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(Adnkronos) - Si scalda la partita per l’ex Ilva. Mancano pochi giorni al tavolo, convocato il 12 agosto al ministero delle Imprese e del Made in Italy, per la definizione dell’accordo di programma per la decarbonizzazione di Taranto. Il “giorno della verità” per il ministro Adolfo Urso, che però deve fare i conti con il ‘no’ arrivato dal Comune di Taranto, con il sindaco Piero Bitetti che, senza mezzi termini, ha detto: "Non firmerò nessun accordo", sconvocando la seduta del consiglio comunale prevista per lunedì 11 agosto. Un gesto "irresponsabile" mormorano alcune fonti interne al dicastero di Via Veneto, "condanna 7mila lavoratori" tuonano i sindacati. Intanto, il Mimit ha aggiornato il bando di vendita degli impianti, con scadenza al 15 settembre, mettendo nero su bianco l'obbligatorietà della decarbonizzazione del sito tarantino e la possibilità di costruire un forno elettrico a Genova; e dando anche la possibilità di acquisire sia l'intero complesso aziendale sia singoli rami d'azienda, con la specifica, però, che saranno privilegiate “le soluzioni che meglio garantiscono la continuità produttiva e la tutela occupazionale”. Il 12 agosto si prospetta una giornata campale. Urso incontrerà prima gli enti locali (Regione Puglia, della Provincia di Taranto, dei Comuni di Taranto e di Statte, dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio – Porto di Taranto), poi i sindacati metalmeccanici, infine le associazioni di impresa e dell’indotto di Taranto. I nodi sono molti, vanno dalle modalità della decarbonizzazione al perimetro occupazionale. Tra i vari, uno dei più stretti riguarda l’ormeggio di una nave rigassificatrice nel porto della città jonica necessaria all’alimentazione gli impianti Dri, che sostituirebbero gli attuali altoforni e consentirebbero la produzione di acciaio green con un piano di transizione di circa otto anni. La scelta “spetta a Taranto” ha ribadito spesso Urso, che però nel frattempo ha studiato un ‘piano B’, cioè il porto di Gioia Tauro, dove si è recato in visita lo scorso 4 agosto. Un comitato tecnico è già al lavoro per valutare la fattibilità di questa ipotesi, ragionando anche sulle questioni legate alla fornitura di gas naturale, ed entro fine agosto dovrebbe essere indetta una nuova riunione. Il ministero, quindi, sembra intenzionato a tirare dritto, anche a fronte di una possibile chiusura da parte di Bitetti, che però potrebbe sollevare una serie di questioni relative non solo all’Ilva, ma anche alla rosa di progetti industriali – quindici in totale - presentati durante la riunione operativa a Via Veneto dello scorso 19 maggio con le aziende interessate a investire nel territorio. Il primo cittadino segue le indicazioni dei capigruppo di maggioranza che ritengono superfluo convocare il Consiglio comunale perché l'accordo così formulato non dà garanzie alla città, e chiedono quindi al sindaco di non firmare l’intesa proponendo un nuovo accordo di programma con la totale decarbonizzazione entro 5 anni. "Il sindaco ci ha chiesto più volte di rinviare la riunione per convocare il consiglio comunale e discutere del piano. Ieri ci ha comunicato che non è necessario, che hanno preso la decisione i capigruppo della maggioranza. Quello che prima sembrava una condizione assolutamente necessaria non è più così necessaria", ha replicato Urso. In pressing imprese e tute blu. Confindustria Taranto, Confapi Taranto e Aigi parlano di "una bomba sociale senza eguali, con 15mila addetti esclusi dal ciclo produttivo", e anche per i metalmeccanici è allarme. “Chi vuole chiudere l'Ilva lo dica chiaramente e se ne assuma le responsabilità. Oggi è il momento del coraggio, della determinazione e della verità", afferma il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, mentre il leader della Fiom, Michele De Palma, evidenzia la "mancanza di qualsiasi senso delle istituzioni", annunciando "iniziative di tutela sindacale per tutte le lavoratrici e i lavoratori interessati". Anche il segretario generale Fim, Ferdinando Uliano, punta il dito contro Bitetti: "la decisione del sindaco e della sua maggioranza di non sostenere il piano di decarbonizzazione condanna lo stabilimento di Taranto alla perdita di oltre 7.000 posti di lavoro, tra dipendenti diretti e dell'indotto. Ferma opposizione della Fim-Cisl e delle altre forze sindacali a questa scelta”. Una situazione grave, che ha portato le sigle a invocare un incontro con le forze politiche di maggioranza e opposizione, fissato per il 29 agosto nella sede romana di Fiom, Fim e Uilm.
(Adnkronos) - Grande affluenza e un ospite d'eccezione alla 19ma Sagra degli Spinosini - Festa di Sant’Anna, organizzata dall'Associazione Sant'Anna di Centobuchi (Ascoli Piceno). Sabato 2 agosto, la festa ha accolto il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che ha voluto celebrare di persona una delle eccellenze gastronomiche del territorio. Accolto dal presidente dell'Associazione Sant'Anna, Matteo Troiani, e da un folto pubblico, il ministro Lollobrigida ha trascorso la serata tra gli stand, immergendosi nell'atmosfera della sagra. Il momento più atteso è stato senza dubbio quello della 'prova ai fornelli': Lollobrigida si è cimentato nella preparazione degli Spinosini con prosciutto e limone insieme a Vincenzo Spinosi, ideatore della celebre ricetta, al presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, e allo staff della sagra. Questo piatto, inventato da Spinosi e apprezzato in tutto il mondo, continua a riscuotere un successo straordinario durante l'evento, confermando il legame tra tradizione e innovazione. Prima di congedarsi, Lollobrigida ha consegnato a Matteo Troiani, presidente dell'associazione, un riconoscimento speciale a sostegno della candidatura della cucina italiana a patrimonio Unesco. Un segnale forte che sottolinea l'importanza di manifestazioni come la Sagra degli Spinosini nella valorizzazione del patrimonio culinario nazionale. La visita del ministro non solo ha onorato il lavoro dell'Associazione Sant'Anna, ma ha anche posto un faro sulla qualità e sulla tradizione che rendono la cucina italiana unica al mondo.
(Adnkronos) - Il Gruppo Agsm Aim acquisisce, tramite la propria società controllata Agsm Aim Power, 22 impianti fotovoltaici distribuiti in varie regioni italiane e incrementa la potenza complessiva dei propri asset energetici di oltre 85 MWp. L’acquisizione rappresenta la prima operazione straordinaria di M&A dalla nascita del Gruppo Agsm Aim avvenuta nel 2021 e il primo passo nell’attuazione del nuovo Piano Industriale 2025-2030 presentato nelle scorse settimane, che prevede 508 milioni di euro di investimenti in impianti di produzione da fonti rinnovabili. L’investimento - fa sapere l'azienda in una nota - è strategico per la crescita del Gruppo e darà un importante contributo allo sviluppo di un sistema energetico più pulito, diffuso e sostenibile. Grazie a questa acquisizione, entro il prossimo triennio la potenza installata da fonti rinnovabili passerà da 45% a 56% del totale degli impianti di Agsm Aim. Infatti, con il Piano Industriale 2025-2030, Agsm Aim punta ad accrescere significativamente la potenza installata del proprio parco impianti, passando dagli attuali 348 MW a 710 MW entro il 2030, con una forte accelerazione sul solare, la cui quota salirà dal 5% al 33% del totale, superando le fonti eolica e idroelettrica. I nuovi impianti, acquisiti dalla società rodigina Aiem Green, player attivo nel settore fotovoltaico e da Blu Holding Srl, includono sia parchi già in costruzione sia progetti pronti a partire in Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio e Campania. Il portafoglio comprende impianti a terra, soluzioni agrifotovoltaiche avanzate e impianti pensati per le Comunità Energetiche Rinnovabili. La produzione annua attesa stimata è di oltre 137.000 MWh di energia, in grado di soddisfare il fabbisogno di oltre 50mila famiglie, evitando l’immissione in atmosfera di circa 32mila tonnellate di CO2e ogni anno. “L’acquisizione segna l’avvio concreto del Piano Industriale e conferma la visione di lungo periodo con cui il Gruppo Agsm Aim guarda alle sfide della transizione energetica. Sviluppare nuovi impianti da fonti rinnovabili significa non solo rafforzare la nostra capacità produttiva, ma contribuire attivamente alla costruzione di un modello energetico più sostenibile, a beneficio sia delle persone che abitano nei nostri territori storici sia dell’intero sistema Paese”, ha commentato Federico Testa, presidente di Agsm Aim. “Questa operazione segna l’inizio di un percorso ambizioso che punta a trasformare profondamente il nostro mix energetico. L’acquisizione di questi impianti fotovoltaici ci consente di accelerare da subito verso uno degli obiettivi chiave del Piano Industriale: raggiungere entro il 2030 il 70% di potenza elettrica installata da fonti rinnovabili, superando la media nazionale attesa del 68% e migliorando sensibilmente l’attuale punto di partenza del 45%. È il segnale concreto che stiamo trasformando la visione strategica in azione, rafforzando il nostro ruolo di attore nazionale nella transizione energetica e ambientale”, ha dichiarato Alessandro Russo, consigliere delegato di Agsm Aim.