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(Adnkronos) - Tra fratelli, si sa, litigare è normale e guai se non succedesse. Nel caso di William ed Harry, sembra che le discussioni fossero all'ordine del giorno durante la loro convivenza, quando prestavano contemporaneamente il servizio militare. Secondo il Mirror, che cita un ex membro dello staff reale, il principe di Galles era "piuttosto severo" con il duca di Sussex per quanto riguardava specifiche responsabilità domestiche nel corso dell'addestramento come piloti di elicotteri militari. Nel documentario 'Prince William: Passion, Honour, Duty', in onda su Channel 5 nel Regno Unito, esperti reali hanno commentato il rapporto tra i due fratelli, intervistati nel 2009 presso una base della Raf nelle West Midlands. Nel video, girato presso la sede della Royal Air Force di Shawbury, nello Shropshire, i giovani figli di re Carlo e della principessa Diana si scambiano simpatiche battute. Si sente Harry scherzare sulla "calvizie" di William, mentre quest'ultimo risponde che la battuta è "piuttosto sfacciata, dal momento che giunge da uno che ha i capelli rossi". Durante il servizio militare, Harry e William dovettero dormire insieme, un'esperienza che, a quanto pare, non fu ben accolta dal duca del Sussex, che commentò: "Sarà la prima e l'ultima volta che vivremo insieme, te lo assicuro". Al che William rispose: "È stata un'esperienza molto emozionante". Mentre abitavano insieme, il principe di Galles ha affermato di aver cucinato e nutrito Harry "praticamente ogni giorno". Tuttavia, ha aggiunto che, sebbene partecipasse alla pulizia dei piatti, suo fratello "lascia la maggior parte del cibo nel lavandino". Harry rispose semplicemente che si trattava di "bugie". William potrebbe essere stato piuttosto "severo" per quanto riguarda le faccende domestiche, secondo Grant Harrold, che un tempo fu il maggiordomo reale di William. "Penso che la differenza sia che loro sono soli", durante il servizio militare, commentò l'ex assistente del principe, "mentre nelle case reali, se lasciano i piatti nel lavandino, io o qualcun altro ovviamente andiamo a lavarli. Ma in quell'ambiente non c'è nessun altro, e penso che William possa essere piuttosto severo con suo fratello, assicurandosi che fosse lui a riordinare, ad apparecchiare la tavola o altro". Sia Harry che William si sono formati alla Royal Military Academy Sandhurst nei primi anni 2000. Secondo quanto riportato dall'Express, Harry considerava le Forze armate un possibile percorso professionale per una vita più "normale". Per il biografo reale Duncan Larcombe, la carriera militare di William, invece, non era altro che "una facciata". "Come erede al trono - disse - è improbabile che William presti servizio in prima linea". Il principe di Galles ha lasciato la Raf nel 2013, dopo aver dedicato oltre sette anni al servizio, mentre Harry ha concluso la sua carriera militare nel 2015, dopo un decennio di servizio, di cui due anni in Afghanistan.
(Adnkronos) - L’Italia è al centro di una profonda ridefinizione del mercato del lavoro tech. Calabria e Puglia superano la Lombardia per incidenza di richieste di competenze in data science, con picchi del 27,2% e 21,2%, rispetto alla media nazionale del 14,3%. Un cambio di paradigma geografico che sposta il baricentro dell’innovazione verso il Sud. Ad attestarlo è il primo report 'AI e data skill report 2025', realizzato dall’Osservatorio sulle competenze emergenti di Data Masters, academy attiva nella formazione AI e nel continuous learning. Un’analisi che fotografa l’evoluzione delle richieste del mercato del lavoro italiano in ambito AI e data science, con uno sguardo attento alla trasformazione dei ruoli, delle retribuzioni e delle esigenze formative nei diversi territori e settori. “L’obiettivo di questo Osservatorio è fornire uno strumento di lettura e anticipazione del futuro del lavoro. I dati mostrano chiaramente che siamo nel mezzo di una trasformazione radicale che richiede nuove strategie, nuovi approcci e soprattutto nuove competenze”, afferma Luigi Congedo, presidente e co-founder di Data Masters. L’indagine si basa su un’analisi di oltre 18mila annunci di lavoro pubblicati su LinkedIn Italia nel primo trimestre del 2025, processati attraverso un’architettura avanzata di agenti AI. Il risultato è un panorama dettagliato e aggiornato delle competenze più richieste nel settore tecnologico, suddiviso per territorio, ruolo e comparto industriale. Secondo il report, le competenze in data science (presenti nel 14,3% degli annunci) e python (7,2%) risultano essere le più ricercate nel panorama italiano, confermando la loro centralità in ambito AI e data science. Tuttavia, emergono con forza anche competenze più avanzate e specialistiche: machine learning è richiesta nel 6,1% degli annunci, seguita da deep learning (3,2%), mlops (2,3%) e langchain/agentic applications (0,8%). Questi dati indicano una netta accelerazione verso tecnologie di frontiera. “Quello che stiamo osservando è un mercato che premia le competenze più avanzate e specialistiche, ma che richiede anche una costante capacità di aggiornamento. Le tecnologie emergenti diventano rapidamente imprescindibili per chi vuole rimanere competitivo”, commenta Francesco Cipriani, ceo e co-founder Data Masters. Contrariamente ai trend storici, il Sud Italia mostra performance superiori alla media nazionale nella domanda di competenze AI. In Calabria, la richiesta di competenze in Data Science raggiunge il 27,2% (quasi il doppio della media nazionale), mentre in Puglia si attesta al 21,2%. Anche Python è richiesto nel 12,3% degli annunci calabresi e nell’11,9% in quelli pugliesi. Questi dati confermano l’ascesa di nuovi poli tecnologici e suggeriscono opportunità concrete per investimenti formativi e talent acquisition su base territoriale. “Il Sud sta dimostrando una sorprendente capacità di rispondere alla domanda di innovazione, anche grazie a una crescente presenza di poli universitari, acceleratori d’impresa e investimenti pubblici e privati. Questo ci spinge a pensare la formazione come leva strategica territoriale”, sottolinea Vincenzo Maritati, AI researcher e co-founder di Data Masters. Il possesso di competenze tecniche avanzate ha un impatto diretto sulle retribuzioni. Il framework PyTorch guida la classifica con una ral media di 50.896 euro, seguito da tensorflow (49.952 euro) e computer vision (48.313euro). Le competenze in langchain/agentic applications si attestano a 47.777 euro, machine learning a 47.786 euro e deep learning a 47.719 euro. Tutti questi valori superano la ral media italiana di 44.729 euro, con un premio salariale che può superare i 6.000 euro annui per i profili più qualificati. Le aziende italiane non cercano solo esperti tecnici, ma professionisti completi. Il 66% degli annunci che menzionano machine learning e tensorflow richiedono anche competenze di problem solving e pensiero analitico. Inoltre, oltre il 59% degli annunci per deep learning, machine learning e statistical analysis include esplicitamente la collaborazione in team tra le skill richieste. Questi numeri confermano che le soft skill sono sempre più determinanti per distinguersi nel mercato. Il report mostra chiaramente che le aziende cercano figure ibride, capaci di orchestrare strumenti tecnologici avanzati e interagire con diversi stakeholder. Questi professionisti devono coniugare profondità tecnica con visione sistemica, e la capacità di integrare soluzioni AI nel business. In particolare, le posizioni che richiedono machine learning (6,1% degli annunci) e deep learning (3,2%) sono sempre più associate a competenze in gestione progettuale, comunicazione efficace e continuous learning (richiesto nel 24,9% degli annunci legati a tensorflow). I giovani in Italia faticano a trovare spazio nel mondo del lavoro. Solo un terzo degli occupati – il 33% – ha meno di 39 anni, contro una media europea che si attesta al 40% (fonte: Osservatorio Talents Venture su dati Eurostat). Un gap che sembra piccolo, ma che attesta che il divario tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle effettivamente disponibili continua ad allargarsi. Parliamo del cosiddetto mismatch delle competenze, un fenomeno che oggi rappresenta uno degli ostacoli più grandi alla crescita e all’innovazione nel nostro Paese. In questo contesto, la formazione assume un ruolo decisivo: “non è più soltanto un mezzo per aggiornare una forza lavoro spesso poco preparata, ma diventa un vero moltiplicatore di valore”, spiega Francesco Cipriani, ceo e co-founder Data Masters. "E' - avverte - lo strumento chiave per avvicinare nuovamente i giovani al mercato del lavoro, offrendo loro le competenze richieste dalle imprese e creando nuove opportunità. Secondo l’ultimo studio di Talents Venture, “mancano oltre 1,3 milioni di lavoratori qualificati nel nostro sistema produttivo”. Una cifra impressionante, che racconta il paradosso di un Paese che continua a formare talenti ma fatica a inserirli nel mondo del lavoro. E proprio qui, “l’istruzione può fare la differenza, rappresentando la chiave per colmare questo gap e rilanciare l’occupazione qualificata”. Ma la sfida non si limita a investire in formazione. “E' necessario - sottolinea Luigi Congedo, presidente e co-founder Data Masters -migliorare l’efficienza degli investimenti, orientandoli verso strategie che sappiano identificare in anticipo le competenze emergenti e rispondere tempestivamente alle esigenze del mercato del lavoro. Non basta dunque incentivare in modo generico: serve una politica lungimirante, capace di anticipare i trend e di sostenere la crescita di competenze in settori strategici”. Non è un caso che oggi, tra le skill più ricercate, spicchino quelle legate all’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati. Queste competenze, oltre a essere al centro della trasformazione digitale, si accompagnano anche a offerte retributive superiori, “a testimonianza del loro valore strategico per le aziende”. Il cosiddetto skill gap si conferma così uno dei temi centrali per la trasformazione delle imprese italiane. E visto che queste nuove competenze sono rare, costose e difficili da reperire, “le aziende si trovano spesso in difficoltà”. Per questo motivo, “è fondamentale che il mondo produttivo possa contare su un sostegno concreto da parte delle istituzioni, fatto di semplificazione normativa e di politiche strutturali”. Ma la formazione non può più essere un intervento occasionale o 'one shot'. “Il futuro richiede un impegno continuo - prosegue Congedo - serve un approccio di lifelong learning, capace di accompagnare i lavoratori per tutta la vita professionale, aggiornandone costantemente le competenze per restare al passo con un mercato in continua evoluzione”.
(Adnkronos) - "Lo studio ci ha permesso di avere una visione completa del mercato italiano del Gnl lungo tutta la filiera, dalla domanda all'infrastruttura. Abbiamo rilevato un rimbalzo dei consumi rispetto agli anni precedenti, dopo la contrazione registrata durante la crisi energetica del 2022” A dirlo è Federico Buccetti, manager Native Strategy Bip Group, in occasione della presentazione dello studio di Bip Consulting sul mercato Gnl e bioGNL in Italia e un piano di rilancio della filiera in 10 punti per accelerare la decarbonizzazione del trasporto stradale e marittimo, delle industrie e delle località off-grid, organizzata da Federchimica-Assogasliquidi presso la sede di AdnKronos a Roma. “Nel 2024 stimiamo un consumo annuo di circa 200 chilotoni di Gnl, con una copertura dell’80% garantita dalla dotazione attuale. Questa crescita è dovuta principalmente al calo dei prezzi del gas naturale, che dopo i picchi del 2022 sono tornati su livelli più accessibili, tra i 40 e i 50 euro a megawattora. È un contesto più stabile, anche se i prezzi restano circa il doppio rispetto al periodo pre-Covid. Nonostante ciò, possiamo leggere segnali decisamente positivi”, spiega l’esperto. Un focus importante è dedicato al settore marittimo: “È un comparto che riteniamo molto promettente. Negli ultimi mesi si è lavorato sull’introduzione della normativa per il bunkeraggio navale del GNL, che rappresenta un passaggio fondamentale per stimolare un mercato oggi ancora marginale: nel 2024 si registrano pochissimi kton di consumo nel settore navale, ma le prospettive sono molto interessanti”, osserva Buccetti. “Abbiamo inoltre realizzato una mappatura delle infrastrutture in via di sviluppo, fondamentali per supportare sia l'autotrazione che l’utilizzo navale del Gnl. Nell’autotrasporto, ad esempio, le immatricolazioni GNL rappresentano oggi meno del 3-5% del totale: un dato che evidenzia un grande potenziale di crescita”, aggiunge. Un tema centrale è quello del biometano, come sottolinea Bucetti: “Bisogna continuare a investire nel biometano per disporre di garanzie d’origine, che consentano di ottenere bioGnl attraverso sistemi di virtual liquefaction. Il bioGnl è cruciale: da un lato garantisce la decarbonizzazione dell’autotrasporto e del navale, dall’altro permette di abbattere i costi dell’Ets, che saranno sempre più rilevanti”. “Abbiamo visto anche segnali di sviluppo nel settore industriale e nelle reti isolate, soprattutto in Sardegna. Il mercato è in ripresa, con prospettive di crescita concrete. Tuttavia, per renderlo competitivo rispetto al diesel è necessario mantenere gli incentivi per l’acquisto di mezzi a Gnl e introdurre misure come un tax credit sul consumo. Il Gnl può essere un vero vettore per la transizione energetica, ma ha bisogno di essere sostenuto da politiche mirate”, conclude.