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(Adnkronos) - La diagnosi precoce è importante per diverse ragioni, non ultima l'efficacia dei trattamenti e la qualità di vita, grazie a terapie sempre più mirate e pazienti più informati. "C'è ancora un notevole ritardo diagnostico che riguarda sia la malattia di Crohn che la colite ulcerosa, ma soprattutto in quest'ultima. Il trattamento precoce per i pazienti che sviluppano questo tipo di malattie può comportare una riduzione della progressione della patologia. La diagnosi e il trattamento favorisce il rallentamento della progressione di malattia e la defunzionalizzazione dell'intestino tipica di queste malattie infiammatorie croniche recidivanti che determinano danno epiteliale, danno neurogeno e quindi la perdita di funzione del tratto gastrointestinale". Così Edoardo Vincenzo Savarino, professore associato di Gastroenterologia all'Università degli Studi di Padova, intervenendo alla prima giornata di lavori dell'evento Free2Choose, organizzato a Milano da AbbVie, a cui hanno partecipato un centinaio di specialisti. I rischi di una diagnosi tardiva "riguardano soprattutto la perdita o riduzione della risposta alle terapie farmacologiche che si adottano - spiega Savarino - e aumenta la probabilità di andare incontro alle complicanze, nel medio e lungo termine, che impattano sulla qualità della vita, come la chirurgia, l'ospedalizzazione e, ovviamente, la perdita di funzione gastrointestinale, che ha un impatto anche sulla socialità e la quotidianità dei pazienti". La malattia di Crohn "potrebbe essere sospettata laddove ci siano dei sintomi anche comuni - aggiunge Marco Daperno, gastronterologo presso l'ospedale Mauriziano di Torino - come dolore addominale, diarrea lieve ma continua, presente anche magari nottetempo, o una perdita di peso la febbricola. Più questi sintomi diventano costanti, invalidanti e aggressivi, maggiore è il sospetto di malattia. Quando invece si verificano sintomi più intensi - diarrea, subocclusione e dolori addominali così forti da indurre il paziente a recarsi al pronto soccorso - è molto più facile essere consapevoli che si sta arrivando a una malattia di Crohn attiva, manifesta". In questo caso, "fare accertamenti aiuta a quantificare l'infiammazione e a classificare meglio la gravità della malattia attiva". Negli ultimi 15 anni per le malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici) "c'è una maggiore attenzione istituzionale e sociale anche grazie alle numerose campagne di sensibilizzazione che sono state portate avanti - sottolinea Salvo Leone, direttore generale di Amici Italia, Associazione nazionale Mici - C'è una maggiore attenzione alla qualità di vita delle persone, i pazienti sono più informati e più coinvolti nel percorso di cura nelle decisioni che vengono prese sui trattamenti. Ci sono poi reti di cura integrate: anche se non dappertutto si parla di percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, di multidisciplinarietà, di percorsi di transizione e ci sono molti più farmaci e terapie personalizzate". "La medicina ha smesso di adattare il paziente alla terapia - rimarca - ma ha adattato la terapia al paziente, rendendo di fatto il trattamento uno strumento di libertà perché permette al paziente di vivere la propria vita senza condizionamenti. Avere tante terapie significa libertà, perché la libertà di un paziente inizia quando il medico ha a disposizione il farmaco giusto da usare al momento giusto".
(Adnkronos) - "La mobilità sta entrando in una nuova era in cui l’auto è sempre più una piattaforma intelligente, connessa e in continua evoluzione. L’intelligenza artificiale, in particolare nelle sue forme agentiche e generative, rappresenta il motore di questa trasformazione, abilitando esperienze personalizzate, empatiche e rilevanti lungo tutti i touchpoint. Con il 'Brand brain', l’Intelligenza Artificiale agisce come leva strategica per differenziare l’offerta e costruire relazioni continue e coerenti con i clienti, rafforzando la rilevanza come vantaggio competitivo". Così, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Alberto Scaglione, responsabile Automotive Accenture Italia. "La mobilità del futuro - spiega - sarà definita dalla qualità dell’esperienza vissuta lungo tutto il percorso. L’auto è destinata a diventare uno spazio intelligente, sensoriale e adattivo, capace di generare valore in ogni momento del viaggio. Secondo quanto emerso dall’ultima edizione di Accenture technology vision, dopo l’era dell’auto omni experience, ora l’intelligenza artificiale abilita una guida empatica, capace di accompagnare il conducente con un coaching personalizzato, contribuendo al benessere, alla sicurezza e alla consapevolezza". "Come sottolineato nella nostra visione - fa notare - la mobilità del prossimo futuro sarà sempre più orientata a garantire benessere a bordo, intrattenimento, condivisione e simbiosi con il territorio, ridefinendo il concetto stesso di esperienza utente. E' un cambiamento culturale e sistemico che apre la strada a una nuova era industriale della mobilità". "Nell’era della mobilità intelligente - sottolinea Alberto Scaglione - la relazione tra brand e consumatore si evolve da episodica a continua, da transazionale a relazionale. L’intelligenza artificiale consente ai brand di costruire un dialogo costante, naturale ed empatico con i propri clienti, attraverso tutti i touchpoint, inclusi quelli a bordo del veicolo. In Accenture, definiamo questa nuova frontiera con il concetto di 'brand brain': una piattaforma cognitiva che incarna i valori del brand ha memoria del rapporto con il cliente e propone soluzioni rilevanti, personalizzate e in tempo reale. L’IA non è più solo uno strumento per accelerare i processi, ma diventa una vera e propria intelligenza a supporto della continuità e della rilevanza nella relazione con il cliente: la seconda pelle del brand. In un contesto in cui i clienti sono disposti a investire se riconoscono il valore dell’esperienza, la rilevanza diventa il principale fattore di successo". "L’industria automobilistica - osserva - sta vivendo una trasformazione profonda, che richiede un ripensamento radicale dei modelli di business, delle competenze e delle alleanze. Il software defined vehicle rappresenta oggi la spina dorsale di questa evoluzione: una piattaforma tecnologica abilitante, intelligente, aggiornabile e connessa, che consente l’evoluzione del prodotto lungo il suo ciclo di vita e rafforza la connessione diretta con il cliente. Tuttavia, queste evoluzioni non sono sufficienti. Il vero focus è l’esperienza del cliente ed infatti noi parliamo di passaggio da software defined vehicle (sdv) a software defined experience (sdx). E l’Ia è il motore che abilita questa trasformazione: sistemi proattivi e adattivi, capaci di apprendere, supportare persone e processi, e interagire in modo empatico e puntuale lungo l’intero ciclo di relazione". "Cambia il paradigma - avverte - sarà l’Ia a contribuire alla proposizione di servizi di mobilità ed esperienze puntuali, e specifiche di brand. I brand che entrano in questa mentalità non devono occuparsi ora di definire completamente l’esperienza ed i casi d’uso, ma devono strutturarsi, attraverso il brand brain, per avere tutti gli strumenti orchestrati ed orientati alla generazione del valore (dati, piattaforme, agenti). Le aziende che investono oggi in intelligenza artificiale, elaborazione in tempo reale e collaborazione uomo-macchina stanno già ottenendo risultati tangibili in termini di time-to-market e competitività. Le scelte di oggi determineranno il posizionamento dei brand nel nuovo ecosistema della mobilità".
(Adnkronos) - Nel 2024 in Italia, in base ai risultati dello studio effettuato da Plastic Consult, società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche, l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 278 aziende - suddivise in produttori di chimica di base e intermedi (7), produttori e distributori di granuli (22), operatori di prima trasformazione (189), operatori di seconda trasformazione (60) - con 2.913 addetti dedicati, 121.500 tonnellate di manufatti compostabili prodotti e un fatturato complessivo di 704 milioni di euro. Secondo lo studio Plastic Consult, nell'ambito dell'11esimo rapporto annuale di Assobioplastiche, il numero di addetti dedicati, ovvero le risorse che nelle aziende del comparto si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle plastiche compostabili, è diminuito del 2,2%, passando da 2.980 unità nel 2023 a 2.913 nel 2024. Nel 2024 il numero di imprese ha registrato un calo scendendo a 278 (-3,5% rispetto al 2023). A livello geografico, le regioni con il maggior numero di imprese di trasformazione, classificate per numero di addetti, sono: Veneto (298 addetti dedicati, 27 aziende), Emilia-Romagna (297 addetti dedicati, 21 aziende), Campania (266 addetti dedicati, 19 aziende), Lombardia (185 addetti dedicati, 41 aziende) e Umbria (159 addetti dedicati, 5 aziende). Il fatturato sviluppato dalla filiera è calato nel 2024 a 704 milioni di euro (- 15,4% rispetto all’anno precedente): a pesare su questa flessione è stata un’ulteriore netta riduzione dei listini (materie prime e base chemicals in particolare, ma anche semilavorati e prodotti finiti) che si è progressivamente consolidata nel corso dell’anno passato. Nel 2024 i volumi complessivi dei manufatti prodotti (sia finiti, sia semilavorati) hanno registrato un timido rimbalzo, salendo a quota 121.500 tonnellate (+0,5% rispetto al 2023): prestazione non distante dai risultati dell’aggregato delle termoplastiche convenzionali (polimeri vergini a -0,2%, riciclati pressoché stazionari). A limitare la ripresa dei volumi hanno contribuito in misura decisiva i cali del monouso e dei sacchetti per l’umido. Tra i principali settori applicativi, nel 2024 le maggiori difficoltà sono state incontrate dal comparto monouso (calato di oltre il 10%) - si legge nell'analisi - schiacciato tra la concorrenza sleale dello 'pseudo-riutilizzabile' e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East. Segno negativo anche per i sacchetti per l’umido. Viceversa, buona progressione del film agricolo, del packaging alimentare e degli ultraleggeri. Dopo un decennio di crescita costante, tra il 2012 e il 2022, l’industria italiana delle bioplastiche ha registrato una pesante inversione di tendenza nell’ultimo biennio. Il fenomeno, tuttavia, non è circoscritto a livello nazionale: secondo European Bioplastics l’utilizzo della capacità produttiva globale di tutte le bioplastiche si è ridotto di 10 punti nel 2024, dal 68% al 58%. Il rallentamento è evidente, anche sotto il profilo degli investimenti: nel 2018, la previsione al 2023 era di una capacità globale a oltre 2,6 mln di ton al 2023, mentre si è fermata a 2 milioni (quasi il 25% in meno delle attese). L’effetto combinato delle tendenze in atto nel 2025 prelude ad una nuova stagnazione complessiva della produzione nazionale di manufatti compostabili: da un lato, l’andamento dei consumi finali, previsti al meglio in lieve incremento, non sarà in grado di incidere sull’andamento del settore. Dall’altro, non arretra, come evidenziato anche nel 2024, la presenza sul mercato di sacchetti illegali (stimata intorno al 27%) e la diffusione dello 'pseudo-riutilizzabile', avverte lo studio. Nel breve termine si rilevano quindi solo limitati segnali positivi, concentrati principalmente nel segmento degli ultraleggeri. Le altre applicazioni restano ancora tendenzialmente in sofferenza. Gli effetti del Ppwr, che nella sua versione finale conferma ampio spazio per il compostabile, saranno misurabili soltanto nel medio termine anche alla luce delle modalità di attuazione dei vari Paesi membri, a partire dall’Italia. “È un quadro in chiaroscuro quello dipinto dall’ultimo rapporto sull’industria delle bioplastiche in Italia - ha commentato il presidente di Assobioplastiche, Luca Bianconi - Dopo un decennio di crescita costante, un 2023 negativo, il 2024 è stato caratterizzato da un timido rimbalzo. A frenare questa ripartenza sono stati fattori distorsivi che denunciamo da tempo: in primis, la competizione sleale da parte dei sacchetti illegali così come da parte delle stoviglie 'pseudo-riutilizzabili' che hanno evidenti ricadute negative sull’attività produttiva nazionale. In parallelo, l’importazione di shopper e manufatti a basso costo e di dubbia qualità dall’Estremo Oriente rappresenta un dumping insostenibile per le nostre imprese”.