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(Adnkronos) - La mancanza di percorsi formalizzati e riconosciuti rende oggi la diagnosi e la cura dei disturbi neurologici funzionali (Dnf) - che includono i disturbi motori funzionali (Fmd) e le crisi psicogene non epilettiche (Pnes) - un'odissea per molti pazienti. Nell'ampio spettro dei Dnf rientrano crisi non epilettiche, disturbi sensitivi, visivi e del dolore, condizioni che si caratterizzano per sintomi quali tremore, paresi, distonia, alterazioni della marcia, mioclono e disturbi facciali, non attribuibili a lesioni cerebrali evidenti, ma legati a disfunzioni del funzionamento neurologico. L'assenza di un inquadramento istituzionale impedisce la costruzione di una rete clinica integrata e ostacola l'accesso precoce a trattamenti efficaci, che esistono e sono validati scientificamente. La Società italiana di neurologia (Sin) chiede un "cambio di paradigma". La Sin "intende porre con decisione all'attenzione delle istituzioni la necessità di un riconoscimento formale dei disturbi neurologici funzionali all'interno delle patologie contemplate dal Servizio sanitario nazionale - afferma Alessandro Padovani, presidente della società scientifica - E' altrettanto fondamentale definire percorsi clinici specifici, strutturati e multidisciplinari per garantire una presa in carico appropriata dei pazienti. Si tratta - sottolinea - di una richiesta basata su evidenze scientifiche consolidate, dati epidemiologici significativi e sull'esperienza clinica maturata negli anni da numerosi neurologi che quotidianamente si confrontano con una condizione ancora troppo spesso fraintesa, trascurata o, peggio, confusa con disturbi psichiatrici o attribuita, erroneamente, a una simulazione volontaria dei sintomi. Senza un riconoscimento formale e senza percorsi condivisi - avverte Padovani - i pazienti restano soli in un sistema che non sa dove collocarli, né come accompagnarli nel loro percorso di cura. E' tempo che la realtà scientifica trovi riscontro anche nell'organizzazione sanitaria". Aggiunge Michele Tinazzi, professore associato di Neurologia, Dipartimento di Scienze neurologiche università di Verona e responsabile della Struttura Centro malattia di Parkinson e disordini del movimento: "E' necessario superare l'idea che questi disturbi siano volontari o legati esclusivamente a fattori psicologici. Oggi sappiamo che si tratta di disfunzioni reali, con basi neurobiologiche documentate, che richiedono competenze specifiche e un approccio multidisciplinare". Proprio perché non riconducibili a danni strutturali, i disturbi funzionali rappresentano un paradosso clinico - si legge in una nota della Sin - Nonostante l'esistenza di approcci efficaci, questi disturbi continuano a essere diagnosticati in ritardo e trattati in modo frammentario, con gravi conseguenze per i pazienti e un considerevole aggravio per il sistema sanitario nazionale. La diagnosi arriva in media dopo 6 anni dall'esordio dei sintomi, durante i quali il paziente attraversa numerosi consulti specialistici, diagnosi errate e trattamenti inefficaci. Tutto questo ha costi elevati: secondo una stima condotta presso il Centro regionale specializzato per la malattia di Parkinson e disturbi del movimento dell'Aoui di Verona, un singolo paziente può generare una spesa complessiva di oltre 13mila euro prima di ricevere la diagnosi corretta, di cui circa 9mila a carico del sistema sanitario regionale. "Un elemento chiave nella gestione di questi disturbi è la diagnosi - evidenzia Giovanni De Fazio, professore ordinario di Neurologia, università degli Studi di Bari - che deve basarsi su segni clinici positivi, coerenti e riproducibili, come previsto dai criteri diagnostici più aggiornati. Tuttavia, un'indagine pubblicata di recente, condotta su neurologi italiani, ha rivelato che molti strumenti diagnostici fondamentali rimangono sottoutilizzati nella pratica quotidiana, soprattutto per quanto riguarda gli Fmd. Al contrario, i segni clinici delle Pnes risultano essere più familiari, probabilmente grazie alla più lunga tradizione diagnostica associata all'uso dell'elettroencefalogramma (Eeg). Questa disparità sottolinea la necessità di una formazione più mirata, soprattutto per i neurologi generali e i giovani clinici". L'indagine ha messo in luce che le strategie di comunicazione della diagnosi sono generalmente condivise tra le diverse sottospecialità neurologiche, ma appaiano ancora poco strutturate. Eppure, gli studi di neuroimaging hanno evidenziato alterazioni in specifiche aree cerebrali coinvolte nel controllo motorio e nella consapevolezza dell'azione, risultati che hanno definitivamente smentito l'idea che i sintomi siano frutto di simulazione. Oggi gli Fmd sono considerati il risultato di un'interazione complessa tra fattori biologici, psicologici e sociali. Tuttavia, l'organizzazione clinica e sanitaria continua a mostrare un grave ritardo e affidata all'iniziativa dei singoli professionisti, senza un percorso organico e condiviso a livello nazionale. Questo gap organizzativo - rimarcano gli esperti Sin - è aggravato dall'assenza di un riconoscimento ufficiale dei Dnf all'interno dei percorsi di cura del Ssn, che non prevede tuttora linee guida specifiche, né modelli assistenziali codificati per questi pazienti. "I dati raccolti dal Registro italiano dei disturbi motori funzionali (Ri-Dmf), coordinato da me in collaborazione con l'Accademia Limpe-Dismov - evidenzia Tinazzi - fotografano con chiarezza le conseguenze di questa lacuna. Su 410 pazienti arruolati in 25 centri specializzati, ben il 75% aveva ricevuto diagnosi errate di patologie neurologiche organiche, e solo dopo una media di 3 consulti specialistici è stata formulata una diagnosi corretta di disturbo funzionale. Serve un cambio di paradigma - rimarca - Per troppo tempo i pazienti con Dnf sono rimasti in una zona grigia. La sinergia tra neurologia, riabilitazione e medicina generale può cambiare la vita dei pazienti. Ma serve una risposta istituzionale chiara. Oggi abbiamo strumenti clinici validati, modelli di cura efficaci e un'evidenza scientifica solida: è il momento di riconoscere ufficialmente questa patologia e strutturare una rete assistenziale su più livelli". In questo scenario, il medico di medicina generale (Mmg) - sostengono i neurologi - assume un ruolo strategico. Primo interlocutore del paziente e figura di riferimento, l'Mmg è nella posizione ideale per sospettare un disturbo funzionale, evitare accertamenti inappropriati e indirizzare precocemente il paziente verso un neurologo esperto. Tuttavia, proprio come emerso anche dall'indagine nazionale recentemente condotta e pubblicata, la limitata conoscenza del quadro clinico specifico rappresenta ancora una barriera all’identificazione precoce. Da qui nasce l'esigenza di programmi formativi rivolti alla medicina generale, come il progetto avviato a Verona in collaborazione con la società scientifica (Simg) e il sindacato (Fimmg) di riferimento. Oggi il centro di Verona rappresenta l'unico di III livello del Veneto, dotato di un team multidisciplinare completo - neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi - e costituisce un punto di riferimento nazionale e internazionale per diagnosi, trattamento, formazione e ricerca. Il centro è anche membro del comitato scientifico della Movement Disorders Society e promuove linee guida ispirate ai modelli anglosassoni, come quello scozzese, basato su un approccio a tre livelli di intervento: Mmg e neurologo generalista per la diagnosi (primo livello), presa in carico riabilitativa da parte di un gruppo esperto (secondo livello), e gestione dei casi complessi in centri di alta specializzazione (terzo livello). Una rete così strutturata permetterebbe di ridurre significativamente i ritardi diagnostici, migliorare gli esiti clinici e ottenere un risparmio stimato per il Ssr di circa 5.500 euro per paziente se la diagnosi fosse anticipata di almeno quattro anni. "Non è solo una questione medica, ma di giustizia sanitaria: riconoscere i Dnf e costruire una rete assistenziale dedicata - conclude Padovani - significa restituire dignità a migliaia di persone, troppo a lungo ignorate dalla burocrazia e escluse da percorsi terapeutici adeguati".
(Adnkronos) - "Oggi la Puglia è il territorio più spumeggiante nel Paese sul digitale, è fertilissimo, in cui si possono ottenere risultati, quindi il messaggio è: restiamo in Puglia. Non è vero che è un territorio in cui non ci sono opportunità, non abbandoniamolo". Così Michele Ruta, professore ordinario del Politecnico di Bari e delegato del rettore alla transizione digitale, nel corso di un panel alla decima edizione di Digithon, la maratona digitale in corso a Bisceglie in Puglia. E conversando con Adnkronos/Labitalia a margine del panel Ruta ha sottolineato che "la Puglia è un territorio nel quale è stato costruito un insieme strutturato di rapporti tra le università, il mondo delle imprese, il mondo politico e burocratico regionale e questo rapporto si è consolidato negli anni, specie con riferimento al digitale. E quindi è un territorio nel quale sono nati dei progetti, che sono stati validati, sono entrati nell'operatività corrente, sono state realizzate delle idee concretamente e sono arrivati degli investitori". Con il risultato, ha sottolineato Ruta, che "in questo momento, nell'ambito del digitale, la Puglia è un territorio fertilissimo, ci sono moltissimi dei nostri studenti che vengono impiegati localmente in imprese IT, il Politecnico è l'università italiana con il più alto tasso di occupati in questo momento e la grande maggioranza di essi sono nel settore digitale e la notizia interessante è che la grande maggioranza degli impiegati It restano in Puglia", ha aggiunto. E su Digithon Ruta ha aggiunto che "è stata una grande e importante manifestazione nella quale il Politecnico ha creduto sin da subito, è stata la manifestazione che per prima ha creduto nella potenza delle start-up e soprattutto è stato un evento nel quale sono stati messi a sistema tutta una serie di attori che sono coinvolti nel processo che parte dall'idea e arriva fino alla realizzazione di impresa", ha sottolineato. "A dieci anni dall'avvio -ha concluso- siamo una struttura molto matura, in questo momento, con dei risultati davvero tangibili e la cosa di cui sono orgoglioso è che l'università c'è sempre stata, il Politecnico in particolare c'è sempre stato, e quindi orgogliosamente rivendico il ruolo che il Politecnico ha avuto dentro questa bellissima, grande e forte manifestazione in tutti questi dieci anni".
(Adnkronos) - Dall’8 al 10 ottobre torna a Milano Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale. Con il tema 'Creare futuri di valore', la 13esima edizione porterà l’attenzione sull’urgenza di creare le condizioni per un futuro diverso. Sei le aree tematiche del 2025: Formazione e Lavoro; Cultura e Territorio; Economia e Finanza; Ambiente e Rigenerazione; Governance e Leadership; Innovazione e Impatto. Sul sito del Salone, è possibile consultare il programma completo degli eventi, che si svolgeranno in contemporanea in cinque 'piazze' e in tre aule seminari all’Università Bocconi di Milano, in Via Roentgen 1 (edificio Grafton). Per partecipare al Salone della Csr e dell’innovazione sociale è necessario iscriversi sul sito del Salone. La partecipazione agli eventi è gratuita. Saranno presentati i risultati della ricerca realizzata da Ipsos per il Salone, che quest’anno ha come tema la misurazione dell'impatto come chiave per contrastare le voci negative sulla sostenibilità e costruire fiducia. Il tema dell’impatto coinvolge anche il Salone: quest’anno, per la prima volta, verrà misurato l’impatto della sua attività, in collaborazione con Operàri. L’8 ottobre alle 17 verranno comunicati i vincitori della quarta edizione del Premio Impatto, promosso dal Salone. I partecipanti iscritti per l’anno 2025 sono 109: 67 nel settore profit, 37 nel terzo settore e 5 nella Pubblica Amministrazione. Sempre l’8 ottobre verranno consegnati i premi della prima edizione del concorso di idee 'Nel profondo: creatività e sostenibilità per il mare', realizzato insieme a Worldrise, con l’obiettivo di sensibilizzare sull’importanza della tutela del mare. Le categorie ammesse al concorso sono Fotografia, Video, Illustrazione e Scrittura. Tra le novità di quest’anno, i Caffè con l’esperto, in programma ogni giorno dalle 13.30 alle 14. Marco Frey, coordinatore del Centro Interdisciplinare sulla sostenibilità e il clima della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Stefano Zamagni, professore di Economia Civile all’Università di Bologna e Filippo Giordano, professore di Economia Aziendale all’Università Lumsa di Roma, risponderanno alle domande del pubblico su specifici temi. Nelle tre giornate del Salone saranno attive le sessioni di orientamento del progetto Meet the Csr Leaders: 30 minuti di colloquio individuale con gli esperti presenti al Salone, dedicati a studentesse e studenti universitari, neolaureati e giovanissimi professionisti, prenotabili online. Per coinvolgere i visitatori, in collaborazione con AWorld ActNow, all'interno del Salone sarà organizzato un gioco interattivo aperto a tutti. I partecipanti potranno scegliere fino a tre azioni sostenibili tra quelle proposte, confermare un impegno simbolico da portare avanti durante l'anno, registrarsi per ricevere promemoria periodici e aggiornamenti, scaricare un’app per entrare a far parte della Community del Salone e partecipare alla Missione di Community. Il Salone della Csr e dell’Innovazione sociale è promosso da Università Bocconi, Sustainability Makers, Global Compact Network Italia, ASviS, Fondazione Sodalitas, Unioncamere, Koinètica. Grazie alla collaborazione con Bureau Veritas Italia, anche nel 2023 il Salone ha ottenuto la certificazione ISO 20121, norma internazionale che definisce i requisiti di gestione della sostenibilità degli eventi.