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(Adnkronos) - Ecco i principali interventi, regione per regione, previsti dal piano di investimenti da 300 miliardi per la rete ferroviaria italiana: Abruzzo Roma-Pescara, costo 961 milioni, attivazione: 2027 per fasi Basilicata Nuova Linea Ferrandina – Matera, costo 525 milioni, attivazione: 2028 Calabria AV/AC Salerno – Reggio Calabria, raddoppio galleria Santomarco, costo 2,127 miliardi, attivazione: 2032 Campania Napoli-Bari Interventi su linea Cancello-Napoli, costo 1,031 miliardi, attivazione; dal 2026 Raddoppio Apice – Orsara, costo 2,51 miliardi, attivazione: 2029 Salerno-Reggio Calabria, lotto Battipaglia-Romagnano, costo 2,912 miliardi, attivazione: 2028 Emilia-Romagna Linea Adriatica, quadruplicamento Bologna-Castelbolognese, costo 3,5 miliardi, attivazione 2033 Friuli-Venezia Giulia Potenziamento Venezia-Trieste, costo 251 milioni, attivazione dal 2026 Lazio Nodo di interscambio Pigneto, costo 230 milioni, attivazione 2026-29 Raddoppio Campoleone-Aprilia, costo 98 milioni, attivazione: dal 2026 Liguria Nodo di Genova e Terzo Valico dei Giovi, costo 10,623 miliardi, attivazione: dal 2024 Lombardia Linea AV/AC Milano – Verona, Costo 2,05 miliardi, già attivata Marche Nodo di Falconara, costo 175 milioni, attivazione: 2026 Elettrificazione Civitanova-Albacina, costo 160 milioni, attivazione: 2026 Molise Raddoppio Pescara-Bari (Tratta Termoli Lesina), costo 700 milioni, attivazione: 2026-2028 Piemonte Passante di Torino tratta Porta Susa – Stura, Costo: 1,045 miliardi, già attivato Collegamento Porta Nuova - Porta Susa, costo 116 milioni, attivazione: 2028 Puglia Raddoppio Pescara-Bari, costo 700 milioni, attivazione: 2026-2028 Napoli – Bari (Raddoppio Orsara – Bovino) costo 579 milioni, attivazione: 2028 Sardegna Elettrificazione Cagliari – Oristano, costo 107 milioni, attivazione: 2027 Sicilia Palermo-Catania, (Lotto 1+2 Fiumetorto-Lercara), costo 2,035 miliardi, attivazione: 2030 Palermo-Catania, (Lotto 5 Dittaino-Catenanuova), costo 809 milioni, attivazione: 2028 Toscana Nodo AV di Firenze, costo 2,735 miliardi, attivazione: dal 2029 Trentino-Alto Adige Brennero (lotto Fortezza-Ponte Gardena), costo 1,523 miliardi, attivazione: 2029 Circonvallazione di Trento, costo 1,282 miliardi, attivazione: 2028 Galleria di base del Brennero - quota Italia, costo 5,262 miliardi, attivazione: 2032 Umbria Orte-Falconara ( Raddoppio Spoleto-Campello) costo 388 milioni, attivazione: 2026 Valle d'Aosta Elettrificazione Ivrea-Aosta e adeguamento linea Chivasso – Aosta, costo 172 milioni, attivazione: 2026 Veneto Linea AV/AC Verona Padova (attraversamento di Vicenza) costo 2,18 miliardi, attivazione: 2032 Linea AV/AC Verona-Padova (tratta Verona - bivio Vicenza), costo 3,287 miliardi, attivazione: 2026
(Adnkronos) - Dopo il via libera da parte del Cipess al progetto esecutivo del Ponte sullo Stretto di Messina si è entrati nella fase cruciale dell'opera. Ed è particolarmente interessante analizzare il potenziale impatto occupazionale dell’opera: un’infrastruttura di tale portata non rappresenta soltanto un ingente investimento economico, ma anche un banco di prova per osservare come il mercato del lavoro risponderà a una richiesta straordinaria di competenze tecniche e specialistiche. Secondo i dati ufficiali della società Stretto di Messina Spa si stima che in cantiere saranno occupati mediamente 4.300 addetti all'anno che raggiungeranno un picco di 7.000 addetti nel periodo di maggiore produzione. "Su un orizzonte di sette anni - spiega Andrea Benigni, amministratore delegato Eca Italia, società punto di riferimento delle direzioni risorse umane per la gestione della mobilità internazionale- ciò equivale a circa 30 mila unità lavorative per anno (ula) dirette, a cui si sommano 90 mila ula tra indotto e filiera, per un totale complessivo di 120 mila ula. Il punto centrale per comprendere la reale portata occupazionale dell’opera è la distinzione tra unità lavorative per anno (ula) e posti di lavoro. Un’ula equivale a una persona occupata a tempo pieno per un anno. In altri termini, se un saldatore lavora sulla stessa commessa per dieci anni, genera dieci ula, ma resta pur sempre un solo lavoratore. Volendo tradurre queste considerazioni in un numero, il Ponte sullo Stretto potrebbe generare, tra diretti e indotto, 15.000–20.000 posti di lavoro complessivi nell’arco dei 7–8 anni di esecuzione”, sottolinea. Ma per Benigni la vera sfida occupazionale del Ponte sullo Stretto riguarda la disponibilità della manodopera necessaria alla costruzione dell'infrastruttura. “Dove reperiremo le figure necessarie, molte delle quali con competenze tecniche già oggi difficili da trovare?", domanda Benigni. "Il settore delle costruzioni in Italia -ricorda l'esperto- affronta un mismatch strutturale tra domanda e offerta: mancano carpentieri, tecnici di cantiere, saldatori, ingegneri strutturali, operatori di macchinari complessi. Un divario che rischia di amplificarsi di fronte a un’opera di queste dimensioni”. La questione centrale non è soltanto quanti lavoratori saranno impiegati, ma soprattutto quali competenze saranno necessarie e come sarà possibile, se necessario, attrarle. In altre parole, non si tratta semplicemente di gestire numeri: occorre pianificare e valorizzare capitale umano reale. Per le aziende direttamente coinvolte e per l’intero ecosistema delle costruzioni, il cantiere rappresenterà un vero e proprio stress test operativo. E secondo Benigni "a questo punto entra in gioco il tema dell’immigrazione qualificata. L’Unione Europea dispone già di strumenti per attrarre competenze dall’estero, primo fra tutti la blue card", che rilasciata ai lavoratori extra Ue altamente qualificati. Si tratta di un canale di ingresso che consente l’assunzione dall’estero e al di fuori delle quote fissate con il decreto flussi. "Tuttavia, i dati raccontano un’Italia in ritardo: secondo Eurostat, nel 2023 la Germania ha rilasciato oltre 69.000 blue card, mentre l’italia ne ha concesse meno di 1.000. È probabile che i dati 2024 non mostreranno variazioni significative rispetto a questo divario. La differenza non è casuale. La Germania ha costruito attorno alla blue card un ecosistema favorevole: procedure snelle, digitalizzazione, riduzione dei vincoli burocratici e percorsi di integrazione rapidi", sottolinea. "L’Italia, al contrario, procede -spiega ancora- con maggiore lentezza, tra iter complessi e un approccio culturale che continua a interpretare l’immigrazione prevalentemente in chiave emergenziale o come manodopera a bassa qualificazione. Eppure, per colmare il divario tra domanda e offerta, l’apertura verso specialisti e talenti internazionali diventa imprescindibile”. Le aziende italiane che hanno già introdotto personale qualificato attraverso la Blue Card riportano non solo vantaggi immediati in termini di competenze, ma anche un arricchimento culturale e una maggiore capacità di innovazione. “Il ponte sarà costruito con acciaio e cemento, ma la sua riuscita dipenderà soprattutto dal capitale umano che sapremo mobilitare. Se non riusciremo a colmare il mismatch di competenze, il rischio è duplice: ritardi nei lavori e ulteriore perdita di competitività. Al contrario, se sapremo trasformare questa sfida in opportunità, il cantiere potrà diventare un acceleratore di innovazione nelle politiche del lavoro”, chiosa Benigni.
(Adnkronos) - "L’agricoltura campana è una componente essenziale del sistema economico regionale: circa il 13% del valore aggiunto complessivo arriva dalla filiera agroalimentare, che comprende agricoltura, distribuzione, ristorazione, turismo e commercio. Nel 2024 il valore della produzione agricola campana ha superato per la prima volta i 5,1 miliardi di euro. È un’agricoltura che sta bene, con punti di forza ma anche con alcune criticità”. Lo ha dichiarato Ersilia Di Tullio, responsabile strategica advisor di Nomisma, presentando la ricerca 'Agricoltura in Campania e nuovi scenari evolutivi' nell’ambito di Campania Mater. “Le criticità – ha aggiunto – sono legate soprattutto alla riorganizzazione del tessuto produttivo e al calo delle imprese agricole, in particolare nelle aree più svantaggiate, con ripercussioni sull’equilibrio socio-economico di quei territori. Allo stesso tempo, però, la Campania continua a distinguersi per produzioni di eccellenza che rappresentano vere e proprie bandiere del Made in Italy nel mondo. A ciò si aggiunge la capacità di intercettare i flussi turistici, una grande ricchezza per la regione”. Sul fronte dell’internazionalizzazione, Di Tullio ha ricordato che “con 5,7 miliardi di euro di export agroalimentare, l’agricoltura campana contribuisce per il 26% alle esportazioni regionali, un dato di assoluto rilievo. È fondamentale proseguire sulla strada della promozione del Made in Campania all’estero: già oggi il turismo, composto per il 53% da visitatori stranieri, rappresenta un biglietto da visita straordinario per i nostri prodotti”. Guardando alle prospettive future, la responsabile di Nomisma ha indicato la rotta: “Occorre costruire un’agricoltura sempre più multifunzionale, capace di arrivare sul mercato con produzioni ad alto valore aggiunto – dall’ortofrutta alla pasta, dalle conserve di pomodoro al vino – e al tempo stesso di diversificare e completare l’offerta. Questo consente non solo di rafforzare la competitività, ma anche di favorire l’insediamento dei giovani e mantenere viva l’agricoltura nelle aree più fragili, a rischio spopolamento”.