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(Adnkronos) - Per Jannik Sinner il ritiro choc contro Alcaraz nella finale del Masters 1000 di Cincinnati "è una botta forte. Si sente in colpa con sé stesso e con gli altri, non a caso ha chiesto subito scusa al pubblico dopo il malore in campo. In lui ora prevale il senso di impotenza e frustrazione, troppa la discrepanza tra l'aspettiva nell'ennesimo scontro con il rivale di sempre Alcaraz, e la realtà, tra l'obiettivo che si era prefissato e le sue condizioni fisiche". Così all'Adnkronos Salute Pietro Bussotti, psicologo dello sport e coordinatore di Psicologia dello sport dell'Ordine degli psicologi dell'Umbria. Per l'esperto "il numero 1 del tennis mondiale ha costruito un'identità professionale sulla capacità di competere e vincere - spiega -. La paura di perdere o che possa ricapitare un incidente come quello di ieri a Cincinnati può far scattare in Sinner il timore di 'non essere affidabile' verso sé stesso e il pubblico, un senso di colpa sociale. Come abbiamo visto tutti si è scusato subito con i tifosi quando ha detto 'non riesco a muovermi'. Dunque, l'attacco alla identità professionale nasce non dal fatto in sé (il ritiro) ma dal dover riconoscere a sé stesso e verso gli altri di non sentirsi affidabile". Il campione altoatesino "si è sentito colpevole del forfait ma nessuno di noi chiaramente può recriminare a Sinner un problema di salute", sottolinea Bussotti, che aggiunge: "Dopo aver negato, o meglio, dopo non essersi concesso di stare male, e dopo aver giocato pur sentendosi debilitato, credo che alla fine abbia provato un umanissimo sollievo. Ha tentato di andare avanti nel match contro Alcaraz per senso del dovere e pressione interna fino a quando ha dovuto accettare di non farcela più". Nessuno di "noi sta nella testa di Sinner, ma è plausibile che in lui ora prevalga il timore che tutto questo possa accadere di nuovo". E sulla corsa di Alcaraz verso Jannik per consolare l'amico, "rafforza il senso di appartenenza ad una comunità sportiva che ha tra i valori la resilienza, un gesto molto bello e importante", conclude.
(Adnkronos) - "La produttività nazionale continua a languire e il Pil, nonostante gli investimenti e la spesa notevole attivata dal Pnrr e dai bonus del periodo Covid che avrebbero dovuto dare uno slancio notevole, resta statico. In questo scenario, a fronte degli ingenti investimenti ma soprattutto della necessità di gestire il post investimento per farlo fruttare a cui l’Italia oggi è obbligata per non allargare il divario di competitività con i competitor europei e globali, si ripropone, a distanza di 24 anni dalla sua introduzione, il tema dell’utilizzo strategico del Partenariato Pubblico Privato (PPP)". Lo dichiara all'Adnkronos/Labitalia Ivo Allegro, ceo e founder di Iniziativa e professore di 'Project cycle management e accesso a fondi pubblici' all’Università degli studi di Roma Unitelma Sapienza. "Per tanto tempo - spiega Allegro - erroneamente inquadrato come modalità per realizzare investimenti quando la Pa si trova in ristrettezze finanziarie, nei fatti, il PPP è una leva per gestire in modo integrato la progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi di interesse pubblico agganciando la remunerazione del privato alle sue performance in fase di gestione. Questo strumento ha già dimostrato sul campo di essere molto più rapido nell’intero ciclo di implementazione (ideazione-progettazione-aggiudicazione-realizzazione) di un investimento pubblico consentendo, quindi, di beneficiare prima delle infrastrutture ma può risultare fondamentale per un salto di competitività del Paese agganciando i pagamenti ai risultati che si conseguono e liberando nel breve risorse pubbliche per quegli investimenti più rischiosi ma che possono risultare fondamentali per la competitività". "A febbraio - dichiara Allegro - Mario Draghi, nel primo confronto sul suo report sul futuro della competitività europea, evidenziava la necessità per l’area della UE di attivare ingenti investimenti per recuperare i divari con America e Asia mobilitando le risorse dei privati. A marzo il Sole 24 Ore titolava 'Cantù batte il record per la nuova arena, solo 4 anni e mezzo per avviare il cantiere' visto che in Italia, in media, per realizzare un’infrastruttura similare dalla fase di ideazione all’avvio del cantiere passano oltre 10 anni. Al Meeting di Rimini il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha rilevato come la missione decisiva per l’Italia e il suo problema cruciale resta quello della riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto arrivato ad un punto da minacciare il futuro intergenerazionale visto che la spesa per interessi sul debito supera l’intera spesa per l’istruzione e, quindi, gli investimenti sul nostro futuro, i giovani. Il Governatore, inoltre, ha evidenziato che affrontare il nodo del debito richiede politiche di bilancio orientate alla stabilità e al graduale conseguimento di avanzi primari adeguati. Tuttavia, la riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico”. "Nella stessa giornata - continua - Carlo Cottarelli, in tema di sviluppo, ha evidenziato “Il gioco dell'oca del Pil italiano: dopo 17 anni torna al punto di partenza” recuperando i livelli del 2008 (anche grazie agli effetti dell’inflazione). Queste quattro notizie degli ultimi 6 mesi si saldano per confermare la possibile centralità del Partenariato Pubblico Privato (PPP) che, a distanza di 24 anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, continua ad essere uno strumento sottoutilizzato e mal utilizzato. Non si è probabilmente compresa la sua natura. Difatti, ancora oggi la Pa utilizza il PPP come strumento per realizzare gli investimenti soprattutto quando ci sono risorse finanziarie scarse. Non è un caso che con il Pnrr l’attenzione a questo strumento sia paradossalmente diminuita". "Il paradosso risiede - conclude Allegro - nella circostanza che in Italia la PA non ha ancora compreso che gli investimenti, tranne gli effetti keynesiani connessi all’incremento della spesa pubblica che a questi si associa, sono una condizione necessaria ma non sufficiente per generare crescita della produttività, sviluppo economico e accrescimento del benessere di una comunità. Questi effetti sono, difatti, connessi alla qualità delle prestazioni nel tempo dei processi di erogazione dei servizi connessi ad un’infrastruttura. Se si realizza un nuovo ospedale l’impatto sul benessere sociale e sullo sviluppo dipendono non tanto dalla realizzazione di un nuovo involucro o dall’aggiornamento dell’esistente e delle sue attrezzature (l’investimento) ma dalla possibilità di gestire nel tempo servizi di cura di qualità (i servizi connessi all’investimento)". "In tal senso - osserva - il Pnrr, un gigantesco piano di investimenti a debito dopo anni di austerità che non a caso ha generato una rilevante fiammata inflattiva e sta ponendo molti problemi in fase di realizzazione (visto lo spiazzamento dell’offerta che ha capacità produttive inferiori a quelle richieste), pone un rilevante problema di cosa accadrà dopo, cioè di chi gestirà le infrastrutture realizzate con i soldi di Next generation EU. Restando in tema sanità, ad esempio, chi gestirà gli Ospedali di Comunità e le Case della Salute realizzate con i fondi della Missione 6?". "In tal senso - afferma - il PPP nella misura in cui, laddove ben gestito, aggancia i pagamenti alle performance nei processi di gestione delle infrastrutture oltre che alla realizzazione a regola d’arte ed in tempi certi dell’infrastruttura (che essendo finanziata dai privati, totalmente o in prevalenza, non soffre neanche degli 'stop and go' dei cantieri connessi alle risorse pubbliche a singhiozzo) rappresenta degli ovvi vantaggi a cui si associano altri quali, in primis: Minori tempi di realizzazione, visto che gli esecutori avranno i loro ritorni non con la realizzazione ma con la gestione e migliore qualità tecnica di realizzazione, visto che chi realizza sarà chiamato anche a gestire e da questa gestione dipenderà, come detto, il suo ritorno". "A fronte di ciò - continua Ivo Allegro - il PPP apre interessanti prospettive strategiche in quanto, per un verso, consente di disporre in tempi più rapidi di infrastrutture e servizi di qualità e tale aspetto, anche se la Pa italiana sembra soffrire di una sorta di 'insostenibile leggerezza del tempo', non è irrilevante dal punto di vista sia del benessere sociale, sia della competitività nazionale che, quindi, dello sviluppo economico. Per l’altro lato, oltre ad avere un impatto più immediato e certo sulla relazione investimenti e sviluppo economico, che genera una maggior sostenibilità prospettica del debito e, quindi, anche dei deficit abilitando maggiori tassi di investimento o coinvestimento pubblico, libera nel breve e medio termine maggiori risorse pubbliche in quanto la parte prevalente degli investimenti viene realizzata direttamente con risorse private". "L’utilizzo strategico del PPP inoltre - osserva - aprirebbe interessanti prospettive per l’utilizzo in modo proattivo del rilevante risparmio privato italiano (oltre 12.000 miliardi) che altrimenti, come si dirà tra poco, corre seri rischi di contribuire in altro modo al riequilibrio della finanza pubblica. Questo secondo elemento di 'liberazione di risorse pubbliche' per investimenti addizionali, anche rischiosi, è centrale, alla luce dello scenario preconizzato da Draghi su cosa servirà all’Europa in termini di investimenti per recuperare il divario di competitività e della specifica situazione italiana dei conti pubblici, che in assenza di sviluppo e di recupero dei gap di competitività, ci condanna ad assumere posizioni da parente povero non in grado di implementare gli investimenti necessari per la competitività. Non a caso, Panetta ha evidenziato come la spesa per interessi sia un divoratore di quelle risorse che servirebbero per investire nel nostro futuro". "L’alternativa a questo recupero di competitività degli investimenti mediante una diversa e più solida cultura della collaborazione pubblico privato, peraltro - sottolinea - è chiara e ben nota anche se non viene mai evocata per ovvie ragioni. Nel 2023 la ricchezza privata finanziaria degli italiani ammontava a 5.216 miliardi (ben 552 miliardi in più rispetto al 2019), si stima che quella immobiliare valga oltre 7.000 miliardi di cui circa 5.163 miliardi di abitazioni la maggioranza delle quali (l’88,65%) in mano ad over 65. In tal senso, laddove nel breve termine le politiche di stimolo alla crescita del Pil si rivelassero infruttuose è molto probabile che il riequilibrio dei conti pubblici potrà essere realizzato mediante un’imposizione patrimoniale in chiaro o surrettizia, mediante l’applicazione di maggiori imposte di successione". "In tal senso - commenta - la strada della collaborazione tra pubblico e privato sembra largamente preferibile. Sarebbe ora che la strategicità del PPP e una migliore comprensione dell’effettiva portata dello strumento per le prospettive future dell’Italia fosse messa al centro del dibattito tecnico e politico".
(Adnkronos) - Il 74% del cacao acquistato da filiere dirette o integrate; il 95% dei terreni conformi ai criteri 'deforestation-free'; il 93% del packaging primario riciclabile o compostabile. Il settimo Bilancio di Sostenibilità di Icam racconta una filiera sempre più tracciabile, l’impegno concreto per l’adattamento climatico nei Paesi d’origine, la centralità delle persone e un modello d’impresa che guarda al futuro attraverso la doppia transizione ambientale e digitale. Icam Cioccolato, azienda familiare giunta alla sua terza generazione, è oggi un punto di riferimento a livello internazionale nel mondo del cioccolato e dei semilavorati del cacao, con una presenza in 75 Paesi e un modello produttivo che unisce tecnologie avanzate, filiera corta e presidio diretto delle origini. Una visione imprenditoriale orientata alla creazione di valore condiviso e all’innovazione, nel rispetto delle persone e del pianeta. Con il suo settimo Bilancio di Sostenibilità, Icam rende tangibile un impegno che dura da anni: costruire una filiera tracciabile, valorizzare l’operato delle comunità dei Paesi d’origine e crescere in modo coerente con i propri valori. “Il Bilancio di Sostenibilità riflette la continuità del nostro impegno, caratterizzato dalla consapevolezza di una responsabilità attuale e intergenerazionale che implica la collaborazione a tutti i livelli e la cultura, intesa come competenza e come condivisione di valori - dichiara Sara Agostoni, Chief Sustainability Officer di Icam Cioccolato - Il 2024 è stato per ICAM un anno caratterizzato da crescita e consolidamento, abbiamo implementato attività di governance trasformativa, rafforzando la presenza della sostenibilità nelle decisioni aziendali, e continuato a portare avanti iniziative che non solo tutelano l’ambiente, ma promuovono anche il benessere delle persone lungo tutta la filiera”. I DATI. Delle oltre 30mila tonnellate di cacao acquistate nel 2024, il 74% proviene da filiere corte e integrate, una scelta che consente di esercitare un controllo diretto anche sulla qualità delle materie prime. Tracciabilità della filiera (e della sua gestione etica) e qualità del cacao, sono gli elementi cardine attraverso i quali Icam opera nelle proprie filiali operative in Uganda e Perù, così come nelle oltre 20 filiere di approvvigionamento in Africa e Sudamerica. Paesi in cui l’azienda rafforza la gestione responsabile della supply chain adottando sistemi di certificazione etiche e ambientali, come Fairtrade, Rainforest Alliance e Biologico. Questi protocolli, che coprono oggi il 64% del cacao prodotto da Icam, rappresentano un importante supporto nella verifica del rispetto degli standard ambientali e sociali, nel favorire il miglioramento della qualità e della produttività e nel garantire un equo riconoscimento economico ai produttori, a cui viene corrisposto un premio o un prezzo più alto. Inoltre, in conformità con il Regolamento Ue sulla deforestazione (Eudr), Icam ha adottato un approccio strutturato alla tutela delle foreste. Nel 2024 è stato completato un importante lavoro di geolocalizzazione di tutti i fornitori strategici, con oltre 27mila appezzamenti agricoli nei Paesi d’origine, con l’obiettivo di dimostrare il rispetto del principio di 'deforestation-free' per l’intera filiera. Questo lavoro capillare di mappatura dei terreni si traduce oggi in risultati concreti e positivi: il 95% dei terreni mappati è risultato già conforme ai criteri Eudr, con uno scarto del 5% per cui sono in corso specifici approfondimenti e, dove possibile, saranno attuati dei piani di mitigazione. L’impegno di Icam nella creazione di filiere sostenibili per l’ambiente e le persone, ha trovato nel 2022 la propria declinazione pratica nel progetto pilota 'Sustainable Farming for a Climate Resilient Livelihood of Cocoa Farmers in Uganda'. Realizzato in collaborazione con un cliente internazionale (Corpeq Bv, SanoRice Holding Bv), l’Ong Solidaridad East& Central Africa e co-finanziato dal Fund for Responsible Business (Fvo) e dal ministero degli Affari Esteri Olandese, il progetto ha permesso di supportare e formare oltre 600 famiglie di coltivatori ugandesi nella gestione di 310 ettari di piantagioni di cacao distribuiti in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. Con una durata di 4 anni complessivi, il progetto mira all’implementazione di un modello di sviluppo agricolo inclusivo e resiliente, dove il miglioramento della qualità del cacao si traduce anche in maggiore autonomia, stabilità economica e coesione sociale per le comunità coinvolte. Ad oggi, l’86% dei coltivatori coinvolti nel progetto ha adottato e applicato correttamente le tecniche di fertilizzazione organica, il 66% ha adottato una corretta spaziatura tra gli alberi e il 70% ha implementato le tecniche di potatura trasferite per permettere una corretta crescita delle piante e una riduzione delle infestazioni da parassiti e malattie del 21%. I cicli di formazione sono stati tenuti da un gruppo di 27 agronomi di Icam Chocolate Uganda che hanno affiancato direttamente i coltivatori nella gestione quotidiana delle piantagioni e promuovendo scambi di conoscenze tra gli agricoltori stessi. Oltre agli aspetti tecnici, il percorso ha toccato anche temi legati alla comunicazione interculturale, al coinvolgimento delle comunità, all’uso di strumenti digitali per il monitoraggio e a iniziative volte a favorire l’inclusione sociale. Inoltre, nel 2024 oltre il 98% dei coltivatori coinvolti nel progetto Sustainable Farming ha aderito al Vsla (Village Savings and Loan Association), uno strumento chiave per promuovere inclusione, autonomia e benessere, con un impatto sociale positivo e duraturo. Si tratta di gruppi di risparmio autogestiti e autofinanziati che mettono a fattor comune i risparmi dei membri in caso di emergenze, investimenti in attrezzature, spese familiari (come le rette scolastiche) e per facilitare l’accesso al credito, rafforzando reti di solidarietà e fiducia reciproca. Non solo. Con l’obiettivo di favorire un cambiamento profondo, il progetto Sustainable Farming ha introdotto la metodologia 'Gender Action Learning System', implementata dalla Ong Solidaridad. Un approccio finalizzato a una maggiore consapevolezza e pianificazione finanziare condivisa tra l’uomo e la donna con l’obiettivo di riequilibrare i ruoli all’interno delle famiglie e nelle comunità, migliorare la gestione delle risorse finanziarie e generare una situazione di parità fra i ruoli come leva di sviluppo per l’intera comunità. Il benessere delle persone è al centro dell’attività dell’Azienda anche nella sede italiana, dove l’impegno concreto è quello di offrire ai propri collaboratori condizioni di lavoro soddisfacenti. L’attenzione al work-life balance è uno dei pilastri sanciti nell’accordo integrativo aziendale. Anche la formazione aziendale è un driver attraverso cui Icam si prende cura dei percorsi di crescita delle proprie persone. Nel 2024, sono state infatti erogate oltre 20.380 ore di formazione interna, con moduli dedicati alla sicurezza, alle soft skill, all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità. L’attenzione alle persone si espande oltre il perimetro aziendale, al territorio comasco e alle realtà locali. Nel solo 2024 l’azienda ha infatti donato oltre 1,1 milioni di euro in prodotti alimentari a enti del terzo settore, organizzazioni benefiche, associazioni che si occupano di contrasto alla povertà, educazione e inclusione. L’impegno di Icam verso la sostenibilità ambientale si concretizza anche nelle scelte industriali. Lo stabilimento di Orsenigo è un modello di efficienza, grazie a un impianto di trigenerazione che produce simultaneamente energia elettrica, calore e acqua refrigerata. Nel 2024, il 77% del fabbisogno energetico dello stabilimento è stato coperto da questa fonte interna, mentre il restante è stato acquistato dalla rete nazionale e proviene da fonti rinnovabili. Grazie a investimenti mirati in efficienza energetica e innovazione industriale, Icam ha ridotto del 30% l’intensità emissiva Scope 1 e 2 rispetto al 2020. Il monitoraggio continuo, supportato da tecnologie 4.0 e da un approccio integrato alla sostenibilità, consente di controllare i consumi per tonnellata prodotta e l’impronta carbonica complessiva. In parallelo, anche il packaging evolve in chiave sostenibile: nel 2024 l’azienda ha raggiunto il 93% degli imballaggi primari riciclabili (1.039 tonnellate), mentre l’uso di materiali compostabili certificati è cresciuto del 38%, riducendo di 73 tonnellate la plastica tradizionale. Potenziato anche il sistema di recupero degli scarti, grazie alla mappatura dei punti critici e interventi mirati, come la riduzione dei residui derivanti dal lavaggio degli allergeni.