ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Chiara Ferragni ha deciso di avvalersi della consulenza di Image Building a partire dalla fine del mese di luglio. L'agenzia milanese coordinerà la comunicazione dell'influencer e dei suoi brand. L'incarico è stato annunciato da Image Building stessa, in una nota. Poco prima, in una nota, la Lighthouse Communication aveva comunicato che non avrebbe più rappresentato l'influencer. "Lighthouse Communication s.r.l.s. comunica di non rappresentare più la signora Chiara Ferragni alla quale augura tutto il bene per il futuro'', si legge nella nota.
(Adnkronos) - "Nello scenario commerciale di oggi, per le aziende italiane diventa imperativo adottare una visione strategica e di lungo periodo, andando oltre le scelte tattiche volte a contrastare la volatilità e frammentazione del mercato globale. In questo modo, le imprese potranno continuare a contribuire agli scambi commerciali e alle esportazioni, che nel 2024 - secondo Istat e Ice - hanno registrato una modesta flessione dello 0,4% rispetto al 2023, con un valore complessivo di 623,5 miliardi di euro per le merci. L’export è uno dei principali driver strategici per la crescita delle aziende e di tutta l’economia italiana: grazie all’eccellenza del Made in Italy, le esportazioni generano quasi un terzo del Pil nazionale". Così Ernesto Lanzillo, Partner e Deloitte Private Leader, parla delle sfide per il Made in Italy nel nuovo scenario commerciale su Voices, la nuova piattaforma che ospita commenti sui temi di attualità firmati dagli esperti di Deloitte Italia. "A ulteriore conferma della centralità della internazionalizzazione e dell’export - spiega - ci sono i dati emersi dall’ultima edizione del Best managed companies (Bmc), l’award di Deloitte Private che premia le eccellenze imprenditoriali italiane. Tra le aziende Bmc, circa la metà guarda sempre all’estero per ampliare il proprio bacino di vendite e clienti (48%), mentre una su quattro lo fa per avviare collaborazioni con nuovi fornitori. Analizzando le modalità di ingresso nei mercati esteri, poi, emerge che il 74% delle Bmc affida la propria strategia di internazionalizzazione all’esportazione diretta; altre soluzioni sono l’investimento diretto (44%), l’esportazione indiretta tramite consorzi, trading company, buyer e importatori (36%), nonché accordi strategici come joint ventures, licensing, franchising (29%)". "Nel nuovo quadro internazionale, la qualità del 'bello e ben fatto' del Made in Italy, deve rappresentare un primo punto di consapevolezza dei nostri esportatori: la qualità viene pagata e le nostre aziende devono puntare su questo con azioni di branding, ma soprattutto con efficientamento ed innovazione di processi e prodotti che, oltre a ridurre i costi di produzione, le rendano ancora più essenziali nelle catene di valore e ambite dai consumatori globali, al di là dell’effetto tariffario", scrive il Private Leader di Deloitte. "Inoltre - spiega - il nostro export ha un ampio margine di diversificazione verso nuovi mercati ad alto potenziale: oltre ai territori strategici per l'export italiano, le imprese possono espandersi verso nuove aree che, grazie alla loro dinamicità, possono offrire opportunità di crescita e contenere gli effetti di politiche tariffarie avverse. In questo senso, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha fissato l’obiettivo di portare il valore dell’export italiano a 700 miliardi di euro nel 2027, varando un Piano d’azione strategico per l’export nei mercati extra-Ue ad alto potenziale, basato sulla sinergia tra tutti gli attori del Sistema-Italia: è importante che le aziende conoscano e facciano leva su questo piano, non solo per quanto riguarda lo scouting di nuovi paesi di sbocco, ma anche per l’esistenza di vantaggi fiscali e tariffari che, in questa fase, possono rivelarsi particolarmente utili". E se, secondo Sace, le imprese esportatrici registrino un aumento del fatturato dell'1,5% in più rispetto a quelle che non esportano, l’export è soltanto un tassello del processo di internazionalizzazione. Dal punto di vista delle imprese, internazionalizzare può significare quindi andare oltre l’export. "Guardando alle possibili opzioni strategiche per internazionalizzare, le aziende possono, infatti, avviare rapporti commerciali come l’esportazione indiretta, attuare investimenti diretti esteri oppure stringere alleanze strategiche. Inoltre, per promuovere lo sviluppo del business all’estero, le imprese possono fare leva su una serie di abilitatori, quali il commercio elettronico tramite e-commerce, i market place o il presidio a fiere, eventi e consorzi", continua Lanzillo. "Pur avendo un potenziale di crescita - precisa - spesso tante pmi italiane fanno fatica a internazionalizzare le attività, e reggere la concorrenza di realtà più grandi e strutturate, a causa dell’assenza di competenze dedicate, di un approccio sistematico e strategico all’internazionalizzazione e della capacità di comunicare la forza del proprio prodotto. Pertanto, il contatto strategico con enti pubblici e privati e operatori specializzati operanti sia in Italia che all’estero è cruciale per le imprese. In generale, la capacità di fare rete è un aspetto fondamentale per le imprese: l’appartenenza ad una filiera, assicura una serie di benefici. Secondo Sace, le aziende che innovano e puntano al rafforzamento della propria filiera registrano una crescita del fatturato superiore di 2 punti percentuali rispetto a quelle che non investono in questi ambiti". "Infine - conclude il Private Leader - nell’ampliare il proprio business, l’innovazione rimane cruciale ed è uno dei motori che può rendere le imprese più agili e competitive. Oggi, solo una impresa su tre in Italia investe in innovazione (Sace). Tuttavia, vanno tenute in conto sfide importanti come la disponibilità di risorse finanziarie e l’accesso a strumenti per la digitalizzazione. Investire in innovazione e nel digitale significa per le imprese non solo rafforzare la propria competitività e agilità operativa nel servire mercati internazionali, ma anche puntare sullo sviluppo e adattamento dei propri prodotti alle varie aree geografiche, diversificando i rischi e ampliando il proprio business. In un momento storico come quello attuale, orientarsi verso l’innovazione e il digitale può aiutare nell’approccio all’internazionalizzazione, dove diventa cruciale scegliere la giusta strategia, nonché comunicare con efficacia il valore distintivo del Made in Italy".
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.