (SO) per i loro investimenti in educazione civica e in progetti sociali adattati al contesto rurale e montano. Tra le Asl più virtuose, invece, si distinguono Napoli 1, Bergamo e Vercelli, che oltre a fornire dati puntuali, integrano meglio i servizi sanitari con quelli offerti dai Comuni, operando con proattività. "Il XIV Rapporto di Animali in città - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - conferma che solo grazie a solide alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati è possibile garantire il benessere delle famiglie con animali d’affezione. Per questo chiediamo di promuovere ed agevolare la firma di 1.000 accordi o patti di comunità in tutto il Paese. È urgente rilanciare la sanità veterinaria pubblica di prossimità, obiettivo per cui chiediamo al governo di realizzare un piano nazionale a supporto delle Regioni che consenta l’assunzione stabile di 6mila veterinari e alle Regioni il raggiungimento complessivo di 1.000 strutture veterinarie pubbliche (850 tra canili sanitari e gattili sanitari e circa 150 ospedali veterinari pubblici), distribuite equamente sul territorio in rapporto alla popolazione servita. Inoltre, alle Amministrazioni comunali l'appello è di potenziare le aree verdi con libero accesso dedicate alle famiglie con cani, di valorizzare l’applicazione di regolamenti e ordinanze e rafforzare il senso civico grazie al supporto di 10mila guardie ambientali e zoofile delle associazioni di volontariato, per migliorare concretamente la qualità della vita di cittadini e animali”.