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(Adnkronos) - Camion carichi di aiuti umanitari hanno iniziato a entrare nella Striscia di Gaza dal valico di Rafah, approfittando della "pausa tattica" annunciata da Israele in alcune aree del territorio. Lo riferisce il media egiziano Al-Qahera News, vicino al governo del Cairo, che ha diffuso le immagini dei convogli in transito nella zona di frontiera. La tregua parziale, attiva quotidianamente in alcune aree dove l’esercito israeliano non è operativo, ha lo scopo di facilitare il passaggio di aiuti umanitari verso la popolazione civile. L’esercito israeliano ha annunciato una "pausa tattica" delle operazioni militari in alcune zone della Striscia di Gaza per consentire il passaggio sicuro degli aiuti umanitari. La misura si applicherà quotidianamente, fino a nuovo avviso per 10 ore, in aree densamente popolate in cui le forze armate non sono attualmente impegnate: Al-Mawasi, Deir el-Balah e Gaza City. In una dichiarazione diffusa su Telegram, l’Idf ha precisato che saranno predisposti corridoi sicuri dalle 6 alle 23 per per consentire il passaggio sicuro dei convogli delle Nazioni Unite e delle organizzazioni umanitarie che consegnano e distribuiscono cibo e medicine alla popolazione nella Striscia di Gaza”. La mossa viene effettuata “in conformità con le direttive dei vertici politici e come parte dello sforzo continuo dell'Idf, guidato dal COGAT (Coordinator of Government Activities in the Territories, ndr), per aumentare la portata degli aiuti umanitari che entrano nella Striscia di Gaza”, afferma l'esercito che aggiunge: “Questa decisione è stata coordinata con le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali. "Le Idf continueranno a sostenere gli sforzi umanitari, parallelamente alle manovre e alle operazioni offensive in corso contro le organizzazioni terroristiche nella Striscia di Gaza, al fine di proteggere i civili israeliani. Le Idf sono pronte ad ampliare la portata di questa attività secondo necessità", si legge ancora. Inoltre, per la prima volta dall'inizio della guerra, l'Idf dichiara di aver lanciato aiuti umanitari nella Striscia di Gaza si legge sul 'Times of Israel'. L'esercito israeliano ha dichiarato su Telegram che nella notte ha “effettuato un lancio aereo di aiuti umanitari come parte degli sforzi in corso per consentire e facilitare l'ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza”. È la prima volta che Israele lancia aiuti aerei a Gaza dall'inizio dell'attuale guerra, dopo che in precedenza aveva permesso solo ad altri Paesi di effettuare tali operazioni. La dichiarazione è stata rilasciata solo in inglese e non è presente nelle pagine X né in ebraico né in inglese. Intanto almeno 16 palestinesi sono stati uccisi in una serie di attacchi aerei israeliani su Gaza nella notte, secondo quanto riferito da fonti mediche locali. Un raid ha colpito una tenda che ospitava una famiglia sfollata nell’area di Asdaa, provocando la morte di almeno nove persone, tra cui un padre con i suoi due figli e un altro padre con il figlio, ha dichiarato l’ospedale Nasser. Altri quattro civili sono rimasti uccisi in un bombardamento su un appartamento a Gaza City, mentre quattro sono rimasti feriti, secondo il servizio ambulanze locale. A Deir al Balah, infine, un altro attacco ha causato la morte di una coppia e di una donna, ha reso noto l’ospedale al Aqsa Martyrs. Al momento, le forze israeliane non hanno rilasciato commenti sugli attacchi. L’organizzazione Gaza Freedom Flotilla denuncia dal canto suo che l’equipaggio della nave Handala è "illegalmente detenuto da Israele da oltre otto ore, dopo essere stato sequestrato in acque internazionali e condotto con la forza in un porto israeliano". La comunicazione è arrivata tramite un post sui social, in cui si accusa Tel Aviv di aver interrotto ogni contatto con la nave a partire dalle 23:43 locali di ieri, dopo che le forze israeliane avevano disattivato le telecamere di bordo. La Handala faceva parte della Freedom Flotilla diretta verso Gaza con aiuti per la popolazione palestinese, nel tentativo di forzare il blocco navale imposto da Israele. Secondo il quotidiano Haaretz, i soldati israeliani sono saliti a bordo senza incontrare resistenza, e poco dopo l’irruzione è stata trasmessa un’ultima immagine in cui si vede un militare sequestrare una telecamera.
(Adnkronos) - Si fa sempre più ampio il divario tra chi crede nell’importanza delle trasferte di lavoro e chi preferisce alternative digitali. E gli italiani si confermano tra i più cauti: solo il 64% dei viaggiatori d’affari nel nostro Paese si dichiara disponibile a spostarsi nei prossimi 12 mesi, al di sotto della media globale del 70% e lontani dai picchi registrati in Messico (88%), Brasile (94%) e Regno Unito (87%). E' quanto emerge dalla nuova Global business travel survey di Sap Concur. A livello globale il compromesso tra risparmio sui costi, sicurezza dei dipendenti e valore delle interazioni in presenza è ancora oggetto di accese discussioni nelle sale riunioni. Se il 94% dei business traveller considera il viaggio uno strumento essenziale per il proprio ruolo, un terzo dei travel manager vede nell’ascesa delle riunioni virtuali una minaccia per il futuro stesso del business travel. In questo scenario il 43% dei cfo è convinto che oltre la metà dei viaggi aziendali potrebbe essere efficacemente sostituita da videoconferenze. Di fronte alla riluttanza a viaggiare, il 45% dei cfo teme che questa possa compromettere la salute dell’azienda, mentre il 35% dei travel manager considera la scarsa disponibilità dei dipendenti una minaccia concreta per la continuità delle trasferte. Le discrepanze non si fermano qui. Il 66% dei dipendenti afferma che viaggi importanti sono stati tagliati a causa dei costi, ma solo il 29% dei cfo riconosce apertamente che i limiti di budget ostacolano trasferte essenziali. E sulla governance delle trasferte? Per i cfo il potere decisionale è saldamente nelle loro mani (69%), mentre i travel manager vedono un equilibrio più distribuito tra ruoli. “Questi dati - commenta Andrea Piccinelli, head of Sap Concur Italy - mettono in luce per la prima volta in modo così chiaro i principali punti di disallineamento tra le tre anime del business travel: dipendenti, travel manager e cfo. Se vogliamo che i viaggi d’affari tornino a essere un motore di crescita, è essenziale costruire un nuovo allineamento tra esigenze operative e visione strategica, traiettoria che abbiamo scelto di perseguire in Sap Concur anche grazie all’enorme potenziale che l’innovazione sta offrendo, dall’automazione all’ai. Un’ia, se vogliamo, al servizio della relazione, perché viaggiare sia sempre più semplice per le aziende che vogliano investire nel contatto diretto, nella presenza fisica e nella relazione umana”. La ricerca conferma che il viaggio di lavoro resta un pilastro per il successo aziendale, ma serve una riflessione profonda sulle priorità, sulla cultura organizzativa e sulle aspettative reciproche. Per l’Italia, sarà decisivo capire se la cautela attuale è solo una fase transitoria o un cambiamento strutturale.
(Adnkronos) - “Oggi presentiamo un esempio di ricerca universitaria molto avanzata e già molto vicina a una sperimentazione su strada reale. È qualcosa di potenzialmente pronto per un servizio, ma bisogna fare un grande salto. Lo deve fare l'Italia, lo deve fare l'Europa: trasformare questi bei progetti molto avanzati di ricerca e sviluppo, in progetti industriali imprenditoriali”. Così Sergio Matteo Savaresi, professore e direttore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, alla presentazione del progetto ‘Sharing for Caring’, a Darfo Boario Terme (Bs). Si tratta di ‘Robo-caring’, il primo prototipo italiano di mobilità autonoma - una Fiat 500 elettrica sviluppata all’interno del Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, dal Politecnico di Milano - pensato per persone anziane e con fragilità. Il progetto gode del sostegno di Fondazione Ico Falck e Fondazione Politecnico di Milano, e della collaborazione di Cisco Italia come partner tecnologico. Un'innovazione che si basa su “una tecnologia estremamente complessa che richiede tante risorse economiche - sottolinea il professore - Stiamo provando a trasformare questo bellissimo progetto di ricerca in un grosso progetto imprenditoriale per dare all'Italia e all'Europa la chance di avere questa tecnologia che oggi, di fatto ha solo la Cina e gli Stati Uniti”. Ma per cogliere questa opportunità Italia ed Europa “devono fare un salto”, si diceva. Per farlo servono grosse risorse economiche da impiegare nella trasformazione di una tecnologia estremamente complessa in un servizio disponibile ai cittadini. Ma non solo. “Serve uno sblocco normativo che rimuova la necessità di avere il safety-driver a bordo, oggi obbligatorio per fare questa sperimentazione (Decreto Ministeriale 70 del 2018 ‘Smart Road’ ndr.) - evidenzia Savaresi - Le due cose dovrebbero avvenire idealmente insieme: quando la tecnologia è stata messa completamente a punto da un'entità industriale imprenditoriale, serve lo sblocco normativo”, suggerisce. Il prototipo presentato a Darfo Boario è l'espressione di un futuro imminente. Ma viene da chiedersi: quando vedremo davvero sulle strade italiane un veicolo a guida autonoma senza safety-driver? “Perché la messa a punto industriale e lo sbocco normativo arrivino a compimento prevediamo dai 2 ai 4 anni”, stima Savaresi.