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(Adnkronos) - "Avete esagerato con i prezzi". Le spiagge italiane non registrano il tutto esaurito? Probabilmente dipende dai prezzi fissati dagli stabilimenti balneari. Lo scrive Alessandro Gassmann su Instagram, commentando le parole delle associazioni di categoria sulla stagione estiva 2025. ''Cari amici gestori di stabilimenti balneari. Leggo che la stagione non sta andando bene. Secondo voi perché? Forse avete un po' esagerato con i prezzi e la situazione economica del paese spinge gli italiani a scegliere una spiaggia libera? Abbassate i prezzi e le cose, forse, andranno meglio. Capito come?'', aggiunge l'attore intervenendo nel dibattito che, tra video e foto con ombrelloni chiusi e lettini vuoti, va avanti da giorni. "E' ormai evidente lungo tutta la costa italiana: le spiagge sono affollate soltanto la domenica, mentre per il resto della settimana risultano spesso semideserte. Un segnale chiaro che conferma il difficile momento economico che vivono le famiglie italiane e il calo generalizzato del turismo, anche straniero", dichiara Fabrizio Licordari, presidente nazionale di Assobalneari Italia - Federturismo Confindustria. "Secondo una stima condivisa da molti operatori del settore - spiega - la stagione balneare 2025 sta registrando una contrazione tra il 20% e il 30% rispetto agli anni precedenti, sia in termini di presenze che di consumi". "I servizi di somministrazione (bar, ristoranti, noleggio attrezzature) subiscono un calo importante, con consumi ridotti al minimo. L’unica giornata che registra afflusso è la domenica, dove si concentra un turismo 'mordi e fuggi' che non riesce a sostenere economicamente il settore. Il fenomeno è figlio di una condizione economica molto critica. Il caro vita, tra bollette, affitti, carburante, mutui, generi alimentari, colpisce direttamente il potere d’acquisto delle famiglie", prosegue. "Anche in presenza di due stipendi, molte famiglie faticano ad arrivare a fine mese. In queste condizioni, è naturale che le prime spese a essere ridotte siano quelle per svago, divertimento e vacanze. E anche il turismo straniero, soprattutto europeo, sta rallentando, influenzato da uno scenario internazionale instabile, con due conflitti in corso, nuove tensioni commerciali e incertezze economiche che riducono la propensione a viaggiare", avverte. "A risentirne - sottolinea - non sono solo gli stabilimenti balneari, ma tutto il tessuto economico delle località costiere, dove l’indotto del turismo rappresenta una fonte primaria di reddito. Meno turisti significano meno lavoro per bar, ristoranti, negozi, hotel, fornitori locali e attività stagionali". "Le cittadine di mare si ritrovano così con un flusso di visitatori ridotto, che mina la sostenibilità economica di intere comunità. Consapevole del contesto, Assobalneari Italia ha dato indicazione chiara ai propri associati, fin dall’inizio della stagione, di non aumentare le tariffe, ma di prevedere al massimo adeguamenti contenuti, per venire incontro alle difficoltà delle famiglie. Sul territorio nazionale esistono stabilimenti balneari per tutte le fasce di reddito: dal servizio essenziale alla struttura superattrezzata, l’Italia offre soluzioni per ogni esigenza", fa notare. "In questo scenario delicato, è necessario che il Governo continui a difendere il settore balneare italiano dagli attacchi dei tecnocrati di Bruxelles, che vorrebbero mettere a gara le concessioni in modo illegittimo, ignorando la storia, il valore sociale e il modello economico delle imprese familiari che da generazioni operano lungo le nostre coste. Assobalneari Italia rinnova l’appello alle istituzioni nazionali affinché venga respinto ogni tentativo di smantellamento del comparto, riconoscendo la sua centralità per l’identità e l’economia del Paese", conclude. "Secondo Assobalneari, le spiagge sono affollate soltanto la domenica, mentre per il resto della settimana risultano spesso semideserte. E' la legge del contrappasso! Tra le ragioni della mancanza di turisti, infatti, c'è anche quella del caro spiaggia", dice Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori. "Certo, la ragione principale è quella del carovita in generale, che ha colpito soprattutto le spese obbligate. Ovvio che se per mangiare e bere, dati i prezzi dei prodotti alimentari decollati a luglio del 4,1%, oggi una famiglia media spende 259 euro in più su base annua, mentre gli stipendi sono rimasti al palo, difficile che poi resti qualcosa per le spese voluttuarie. Ricordiamo che secondo l'Istat il 32,3% della famiglie non può permettersi una settimana di ferie in un anno", prosegue Dona. "Ma anche il caro vacanze ha contribuito a ridurre l'affollamento degli stabilimenti balneari o a cercare spiagge libere invece che a pagamento. Gli stabilimenti balneari, piscine e palestre a luglio sono rincarati in appena un mese del 3,7%, collocandosi al sesto posto della top ten dei rialzi congiunturali. Un dato che va di pari passo con i rialzi dei villaggi vacanza, +15,7% o dei pacchetti vacanza, al primo posto con un astronomico +16,1%", conclude Dona. "Sulle spiagge vuote registrate a luglio in Italia assistiamo in queste ore a 'lacrime di coccodrillo' da parte dei gestori degli stabilimenti balneari", dice il Codacons. "Come ci dice l’Istat, dal 2019 ad oggi le tariffe dei servizi quali lidi e piscine sono aumentate complessivamente del 32,7%, rendendo una giornata al mare sempre più un salasso per le famiglie, al punto che molte, come dimostrano i dati dei balneari, rinunciano del tutto alle spiagge a pagamento", afferma il Codacons. "E per capire i livelli record raggiunti dai lidi ubicati sul nostro territorio, basti pensare che per la 'tenda imperiale' del Twiga in Versilia la spesa raggiunge i 1.500 euro al giorno, 600 euro la tenda normale. Al Cinque Vele Beach Club di Pescoluse (Le) chi prenota oggi per la data del 16 agosto presso la zona “exclusive” spende 940 euro optando per la formula con possibilità di rimborso se si annulla la prenotazione entro 30 giorni dall’arrivo. All’Augustus Hotel di Forte dei Marmi la spesa per una postazione davanti al mare ad agosto è di 560 euro al giorno, e da diritto a 2 lettini singoli, uno matrimoniale, 2 sdraio, teli e cassaforte", denuncia. "Al Nikki Beach Costa Smeralda la formula 'Letto da spiaggia + divano' (lettini da spiaggia matrimoniali con un divano a due posti e un ombrellone) costa 550 euro al giorno, e include un credito di 230 euro utilizzabile sul menu (ma con servizio di bottiglia ridotto); 450 euro la cabana sulla spiaggia, 400 euro due lettini e ombrellone, tutti con credito da 230 euro incluso. Per una giornata al mare nella spiaggia del prestigioso Hotel Excelsior del Lido di Venezia, la spesa per una capanna in prima fila è di 515 euro (con 2 sdraio, lettino con materasso, tavolo con posti a sedere e altri benefit)", prosegue.
(Adnkronos) - L'accordo tra Usa e Ue sui dazi al 15% "non è una vittoria né un pareggio, ma non è una disfatta" perchè "si è evitata una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso". In una lunga intervista con Adnkronos/Labitalia , Cristina Scocchia, ad di illycaffè, storico marchio del caffè made in Italy con una forte quota di export negli Usa, analizza l'intesa sui dazi e parla dei possibili effetti sul business di illycaffè. Al centro del colloquio anche la 'tempesta perfetta' nel mercato del caffè, l'andamento dei prezzi, la conferma degli investimenti e le ultime novità sulla quotazione in Borsa. Usa e Ue hanno raggiunto un'intesa sui dazi al 15% per i prodotti europei che doveva partire da oggi, 1° agosto, ma che in realtà prenderanno il via il 7 agosto. Come giudica l'accordo? Io sono una persona molto pragmatica, non penso certo che questa sia una vittoria, e neanche un pareggio. Però non penso che sia una disfatta, nel senso che dobbiamo essere anche obiettivi. Le forze in campo erano molto diverse. Da una parte, abbiamo gli Stati Uniti, che sono uno Stato, con una leadership politica chiara, con indipendenza energetica, militare e tecnologica. Noi invece, dall'altra parte, abbiamo un'Europa che non è uno Stato, ma è tanti Stati insieme. Un insieme di Stati con una governance ancora poco chiara e farraginosa, e senza una leadership forte e condivisa. Infatti, su molte tematiche e anche sui dazi abbiamo visto e vediamo posizioni discordanti tra i vari paesi, Francia, Germania, Italia, in primis. Quindi non siamo uno Stato unico, non abbiamo una leadership europea forte. E poi non siamo indipendenti dal punto di vista energetico, non siamo indipendenti dal punto di vista militare e della difesa, non siamo indipendenti neanche dal punto di vista della tecnologia, soprattutto la tecnologia digitale e dell'intelligenza artificiale, dove dipendiamo dagli americani, quindi è ovvio che se le forze in campo sono così dispari, mi viene in mente Tucidide con Atene contro Melo, a un certo punto, per non finire come Melo, bisogna anche essere razionali e ripiegare in maniera pragmatica e ordinata. Quindi non è una vittoria, non è neanche un pareggio, è un ripiegamento, però non è una disfatta. La disfatta vera, secondo me, sarebbe stata andare allo scontro con gli Stati Uniti, iniziare una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso, perché, ripeto, noi non siamo indipendenti, loro sì, e in più avremmo logorato quella partnership politica, morale e valoriale che lega le due anime dell'Occidente. E questo, secondo me, sarebbe stata la disfatta vera, logorare questa partnership che fa dell'Occidente quello che è, ovvero un'unione tra le due parti dell'Oceano. Scendendo nel concreto, come pensa che impatterà questo provvedimento sul vostro business negli Usa? Quanto pesa il mercato americano sul vostro bilancio? Gli Stati Uniti pesano per noi il 20% del business. Al momento non sappiamo ancora se ci saranno delle eccezioni sui dazi, delle esenzioni su alcune categorie merceologiche che riguardano i settori agricoli. Non sappiamo ad esempio se settori come il caffè o eventualmente il cacao saranno esclusi da questi dazi. Siamo in attesa di sapere e di capire meglio. Ieri abbiamo visto come tutti una dichiarazione del ministro Usa del Commercio Lutnick che in un'intervista alla Cnbc dichiarava che alcuni prodotti che non vengono coltivati nel mercato americano come ad esempio il cacao e il caffè potrebbero, ha usato il condizionale, essere esclusi. Da allora però non abbiamo più sentito niente. È ovvio che già aver assorbito i dazi al 10% è stato difficile, se saranno poi al 15% sarà ancora più difficile per noi assorbirli. Però cercheremo di agire su due fronti, da un lato aumentare i prezzi al consumo perché dobbiamo porre un limite a quanto possiamo comprimere i nostri margini e dall'altra stiamo valutando da diversi mesi ormai la possibilità di produrre una parte di quello che poi commercializziamo sul mercato americano direttamente su quel mercato, e mi riferisco per esempio agli Energy Drinks che sono poi il prodotto che più viene amato degli americani. E' un progetto che va avanti anche perché è un progetto strategico che è accelerato certamente dai dazi, ma non dipende esclusivamente dai dazi. Noi infatti compriamo il caffè in nove paesi equatoriali, spediamo tutto a Trieste, a Trieste tostiamo e trasformiamo il prodotto e dopodiché lo rispediamo dall'altra parte dell'Oceano per andare negli Stati Uniti. Anche il trasporto Brasile-Trieste e Trieste-Stati Uniti è un costo logistico importante per l'azienda, in più crea un impatto sull'ambiente perché questi trasporti ovviamente emettono poi CO2. E quindi, per ragioni di efficienza della logistica e anche di sostenibilità, è giusto che un'azienda come noi che è sempre più globale, perché ormai ha all'estero il 70% del proprio mercato, inizi a ragionare su una scelta di questo tipo. E' ovvio poi che i dazi hanno accelerato queste nostre riflessioni. In questa condizione di incertezza quale è la situazione che state affrontando sul mercato del caffè? Quale ad oggi l'andamento del costo della materia prima? Il caffè verde purtroppo continua ad avere una quotazione molto alta, la spinta inflattiva non si sta attenuando, oggi siamo intorno ai 300 centesimi per libra. Certo, rispetto a quando era arrivato a 439, è ovvio che c'è stata una riduzione anche apprezzabile, però noi dobbiamo tenere presente che il prezzo medio era 100-130, quindi comunque anche oggi stiamo parlando di un costo della materia prima tre volte superiore alle medie storiche, quindi un aggravio dei corsi di produzione molto importante per noi. Diciamo che il settore tra dazi e costo della materia prima è sotto pressione. Noi come azienda, come illycaffè, stiamo reggendo molto bene, abbiamo appena chiuso un primo semestre comunque in forte crescita, più 11% di fatturato, più 4% di Ebitda e più 9% di utile netto. Diciamo che abbiamo chiuso un semestre positivo nonostante la tempesta perfetta. E la cosa che per me è più importante è che siamo cresciuti in tutti i mercati: l'Italia ha fatto +12%, l'Europa +25%, gli Stati Uniti +21%, quindi una crescita veramente globale. Visti gli aumenti del costo della materia prima avete ritoccato i prezzi al consumo dei vostri prodotti in questi mesi? Avete in programma di fare altri aumenti? Abbiamo rivisto i prezzi però in maniera molto contenuta, infatti di questa crescita del fatturato dell'11% di cui accennavo prima, due terzi è legato a una crescita di volume e solo un terzo è una crescita di valore dovuta all'aumento dei prezzi. Quindi abbiamo trattenuto su di noi la maggior parte dell'aumento dei costi di produzione, non volevamo riversarli a valle sui consumatori e quindi vedere i volumi che ci spingono per circa il 7%-7,5% di quell'11% significa che alzare i prezzi in maniera bilanciata e non aggressiva è stata la scelta giusta per un brand come il nostro. Adesso ovviamente controlleremo la situazione, non abbiamo in piano aumenti ulteriori di prezzo per quest'anno però ovviamente queste decisioni devono essere poi riviste mensilmente perché in un contesto volatile come questo quello che diciamo oggi potrebbe non essere più la soluzione migliore a settembre e ottobre. Per ora però le confermo che per quest'anno non abbiamo altri aumenti di prezzo all'orizzonte. A che punto siete per la quotazione in Borsa? Io credo che la quotazione sia un evento unico nella vita di un'azienda e che va realizzato quando l'azienda se lo può permettere e quando ci sono le condizioni di mercato giuste. Noi in questo momento abbiamo risultati molto forti per cui potremmo essere pronti, dal punto di vista aziendale, per la quotazione. Però questa è una condizione necessaria e non sufficiente. È anche necessario che ci sia una finestra macroeconomica giusta per la quotazione e decisamente questa non lo è, con tutte queste tensioni, con i riverberi che le politiche protezionistiche hanno sui mercati. Quindi in questo momento abbiamo deciso di posticipare la quotazione, non pensiamo avverrà nel 2026, monitorizzeremo durante il 2026 quello che è il contesto e se sarà possibile a quel punto decideremo quando quotarci. Quindi è un progetto che per adesso è stato rimandato a causa di un contesto onestamente sfavorevole. illycaffè conferma comunque gli investimenti previsti, a partire da Trieste? Assolutamente, questo per me è molto importante perché in salita si accelera, come dico sempre: il futuro va costruito, non va atteso e quindi è proprio in questi momenti di grande incertezza che bisogna trovare il coraggio di investire. Si tratta di coraggio perché quando i margini sono in compressione per l'aumento dei costi della materia prima e per i dazi, ovviamente, ci vuole coraggio ad investire, però noi questo coraggio ce l'abbiamo. Abbiamo confermato i 120 milioni di investimento a Trieste, siamo a buon punto con il completamento della tosteria che dovrebbe essere pronta nei prossimi 6-9 mesi. Proprio adesso, a partire dal primo di agosto, stiamo costruendo una nuova linea di produzione per i 250 grammi che sono il nostro prodotto più iconico e grazie a questi progetti di ampliamento della capacità produttiva abbiamo assunto direttamente 100 persone negli ultimi 6 mesi. Questo è un segno concreto non solo di quanto vogliamo investire in Italia e a Trieste in particolare, ma anche di quanto questo poi abbia un riverbero positivo sull'occupazione. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - “Iren è una società all'avanguardia in termini di innovazione e sostenibilità, molto radicata sul territorio. Il ritorno in Italia con il suo programma Emtn di 5 miliardi ci inorgoglisce. Si inserisce all'interno della nostra iniziativa di rimpatrio degli emittenti obbligazionari su borsa italiana”. A dirlo Maurizio Pastore, responsabile della quotazione debito e fondi per il gruppo Euronext, in occasione della ‘Ring the Bell Ceremony’ organizzata a Palazzo Mezzanotte da Iren. È stata l’occasione per celebrare la costituzione del nuovo Programma Emtn (Euro Medium Term Notes). Iren ha rinnovato il proprio Programma incrementando l’ammontare massimo da 4 a 5 miliardi di euro. Il Prospetto informativo relativo al Programma è stato approvato da Consob e ha ottenuto il giudizio di ammissibilità alla quotazione sul Mercato telematico delle obbligazioni (Mot) da parte di Borsa Italiana. “Il mercato obbligazionario è in crescita - prosegue Pastore - c'è molta domanda da parte degli investitori e un'offerta importante anche di emittenti. Su questa base abbiamo insistito per rimettere Borsa Italiana e il mercato del capital market italiano al centro dell'attenzione”. I risultati non si sono fatti attendere: “Da novembre 2024 ad oggi, sono tornati 15 emittenti con programmi da circa 120 miliardi di cui già 9 emessi. Pertanto è importante rivitalizzare questo settore dove eravamo già forti” conclude.