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(Adnkronos) - L’andamento delle vacanze al mare non è stato roseo fino adesso, a giugno un po’ meglio ma a luglio decisamente male e ora le aspettative dei cosiddetti balneari, degli albergatori e di chi opera nel settore della ospitalità, sono riposte tutte su Ferragosto, la settimana clou delle ferie estive. Tuttavia, secondo le loro testimonianze non basterà a colmare il calo di luglio, soprattutto in certe zone ad esempio della Puglia. “Al mare quest’anno, come non mai, i bagnanti sono venuti, e stanno venendo, soltanto nel weekend, per il resto della settimana le file di ombrelloni rimangono chiuse, gli stabilimenti vuoti e questo fenomeno non è dovuto al ‘caro ombrellone’, come qualcuno tenta di dire, piuttosto non si comprende la realtà della situazione: il problema reale delle famiglie italiane è che non riescono ad arrivare a fine mese”, afferma Antonio Capacchione, presidente di Sib Confcommercio, descrivendo all’Adnkronos una situazione a livello nazionale, anche se è a macchia di leopardo. “Dire che le spiagge sono vuote perché le tariffe sono alte è una presa in giro, è disonesto. E' cercare di trovare un capro espiatorio” insiste l’imprenditore che ha uno stabilimento balneare nella spiaggia di Margherita di Savoia, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, dove come altrove la situazione “è generalizzata perché – spiega - alcune località del Salento, come Gallipoli o Porto Cesario, oppure la Sardegna, sono eccezioni che confermano la regola. Quest'anno la vacanza italiana è la cartina di tornasole di un paese che è in difficoltà”. L’appello che arriva dal Sib è la richiesta di intervenire con sgravi fiscali, cioè di "ridurre il peso fiscale sulle famiglie anche perché proprio a luglio si pagano le bollette della Tari e più in generale le tasse". 'A Ferragosto ci induce a sperare che siccome a luglio non si è lavorato, soprattutto nei giorni feriali, ci sarà una presenza normale quando non eccessiva”, aggiunge. Ma i balneari sono molto preoccupati perché alla scarsa capacità di spesa degli italiani, in alcune zone, si è aggiunto il maltempo. Caso emblematico la costa toscana e della Liguria. "A luglio è stato un disastro in tutta la Toscana a causa del maltempo che si è abbattuto soprattutto nei fine settimana” riferisce Federico Pieragnoli, presidente di Sib Toscana. "Condizioni meteo che si sommano alla mancanza di denaro in tasca alle famiglie e al problema delle incertezze dovute alla guerra, ai dazi e alle bollette che aumentano… dunque invece di 10 giorni al mare se ne fanno cinque, chi faceva una settimana ne fa tre e chi ne faceva tre molto probabilmente ne fa nemmeno uno” osserva sconsolato Pieragnoli che lamenta in Versilia una sensibile diminuzione dell’afflusso della clientela italiana oltre che di quella alto spendente di russi e americani". “Ora comunque – prosegue Pieragnoli – sta andando abbastanza bene, il sole è tornato a splendere e soprattutto sono tornate le temperature alte che fanno ben sperare per Ferragosto al mare. E qualcosa si potrebbe recuperare a settembre se il tempo tiene. Abbiamo la fortuna di avere lidi vicini a città d’arte, come ad esempio, Pisa che dista solo 10 chilometri e questo può aiutare” conclude Pieragnoli. La Riviera romagnola non fa eccezione essendo frequentata da una clientela di ceto medio che "invece di venire una settimana ora viene per uno o due weekend, quindi una o due notti “del resto la classe media soffre e lo vediamo dalla mancanza delle vacanze dei nonni con i bambini a giugno perché quei quattro soldini i nonni li tengono da parte o li danno ai figli" sostiene Simone Battistoni, presidente di Sib Emilia Romagna. Battistoni, tuttavia prevede un "buon agosto" e ovviamente un "buon Ferragosto" dopo un andamento positivo di giugno e un calo medio del 15% sui lidi romagnoli, da Cesenatico a Cattolica, comprese le località di Rimini e Riccione. E questo “vuol dire -aggiunge Battistoni - che magari alcuni stabilimenti molto bravi nel marketing, hanno fatto più tre o più cinque per cento mentre qualche stabilimento ha fatto -30 magari dove le strutture sono più vecchiotte o magari offrono meno servizi”. Ma la maggior parte degli stabilimenti in Riviera, c’è da dire, offrono un serie di attività e servizi che li rende particolarmente appetibili. "In molti bagni, compreso il mio- sostiene Battistoni - si possono fare gite in pedalò, docce calde, usufruire di vasche idromassaggio e ancora frequentare corsi di spinning, pilates, yoga e step a prezzi decisamente competitivi" per non parlare dell’animazione, di bici a disposizione e dell’angolo biblioteca, tutto compreso nel prezzo dell’ombrellone e lettini.
(Adnkronos) - L'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15% per i prodotti europei entrerà in vigore domani 1° agosto. Ma l'incertezza, mancando ancora un piano operativo sui diversi settori, regna sovrana. E le sorprese, per le aziende italiane che esportano in Usa, sono dietro l'angolo. Anche quelle di ritrovarsi, concretamente, a dover fronteggiare un dazio maggiore rispetto al 15% previsto dall'accordo. Come racconta ad Adnkronos/Labitalia Giuseppe Napoletano, amministratore unico della Solania Srl, azienda campana che esporta in tutto il mondo, Usa compreso, il pomodoro San Marzano Dop, una delle icone del made in Italy agroalimentare, che si produce esclusivamente nell'agro Sarnese – Nocerino. "Da domani -sottolinea- ci sarà su ogni container che entrerà negli Stati Uniti c'è l'applicazione del dazio del 15% in più, sul pomodoro già pagavamo il dazio del 6,50 a cui si sommerà il 15%. Dalle informazioni che ho avuto l'altro giorno da Interglobo, lo spedizioniere che fa tutte le operazioni doganali il prezzo 6,50 più 15, che fa 21,50", sottolinea. Un incremento di costi, quello legato ai dazi, che per Solania arriva in un periodo positivo per l'azienda. "Quelli del 2024 sono stati numeri importanti, siamo un'azienda -spiega- che esporta il pomodoro San Marzano Dop in tutto il mondo, facciamo 50 Paesi, dagli Stati Uniti, Canada, Brasile, fino ad arrivare tra il Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Abbiamo sede in Campania, esattamente a Sarno e abbiamo due stabilimenti di produzione, una a Sarno e un'altro a Nocera Inferiore. Produciamo circa un milione di quintali di pomodoro, l'export per noi rappresenta quasi l'80%, e gli Usa il 50% di esso. E quindi il problema con l'applicazione dei dazi c'è, è chiaro che dobbiamo essere bravi a ottenere i costi per superare questo momento negativo", sottolinea. Ma, nonostante l'incertezza e l'aumento dei costi legato all'applicazione dei dazi, l'imprenditorie non perde la fiducia. "Io sono fiducioso perché il consumatore americano è molto attento alla qualità, il nostro è un prodotto che va verso un mercato di fascia medio alta. Noi dovremo essere a produrre nel contenere i costi e gli eventuali aumenti di non applicarlo al cliente finale", sottolinea. E Napoletano, nel contenimento dei costi senza intaccare la qualità, si è mosso per tempo. "In previsione di questa situazione, quando si è iniziato a parlare di dazi, abbiamo ci siamo già attrezzati contenendo il costo dell'acciaio, visto che il nostro pomodoro va in contenitori metallici. Abbiamo già fatto i contratti a dicembre e gennaio scorso, in cui non abbiamo subito ulteriori aumenti, mentre in questo momento l'acciaio è aumentato del 7-8%", sottolinea. La 'strada', per Napoletano, per vincere la 'guerra' dei dazi, deve essere questa: valore aggiunto del prodotto e ottimizzazione dei costi. "Abbiamo sentito il nostro importatore -spiega- e il sentimento è chiaro, quando ci sono queste situazioni incredibili a livello internazionale, anche loro devono stringere la cinghia in un momento particolare. Ma noi siamo fiduciosi perché il nostro prodotto è un prodotto di fascia medio alta, non è un prodotto cheap. Il problema lo potresti tenere su un prodotto cheap che magari aumenta del 15-20%", ribadisce. "Chi è abituato a mangiare qualità e a spendere per la scatola di pomodoro San Marzano, continuerà a farlo, non penso almeno per il momento, un'eventuale riduzione del consumo negli Usa", sottolinea. E l'imprenditore sottolinea come oltre ai dazi a pesare sia la svalutazione del dollaro. "Se non c'è un intervento politico a livello internazionale" la situazione che si è creata con i dazi Usa "la puoi tamponare, però a lungo andare puoi avere dei problemi occupazionali, dei problemi di produzione. Questo accordo ha permesso agli Usa di fare il proprio business e di vendere proprie risorse all'Europa, però prima o poi vanno regolati questi scambi commerciali, non si possono tenere i tassi così alti. Mi auguro che da qui a fine anno, anche in occasione delle elezioni di medio termine in America, qualcosa possa succedere", sottolinea. E intanto Napoletano è concentrato sul momento più importante per l'azienda: la produzione del pomodoro San Marzano che viene trasformato esclusivamente in pelati, come previsto dal disciplinare. "In questo momento abbiamo un pomodoro eccellente, un'annata di qualità. Negli ultimi giorni c'è stata una piccola pioggia che non ha fatto danni, perché poi sul pomodoro quello che incide sono eventuali grandinate, che potrebbe danneggiare il prodotto. Fino ad adesso stiamo facendo una qualità eccellente", sottolinea, concludendo che "noi produciamo poi anche pomodoro normale, in Puglia, e anche li stiamo avendo una qualità eccellente".
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.