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(Adnkronos) - I negoziati possono attendere, la Russia martella in Ucraina. Vladimir Putin ignora gli ultimatum di Donald Trump e non rinuncia agli obiettivi dell'Operazione speciale. "Avanziamo su tutta la linea del fronte", dice il presidente russo, che prosegue con la strategia consolidata: giudica indispensabile una pace duratura con garanzie di sicurezza per Mosca mentre le sue forze armate cercano la spallata decisiva nella guerra. Le richieste del presidente americano Trump perché si trovi una soluzione al conflitto fra Russia e Ucraina non sono state ascoltate. E nemmeno le annunciate sanzioni americane a Mosca sembrano spaventare il Cremlino. Il copione, sul campo, appare consolidato. L'esercito russo ha accelerato la sua incursione in territorio ucraino per il quarto mese consecutivo, portando a termine a luglio la sua più ampia avanzata da novembre, come emerge da un'analisi realizzata dall'Afp sulla base dei dati dell'Isw, Institute for the stuydy of war. In un mese le forze di Mosca hanno conquistato 713 Km quadrati in territorio ucraino, contro i 79 recuperati da Kiev, per una progressione netta di 634 km quadrati. A giugno la conquista netta era stata di 588 km quadrati, 507 a maggio, 379 ad aprile e 240 a marzo. Putin, nelle ultime ore, ha 'certificato' la conquistare della città chiave di Chasiv Yar, nell'Ucraina orientale, dopo quasi 18 mesi di feroci combattimenti nella zona: Mosca ora controlla un nodo logistico fondamentale, che consente di gestire le vie dei rifornimenti e costituisce il trampolino per un'ulteriore spallata verso ovest. La Russia sta raccogliendo i frutti dopo mesi all'insegna della politica dei piccoli passi. Mosca, secondo l'analisi della Cnn, "sta capitalizzando una serie di contenuti progressi e investendo risorse significative in un'offensiva estiva in arrivo, che rischia di ridisegnare il controllo delle linee del fronte. Nel corso di quattro giorni di reportage nei villaggi di Kostiantynivka e Pokrovsk – due delle città ucraine più colpite nella regione di Donetsk – si è assistito a un rapido cambio di controllo del territorio. I droni russi sono riusciti a penetrare in profondità in aree che un tempo le forze di Kiev consideravano oasi di pace, e le truppe hanno faticato a trovare personale e risorse per fermare la persistente avanzata nemica. La spinta russa - sottolinea l'emittente americana - arriva proprio mentre Trump ha drasticamente ridotto la scadenza per la pace con Putin da 50 a 12 giorni. Il presidente americano ha dichiarato di essere "molto deluso" dal suo omologo russo e ha lasciato intendere che il capo del Cremlino aveva già deciso di non accettare il cessate il fuoco che gli Stati Uniti e i loro alleati europei chiedono da mesi. Trump si è poi detto "sorpreso" dal leader del Cremlino, che ha descritto come ''ovviamente un tipo tosto''. Nel corso di una intervista a Newsmax, il presidente Usa ha affermato che ''abbiamo avuto numerose conversazioni proficue in cui avremmo potuto porre fine a questa storia e all'improvviso hanno iniziato a volare bombe". Trump ha aggiunto che Putin ''forse vuole provare a prendere tutto'' in Ucraina, ma ''penso che sarà molto dura per lui''. Il presidente americano ha quindi ricordato di aver ''parlato molto con Putin e credo che abbiamo avuto un'ottima conversazione. Poi torno a casa e vedo che una bomba è stata sganciata a Kiev e in altre città, uccidendo delle persone''. Il tycoon ha spiegato che nei colloqui aveva avuto una percezione diversa, ''pensavo - ha detto - che avessimo risolto la questione tre volte''. La riduzione dei tempi per Putin è stata intanto accolta con favore da Kiev e potrebbe accrescere il senso di urgenza nelle capitali occidentali rispetto al sostegno diplomatico o militare all'Ucraina. Ma sembra improbabile che possa cambiare la rotta di Mosca, dove la sua superiore forza lavoro, la tolleranza per le perdite e la vasta linea di produzione militare stanno iniziando a dare i loro frutti. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato la scorsa settimana che le forze russe "non stavano avanzando", pur riconoscendo che le circostanze lungo la linea del fronte erano "difficili". La sensazione di una crisi in atto è più acuta intorno alla città di Pokrovsk, attaccata senza successo da Mosca per mesi, con un alto costo in termini di vite umane russe. Un comandante ucraino in servizio nei pressi della città ha descritto "uno scenario molto negativo", in cui le truppe nella vicina città di Myrnohrad rischiavano di "essere circondate". L'ufficiale ha aggiunto che i russi si erano già spostati nel vicino villaggio di Rodynske e si trovavano ai margini di Biletske, mettendo a repentaglio la linea di rifornimento per le truppe ucraine all'interno di Pokrovsk, valutazioni confermate alla Cnn da un agente di polizia ucraino e da un altro soldato ucraino. Il comandante ha detto ancora di temere un probabile assedio, simile a quello di Avdiivka e Vuhledar dell'anno scorso, dove "abbiamo resistito fino all'ultimo e abbiamo perso città e persone". Viktor Tregubov, portavoce del gruppo di forze Khortytsia attivo nella zona, ha dichiarato alla televisione di Stato che "c'è una pressione costante lungo tutto il fronte orientale. In questo momento, è assolutamente ovunque". Ha aggiunto che le truppe russe hanno attaccato principalmente con reparti di fanteria. "Se qualcuno viene ucciso, gli altri lo seguono immediatamente". Sebbene le forze di Mosca abbiano ottenuto solo progressi incrementali negli ultimi mesi, conquistando piccoli insediamenti con scarso vantaggio strategico, il ritmo dell'avanzata ha accelerato, secondo la mappatura open source di DeepState. I recenti progressi sono stati strategicamente vantaggiosi, rendendo l'accerchiamento di Pokrovsk, Kostiantynivka e Kupiansk a nord una minaccia palpabile nelle prossime settimane. La conquista da parte della Russia della città chiave di Chasiv Yar fornirebbe alle forze di Mosca una posizione estremamente vantaggiosa per nuovi attacchi. La caduta di queste tre città creerebbe tre crisi distinte per Kiev. In primo luogo, si tratta delle aree urbane da cui l'Ucraina difende il resto della regione di Donetsk che controlla, senza le quali le sue truppe non avrebbero centri di rifugio e rifornimento. In secondo luogo, la loro perdita libererebbe un numero significativo di forze russe, che a quel punto potrebbero spingersi con forza su Kramatorsk e Sloviansk, le più grandi città di Donetsk ancora sotto il controllo ucraino. In terzo luogo, queste perdite lascerebbero le forze di Kiev esposte, a difesa di terreni agricoli per lo più aperti, con poche città sul loro percorso, tra la regione di Donetsk e la sua città chiave di Dnipro. Una serie di attacchi con droni hanno intanto preso di mira impianti industriali negli oblast russi di Ryazan, Penza e Samara, riferiscono stamani funzionari regionali e media locali, come rilancia il Kyiv Independent. A Ryazan è stata colpita una raffineria di petrolio, come hanno confermato le autorità regionali. A Penza, secondo il canale di monitoraggio Telegram Exilenova+, è stato attaccato l'impianto di Elektropribor sarebbe stato preso di mira. I canali Telegram filorussi hanno segnalato cinque esplosioni sopra la città. Nella regione di Samara, la raffineria di petrolio Novokuibyshevsky è in fiamme a seguito di un attacco di droni. I video pubblicati sui canali Telegram locali mostrano fiamme che si alzano dalla raffineria. Tre le persone rimaste uccise in Russia a causa dell'attacco con droni che ha colpito anche l'oblast di Rostov, hanno riferito le autorità locali. L'esercito russo ha riferito di aver intercettato in totale 112 droni lanciati nella notte dall'Ucraina.
(Adnkronos) - L'accordo tra Usa e Ue sui dazi al 15% "non è una vittoria né un pareggio, ma non è una disfatta" perchè "si è evitata una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso". In una lunga intervista con Adnkronos/Labitalia , Cristina Scocchia, ad di illycaffè, storico marchio del caffè made in Italy con una forte quota di export negli Usa, analizza l'intesa sui dazi e parla dei possibili effetti sul business di illycaffè. Al centro del colloquio anche la 'tempesta perfetta' nel mercato del caffè, l'andamento dei prezzi, la conferma degli investimenti e le ultime novità sulla quotazione in Borsa. Usa e Ue hanno raggiunto un'intesa sui dazi al 15% per i prodotti europei che doveva partire da oggi, 1° agosto, ma che in realtà prenderanno il via il 7 agosto. Come giudica l'accordo? Io sono una persona molto pragmatica, non penso certo che questa sia una vittoria, e neanche un pareggio. Però non penso che sia una disfatta, nel senso che dobbiamo essere anche obiettivi. Le forze in campo erano molto diverse. Da una parte, abbiamo gli Stati Uniti, che sono uno Stato, con una leadership politica chiara, con indipendenza energetica, militare e tecnologica. Noi invece, dall'altra parte, abbiamo un'Europa che non è uno Stato, ma è tanti Stati insieme. Un insieme di Stati con una governance ancora poco chiara e farraginosa, e senza una leadership forte e condivisa. Infatti, su molte tematiche e anche sui dazi abbiamo visto e vediamo posizioni discordanti tra i vari paesi, Francia, Germania, Italia, in primis. Quindi non siamo uno Stato unico, non abbiamo una leadership europea forte. E poi non siamo indipendenti dal punto di vista energetico, non siamo indipendenti dal punto di vista militare e della difesa, non siamo indipendenti neanche dal punto di vista della tecnologia, soprattutto la tecnologia digitale e dell'intelligenza artificiale, dove dipendiamo dagli americani, quindi è ovvio che se le forze in campo sono così dispari, mi viene in mente Tucidide con Atene contro Melo, a un certo punto, per non finire come Melo, bisogna anche essere razionali e ripiegare in maniera pragmatica e ordinata. Quindi non è una vittoria, non è neanche un pareggio, è un ripiegamento, però non è una disfatta. La disfatta vera, secondo me, sarebbe stata andare allo scontro con gli Stati Uniti, iniziare una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso, perché, ripeto, noi non siamo indipendenti, loro sì, e in più avremmo logorato quella partnership politica, morale e valoriale che lega le due anime dell'Occidente. E questo, secondo me, sarebbe stata la disfatta vera, logorare questa partnership che fa dell'Occidente quello che è, ovvero un'unione tra le due parti dell'Oceano. Scendendo nel concreto, come pensa che impatterà questo provvedimento sul vostro business negli Usa? Quanto pesa il mercato americano sul vostro bilancio? Gli Stati Uniti pesano per noi il 20% del business. Al momento non sappiamo ancora se ci saranno delle eccezioni sui dazi, delle esenzioni su alcune categorie merceologiche che riguardano i settori agricoli. Non sappiamo ad esempio se settori come il caffè o eventualmente il cacao saranno esclusi da questi dazi. Siamo in attesa di sapere e di capire meglio. Ieri abbiamo visto come tutti una dichiarazione del ministro Usa del Commercio Lutnick che in un'intervista alla Cnbc dichiarava che alcuni prodotti che non vengono coltivati nel mercato americano come ad esempio il cacao e il caffè potrebbero, ha usato il condizionale, essere esclusi. Da allora però non abbiamo più sentito niente. È ovvio che già aver assorbito i dazi al 10% è stato difficile, se saranno poi al 15% sarà ancora più difficile per noi assorbirli. Però cercheremo di agire su due fronti, da un lato aumentare i prezzi al consumo perché dobbiamo porre un limite a quanto possiamo comprimere i nostri margini e dall'altra stiamo valutando da diversi mesi ormai la possibilità di produrre una parte di quello che poi commercializziamo sul mercato americano direttamente su quel mercato, e mi riferisco per esempio agli Energy Drinks che sono poi il prodotto che più viene amato degli americani. E' un progetto che va avanti anche perché è un progetto strategico che è accelerato certamente dai dazi, ma non dipende esclusivamente dai dazi. Noi infatti compriamo il caffè in nove paesi equatoriali, spediamo tutto a Trieste, a Trieste tostiamo e trasformiamo il prodotto e dopodiché lo rispediamo dall'altra parte dell'Oceano per andare negli Stati Uniti. Anche il trasporto Brasile-Trieste e Trieste-Stati Uniti è un costo logistico importante per l'azienda, in più crea un impatto sull'ambiente perché questi trasporti ovviamente emettono poi CO2. E quindi, per ragioni di efficienza della logistica e anche di sostenibilità, è giusto che un'azienda come noi che è sempre più globale, perché ormai ha all'estero il 70% del proprio mercato, inizi a ragionare su una scelta di questo tipo. E' ovvio poi che i dazi hanno accelerato queste nostre riflessioni. In questa condizione di incertezza quale è la situazione che state affrontando sul mercato del caffè? Quale ad oggi l'andamento del costo della materia prima? Il caffè verde purtroppo continua ad avere una quotazione molto alta, la spinta inflattiva non si sta attenuando, oggi siamo intorno ai 300 centesimi per libra. Certo, rispetto a quando era arrivato a 439, è ovvio che c'è stata una riduzione anche apprezzabile, però noi dobbiamo tenere presente che il prezzo medio era 100-130, quindi comunque anche oggi stiamo parlando di un costo della materia prima tre volte superiore alle medie storiche, quindi un aggravio dei corsi di produzione molto importante per noi. Diciamo che il settore tra dazi e costo della materia prima è sotto pressione. Noi come azienda, come illycaffè, stiamo reggendo molto bene, abbiamo appena chiuso un primo semestre comunque in forte crescita, più 11% di fatturato, più 4% di Ebitda e più 9% di utile netto. Diciamo che abbiamo chiuso un semestre positivo nonostante la tempesta perfetta. E la cosa che per me è più importante è che siamo cresciuti in tutti i mercati: l'Italia ha fatto +12%, l'Europa +25%, gli Stati Uniti +21%, quindi una crescita veramente globale. Visti gli aumenti del costo della materia prima avete ritoccato i prezzi al consumo dei vostri prodotti in questi mesi? Avete in programma di fare altri aumenti? Abbiamo rivisto i prezzi però in maniera molto contenuta, infatti di questa crescita del fatturato dell'11% di cui accennavo prima, due terzi è legato a una crescita di volume e solo un terzo è una crescita di valore dovuta all'aumento dei prezzi. Quindi abbiamo trattenuto su di noi la maggior parte dell'aumento dei costi di produzione, non volevamo riversarli a valle sui consumatori e quindi vedere i volumi che ci spingono per circa il 7%-7,5% di quell'11% significa che alzare i prezzi in maniera bilanciata e non aggressiva è stata la scelta giusta per un brand come il nostro. Adesso ovviamente controlleremo la situazione, non abbiamo in piano aumenti ulteriori di prezzo per quest'anno però ovviamente queste decisioni devono essere poi riviste mensilmente perché in un contesto volatile come questo quello che diciamo oggi potrebbe non essere più la soluzione migliore a settembre e ottobre. Per ora però le confermo che per quest'anno non abbiamo altri aumenti di prezzo all'orizzonte. A che punto siete per la quotazione in Borsa? Io credo che la quotazione sia un evento unico nella vita di un'azienda e che va realizzato quando l'azienda se lo può permettere e quando ci sono le condizioni di mercato giuste. Noi in questo momento abbiamo risultati molto forti per cui potremmo essere pronti, dal punto di vista aziendale, per la quotazione. Però questa è una condizione necessaria e non sufficiente. È anche necessario che ci sia una finestra macroeconomica giusta per la quotazione e decisamente questa non lo è, con tutte queste tensioni, con i riverberi che le politiche protezionistiche hanno sui mercati. Quindi in questo momento abbiamo deciso di posticipare la quotazione, non pensiamo avverrà nel 2026, monitorizzeremo durante il 2026 quello che è il contesto e se sarà possibile a quel punto decideremo quando quotarci. Quindi è un progetto che per adesso è stato rimandato a causa di un contesto onestamente sfavorevole. illycaffè conferma comunque gli investimenti previsti, a partire da Trieste? Assolutamente, questo per me è molto importante perché in salita si accelera, come dico sempre: il futuro va costruito, non va atteso e quindi è proprio in questi momenti di grande incertezza che bisogna trovare il coraggio di investire. Si tratta di coraggio perché quando i margini sono in compressione per l'aumento dei costi della materia prima e per i dazi, ovviamente, ci vuole coraggio ad investire, però noi questo coraggio ce l'abbiamo. Abbiamo confermato i 120 milioni di investimento a Trieste, siamo a buon punto con il completamento della tosteria che dovrebbe essere pronta nei prossimi 6-9 mesi. Proprio adesso, a partire dal primo di agosto, stiamo costruendo una nuova linea di produzione per i 250 grammi che sono il nostro prodotto più iconico e grazie a questi progetti di ampliamento della capacità produttiva abbiamo assunto direttamente 100 persone negli ultimi 6 mesi. Questo è un segno concreto non solo di quanto vogliamo investire in Italia e a Trieste in particolare, ma anche di quanto questo poi abbia un riverbero positivo sull'occupazione. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Il 74% del cacao acquistato da filiere dirette o integrate; il 95% dei terreni conformi ai criteri 'deforestation-free'; il 93% del packaging primario riciclabile o compostabile. Il settimo Bilancio di Sostenibilità di Icam racconta una filiera sempre più tracciabile, l’impegno concreto per l’adattamento climatico nei Paesi d’origine, la centralità delle persone e un modello d’impresa che guarda al futuro attraverso la doppia transizione ambientale e digitale. Icam Cioccolato, azienda familiare giunta alla sua terza generazione, è oggi un punto di riferimento a livello internazionale nel mondo del cioccolato e dei semilavorati del cacao, con una presenza in 75 Paesi e un modello produttivo che unisce tecnologie avanzate, filiera corta e presidio diretto delle origini. Una visione imprenditoriale orientata alla creazione di valore condiviso e all’innovazione, nel rispetto delle persone e del pianeta. Con il suo settimo Bilancio di Sostenibilità, Icam rende tangibile un impegno che dura da anni: costruire una filiera tracciabile, valorizzare l’operato delle comunità dei Paesi d’origine e crescere in modo coerente con i propri valori. “Il Bilancio di Sostenibilità riflette la continuità del nostro impegno, caratterizzato dalla consapevolezza di una responsabilità attuale e intergenerazionale che implica la collaborazione a tutti i livelli e la cultura, intesa come competenza e come condivisione di valori - dichiara Sara Agostoni, Chief Sustainability Officer di Icam Cioccolato - Il 2024 è stato per ICAM un anno caratterizzato da crescita e consolidamento, abbiamo implementato attività di governance trasformativa, rafforzando la presenza della sostenibilità nelle decisioni aziendali, e continuato a portare avanti iniziative che non solo tutelano l’ambiente, ma promuovono anche il benessere delle persone lungo tutta la filiera”. I DATI. Delle oltre 30mila tonnellate di cacao acquistate nel 2024, il 74% proviene da filiere corte e integrate, una scelta che consente di esercitare un controllo diretto anche sulla qualità delle materie prime. Tracciabilità della filiera (e della sua gestione etica) e qualità del cacao, sono gli elementi cardine attraverso i quali Icam opera nelle proprie filiali operative in Uganda e Perù, così come nelle oltre 20 filiere di approvvigionamento in Africa e Sudamerica. Paesi in cui l’azienda rafforza la gestione responsabile della supply chain adottando sistemi di certificazione etiche e ambientali, come Fairtrade, Rainforest Alliance e Biologico. Questi protocolli, che coprono oggi il 64% del cacao prodotto da Icam, rappresentano un importante supporto nella verifica del rispetto degli standard ambientali e sociali, nel favorire il miglioramento della qualità e della produttività e nel garantire un equo riconoscimento economico ai produttori, a cui viene corrisposto un premio o un prezzo più alto. Inoltre, in conformità con il Regolamento Ue sulla deforestazione (Eudr), Icam ha adottato un approccio strutturato alla tutela delle foreste. Nel 2024 è stato completato un importante lavoro di geolocalizzazione di tutti i fornitori strategici, con oltre 27mila appezzamenti agricoli nei Paesi d’origine, con l’obiettivo di dimostrare il rispetto del principio di 'deforestation-free' per l’intera filiera. Questo lavoro capillare di mappatura dei terreni si traduce oggi in risultati concreti e positivi: il 95% dei terreni mappati è risultato già conforme ai criteri Eudr, con uno scarto del 5% per cui sono in corso specifici approfondimenti e, dove possibile, saranno attuati dei piani di mitigazione. L’impegno di Icam nella creazione di filiere sostenibili per l’ambiente e le persone, ha trovato nel 2022 la propria declinazione pratica nel progetto pilota 'Sustainable Farming for a Climate Resilient Livelihood of Cocoa Farmers in Uganda'. Realizzato in collaborazione con un cliente internazionale (Corpeq Bv, SanoRice Holding Bv), l’Ong Solidaridad East& Central Africa e co-finanziato dal Fund for Responsible Business (Fvo) e dal ministero degli Affari Esteri Olandese, il progetto ha permesso di supportare e formare oltre 600 famiglie di coltivatori ugandesi nella gestione di 310 ettari di piantagioni di cacao distribuiti in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. Con una durata di 4 anni complessivi, il progetto mira all’implementazione di un modello di sviluppo agricolo inclusivo e resiliente, dove il miglioramento della qualità del cacao si traduce anche in maggiore autonomia, stabilità economica e coesione sociale per le comunità coinvolte. Ad oggi, l’86% dei coltivatori coinvolti nel progetto ha adottato e applicato correttamente le tecniche di fertilizzazione organica, il 66% ha adottato una corretta spaziatura tra gli alberi e il 70% ha implementato le tecniche di potatura trasferite per permettere una corretta crescita delle piante e una riduzione delle infestazioni da parassiti e malattie del 21%. I cicli di formazione sono stati tenuti da un gruppo di 27 agronomi di Icam Chocolate Uganda che hanno affiancato direttamente i coltivatori nella gestione quotidiana delle piantagioni e promuovendo scambi di conoscenze tra gli agricoltori stessi. Oltre agli aspetti tecnici, il percorso ha toccato anche temi legati alla comunicazione interculturale, al coinvolgimento delle comunità, all’uso di strumenti digitali per il monitoraggio e a iniziative volte a favorire l’inclusione sociale. Inoltre, nel 2024 oltre il 98% dei coltivatori coinvolti nel progetto Sustainable Farming ha aderito al Vsla (Village Savings and Loan Association), uno strumento chiave per promuovere inclusione, autonomia e benessere, con un impatto sociale positivo e duraturo. Si tratta di gruppi di risparmio autogestiti e autofinanziati che mettono a fattor comune i risparmi dei membri in caso di emergenze, investimenti in attrezzature, spese familiari (come le rette scolastiche) e per facilitare l’accesso al credito, rafforzando reti di solidarietà e fiducia reciproca. Non solo. Con l’obiettivo di favorire un cambiamento profondo, il progetto Sustainable Farming ha introdotto la metodologia 'Gender Action Learning System', implementata dalla Ong Solidaridad. Un approccio finalizzato a una maggiore consapevolezza e pianificazione finanziare condivisa tra l’uomo e la donna con l’obiettivo di riequilibrare i ruoli all’interno delle famiglie e nelle comunità, migliorare la gestione delle risorse finanziarie e generare una situazione di parità fra i ruoli come leva di sviluppo per l’intera comunità. Il benessere delle persone è al centro dell’attività dell’Azienda anche nella sede italiana, dove l’impegno concreto è quello di offrire ai propri collaboratori condizioni di lavoro soddisfacenti. L’attenzione al work-life balance è uno dei pilastri sanciti nell’accordo integrativo aziendale. Anche la formazione aziendale è un driver attraverso cui Icam si prende cura dei percorsi di crescita delle proprie persone. Nel 2024, sono state infatti erogate oltre 20.380 ore di formazione interna, con moduli dedicati alla sicurezza, alle soft skill, all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità. L’attenzione alle persone si espande oltre il perimetro aziendale, al territorio comasco e alle realtà locali. Nel solo 2024 l’azienda ha infatti donato oltre 1,1 milioni di euro in prodotti alimentari a enti del terzo settore, organizzazioni benefiche, associazioni che si occupano di contrasto alla povertà, educazione e inclusione. L’impegno di Icam verso la sostenibilità ambientale si concretizza anche nelle scelte industriali. Lo stabilimento di Orsenigo è un modello di efficienza, grazie a un impianto di trigenerazione che produce simultaneamente energia elettrica, calore e acqua refrigerata. Nel 2024, il 77% del fabbisogno energetico dello stabilimento è stato coperto da questa fonte interna, mentre il restante è stato acquistato dalla rete nazionale e proviene da fonti rinnovabili. Grazie a investimenti mirati in efficienza energetica e innovazione industriale, Icam ha ridotto del 30% l’intensità emissiva Scope 1 e 2 rispetto al 2020. Il monitoraggio continuo, supportato da tecnologie 4.0 e da un approccio integrato alla sostenibilità, consente di controllare i consumi per tonnellata prodotta e l’impronta carbonica complessiva. In parallelo, anche il packaging evolve in chiave sostenibile: nel 2024 l’azienda ha raggiunto il 93% degli imballaggi primari riciclabili (1.039 tonnellate), mentre l’uso di materiali compostabili certificati è cresciuto del 38%, riducendo di 73 tonnellate la plastica tradizionale. Potenziato anche il sistema di recupero degli scarti, grazie alla mappatura dei punti critici e interventi mirati, come la riduzione dei residui derivanti dal lavaggio degli allergeni.