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(Adnkronos) - La Germania, la più grande economia dell'Unione europea, subirà "danni sostanziali" a causa dei dazi statunitensi concordate come parte dell'accordo commerciale raggiunto ieri tra Ue e Usa dopo l'incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen. A lanciare l'allarme è il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che tuttavia spiega come "non potevamo aspettarci di ottenere di più", evidenziando che gli effetti negativi dell'accordo "non saranno limitati solo alla Germania e all'Europa: vedremo gli effetti di questa politica commerciale anche in America". Critiche all'intesa erano arrivate in precedenza anche dalla Francia. "È un giorno triste quando un'alleanza di popoli liberi, riuniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, decide di sottomettersi", le dure parole del primo ministro francese, François Bayrou, commentando l'accordo commerciale. Domenica scorsa il presidente degli Stati Uniti ha annunciato quindi l'imposizione di dazi del 15% su tutti i Paesi dell'Unione Europea, ma le ripercussioni derivanti dall'entrata in vigore delle tariffe, prevista per il prossimo 1° agosto, non saranno uniformi. La Germania si configura infatti come il principale esportatore di beni verso gli Stati Uniti, con un mercato di primaria importanza per i suoi settori automobilistico, siderurgico e delle macchine utensili. Nel 2024, l'export di questi beni ha raggiunto un valore di miliardi di dollari. Seguono Irlanda e Italia. La Francia, pur presentando settori strategici come quello aeronautico, agroalimentare, vinicolo e del lusso, risulta meno esposta, sebbene anche questi settori rischino una perdita di quote di mercato. "Questo accordo storico fornisce agli americani livelli senza precedenti di accesso al mercato nell'Unione europea e rafforza l'impronta economica dell'America, inclusi 750 miliardi di dollari in acquisti di energia e 600 miliardi di dollari in investimenti", si legge intanto in una dichiarazione pubblicata del Rappresentante al Commercio Usa, Jamieson Greer, in seguito al raggiungimento dell'"Accordo quadro sul commercio reciproco, equo e bilanciato" tra Ue e Usa nella giornata di ieri. Il presidente statunitense Donald Trump "ha realizzato quello che i presidenti americani hanno provato e fallito nel realizzare, assicurando un accordo tra le due più grandi economie di mercato del mondo mantenendo al contempo il popolo americano al centro dell'accordo commerciale", dichiara Greer. "Questo Quadro dimostra che l'America può mantenere i dazi per ridurre il deficit commerciale delle merci e simultaneamente sbloccare l'accesso al mercato per gli americani laboriosi i cui interessi rimangono saldamente al centro di ogni accordo fatto". "Ringrazio il commissario al Commercio europeo Maros Sefcovic per la sua cooperazione e impegno nel perseguire un commercio reciproco ed equo con gli Stati Uniti", conclude il rappresentante Usa. ''Io credo che la questione di cui bisogna parlare ora è quella del rapporto tra euro e dollaro. E' il nodo principale che dovremo affrontare perché il dollaro si è svalutato di circa il 17%, più di quanto sono i dazi al 15 per cento. Ed è lì che bisogna andare a incidere. Ecco perché sono settimane che chiedo che la Bce intervenga per affrontare questo tema. Io ritengo che si debba ridurre ancora il costo del denaro così come è stato fatto durante il Covid. Siamo al 2%, si può arrivare anche a zero. E si può pensare al quantitative easing, cioè all'acquisto da parte della Bce di titoli di Stato di diversi paesi dell'Ue in modo poi di avere più denaro in circolazione", ha poi detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando a una conferenza stampa di Fi sul Sud. ''Questa vicenda - ha avvertito il vicepremier - è ancora più importante dei dazi. Il rapporto euro-dollaro sarà il fronte su cui dovremo impegnarci tutti se vogliamo garantire la competitività delle nostre imprese. Certo, la decisione spetta alla Bce ma non bisogna sottovalutare questo aspetto monetario. Non ne sta parlando nessuno. E' un aspetto fondamentale per garantire la competitività del sistema europeo e dell'Italia''.
(Adnkronos) - I lavoratori specializzati sono sempre più introvabili: lo confermano i dati pubblicati da Unioncamere e il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024 ammonta al 47,8% la difficoltà di reperire personale, in aumento del 2,7% rispetto al 2023. Tra le regioni più in difficoltà ci sono Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia con il 65% circa di lavoratori introvabili; seguono Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte – Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, con il 61,7% e la Lombardia con 61,2%. A pesare su questa carenza il mismatch tra scuola e lavoro, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, ma anche il cosiddetto paradosso del ‘grande spreco’ rappresentato dai giovani inattivi, che riguarda un quarto dei giovani tra 25 e 34 anni. Ne parla con Adnkronos/Labitalia l’imprenditrice piemontese Paola Veglio, amministratore delegato di Brovind, attiva nel mondo dell’automazione industriale, che da anni denuncia la difficoltà a trovare giovani lavoratori. Nel suo caso, il problema è acuito dalla particolare dislocazione geografica della sua azienda: il piccolo borgo di Cortemilia, nell’Alta Langa, lontano dai servizi offerti dalle grandi città. “Impazzire per trovare lavoratori qualificati - spiega - è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. Penso sia sempre più importante che tra scuola e tessuto imprenditoriale ci sia maggior vicinanza, in modo che i giovani possano toccare con mano cosa significhi lavorare in azienda. I percorsi di stage o l’alternanza scuola lavoro sono utili ma non sufficienti. Dovrebbe esserci una maggior presenza fisica dei ragazzi sul luogo di lavoro, per capire cosa si faccia realmente, in modo che una volta preso il diploma possano avere le idee più chiare su ciò che vorranno fare. Sto lavorando concretamente per ridurre questo gap, costruendo un dialogo produttivo con le scuole tecniche del territorio. Spero che anche altre aziende vorranno fare altrettanto”. “Brovind - sottolinea - vive un duplice problema, da un lato fatica a trovare personale qualificato, dall’altro i giovani sono poco inclini a lavorare in un piccolo borgo. Per queste ragioni cerchiamo di far coincidere le esigenze del welfare aziendale con quelle del welfare territoriale. Con la crescita dell’organico, in Brovind la mensa era diventata troppo piccola, ma il territorio non offriva soluzioni utili per agevolare la pausa pranzo. Per questo, ho ristrutturato e riaperto un ristorante pizzeria chiuso da anni che ospita 60 dipendenti a mezzogiorno, ma accoglie anche i cittadini e i turisti del borgo. Grazie agli sforzi del comune, finalmente a Cortemilia è presente un asilo nido e Brovind paga la retta ai figli dei propri lavoratori”. “Da qualche anno - racconta - il mondo del lavoro è cambiato: oggi sono le persone a scegliere l’azienda in cui lavorare. È più difficile agganciare i giovani, perché il loro modo di pensare è diverso dalle generazioni precedenti; finché non entreremo in sintonia con loro sarà difficile coinvolgerli. Si potrebbe partire da una narrazione diversa del lavoro in fabbrica, oggi sempre più tecnologicamente sofisticato, per riqualificare l’immagine dell’operaio e renderla più interessante”. “Ci vorrebbero più incentivi - sottolinea l’imprenditrice - per assumere i giovani e dovrebbe essere reintrodotta l’opportunità ai minorenni di partecipare agli stage estivi: oggi i ragazzi hanno a disposizione solo l’esperienza di alternanza scuola-lavoro e spesso arrivano ai 18 anni completamente spaesati e senza avere la minima idea di come funzioni il mondo lavorativo. Il paradosso - ammette - di un’Italia che non trova lavoratori mentre i giovani restano ai margini dovrebbe farci riflettere: forse non sono loro a essere lontani dal lavoro, ma il lavoro a non parlare più la loro lingua. Se vogliamo che borghi storici come Cortemilia continuino a vivere, serve più coraggio nel ripensare il lavoro: renderlo accessibile, umano e connesso al futuro delle nuove generazioni, non al passato delle imprese”.
(Adnkronos) - Oltre il 90% degli ingredienti principali mappati sino all'origine con punte del 94% per le nocciole e del 97% per cacao e olio di palma, il 92,1% degli imballaggi progettati per essere riciclabili, emissioni di Scope 1 e 2 ridotte del 21,7% con l'obiettivo prefissato di dimezzare le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030, il 90% dell'elettricità per la produzione e lo stoccaggio proveniente da fonti rinnovabili. Sono i principali progressi raggiunti da Ferrero nel perseguimento dei principali obiettivi di sostenibilità coerente all’impegno del gruppo volto a generare un impatto positivo sull’intera catena del valore e contenuti nel 16esimo rapporto di sostenibilità pubblicato oggi. “La sostenibilità è profondamente radicata nella strategia a lungo termine di Ferrero - sottolinea Giovanni Ferrero, Executive Chairman del Gruppo - e’ un motore fondamentale della resilienza aziendale e guida le nostre decisioni, mentre cresciamo responsabilmente. Di fronte alle sfide globali, in particolare al cambiamento climatico, il nostro impegno rimane chiaro: approvvigionarsi responsabilmente, innovare con coraggio e salvaguardare l’ambiente per le generazioni future. Questo progresso è reso possibile grazie all’adozione di azioni collettive, alla valorizzazione dell'innovazione, ricerca e sviluppo, continuando ad imparare dalle nostre esperienze, per ottenere un impatto misurabile e significativo”. “A livello di sostenibilità, abbiamo compiuto progressi costanti nella nostra agenda durante l'anno fiscale 2023/2024 - aggiunge Lapo Civiletti, Chief Executive Officer del Gruppo Ferrero - sono particolarmente orgoglioso dei progressi che stiamo mettendo in atto per raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine. Abbiamo portato avanti con successo il nostro percorso in ambito sostenibilità, mantenendo al contempo una solida gestione finanziaria in tutta l'azienda. Stiamo compiendo grandi sforzi nella tracciabilità dei nostri ingredienti chiave e per migliorare la visibilità della catena di approvvigionamento, portando avanti al contempo i nostri impegni per garantire i diritti umani, proseguendo il nostro percorso di decarbonizzazione”. Tra gli gli altri punti significativi del rapporto, in tema di sicurezza e qualità alimentare emerge che il 100% degli stabilimenti Ferrero è certificato secondo lo standard Global Food Safety Initiative (Gfsi), un’attenzione costante alle porzioni accuratamente definite con l’85% dei volumi commercializzati che presenta una porzione pari o inferiore a 130 kcal, il 63% pari o inferiore a 100 kcal e il 91% inferiore a 150 kcal a porzione. Il rappoto segnala, poi, un impatto continuo sulle comunità nei Paesi di origine attraverso partnership di lunga data con organizzazioni internazionali e locali, come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) e Save the Children: in particolate, Kinder Joy of moving ha raggiunto oltre 3,7 milioni di bambini in 35 Paesi, con investimenti superiori a 13 milioni di euro. Nel 2024, Ferrero ha collaborato con Organizzazione degli Stati Americani (Oas ) per promuovere l'inclusione, l'equità e l'accesso ai diritti attraverso lo sport e l'attività fisica, in particolare per bambini, adolescenti e donne delle Americhe. Infine, sul fronte degli imballaggi il rapporto evidenzia notevoli progressi nella riduzione della plastica vergine, tra i quali è rilevante la diminuzione del 13% del rapporto plastica/prodotto. Questo include la conversione delle scatole di Ferrero Rocher da polistirene a polipropilene in Nord America e Cina, con un risparmio stimato di circa 11.000 tonnellate di plastica e il lancio di Nutella Plant-Based in vasetti realizzati con il 60% di vetro riciclato e il nuovo cucchiaino di carta di Kinder Joy.