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(Adnkronos) - "Celebriamo oggi la prima Giornata nazionale degli Internati militari italiani nei campi di concentramento tedeschi dopo l’8 settembre del ’43. Nella memoria della Repubblica viene in questo modo impresso, e definito, un segno di grande importanza. Un segno che rafforza - in quanto la completa - la radice della democrazia conquistata dal nostro popolo. E perché rende pienamente onore ai militari italiani che ebbero il coraggio di pronunciare il loro no al nazifascismo, pagando un prezzo personale altissimo e subendo, al termine della guerra, una sorta di oscuramento della loro resistenza, travagliata ed eroica". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, celebrando al Quirinale la Giornata degli Internati militari. "Con quel no ai fascisti di Salò e alle truppe di occupazione - ha rimarcato il capo dello Stato - difesero la dignità e il senso autentico dell’amor di Patria quando lo stesso vertice dello Stato si era dissolto". "Tra le vicende tragiche seguite all’Armistizio certamente un valore di simbolo di resistenza è stato assunto dallo scontro armato che la Divisione Acqui ingaggiò con le truppe tedesche a Cefalonia e Corfù. Migliaia di italiani caddero tra ufficiali e sottufficiali, tra morti in combattimento e trucidati dopo essere stati fatti prigionieri. È stata Resistenza quella dei militari catturati o uccisi nei Balcani o nelle diverse isole della Grecia, dei militari fatti prigionieri all’arrivo nelle città italiane delle forze occupanti tedesche. Nei no pronunciati allora ci sono ragioni morali e civili, nate certamente dalla fedeltà al giuramento alla corona e all’Italia, rafforzate da ragioni di coscienza e dal senso di umanità e della propria personale dignità", ha detto Mattarella. "A determinare la scelta di così tanti no - ha sottolineato - vi fu indubbiamente la percezione di un tradimento profondo del regime. Nel farsi vassallo del nazismo il regime rese evidente la distanza dai valori più profondi del popolo italiano. Il fascismo si contrappose di fatto alla Nazione e spinse quanti nella cultura patriottica e risorgimentale erano stati formati a cercare una nuova casa da edificare per esprimere i sentimenti del Paese". "Per lungo tempo le vicissitudini e la condotta dei circa 650mila militari internati sono rimaste in ombra, malgrado il numero dei caduti, le sofferenze patite da tutti loro, i coraggiosi rifiuti alle pressioni sempre più minacciose dei carcerieri, le reti di solidarietà costruite fra italiani. Sul piano valoriale, morale - e anche su quello concreto - la resistenza dei militari che dissero no ebbe un significato e una valenza di altissimo rilievo. Oggi tutto questo si coglie in modo finalmente più compiuto, grazie alla costante azione di stimolo delle vostre associazioni e al lavoro prezioso degli storici. La resistenza italiana non è stata limitata ad avanguardie patriottiche, ma ha ricevuto l’apporto di diversi affluenti provenienti da varie componenti sociali", ha detto Mattarella al Quirinale. "È grazie anche a tante resistenze senza armi - ha ricordato il capo dello Stato - che la resistenza armata ha trovato allora terreno fertile, consensi e sponde preziose. Quei principi di libertà, di indipendenza, di pace sono diventati patrimonio comune anche in virtù di sacrifici diffusi nella popolazione, di solidarietà generose e di tanti eroismi rimasti sconosciuti, sorretti dalle coscienze personali e propagatisi proprio con la forza di coerenti testimonianze. Allargare lo sguardo sulla ribellione degli italiani agli oppressori è dunque un’esigenza di verità. Preziosa anche per comprendere la saldezza delle radici e il valore costituente della Resistenza". "I militari, abbandonati a loro stessi dopo l’8 settembre, che difesero l’onore della Patria rifiutando l’arruolamento nell’esercito tedesco o in quello di Salò sapevano di compiere una scelta di grave rischio sul piano personale. Tanti pagarono con la vita. Tanti morirono nei lager tedeschi. Tutti patirono sofferenze immani vivendo in condizioni di sostanziale schiavitù per un anno e mezzo. Sofferenze e ferite non cancellabili. La libertà di cui oggi ci gioviamo ha un debito verso il coraggio di questi uomini", ha sottolineato il presidente della Repubblica. "Patrioti - ha ribadito il capo dello Stato - che nei campi tedeschi sono stati privati della stessa loro identità e ridotti a un numero, che hanno respinto lusinghe e promesse quando è stato loro proposta la rinuncia alla loro dignità di italiani in cambio di una scarcerazione. Patrioti che, nelle baracche, dopo il lavoro, hanno cominciato a tessere i fili di quelle relazioni solidali, di quell’etica collettiva che sarebbe diventata l’humus di un nuovo inizio per l’Italia". "Circa 650mila sono stati i militari - con loro anche tanti civili - che hanno pronunciato quel no a una richiesta imperiosa e gravida di minaccia, contraria alla loro coscienza. Un numero enorme, che merita di essere sottolineato, anche perché non si è formato sulla base di un ordine o di una indicazione istituzionale ma è sorto da una loro personale, consapevole scelta. La confusione seguita all’8 settembre poteva indurre a scelte diverse, più convenienti. Invece la risposta, così ampia, dei militari italiani è stata quella del rifiuto. In nome dell’Italia. Per non combattere contro altri italiani. Per non rendersi complici degli orrori che già venivano alla luce. Per non piegarsi davanti a chi si presentava da nemico e pretendeva sudditanza. Le scelte coraggiose dei militari italiani hanno avuto anche un peso effettivo sugli eventi. Quelle scelte - ha affermato Mattarella - hanno reso più debole l’occupante e favorito anche concretamente la Liberazione". "Tante personalità prestigiose affrontarono l’internamento, il campo di concentramento tedesco, per non disonorare la divisa e non venir meno al proprio giuramento. Molti di questi coraggiosi testimoni sono diventati, con la Repubblica, anche artefici delle istituzioni repubblicane e maestri. I maestri possono davvero essere tali solo se sono anche testimoni coerenti dei valori di cui si fanno interpreti. La testimonianza di chi ha compiuto scelte coraggiose che hanno contribuito a rendere possibile un futuro migliore rappresenta un seme di speranza", ha detto il capo dello Stato. "Va rivolta e va espressa la nostra riconoscenza - ha concluso - a uomini che tanto hanno dato alla nostra libertà e al nostro benessere, quando l’esito era incerto e il rischio personale altissimo. Questa riconoscenza non deve mai venire meno".
(Adnkronos) - “Ci troviamo al 22esimo convegno di Codau, all'Università Cattolica di Milano, per parlare della trasformazione digitale nel mondo dell'education in generale e in particolare per le università, dell'impatto che questo ha sulla pianificazione nei confronti delle infrastrutture, sia fisiche che digitali, e di come questo possa accelerare i percorsi di sviluppo e di formazione all'interno del mondo universitario”. È quanto affermato da Sergio Gianotti, responsabile per il settore pubblico Aws Italia (Amazon Web Services Italia), in occasione di Codau 2025, il XXII convegno annuale dei Direttori generali delle Amministrazioni Universitarie, che affronta la tematica della coopetizione universitaria, la strategia per cui si collabora in modo da ottenere benefici comuni in alcune aree pur continuando a competere in altri ambiti. “Crediamo che oggi le sfide da affrontare siano molteplici. Ci sono sfide legate al cambio demografico, a un incremento dei costi e anche alla necessità di investimento nel mondo universitario, accademico e nella ricerca. Per l’Italia, in particolare, questa fase di transizione, che nel 2026 porterà la fine degli investimenti del Pnrr, conferma la necessità di sostenere ulteriori investimenti in futuro”. “Crediamo che la trasformazione digitale e l'utilizzo delle tecnologie digitali, in particolare dell’intelligenza artificiale, saranno un elemento fondamentale da sfruttare il più possibile per accelerare la collaborazione tra le università e riuscire ad ottimizzare l'investimento infrastrutturale, utilizzando dei meccanismi di collaborazione per continuare a mantenere quella coopetizione, e competizione sul contenuto, sull’eccellenza accademica che, invece, è il frutto fondamentale che arriva dalle nostre università e chi costruisce le future generazioni e le loro competenze”, conclude.
(Adnkronos) - Una fotografia aggiornata e complessa dell’agricoltura campana, tra criticità strutturali e potenzialità di sviluppo, è quella emersa dalla ricerca condotta da Nomisma su incarico dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, presentata nell’ambito del progetto 'Agricoltura in Campania e nuovi scenari evolutivi'. Lo studio, sviluppato lungo nove direttrici tematiche, ha costituito la base di indagine scientifica per i lavori dei nove tavoli di confronto dell’evento Campania Mater, in corso il 17 e 18 settembre a Napoli. Al centro dell’analisi, il tema cruciale di suolo e acqua, risorse fondamentali ma sotto forte pressione. In Campania il consumo di suolo ha raggiunto nel 2023 i 143mila ettari, pari all’11% del territorio, con Napoli che da sola concentra oltre un terzo delle superfici compromesse. Una criticità aggravata dalla vulnerabilità ai nitrati: 316mila ettari risultano classificati come zone a rischio, coinvolgendo il 72% delle aree agricole e quasi la metà della popolazione regionale. A ciò si aggiunge la cronica scarsità idrica, che negli ultimi decenni ha registrato indici di deficit tra i più elevati in Europa. Altro fronte di indagine quello delle comunità rurali e delle aree interne, segnate da spopolamento e difficoltà economiche. Tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso il 4% della popolazione, con punte del -5,8% a Napoli e del -5,1% a Benevento. Un calo che si riflette sulla vitalità dei territori e sulla disponibilità di forza lavoro agricola, aggravato dalla contrazione della Superficie Agricola Utilizzata (-10% tra 2010 e 2020). L’indagine approfondisce poi il rapporto tra cibo e salute, con consumi alimentari in trasformazione: calano i volumi acquistati di frutta e carne, cresce la spesa per oli e grassi. Segnali positivi arrivano dall’agricoltura biologica, che ha visto quintuplicare le superfici coltivate in dieci anni, raggiungendo nel 2023 il 20% della Sau regionale. Un capitolo specifico riguarda i cambiamenti climatici: la temperatura media in Italia è cresciuta di 1,3°C negli ultimi decenni, con conseguenze dirette sulla stabilità dei raccolti. La Campania, sottolinea lo studio, dovrà rafforzare pratiche resilienti, gestione efficiente dell’acqua e diversificazione colturale per mantenere competitività. In controtendenza, il comparto agroalimentare campano mostra segnali di forte dinamismo. La cosiddetta Dop Economy rappresenta uno dei punti di forza del Made in Campania: nel 2024 l’export ha raggiunto i 5,7 miliardi di euro, +111% rispetto al 2014, con un saldo commerciale positivo di 1,5 miliardi. Ortofrutta trasformata, prodotti da forno e lattiero-caseari trainano le vendite, confermando l’identità internazionale delle filiere certificate. Un focus riguarda anche il mare e la pesca, con una flotta che rappresenta l’8,6% del totale nazionale e una produzione annua di oltre 5mila tonnellate. Un settore di nicchia ma strategico, integrato nella filiera agroalimentare regionale. La ricerca affronta inoltre i temi dello spreco alimentare (quasi metà della frutta campana resta in campo), dell’innovazione e della formazione: il 60% dei conduttori agricoli ha un titolo di studio non superiore alla licenza media, ma cresce la formazione continua e aumenta il numero di istituti agrari (+55% iscritti dal 2015). Ampio spazio infine ai giovani e alle donne in agricoltura: le aziende condotte da under 40 sono in calo (-24% dal 2019 al 2024), ma la Campania resta tra le prime regioni italiane per imprese giovanili e si distingue per la forte presenza femminile (38,8% delle aziende agricole). Dal quadro emerge un sistema agroalimentare che deve affrontare sfide complesse — consumo di suolo, spopolamento, scarsità idrica e invecchiamento imprenditoriale — ma che al tempo stesso esprime punti di forza solidi, dall’export alla multifunzionalità delle aziende, fino alla crescita del biologico e delle certificazioni di qualità. Le conclusioni di Nomisma indicano una strada chiara: integrare tutela ambientale, innovazione, sostegno ai giovani e alle donne, riduzione dello spreco e rafforzamento delle comunità rurali. Solo così, sottolinea la ricerca, sarà possibile garantire competitività, sostenibilità e inclusione, facendo dell’agricoltura campana non solo un settore produttivo, ma un motore di coesione e sviluppo per l’intero territorio.