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(Adnkronos) - ''Se confermata, la capacità russa di lanciare fino a duemila droni in un’unica notte rappresenterebbe un punto di svolta nella guerra in Ucraina e un messaggio diretto all’Occidente: non solo alla Nato, ma anche agli Stati Uniti di Donald Trump''. Lo afferma all'Adnkronos Pierguido Iezzi, esperto di cyber sicurezza e direttore Cybersecurity Maticmind, secondo cui la Russia ha ormai trasformato la produzione dei droni Shahed (di progettazione iraniana e assemblati in siti come Yelabuga e Izhevsk) in un modello industriale sostenuto da componenti cinesi. ''Stiamo assistendo a una crescita produttiva superiore al 30% mensile, un’accelerazione impressionante - sottolinea - Si tratta di uno strumento economico, scalabile e perfetto per una guerra di logoramento, in cui la Russia non ha mai davvero ottenuto il controllo dello spazio aereo ucraino''. ''La massiccia adozione dei droni è una risposta diretta a questa carenza: sono armi economiche, difficili da intercettare in massa e in grado di provocare danni reali con impatti psicologici significativi'', prosegue Iezzi, aggiungendo che ''non potendo dominare i cieli, Mosca punta sulla saturazione e sull’usura delle difese ucraine''. Alla vigilia del vertice Nato di luglio, l'attacco a Kiev ha visto l’impiego di 426 droni e 24 missili da crociera. ''Un assalto coordinato, non solo militare ma anche simbolico - osserva l’esperto - Un modo per testare la determinazione dell’Alleanza Atlantica e spingere su possibili fratture interne, soprattutto in un momento di incertezza politica a Washington''. ''Ma la sfida si gioca anche sul piano digitale'', avverte Iezzi. ''Gli attacchi informatici contro la catena di produzione dei droni russi, i Trojan installati su Uav ucraini per sabotare o tracciare i dispositivi catturati, il jamming e lo spoofing Gps: tutto indica un’evoluzione verso un conflitto ibrido sempre più sofisticato, dove cyber e guerra cinetica si fondono”. Per Iezzi, il vero rischio è la sostenibilità della difesa.''Sistemi avanzati come i Patriot sono efficaci ma costosi. Kiev ha urgente bisogno di soluzioni a basso costo e di una strategia integrata che coinvolga anche la resilienza digitale'', conclude.
(Adnkronos) - "L’annuncio di nuovi dazi al 30% sulle importazioni europee da parte dell’amministrazione Trump, con entrata in vigore prevista per il prossimo 1° agosto, sta già creando un clima di forte incertezza tra le nostre imprese esportatrici. Gli Stati Uniti rappresentano circa il 9-12% dell’export campano, con un valore stimato intorno a 1,2 miliardi di euro nel 2024, distribuito tra settori chiave come agroalimentare, moda, automotive e aerospazio. L’aumento dei costi doganali potrebbe erodere i margini, rendere meno competitivi i prodotti campani e spingere le aziende a riconsiderare le strategie di mercato". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Antonio Cennamo, vicepresidente del Gruppo Piccola Industria dell’Unione Industriali di Napoli, sui possibili effetti dei dazi Usa al 30% sull'export campano. "Come associazione -continua- stiamo suggerendo di accelerare la diversificazione dei mercati, rafforzare la qualità e la tracciabilità delle produzioni, e chiedere al governo nazionale e all’Ue misure di compensazione concrete". "Le pmi -aggiunge Cennamo- non devono essere lasciate sole in questa fase: serve una risposta coesa e strutturata prima che si arrivi a insensate guerre commerciali di cui il nostro tessuto produttivo non ha alcun bisogno". Ma una spinta all'economia campana, secondo Cennamo, sta arrivando dalla Zes unica. "La Zes Unica rappresenta un cambio di passo importante per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. È uno strumento che, per la prima volta, unifica il quadro normativo e fiscale in tutto il Sud, superando la frammentazione delle precedenti Zes regionali e aumentando l’attrattività per gli investitori. In Campania stiamo assistendo a un risveglio significativo dell’iniziativa imprenditoriale, con numerosi progetti superiori alla soglia minima dei 200mila euro e alcuni investimenti strategici che superano i 20 milioni",sottolinea. Secondo Cennamo, "va riconosciuto che questa misura sta incentivando non solo l’espansione di imprese già presenti sul territorio, ma anche l’interesse di nuovi operatori che vedono nel Sud un’area finalmente più competitiva". "I segnali di risposta dal tessuto produttivo campano sono incoraggianti, soprattutto nei settori della logistica, dell’agroalimentare evoluto, della manifattura e della meccatronica", sottolinea. E per il vicepresidente del Gruppo Piccola Industria dell’Unione Industriali di Napoli "va ricordato che la Zes unica ha proprio in Campania i suoi investimenti più consistenti dal punto di vista numerico: più della metà del totale". "La Campania è quindi l’area che, nel sistema Zes, attrae il maggior numero di investitori anche internazionali. Sarebbe utile accelerare e semplificare la fruibilità del credito d’imposta perché il sistema di prenotazione e di comunicazione a consuntivo finale rallentano l’utilizzo", sottolinea. Fondamentale per Cennamo nei prossimi anni sarà il contributo dell'intelligenza artificiale. "Oggi l’intelligenza artificiale è un driver essenziale per la competitività. In Campania, solo una parte ancora ridotta delle pmi ha già adottato soluzioni di ia, in linea con la media nazionale che si attesta attorno al 6% per le imprese con almeno 10 dipendenti. Ma la sensibilità sta crescendo rapidamente, anche grazie ai bandi regionali e alle sinergie con università, Digital Innovation Hub e centri di ricerca". "Le strategie che proponiamo come sistema associativo -continua- puntano su quattro direttrici: formazione e aggiornamento delle competenze; accesso agevolato ai finanziamenti per la digitalizzazione; creazione di ecosistemi tecnologici locali; promozione della cultura dell’innovazione anche nelle filiere più tradizionali. In tema di scelte politiche, penso che per gli investimenti in AI sarebbe importante ipotizzare un credito d’imposta ad hoc. L’obiettivo è quello di accompagnare le pmi in un percorso di trasformazione che aumenti produttività, efficienza e apertura ai mercati internazionali", continua. Altro tema centrale per le piccole e medie imprese è il passaggio generazionale. "Il passaggio generazionale -spiega- è un nodo cruciale per la tenuta e l’evoluzione del sistema produttivo. In Campania, come nel resto d’Italia, molte imprese si stanno trovando a gestire questa transizione: tra il 2016 e il 2023, circa il 10% delle pmi italiane ha vissuto un ricambio alla guida. Tuttavia oggi un’ulteriore criticità è legata anche allo scenario di 'inverno demografico' vissuto dall’Italia: un elemento che mette a rischio il 30% delle imprese interessata dal passaggio generazionale. La parola chiave è pianificazione. Occorre avviare per tempo il coinvolgimento dei successori, definire ruoli e governance, investire in formazione manageriale e affiancamento. Stiamo assistendo a una crescente apertura all’inserimento di manager esterni, e alla valorizzazione della sostenibilità e dell’innovazione come principi guida delle nuove generazioni". "Il ricambio generazionale non è solo un atto formale, ma un’occasione per ripensare il modello di business in una chiave più moderna e competitiva, senza trascurare il patrimonio di competenze e relazioni maturato negli anni. Non va trascurato anche un altro elemento: strumenti per il passaggio generazionale in un'azienda sono anche l’apertura del capitale e, in alcuni casi, la quotazione su Euronext per attrarre nuovi investitori e favorire l’ingresso della nuova generazione", conclude.
(Adnkronos) - Sono oltre 72 milioni di euro le risorse messe a disposizione ogni anno da A2a per le proprie persone. Questi i numeri del Gruppo relativi ai servizi di welfare, ai Premi di produttività, oltre al nuovo piano di azionariato diffuso presentati oggi a Milano: un sistema ampio e articolato che tiene conto delle diverse dimensioni che concorrono a favorire il benessere di un individuo, tra le quali la famiglia, il risparmio, la salute, il tempo libero. Le ricerche svolte da Percorsi di secondo welfare (laboratorio che studia i cambiamenti in atto legato al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell'Università degli Studi di Milano) indicano che nel 2023 le imprese italiane hanno investito nel welfare aziendale circa 3,2 miliardi di euro. Un dato in crescita di oltre il 6% rispetto all'anno precedente, che conferma un trend positivo che negli ultimi 10 anni ha visto il consolidamento della cultura delle organizzazioni sui temi sociali. Tra le aziende, infatti, continua a crescere la consapevolezza di come queste policy siano in grado di migliorare il benessere di chi lavora, incidendo positivamente su clima interno, produttività e attrattività delle organizzazioni. L’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’ - a cui hanno preso parte la Sindaca di Brescia Laura Castelletti, il sindaco di Milano Giuseppe Sala e i vertici di A2a, il presidente Roberto Tasca e l’ad Renato Mazzoncini - è stato un’occasione per condividere una riflessione su questi temi e sull’intero ecosistema che coinvolge tanti attori nel panorama italiano, con i contributi della Prof.ssa Marilisa D’Amico, del professor Maurizio Ferrera e della professoressa Franca Maino, docenti dell’Università Statale di Milano e la moderazione di Barbara Stefanelli, vicedirettore vicario del Corriere della Sera. Gli effetti dei cambiamenti demografici e sociali richiedono interventi per rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini: in questo contesto le prestazioni erogate dalle aziende, affiancandosi e integrandosi al welfare pubblico, possono contribuire a generare un impatto positivo nella creazione di valore per il territorio e per le comunità. “Il welfare aziendale - commenta Roberto Tasca, presidente di A2a - ha una lunga tradizione nella storia di A2a: le prime forme di supporto ai dipendenti attivate negli Anni ‘60 per fronteggiare fenomeni come l’emarginazione sociale, tipica di quel periodo, erano già strumenti di attenzione alle persone e inclusione. Questo percorso è proseguito negli anni con numerose iniziative, l’ultima delle quali in ordine di tempo è il Piano di Azionariato Diffuso”. E aggiunge: “Oggi il Gruppo è tra le prime aziende del Paese e la prima che opera anche nell’ambito dell’economia circolare ad avere attivato questo programma con 5,3 milioni di euro che cresceranno ancora nella fase successiva. Oltre a coinvolgere i nostri colleghi nel percorso di crescita della società condividendo con loro i risultati raggiunti insieme, rappresenta anche una leva di educazione finanziaria per favorire la conoscenza rispetto all’impiego delle proprie risorse economiche. Con questo Piano testimoniamo il senso di responsabilità che abbiamo nei loro confronti. Le quasi 11mila adesioni ci confermano l’importanza dell’investimento fatto e l’elevato livello di affiliazione dei nostri dipendenti”. Evidenzia l’ad di A2a, Mazzoncini: “La disponibilità e l’accessibilità dei servizi incidono sempre di più sulla qualità della vita. L’impegno del Gruppo per il benessere dei dipendenti è cresciuto negli anni ed è diventato centrale nella nostra strategia. Per le nostre persone abbiamo previsto oltre 72 milioni di euro all’anno attraverso un sistema strutturato che si è evoluto e rafforzato nel tempo fino a diventare un modello di riferimento nel nostro ambito industriale. Ne è esempio il piano da 120 milioni al 2035 per sostenere i nostri colleghi nei loro progetti di genitorialità”. Quindi sottolinea: "Di fronte ai cambiamenti socio-demografici in atto i sistemi di welfare possono diventare laboratori di innovazione in grado di attivare alleanze tra pubblico e privato e mettere a sistema azioni orientate a garantire maggiore benessere per le comunità”. Mauro Ghilardi, direttore People and Transformation di A2a, rimarca come, a partire dai primi fondi di assistenza sanitaria per le famiglie, le case vacanze e le colonie estive avviati diversi anni fa, l’impegno del Gruppo per il benessere dei dipendenti si sia esteso e rafforzato. Solo negli ultimi 18 mesi sono stati avviati A2a Life Caring - il programma da 10 milioni di euro l’anno (120 milioni in arco piano) per supportare la genitorialità con aiuti economici e iniziative formative, tra le quali un contributo annuale fino a 3.250 euro per i primi 3 anni di vita del bambino e il supporto per le spese sostenute per la cura e l’istruzione dei figli fino alla fine dell’istruzione secondaria - e A2a Life Sharing - il Piano di Azionariato Diffuso da oltre 5,3 milioni annui grazie al quale le persone del Gruppo possono partecipare alla crescita dell’azienda. Gli elementi distintivi dei due piani (Life Caring e Life Sharing) risiedono anche nella condivisione con le organizzazioni sindacali. In particolare, il Piano di Azionariato Diffuso è stato sottoscritto e supportato dalla maggior parte delle sigle presenti nel Gruppo, un unicum nel panorama imprenditoriale (recenti analoghe iniziative di altre aziende sono state definite in modo unilaterale). Alla prima fase ha aderito oltre l’86% degli aventi diritto; in autunno partirà la seconda fase nella quale tutti i dipendenti potranno acquistare azioni di A2a ricevendone ulteriori gratuitamente con una premialità inversa rispetto al proprio inquadramento contrattuale per favorire i colleghi con le retribuzioni più basse: 1 azione gratuita ogni azione acquistata per gli operai, 1 azione gratuita ogni 3 per quadri e impiegati, 1 azione gratuita ogni 5 acquistate per i dirigenti. Diciotto milioni di euro sono inoltre previsti per altri servizi (tra i quali il progetto ‘Case ai lavoratori’, l’assistenza sanitaria integrativa, assistenza psicologica, iniziative di wellbeing e lotta alle dipendenze, convenzioni attive) a cui si aggiungono ulteriori 39 milioni per i Premi di produttività, che i dipendenti possono scegliere di destinare in tutto o in parte ai fondi di previdenza complementare, usufruendo di un contributo aggiuntivo da parte di A2a sull’importo convertito (di circa il 15%). Oltre a quelli di natura economica, le politiche di welfare di A2a sono in grado di abilitare importanti benefici indiretti: favoriscono la diffusione tra la popolazione aziendale di informazioni sulle prestazioni alle quali si può accedere, e quindi maggiore consapevolezza sui propri diritti, e incentivano meccanismi occupazionali virtuosi come la capacità di attrazione di nuovi talenti e lo sviluppo di un indotto di servizi di qualità sul territorio.