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(Adnkronos) - “Gli strumenti di comunicazione digitale sono canali per ingaggiare le persone. Con Fondazione Cariplo e altri partner abbiamo lanciato il progetto ZeroNeet, un'iniziativa che si rivolge a quel milione e 400mila giovani in Italia che non studiano e non lavorano. Vorremmo occuparci di almeno 20mila di questi ragazzi. Attiveremo anche metodi di comunicazione legati al digitale per raggiungerli e far sapere loro, i giovani che costruiranno il futuro del nostro Paese, che li sosteniamo e che offriamo loro un’opportunità”. Così Andrea Rebaglio, direttore area intersettoriale di Fondazione Cariplo, in occasione della prima edizione del Digital journalism fest, ideato e prodotto dal giornalista Francesco Oggiano. Un festival dedicato al futuro dell'informazione e della comunicazione digitale che si svolge oggi 22 marzo, dalle 14 alle 22, al centro culturale Base Milano. “Fondazione Cariplo è attenta ai temi della comunicazione digitale anche per motivi educativi - fa sapere Rebaglio - È necessario promuovere una cultura della formazione e dell’educazione all’utilizzo di questi media per sfruttarne a pieno il potenziale positivo e contrastare la diffusione di notizie fasulle”. La Fondazione sostiene più di 1300 progetti l'anno. La comunicazione digitale rappresenta per gli enti del terzo settore una grande opportunità per comunicare “i loro progetti”, ma spesso mancano le “competenze per utilizzare certi strumenti”, puntualizza Rebaglio. Non solo. I canali digitali si costituiscono anche prezioso strumento “di raccolta fondi” e un efficace canale di diffusione “per sensibilizzazione su temi non sempre facili”. Rebaglio fa sapere infatti che la “campagna di comunicazione mondiale, ‘Non prendete decisioni senza di noi’, promossa da Coordown, ha raggiunto milioni di persone con un importante messaggio sulla disabilità”. La potenza della campagna è stata sorretta da “media e linguaggi moderni”, specifica. A conferma che il Digital journalist fest di Francesco Oggiano può essere “l'occasione per imparare a migliorare la comunicazione digitale”, conclude.
(Adnkronos) - Si è tenuta a Milano la presentazione della ricerca accademica 'Resilienza e preparazione al prossimo ciclo di consumo globale di vino. Masi: Un caso studio originale', a cura di Jean-Marie Cardebat, professore di economia all’Università di Bordeaux, direttore del Dipartimento di Ricerca Ecor, professore affiliato all’Inseec Grande École e direttore della Cattedra Wines & Spirits di Parigi, e Davide Gaeta, professore e docente di economia dell’impresa vitivinicola e dei mercati agroalimentari e competitività al Dipartimento di Management del'Università degli studi di Verona. Due Università a confronto con il mondo dell’impresa hanno presentato i risultati dello studio nato da una visione internazionale del vino e completato con la case history Masi attraverso l’intervento di Federico Girotto, ad Masi Agricola Spa e presidente e ad di Canevel Spumanti Spa. Preceduto da un’attenta analisi del contesto nazionale e internazionale dei mercati del vino e delle possibili evoluzioni delle tendenze della domanda, lo studio accademico ha esaminato gli strumenti strategici necessari per adeguarsi ai prossimi cicli economici del settore vitivinicolo, riscontrando, per quanto riguarda l’Italia, in Masi Agricola un interessante esempio di resilienza e di capacità di competizione all’interno di situazioni che possono rivelarsi critiche in mancanza di organizzazione, struttura e diversificazione. La ricerca realizzata dalle due Università ha analizzato, nella prima parte, le possibili cause di flessione della domanda e i fattori di minaccia che i mercati delle diverse tipologie di vino possono attraversare in questo ciclo economico; in una seconda parte, sono riportati invece i fattori chiave di resilienza nei modelli di adattamento del mercato del vino. Infine, nella terza parte dello studio, è stato analizzato il caso di un brand leader di mercato: Masi. Brand che è stato individuato per: la facilità di accesso informativo (è l’unica azienda vitivinicola italiana quotata in Borsa); per la sua organizzazione strutturata; e per la presenza di fattori che hanno permesso all’azienda di rafforzarsi in un contesto di mercato sfidante attraverso il modello della resilienza economica e i vantaggi competitivi di Porter. Jean-Marie Cardebat ha dichiarato: “L’andamento ciclico dell’economia ha sempre influenzato il consumo globale di vino e il quadro attuale non fa eccezione. Se da un lato l’attuale contesto economico e geopolitico ha portato a una contrazione, la natura stessa dei cicli economici suggerisce che, mantenendo il fenomeno inflattivo sotto controllo, il 2026 potrebbe segnare l’anno di svolta con l’avvio, nel 2027, di una fase di ripresa per una nuova crescita sostenuta per il settore vitivinicolo. Ripresa che non sarà una semplice ripetizione del passato: la sociologia del consumo è cambiata, e il prossimo ciclo vedrà protagonisti nuovi trend e consumatori". "La premiumisation resta una tendenza chiave, con un crescente spostamento della domanda verso la ricerca di qualità e verso segmenti di alto valore. In questo scenario, è indispensabile investire in anticipo su ciò che potrebbe costituire la base del nuovo ciclo di crescita, rafforzando i marchi e valorizzando esperienze di consumo come l’enoturismo, un settore che ha registrato uno sviluppo importante negli ultimi quindici anni, con stime superiori ai 50 miliardi di dollari per il 2025. I mercati emergenti, inoltre, potrebbero ridefinire gli equilibri globali, con un interesse in aumento per i vini rossi. È importante che il settore vitivinicolo sia in grado di individuare i segnali e anticipare i trend per poter adottare strategie lungimiranti”, ha aggiunto. Da parte sua, Davide Gaeta ha spiegato: “L’evoluzione dei cicli economici ha determinato la necessità di rimodulazione dell’organizzazione del business aziendale. La nostra ricerca ha individuato alcuni fattori chiave di resilienza che possono consentire alle imprese vitivinicole di consolidare la propria crescita e di sostenere le evoluzioni dei mercati internazionali quali: un modello organizzativo strutturato ed una governance solida, che consenta di crescere e di continuare a innovarsi; una gestione trasparente delle informazioni; e strategie mirate di acquisizione e diversificazione del portafoglio prodotti. Altro elemento cruciale è la capacità di adattarsi alle evoluzioni della domanda attraverso un approccio flessibile, sia nell’approvvigionamento delle uve, che nell’ampiezza della gamma prodotti". "La segmentazione della distribuzione, una presenza ponderata e diversificata sui mercati internazionali - ha proseguito - permettono inoltre di mitigare i rischi e cogliere opportunità di sviluppo. Ci sono anche altri elementi che contribuiscono a rafforzare la competitività delle imprese, come l’attenzione all'identità aziendale, il marketing strategico e l’innovazione orientata alla sostenibilità. Abbiamo dunque ricercato tutti questi fattori analizzando un caso di brand leader di mercato quale Masi, e rilevato come l’azienda abbia saputo muoversi in un contesto sfidante. L’azienda ha saputo combinare tradizione e innovazione, valorizzare il proprio radicamento territoriale, adottare un sistema di monitoraggio avanzato per garantire una gestione efficiente della produzione e della distribuzione, ed implementare una strategia di crescita lungimirante. Ne è dunque emerso come Masi rappresenti un modello di resilienza capace di trasformare le sfide in opportunità di crescita sostenibili”. “Abbiamo apprezzato molto la ricerca - ha commentato Federico Girotto, ad Masi Agricola e presidente e ad di Canevel Spumanti - e siamo orgogliosi di averne fatto parte: da un lato, essa può rappresentare un contributo agli operatori del settore vitivinicolo per comprendere e acquisire consapevolezza circa i reali problemi del medesimo e dei suoi mercati di riferimento, chiudendo lo spazio a omissioni, al pessimismo e soprattutto all’illusione che tutto possa tornare a essere come prima. Dall’altro, lo studio delinea con chiarezza le caratteristiche necessarie ad affrontare efficacemente l’inevitabile percorso evolutivo dell’ecosistema aziendale, la cui necessarietà corre in parallelo ai mutamenti del settore. In Masi cerchiamo di incrementare la resilienza in diversi modi, ma soprattutto rafforzando i processi strategici di identificazione, analisi e mitigazione dei rischi, non distogliendo mai l’attenzione dalla nostra stella polare: il brand. Negli anni il gruppo Masi ha attivato diverse leve strategiche che ci hanno permesso di rispondere in anticipo all’evoluzione dei cicli economici, trasformando le sfide in opportunità". "In uno sguardo complessivo, in questi dieci anni dalla quotazione, abbiamo lavorato sulla sostenibilità, con il progetto Masi Green Governance, sull’omnicanalità comunicativa e distributiva, e sul rafforzamento della Masi Wine Experience, che quest’anno darà avvio a Monteleone21, il nostro visitor center in Valpolicella che risponde alla nuova domanda del settore enoturistico. Infine, abbiamo investito nell’innovazione di prodotto, come con Fresco di Masi, la linea di vini biologici che esprime la nostra visione di autenticità, attualità e attenzione al consumatore, e nell’ampliamento del portafoglio. Ne è un esempio il recente sbarco in Oltrepò Pavese con l’acquisizione della tenuta Casa Re e il lancio dello spumante Metodo Classico Moxxé del Re, dove contiamo di replicare quanto realizzato in Valdobbiadene con Canevel Spumanti, un brand che ha continuato a crescere, anche in termini di export", ha concluso. Per Sandro Boscaini, presidente Masi Agricola, “la prospettiva dei dazi imposti dagli Stati Uniti è motivo di seria preoccupazione per il settore del vino italiano". "Il mercato statunitense è molto qualitativo, è il primo mercato a valore per il vino di qualità e secondo solo alla Germania per i volumi, dove il nostro vino gode di ottima reputazione e ottimo posizionamento. Se fossero confermati già i dazi al 25%, avremmo un forte impatto sulle esportazioni del vino italiano, del vino veneto, e sulla competitività di tutti i nostri prodotti che ne risentirebbe notevolmente. Del resto, complessivamente il vino italiano andrebbe e perdere in quel mercato all’incirca 1 miliardo di euro", ha avvertito. "La minaccia di applicare dazi al 200% sul vino italiano è priva di logica. Ma soprattutto è un danno reciproco. Il vino italiano ha sempre avuto un forte legame con gli Stati Uniti, non solo per la sua qualità, ma anche per il valore sociale che rappresenta. Non si tratta solo di un piacere per il palato, ma di un simbolo di identità culturale tramandato da generazioni di emigranti italiani, molti dei quali lavorano nei settori della ristorazione e distribuzione. Questo testimonia quanto il vino italiano sia profondamente radicato nel tessuto sociale e culturale americano. Tuttavia, pochi considerano l'impatto che i dazi hanno, non solo sui consumatori americani, ma anche sul loro sistema distributivo, che dipende in gran parte dai prodotti italiani. Questo include in particolare anche una buona percentuale di ristorazione italiana o che si rifà allo stile italiano come i tanti sistemi distribuitivi che sono nati e prosperato con il vino e i prodotti del made in Italy. In effetti, i dazi danneggiano entrambe le sponde dell'Atlantico, generando una tensione economica che potrebbe essere evitata attraverso politiche più equilibrate e reciprocamente vantaggiose", ha aggiunto. "In definitiva, l'imposizione di dazi non fa che creare difficoltà a un sistema che, da un lato, promuove l'eccellenza del vino italiano, e dall'altro, sostiene interi settori economici e sociali negli Stati Uniti. Gli effetti negativi non riguardano quindi solo le imprese italiane, ma l'intero mercato, dove entrambe le economie rischiano di subire danni reciproci. Non dimentichiamoci che per ogni dollaro di vino che noi incassiamo, agli Usa restano 4,3 dollari tra tasse e altri costi”, ha concluso.
(Adnkronos) - Passeggiando tra le strade del centro di Utrecht, la Wonderwoods Vertical Forest cattura immediatamente lo sguardo: sembra quasi che gli alberi e le piante abbiano scelto di vivere proprio lì, in mezzo ai palazzi e al cemento. Alto 104 metri e realizzato dallo studio italiano Stefano Boeri Architetti in collaborazione con il team locale di G&S&, Wonderwoods è un grattacielo speciale perché riesce a portare dentro la città tutta la bellezza e la calma di una foresta. Qui non si vive solo in un appartamento o si lavora in un ufficio: si vive davvero circondati dalla natura, con alberi che cambiano colore, uccelli che trovano casa, e persone che si fermano a respirare un po’ di pace. Una vittoria che rende orgogliosi Wonderwoods non è solo un progetto bello da guardare, ma ha anche ricevuto un riconoscimento importante a livello internazionale: il MIPIM Award 2025 nella categoria "Mixed-Use". Questo premio, che valorizza edifici sostenibili e capaci di migliorare la vita delle persone, ha visto Wonderwoods confrontarsi con tanti progetti provenienti da diverse parti del mondo, come Giappone, Brasile e Thailandia. Ciò che ha reso unico questo edificio è stata la sua straordinaria capacità di combinare natura e funzionalità urbana in modo semplice e naturale. Con oltre 360 alberi e 50.000 piante locali, Wonderwoods cambia continuamente aspetto con il passare delle stagioni, diventando un habitat per uccelli e insetti e regalando a chi vive lì una vera oasi verde nel cuore della città. Un quartiere verticale dove sentirsi davvero a casa Wonderwoods è pensato innanzitutto per chi ci vive ogni giorno. Nei suoi circa 200 appartamenti abitano persone molto diverse tra loro: famiglie con bambini, giovani coppie, professionisti e anziani, creando una comunità autentica e vivace. Al piano terra si trovano negozi e laboratori creativi, palestre e caffetterie perfette per incontrarsi o rilassarsi dopo una lunga giornata. Ma il cuore pulsante di questo quartiere verticale è il giardino pensile al settimo piano, uno spazio aperto con vista sulla città, perfetto per passare del tempo con amici o semplicemente godersi un momento di tranquillità. Non poteva mancare, ovviamente, un grande parcheggio per biciclette, un omaggio alle abitudini sostenibili della vita quotidiana a Utrecht.