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(Adnkronos) - La Federal Reserve sta aspettando di verificare quali "effetti" reali avranno sull'inflazione i dazi annunciati da Donald Trump, prima di decidere come procedere, dato che l'economia statunitense si trova in una condizione "solida". Così da Sintra, in Portogallo, il presidente della Fed Jerome Powell, confermando che l'incertezza generata dagli annunci della Casa Bianca ha consigliato alla banca centrale di agire con prudenza. L'economia degli Usa, afferma Powell, "è in una posizione molto buona, l'inflazione è scesa vicino al 2%, al 2,3% headline e 2,7% core. Il tasso di disoccupazione è al 4,2%, quindi complessivamente siamo in salute. Se ignoriamo i dazi per un attimo, l'inflazione si sta comportando esattamente come previsto e come avevamo sperato. Non abbiamo ancora visto effetti dai dazi e non ce li aspettavamo ora. Abbiamo sempre detto che la tempistica, l'ammontare e la persistenza dell'inflazione sarebbero stati altamente incerti. Sicuramente è migliorata. Stiamo guardando e ci aspettiamo di vedere durante l'estate alcuni dati, dati più elevati, ma siamo pronti a vedere che possono essere più alti o più bassi, o più tardivi o più precoci di quello che ci aspettiamo". La Fed, gli viene chiesto, avrebbe già tagliato di più, se non fosse stato per i dazi? "Penso che sia corretto - risponde - di fatto, siamo andati in pausa quando abbiamo visto la dimensione dei dazi; tutte le previsioni sull'inflazione sono salite in modo consistente per gli Usa, come conseguenza dei dazi. Non abbiamo sovrareagito: ci siamo semplicemente presi un po' di tempo: finché l'economia Usa è solida, pensiamo che la cosa prudente da fare sia aspettare e vedere quali possono essere gli effetti. Non si sono ancora manifestati e, per ora, aspettiamo", ha sottolineato. Powell, insultato da Trump (che ieri lo ha definito di nuovo e pubblicamente una "persona stupida") perché non taglia i tassi di interesse velocemente come la Casa Bianca vorrebbe, ha affermato: "Sono molto concentrato solo sul fare il mio lavoro. Ci sono cose che contano, ovvero usare i nostri strumenti per raggiungere gli obiettivi che il Congresso ci ha dato: massima occupazione, stabilità finanziaria. Ed è su questo che ci concentriamo, al cento per cento", ha aggiunto. Il presidente della Federal Reserve agisce in modo "del tutto non politico", assicurando che ci sia la "stabilità finanziaria" che serve ai decisori politici per prendere le decisioni "davvero importanti", ha detto ancora Powell. Alla Fed "tentiamo di dare la massima stabilità macroeconomica e finanziaria, a beneficio di tutti. Se vogliamo farlo con successo, dobbiamo farlo in un modo completamente non politico, il che vuol dire che non prendiamo parte, non mettiamo gli uni contro gli altri. Restiamo fuori da questioni che non sono nel nostro campo". Alla banca centrale "ci concentriamo sulle cose" importanti per l'economia, "così i decisori politici possono prendere le decisioni davvero importanti in un contesto stabile".
(Adnkronos) - "Noi siamo un Paese che trasforma, per il quale l'export è fondamentale. E quindi qualsiasi spesa aggiuntiva può ridurre i margini. Abbiamo ormai da un paio di mesi negli Stati Uniti il dazio al 10% e si tratta di spese molto alte e complesse per le aziende da assorbire. Le imprese devono incamerare questo aumento, insieme al cambio euro-dollaro che in questo momento non è favorevole. Quindi anche il 10%, che è quello che probabilmente rimarrà, non va bene per le aziende. Per il 2025 ci aspettiamo un calo dell'export di salumi made in Italy, legato anche a un effetto fisiologico per le scorte che sono state fatte non appena è iniziata a circolare la voce sui dazi". Così, con Adnkronos/Labitalia, Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria, che rappresenta uno dei fiori all'occhiello del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, fa il punto sugli effetti dei dazi al 10% negli Usa per i salumi italiani. Nel 2024, le esportazioni di salumi italiani verso i Paesi terzi, secondo i dati Assica, hanno raggiunto quota 66.007 tonnellate per un valore di 791,5 milioni di euro, segnando una crescita dell’11,9% in quantità e del 14,2% in valore. A trainare il risultato sono stati in particolare gli Stati Uniti, con arrivi di salumi italiani per 20.188 tonnellate (+19,9%) per 265,1 milioni di euro (+20,4%). E il 2024, sottolinea Calderone, è stato un anno sostanzialmente positivo per il comparto salumi made in Italy visto che "è aumentata la produzione e anche l'export, ma ci sono luci e ombre, visto che abbiamo un mercato interno praticamente saturo". E tornando ai dazi Usa l'attività di Assica è incessante a sostegno delle imprese italiane. "Stiamo facendo il possibile per fare la nostra parte, spiegando all'amministrazione americana che i nostri prodotti in Usa danno anche lavoro, perchè ci sono i commerciali e poi tante aziende che hanno creato stabilimenti di affettamento e confezionamento in Usa. E quindi un dazio per un prodotto che arriva in Usa diventa anche un problema per un'azienda che opera in Usa e paga le tasse nel Paese", sottolinea. Cercare strade alternative agli Usa, spiega Calderone, non è semplice. "Guardare ad altri mercati -spiega- è una frase che si può dire ma poi metterla in pratica non è così scontato. Se si pensa al mondo dei salumi possiamo dire che li facciamo solo noi, con qualche eccezione, e non è semplice questi prodotti nel mondo in popolazioni non abituate. Quindi ci vuole tempo, informazione, promozione, presenza. Ad esempio quello americano è un mercato che sta dando finora soddisfazioni, ma dietro c'è un lavoro di molti anni di investimenti e di impegno per farlo diventare così, con anche ulteriori margini di crescita", sottolinea. E in questi mesi sull'attività e l'export delle aziende continua a pesare la peste suina africana che ha colpito il nostro Paese. "A causa della peste suina africana abbiamo calcolato un mancato export di salumi made in Italy nei Paesi asiatici per 20 milioni di euro al mese, a partire da quando è scoppiata l'emergenza con i primi cinghiali malati nel 2022", sottolinea Calderone. "I Paesi che hanno chiuso all'export per colpa del virus-continua Calderone- sono il Giappone in particolare, la Cina, altri paesi con delle limitazioni, e questo è un problema che persiste ancora oggi. Con il Giappone siamo riusciti a ottenere la riapertura per i prodotti cotti al momento, visto che la cottura inattiva il virus, e stiamo trattando anche per i prodotti a lunga stagionatura che è un altro metodo di inattivare il virus", conclude.
(Adnkronos) - Con il 100% della raccolta e oltre il 98% di rigenerazione, la filiera italiana degli oli minerali usati, guidata fin dagli anni ’80 dal consorzio Conou, conferma ampiamente il proprio ruolo di leadership nel mercato Ue, dove la media è ferma al 61%. Il Rapporto di Sostenibilità 2024 di Conou, per la prima volta certificato anche nella analisi Life Cycle Assessment (Iso 14040 e Iso 14044), sottolinea anche la crescita delle quantità raccolte: 188mila tonnellate contro le 183mila tonnellate del 2023, nonostante il calo del 2% del mercato, grazie all’impulso dei Concessionari a recuperare ovunque anche 'l’ultima goccia'. “La nostra attività di garanti sulla filiera è ispirata a principi di qualità, equità, controllo e fiducia - afferma il presidente del Conou Riccardo Piunti - e questo permette di ottenere trasparenza e tracciabilità. Al centro c’è la qualità: prestiamo grande attenzione alla gestione e alla qualità del rifiuto in entrata e quindi ci atteniamo a scrupolosi standard per l’olio rigenerato in uscita, che deve essere equivalente a quello di prima produzione petrolifera. Tutto ciò continua a destare grande interesse da parte di Paesi sia europei che extraeuropei, che vogliono approfondire i nostri standard e il nostro modo di funzionare: noi siamo a disposizione di tutti per esportare il ‘modello Conou’”. La filiera Conou è composta da 58 Concessionari e 2 Imprese di Rigenerazione e i processi adottati hanno permesso di trasformare un rifiuto pericoloso in nuove basi lubrificanti di elevata qualità, riducendo al minimo il ricorso a termodistruzione e combustione, che insieme hanno interessato meno dell’1,5% del totale. Nel 2024 sono stati eseguiti 6.907 conferimenti presso oltre 103mila produttori e siti in tutta Italia, il 12% proveniente dall’industria e l’88% da officine meccaniche. La raccolta è stata svolta con 673 automezzi, per un totale di 25,1 milioni di km percorsi. Oltre il 56% del totale raccolto arriva dal Nord e vede in cima alla lista delle regioni produttrici la Lombardia (21%) seguita dal Veneto (11%); le regioni del Centro contribuiscono con una raccolta del 18% (solo dal Lazio arriva il 7% e la Campania che ne raccoglie l’8%). Il Sud e le isole arrivano al 26%. A proposito dei mezzi, nell’ambito della strategia di decarbonizzazione della filiera, il Consorzio ha avviato un’iniziativa di promozione su base volontaria dell’utilizzo di Hvo (Hydrotreated Vegetable Oil) come alternativa al gasolio tradizionale nei veicoli dei concessionari di raccolta. Stimati e certificati i vantaggi per l’ambiente e la salute, grazie alla raccolta e alla rigenerazione rispetto al ciclo lineare che non prevede alcuna rigenerazione e riuso degli oli minerali usati, con oltre 90mila tonnellate di CO2 equivalente evitate (-45% rispetto al ciclo lineare); oltre 7,4 milioni di GJ di combustibili fossili risparmiati (-85%); circa 49 milioni di m3 di acqua risparmiata (-85%); oltre 655 milioni di suolo 'qualitativamente' preservato (-91%); riduzione del 42% degli impatti cancerogeni e del 86% dei non cancerogeni e oltre 8 unità di incidenza malattie/particolato evitate, con una riduzione del 91%. Sul fronte economico-sociale, nel 2024 il sistema Conou ha generato un impatto diretto di oltre 73,4 milioni di euro, occupando oltre 1.850 persone, con effetti positivi in termini di coesione territoriale, inclusione sociale e sviluppo locale. Il sistema garantisce elevata stabilità occupazionale e presenza capillare sul territorio, contribuendo alla creazione di valore condiviso. “Siamo un consorzio indipendente e senza fine di lucro - ricorda il presidente Piunti - e la raccolta non richiede contributi pubblici ma utilizza risorse dei soli soggetti consorziati grazie al principio di Responsabilità Estesa del Produttore (Epr). Guardiamo con attenzione alle nostre tante aziende familiari che affrontano un cambio generazionale e cerchiamo di integrare i potenziali nuovi attori. Nel frattempo, continuiamo a reprimere l’evasione del contributo ambientale fino all’ultimo euro”.