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(Adnkronos) - Ondata di forte maltempo sull'Italia con temporali, venti forti e allagamenti da Nord a Sud. A essere colpita in particolare l'Emilia Romagna, che dall'allerta meteo arancione di oggi passerà domani in allerta rossa. Allerta gialla oggi, invece, in altre 9 regioni: si tratta di alcuni settori sempre dell'Emilia Romagna (pianura modenese, montagna emiliana centrale, pianura reggiana di Po e pianura reggiana) dove è giallo per rischio idraulico così come in Calabria (versante Tirrenico Centro-settentrionale e versante Tirrenico settentrionale). Rischio temporali quindi in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise e Umbria. Il rischio idrogeologico riguarda sempre Abruzzo, Calabria, Molise e Campania, Emilia Romagna (montagna emiliana centrale), Lazio, Marche e Toscana. Intanto, a seguito dell’allerta rossa dell’Emilia Romagna, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabio Ciciliano presiede, nella sede di via Vitorchiano a Roma, l’Unità di crisi del Dipartimento della Protezione civile per fare il punto – insieme alle strutture operative e alle Regioni interessate – sull’evoluzione del maltempo, sulle criticità in atto e sulle azioni di prevenzione adottate dalle strutture territoriali di protezione civile, in contatto con le quali il Dipartimento continuerà a seguire l’evolversi della situazione. Per la giornata di domani è prevista un’allerta rossa per criticità idraulica in pianura nelle province di Bologna, Ferrara e Ravenna. Lo riferisce la Regione Emilia Romagna sottolineando che, in particolare, l’attenzione è rivolta "ai superamenti della soglia 3 sugli affluenti a destra del fiume Reno con alimentazione collinare. Al momento, osservato speciale è il fiume Idice, oltre soglia 3 (rossa). L’allerta sarà invece arancione per criticità idraulica e idrogeologica nella collina emiliana centrale, in quella bolognese, nella montagna bolognese e in tutta la Romagna fino alla Costa ferrarese". Resta aperto h24 il Centro operativo regionale (Cor), a Bologna, coordinato con prefetture e sindaci, coi quali resteranno in contatto il presidente della Regione, Michele de Pascale, e la sottosegretaria alla presidenza con delega alla Protezione civile, Manuela Rontini. "Sulla base del bollettino da poco emesso dall'Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile, e dei dati previsionali Arpae - sottolinea la Regione - si prevedono precipitazioni diffuse e persistenti, soprattutto sul settore centrale della regione, che potranno generare diffusi fenomeni franosi, ruscellamento lungo i versanti e innalzamenti dei livelli idrometrici nei corsi d’acqua con superamenti della soglia 2. Sui settori appenninici e collinari emiliani i fenomeni saranno nevosi a partire da quote attorno ai 300/400 metri, con accumuli di 5-15 cm sulle zone collinari e di ulteriori 20-30 cm sulle zone montuose". "Inoltre, lungo la fascia costiera sono previsti venti di burrasca moderata (62-74 km/h) da nord-est, con rinforzi o raffiche di intensità superiore, con mare agitato, localizzati fenomeni di erosione dei litorali, delle dune e degli argini invernali, nonché ingressioni marine che possono interessare gli stabilimenti balneari - prosegue la Regione Emilia Romagna - Saranno possibili anche esondazioni di fiumi e canali alla foce, per le difficoltà di deflusso delle piene in mare". "Quanto alla giornata odierna, secondo il monitoraggio di Arpae, le precipitazioni delle ultime ore stanno generando rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici degli affluenti di Reno e fiumi romagnoli - aggiunge la Regione - Per le prossime ore sono previste precipitazioni diffuse sull'intero territorio regionale, di debole intensità sul settore più occidentale e le pianure settentrionali, di moderata intensità sulle rimanenti aree con picchi localmente elevati sulle aree collinari e pedecollinari del bolognese e della Romagna". "Quota neve in rapido abbassamento dal mattino sul settore occidentale ed ancora elevata sull'Appennino romagnolo. E' attesa una temporanea attenuazione dei fenomeni sulla Romagna nel primo pomeriggio", conclude. Intanto alcuni parziali allagamenti di sottopassi a Bologna per il maltempo nella giornata di oggi. Lo riferisce il Comune, in una nota di aggiornamento sull'allerta meteo arancione, sottolineando che "il bollettino di aggiornamento pubblicato dall’Agenzia regionale di Protezione Civile e Centro funzionale Arpae, valido dalle 10.30 fino alle 15 di oggi, indica che le precipitazioni delle ultime ore stanno generando rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici degli affluenti di Reno. Per le prossime ore sono previste precipitazioni diffuse sull'intero territorio, di debole intensità sul settore più occidentale e le pianure settentrionali, di moderata intensità sulle rimanenti aree". "Alle ore 12 si è riunito il Coc per condividere il quadro aggiornato dell’evoluzione meteorologica prevista e per coordinare gli interventi sulle criticità in corso - sottolinea il Comune di Bologna - Al momento, tali criticità riguardano parziali allagamenti di alcuni sottopassi in cui la viabilità è attualmente monitorata e gestita dalla polizia locale". "Prosegue l’attento monitoraggio dei punti sensibili sia attraverso sistema di videosorveglianza dalla Centrale operativa che a vista, tramite presenza di pattuglie della polizia locale e dei volontari di protezione civile", continua il Comune. A causa delle forti e persistenti piogge e del perdurare dell’allerta meteo a San Lazzaro di Savena, nel Bolognese, è stata emessa un'ordinanza di evacuazione dei piani interrati e seminterrati in alcune zone del Comune. "È fatto assoluto divieto di transitare o sostare nelle vicinanze dei corsi d’acqua durante la piena e nelle aree eventualmente esondate, se non per il tempo strettamente necessario alle operazioni di evacuazione" si legge sulla pagina Fb del Comune. Per gli allagamenti provocati dalle intense piogge di ieri, è ancora chiusa al traffico la strada provinciale 31 Matera-Montescaglioso nel tratto da Parco dei Monaci a Montescaglioso città. Lo ha comunicato la Provincia di Matera. Non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per il transito, sebbene siano in corso da ieri le operazioni di pulizia e rimozione dei detriti. L'ente provinciale ha riaperto al traffico in entrambe le direzioni la sp 3 Matera-Metaponto, provvisoriamente chiusa nel tardo pomeriggio di ieri dal km 15+600 al km 23+600 dopo alcuni allagamenti nella zona compresa tra Bernalda e Montescaglioso. Sul posto sono intervenuti il personale della Provincia e alcune ditte esterne che hanno ripristinato le condizioni di sicurezza. Ieri sono stati numerosi gli interventi dei vigili del fuoco, soprattutto per mettere in sicurezza e soccorrere automobilisti in difficoltà. Oggi Bora forte o molto forte sulla costa, con probabili raffiche che a Trieste e in mare aperto potranno raggiungere velocità di 120 km orari: è quanto si legge nel bollettino della protezione civile regionale del Friuli Venezia Giulia secondo cui anche domani proseguiranno le condizioni favorevoli all'afflusso di Bora forte, in particolare sulla costa, con raffiche attese (sempre a Trieste) attorno ai 100-110 km orari. Durante la mattinata alla Sala operativa regionale (Sor) e al Nue 112 sono arrivate segnalazioni di recinzioni divelte nel comune di Trieste, alberi caduti nei comuni di Fiumicello Villa Vicentina, Duino-Aurisina e Trieste, segnalazioni di problematiche legate al vento forte nei comuni di Trieste, Cervignano del Friuli, Doberdò del Lago, Monfalcone, Duino-Aurisina, Fiumicello Villa Vicentina. Confermata l'allerta gialla in Toscana e nel Lazio per il giorno di Natale. La Sala operativa della protezione civile regionale della Toscana informa che è estesa all’intera giornata di domani, giovedì 25 dicembre, l’allerta di codice giallo per rischio idrologico e idraulico del reticolo minore sulle isole dell’Arcipelago e sull’Appennino orientale. Cessano invece alla mezzanotte di oggi, mercoledì, il codice giallo per vento (pianura, costa, Arcipelago, zone collinari e appenniniche) e alle 12 di domani, giovedì, il codice giallo per rischio neve sui versanti appenninici emiliani e romagnoli. Nel Lazio, dove "si prevedono precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale, in particolare sui settori tirrenici", la Protezione civile ha diramato l'allerta a partire da questo pomeriggio "e per le successive 12 ore". "I fenomeni - si legge sul sito della Protezione civile della Regione - saranno accompagnati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica e forti raffiche di vento". Cielo grigio, pioggia e raffiche di vento, soprattutto a Milano e in pianura. E' un Natale decisamente invernale in Lombardia, dove domina una fase di instabilità meteorologica legata a un centro di bassa pressione posizionato sull’Europa sud-occidentale, responsabile di un peggioramento diffuso proprio nei giorni delle festività. Nel corso di oggi, mercoledì 24 dicembre, Arpa Lombardia ricorda che la nuvolosità è in progressivo aumento a partire da sud-est, seguita da precipitazioni diffuse. A Milano e sulla pianura si registrano piogge accompagnate da venti orientali moderati, a tratti con raffiche sostenute, mentre sui rilievi non si escludono deboli nevicate oltre i 1.000 metri, localmente anche a quote più basse, fino a circa 600 metri. La giornata di domani, 25 dicembre, si apre con un cielo molto nuvoloso e deboli precipitazioni residue su gran parte della regione. Lo zero termico è in lieve calo, con la possibilità di neve o neve mista a pioggia a quote ancora più basse, mentre sulle Alpi orientali sono attese le prime schiarite, accompagnate da una generale attenuazione dei fenomeni. Persistono venti da est sulla bassa pianura e sull’Appennino, localmente con raffiche intense. Il cambio di scenario è atteso tra venerdì 26 e sabato 27, quando il centro di bassa pressione tenderà a spostarsi verso ovest, lasciando spazio a condizioni via via più stabili. Sulla Lombardia si assisterà a una progressiva diminuzione della nuvolosità, con ampie schiarite e molto sole. Le temperature massime saranno in lieve aumento, mentre le minime scenderanno sensibilmente, portando il clima su valori più tipicamente invernali. Il miglioramento proseguirà anche nei giorni successivi: domenica 28, lunedì 29 e martedì 30 mostrano una buona probabilità di tempo stabile, con prevalenza di sole su tutta la regione. Attenzione però al freddo: con cieli sereni e aria più secca, le temperature notturne sono destinate a calare ulteriormente, con valori minimi che potrebbero raggiungere i -3 gradi entro sabato 3 gennaio. A Venezia è previsto almeno un metro di acqua alta sul medio mare durante la notte tra oggi e domani e quindi è possibile il sollevamento del Mose se le previsioni d'innalzamento del mare saranno confermate nel corso della giornata. A causa dei forti venti di bora previsti, per la città di Chioggia si prevedono addirittura circa 15 centimetri di marea in più. Lo comunica il Centro maree del Comune di Venezia.
(Adnkronos) - Un incontro speciale, carico di significato umano, quello che si è svolto questa mattina in Vaticano, nel corso dell’udienza privata tra i consulenti del lavoro e il Santo Padre. Un’occasione per sottolineare il ruolo sociale della categoria, fortemente impegnata nel favorire l’inserimento socio-lavorativo delle persone più fragili e nel promuovere un lavoro sicuro, dignitoso e inclusivo. Valori e funzioni che trovano spazio nel volume 'Lavoro, persone, comunità. I consulenti del lavoro nel Giubileo della Speranza', donato a Papa Leone XIV. Progressi e limiti dell’inclusione nel mercato del lavoro italiano sono al centro anche della fotografia scattata per l’occasione dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro in un focus sui diversi segmenti della popolazione che vivono situazioni di fragilità, sulle motivazioni che ostacolano l’inclusione e sui risultati ottenuti finora. I dati che emergono dalla nota evidenziano segnali incoraggianti sul fronte del mercato occupazionale. Il numero dei Neet si è ridotto di quasi 1 milione di unità negli ultimi anni, pur restando ancora oltre 2 milioni di giovani esclusi da percorsi di lavoro o formazione. Miglioramenti, seppur graduali, si registrano anche per le persone con disabilità, il cui tasso di occupazione è cresciuto nel tempo (il 41,8% risulta occupato) così come sono aumentate le iniziative di formazione e lavoro rivolte agli ex detenuti. Accanto a questi elementi positivi, permane un’area di inclusione debole, legata al lavoro sommerso e alla povertà educativa e lavorativa, che richiede interventi mirati per rafforzare qualità e stabilità dell’occupazione. Ed è proprio in questo contesto che il ruolo dei consulenti del lavoro assume una valenza strategica. “L’incontro con il Santo Padre è stato un momento di grande valore umano e simbolico, che ha contribuito a rafforzare il nostro ruolo sociale, ricordandoci come il lavoro debba essere prima di tutto uno strumento di dignità, inclusione e servizio verso i più fragili: è questa la missione che ogni giorno anima il nostro impegno nel sostenere lavoratori e imprese, nel contrastare le disuguaglianze e nel costruire opportunità per chi è ai margini del mercato del lavoro”, ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca. “Cerchiamo di costruire il domani garantendo il diritto alla pensione ai colleghi. Lavoriamo anche per garantire assistenza e aiuto sulla previdenza, sulla sanità e a tutte quelle attività che garantiscono il benessere e le prospettive future dei consulenti”. A dirlo Sergio Giorgini, presidente Enpacl, nel corso dell’evento ‘Costruire il domani-etica, valori, sostenibilità, legalità’, promosso dal Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, dall’Enpacl, dalla Fondazione studi e dalla Fondazione Lavoro. “Questo è un Governo stabile che sta producendo risultati positivo dal punto di vista dell’occupazione. Credo che sia importante, in tutte le scelte che facciamo, mantenere il rigore della competenza e dei valori etico-professionali; aspetti questi che fanno la differenza”. A dirlo Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle politiche sociali, nel corso dell’evento. “Non c’è inclusione senza lavoro; aver bisogno di un sostegno non è una condizione da cui non si può uscire, anzi - avverte - un sostegno serve per poi entrare nel mercato del lavoro”. “Diminuiscono gli infortuni nel settore strettamente lavorativo - osserva - ma aumentano quelli in itinere. E proprio su questo dobbiamo lavorare. Con il decreto sicurezza che oggi approviamo ci prenderemo cura dei superstiti minori che hanno perso un genitore sul lavoro, pagando borse di studio per essere accompagnati serenamente nel mercato del lavoro. Il 2026 - assicura - ci porterà un ulteriore impegno per la realizzazione di norme che non devono essere però attuate con gli occhiali del passato”. “Oggi - sostiene Fabrizio D’Ascenzo, presidente Inail - è una giornata storica perché si sono incastrate tre questioni fondamentali: conversione in legge del decreto sicurezza, la pubblicazione del nuovo bando Isi e l’evento organizzato dai consulenti del lavoro mi dà l’occasione di parlarne. I consulenti del lavoro conoscono benissimo l’attività dell’Inail; con la categoria abbiamo stipulato una convenzione per collaborare su formazione e informazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Noi cerchiamo di fare in modo che con la prevenzione, il prima, si possa evitare il dopo. La nostra ricerca ci consente di ottenere tecnologie utilissime per la prevenzione. L’Ia generativa consente di ottenere qualcosa in più che noi autonomamente non possiamo ottenere però va governata. Lo strumento ci consente di evitare che il prima possa condizionare il dopo nella vita di una persona”. “Bisogna investire nel lavoro per far sì che le persone con disabilità nel nostro Paese diminuiscano. Incentiviamo le imprese a dedicare 1 ora per attività sul posto di lavoro dei dipendenti, defiscalizzando quell’ora”. A dirlo Francesco Vaia, Autorità garante nazionale diritti persone con disabilità. “La disabilità - spiega - nasce dalla genetica, dall’infortunistica che non è solo sul lavoro, ma anche sulla strada e domestica, e dall’invecchiamento non attivo. Oggi il mondo del lavoro è la più grande infrastruttura dinamica esistente sia sul pubblico che sul privato e su questo bisogna intervenire per aiutare il mondo dei disabili”. La povertà educativa rappresenta una delle principali dimensioni strutturali di fragilità nel mercato del lavoro italiano, in quanto incide in modo persistente sulla capacità delle persone di accedere, mantenere e valorizzare un’occupazione, amplificando il rischio di esclusione lavorativa e di inclusione debole anche in presenza di crescita dell’occupazione. Quasi il 40% degli italiani tra i 20 e 64 anni che hanno al massimo un livello di istruzione medio restano fuori dal mercato del lavoro perché inattivi, mentre un altro 10% circa non riesce ad accedere ad un’occupazione, pur ricercandola. Emerge dalla nota, presentata oggi dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, 'Progressi e limiti dell'inclusione del mercato del lavoro italiano'. Il livello di inclusione dei soggetti a bassa scolarità risulta sensibilmente inferiore rispetto alle fasce di popolazione con livelli di istruzione più elevati, tra le quali diminuisce sia la propensione all’inattività (è del 26,9% tra i diplomati e del 14,9% tra i laureati) che la difficoltà di inserimento occupazionale (il tasso di disoccupazione è del 6,2% tra i diplomati e 3,4% tra i laureati). Si tratta di un fenomeno fortemente caratterizzato dal punto di vista geografico: al Sud, non solo la quota di soggetti a bassa scolarità è più alta del resto d’Italia (tra i 25 e 64 anni arriva al 45,6% contro il 37,5%), ma il rischio di esclusione dal mercato del lavoro è decisamente superiore: è inattivo il 50,1% della popolazione a bassa scolarità (contro valori medi di poco superiori al 30% nelle altre macroaree) mentre il 16,7%, pur cercando lavoro, non riesce a trovarlo (contro un valore che oscilla dal 5,8% nel Nord Ovest, 5,2% nel Nord Est e 6,8% nel Centro). Per quanto la povertà educativa resti un elemento di forte criticità nel nostro Paese, negli ultimi anni, le maggiori opportunità create da un mercato del lavoro estremamente dinamico, che ha visto anche nel Mezzogiorno crescere i livelli occupazionali, hanno favorito una maggiore efficacia delle politiche volte all’inclusione dei segmenti di più difficile collocazione. Il tasso di inattività, infatti, è ritornato sui livelli pre-Covid, dopo avere registrato tra 2020 e 2022 un incremento significativo (42,2 nel 2020) mentre quello di disoccupazione è diminuito dal 14,4 del 2018 al 13,2 del 2021, fino all’attuale 9,6% con un decremento particolarmente marcato nell’ultimo triennio. In parte collegato ma non sovrapponibile, è il fenomeno dei Neet. Questo, se da un lato può rappresentare l’esito diretto di percorsi di povertà educativa, caratterizzati da bassi livelli di istruzione, competenze di base insufficienti e transizioni scuola–lavoro fragili o interrotte, dall’altro include situazioni riconducibili a fattori ulteriori, quali la debolezza della domanda di lavoro locale, la precarietà dei percorsi di ingresso nel mercato del lavoro, i carichi familiari, le condizioni di salute o lo scoraggiamento prolungato. Un fenomeno che pur restando strutturale - sono ancora 2 milioni 79 mila i giovani di 15-34 anni non inseriti in percorsi di lavoro o istruzione, pari al 17,3% delle popolazione in tale fascia d’età - ha tuttavia registrato negli ultimissimi anni un drastico ridimensionamento, riconducibile in parte al rafforzamento della domanda di lavoro in alcuni settori a elevata intensità occupazionale, in parte all’espansione e alla maggiore focalizzazione delle politiche pubbliche rivolte ai giovani - in particolare sul versante dell’orientamento, della formazione professionalizzante e delle politiche attive - che hanno contribuito a intercettare una quota di giovani precedentemente inattivi o scoraggiati. A questi elementi si aggiungono fattori demografici, come la riduzione delle dimensioni delle coorti giovanili, che ha attenuato la pressione sull’ingresso nel mercato del lavoro, e un progressivo adattamento dei percorsi formativi alle esigenze produttive. L’insieme di tali fattori ha contribuito a ridurre di quasi un milione il numero dei Neet, passati da 3.011 mila del 2018 agli attuali 2.079 mila, e a portare l’incidenza dal 24,6% al 17,3%, grazie soprattutto alla riduzione di quanti erano alla ricerca di lavoro (passati da 1 milione 123 mila a 630 mila, per una contrazione del 43,8%) e, in misura meno rilevante, degli inattivi (ridotti da 1.889 mila a 1 milione 449 mila, per una contrazione del 23,3%). A beneficiare maggiormente del dinamismo del mercato è stata la componente più giovane, dove l’incremento delle opportunità occupazionali ha favorito l’uscita da una condizione di esclusione non ancora 'cronicizzata': le fasce d’età 20-24 anni e 25-29 anni sono quelle in cui si sono registrati i miglioramenti più significati, con una riduzione dell’incidenza dei Neet sulla popolazione di circa 9 punti percentuali tra 2018 e 2024. Di contro, tra i 30-34enni, la riduzione è stata molto meno sensibile (circa 5 punti percentuali), registrandosi proprio in questa fascia d’età l’incidenza più alta di giovani esclusi da qualsiasi forma di impegno lavorativo o formativo (23,2% contro il 21,5% dei 25-29enni, 17,8% dei 20-24enni e 6% dei 15-19enni). In Italia ci sono condizioni di fragilità specifiche che determinano forme di esclusione più difficili da contrastare. Al contrario della povertà educativa che configura una fragilità di natura cognitiva e formativa, che incide soprattutto sulla capacità di utilizzare il lavoro come leva di mobilità e stabilità (limitando l’accesso a occupazioni qualificate, riducendo l’adattabilità ai cambiamenti produttivi e aumentando il rischio di precarietà e povertà lavorativa), ma non preclude necessariamente l’ingresso nel mercato del lavoro in senso assoluto, le fragilità specifiche tendono a richiedere interventi di tipo compensativo, protettivo o di accompagnamento intensivo, in grado di supportare un’inclusione al lavoro che difficilmente il soggetto interessato può realizzare in autonomia. E' il caso degli ex detenuti, dove la condizione di detenzione produce una discontinuità biografica e occupazionale accompagnata da stigma, perdita di reti sociali e talvolta restrizioni formali, che determinano una situazione di emarginazione dal lavoro difficile da scardinare. Quello degli ex detenuti è un universo non quantificato dalle statistiche ufficiali, ma che nell’ultimo anno (giugno 2024-giugno 2025) si è alimentato di quasi 30 mila unità. Tra 2013 e 2023, secondo la relazione al Parlamento del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, sono state più di 370 mila le persone uscite in libertà. L’uscita dal carcere avviene frequentemente in assenza di un lavoro, con reti sociali deboli o compromesse e con un accesso limitato ai servizi per l’impiego. In questi casi, la combinazione di stigma, vincoli amministrativi, problemi abitativi e, talvolta, condizioni di salute o dipendenze pregresse rende estremamente difficile un reinserimento occupazionale rapido e stabile. Ancora di più se il periodo di detenzione è stato caratterizzato dalla sospensione di qualsiasi tipo di attività lavorativa. (segue) Secondo un rapporto del Cnel del 2025 'Recidiva zero' solo il 34,3% dei detenuti è coinvolto in attività lavorative. Un dato molto basso, che tuttavia risulta in crescita negli ultimi anni, considerato che nel 2004 la percentuale era del 26,6%. Fra le tipologie di lavoro in cui sono impegnati i lavoranti detenuti, si osserva una concentrazione nei servizi d’istituto (il 70,7% è impegnato in questa tipologia), mentre il 5,4% lavora in istituto per conto di cooperative o imprese, il 5,3%, essendo in regime di semilibertà, lavora in proprio o per conto di datori di lavoro esterni e il 5% si occupa della manutenzione dei fabbricati. Anche la frequenza di attività formative rappresenta un’opportunità per il successo del futuro reinserimento, ma i numeri mostrano come gli spazi di attivazione siano ancora molto ampi. Il rapporto evidenzia infatti come il 31,3% sia stato coinvolto nella frequenza di percorsi di istruzione di primo e secondo livello nell’anno scolastico 2023-2024, anche se il conseguimento dei titoli di studio presenta un tasso di successo limitato pari al 56,9% per chi ha frequentato i corsi di secondo livello, mentre per il primo livello la quota di promossi si è fermata al 34,6% (anno scolastico 2023-2024). Segnali più positivi emergono con riferimento alla partecipazione ai corsi di formazione professionale, che segnano un incremento dei detenuti partecipanti, passati dal 4,1% del 2019 al 7,2% del 2024. Edilizia, orientamento al lavoro, giardinaggio e agricoltura sono le altre tipologie di corsi che hanno riscontrato il maggior numero di iscritti, con tassi di successo in tutti e tre i casi superiori al 90%. (segue) Anche la disabilità si configura come una condizione personale che comporta limitazioni funzionali e la necessità di adattamenti organizzativi che il mercato del lavoro non sempre è in grado di offrire. E in grado di determinare situazioni di esclusione particolarmente gravose per le persone le cui prospettive di inclusione professionale restano ancora fortemente limitate nel nostro Paese. Secondo le elaborazioni di Fondazione Studi su dati Istat, su 100 persone tra i 15 e 64 anni che, pur presentando disabilità gravi, sono in condizione di poter lavorare, solo il 41,8% lavora mentre il 21% non riesce ad inserirsi nel mercato del lavoro, pur ricercando un’occupazione. Si tratta di un universo stimabile in circa 150/170 mila persone che risultano escluse dal mercato a causa della permanenza di limiti strutturali, fisici, logistici e soprattutto culturali che ne precludono sistematicamente le chances di inclusione. Peraltro, malgrado negli ultimi anni si siano registrati importanti miglioramenti sotto il profilo dell’inclusione formativa e sociale delle persone che presentano disabilità, il rapporto con il lavoro rappresenta per questa parte di popolazione una dimensione ancora critica, pur in presenza di qualche positivo segnale. Rispetto al 2013, la quota di occupati tra persone con disabilità grave in condizione di poter lavorare è aumentata, passando dal 35,4% all’attuale 41,8%, con una crescita particolarmente significativa negli ultimi tre anni, grazie al positivo andamento del mercato, che ha generato nuove opportunità anche per questo segmento di offerta. Va tuttavia evidenziata al contempo la persistenza di barriere rilevanti nell’accesso al lavoro, considerato che la quota di persone che non riescono ad accedere ad un’occupazione, pur desiderando lavorare, resta elevata e sostanzialmente stabile nei dieci anni considerati. Nel mercato del lavoro c'è un’area di confine, che potrebbe essere definita di inclusione debole, in cui l’accesso all’occupazione è formalmente possibile ma strutturalmente instabile e precario. In questa situazione, il lavoro non svolge pienamente la sua funzione di inclusione sociale ed economica: la continuità occupazionale è fragile, il potere contrattuale ridotto e le opportunità di mobilità limitate. Riguarda lavoratori che, pur essendo presenti nei circuiti produttivi, rimangono esposti a un elevato rischio di esclusione, in cui il confine tra lavoro regolare e lavoro irregolare tende a farsi poroso e le condizioni di debolezza contrattuale tendono a tradursi in fragilità economica. Il lavoro sommerso rappresenta l’area di più evidente di manifestazione, dove le tante forme in cui si può configurare l’irregolarità del rapporto danno conto di una condizione occupazionale, oltre che non legale dal punto di vista formale, estremamente debole sotto il profilo sostanziale. Una condizione che ancora accomuna una quota estremamente rilevante di lavoratori, stimabile secondo Istat in quasi 3 milioni di unità di lavoro, pari al 12,7% del totale. Va tuttavia evidenziato come nell’ultimo decennio, e in particolare a partire dal 2020, il fenomeno abbia registrato una flessione dovuta in primis agli effetti della regolarizzazione del 2020, ma anche al miglioramento delle condizioni di accesso all’occupazione. Il dinamismo della domanda, unito alla scarsità crescente dell’offerta di manodopera, ha avuto un effetto positivo nelle condizioni di ingaggio di molti lavoratori: il tasso di irregolarità si è infatti ridotto dal 14,8% del 2018 al 12,7%, mentre il numero degli irregolari (sempre espresso in unità di lavoro) è passato da 3,5 milioni a 3 milioni circa per una contrazione superiore al 15%. Restano tuttavia ambiti di attività in cui l’irregolarità fa più difficoltà a scardinare la logica sistemica che ne è alla base. E' il caso del settore domestico, dove l’Istat conta 55 irregolari ogni 100 occupati, alloggio e ristorazione (24), il settore dei servizi artistici e dell’intrattenimento (22), agricoltura e pesca (18). In parte legati al sommerso sono i fenomeni di povertà lavorativa, che tuttavia fanno riferimento ad uno spettro molto più ampio di situazioni, in cui il lavoro, pur essendo presente, non consente di raggiungere un livello di reddito e di sicurezza economica sufficiente a garantire condizioni di vita dignitose. Essa riguarda lavoratori formalmente occupati, spesso con contratti regolari, che tuttavia sperimentano bassi salari, discontinuità occupazionale, part-time involontario o una combinazione di più fattori che rendono il reddito da lavoro insufficiente. In questa prospettiva, la povertà lavorativa non coincide con l’assenza di lavoro né con l’irregolarità giuridica dell’occupazione, ma rappresenta una forma di inclusione debole, in cui il lavoro perde la sua funzione di protezione sociale. Considerando il rischio di povertà tra gli occupati, Istat stima che nel 2024 la quota di famiglie in condizione di povertà assoluta con persona di riferimento occupata fosse pari al 7,9%, un valore più basso rispetto all’anno precedente, quando tale indicatore si collocava all’8,1%, ma superiore rispetto al 2018, quando si attestava al 6,1%. Il rischio, secondo le stime Istat, è più elevato tra le famiglie con titolare un lavoratore dipendente (8,7%), in particolare se operaio o assimilato (15,6%) rispetto a quelle in cui il capofamiglia ha un lavoro indipendente (5,2%). In via generale, il rischio povertà associato ad un occupato è superiore a chi è ritirato dal lavoro (5,8%).
(Adnkronos) - Nel 2025, grazie alla collaborazione tra Nespresso e Banco Alimentare dell’Emilia Romagna, sono stati donati 100 quintali di riso, equivalenti a oltre 100mila piatti, destinati a circa 200 organizzazioni benefiche nel solo territorio regionale. E’ il risultato del progetto di economia circolare ‘Da Chicco a Chicco' di Nespresso che dal 2011, grazie all’impegno di chi sceglie di riciclare le capsule di caffè in alluminio esauste di Nespresso, consente di rigenerare i due materiali di cui sono composte: l’alluminio e il caffè esausto. L’impatto del progetto in Emilia Romagna è stato possibile soprattutto grazie all’impegno mostrato nella raccolta delle capsule esauste: da gennaio a ottobre 2025, nella Regione sono state infatti recuperate circa 150 tonnellate di capsule esauste, attraverso i 44 punti di raccolta presenti sul territorio regionale tra Boutique Nespresso e isole ecologiche partner dell’iniziativa, da cui sono state rigenerate più di 85 tonnellate di caffè, trasformate poi in compost, e 8 tonnellate di alluminio, avviate a nuova vita per trasformarsi in altri oggetti. Risultati che dimostrano come dal riciclo delle capsule di caffè esauste possono nascere nuovi oggetti, compost, riso e aiuti solidali, con un impatto concreto sul territorio e le persone. Il progetto è nato nel 2011 dalla collaborazione con Cial (Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio), Utilitalia e Cic (Consorzio italiano Compostatori), per offrire la possibilità di riconsegnare le capsule esauste in alluminio nelle isole ecologiche partner dell’iniziativa e presso le Boutique Nespresso, per un totale di oltre 200 punti di raccolta attualmente distribuiti sul territorio nazionale. Una volta raccolte dai gestori dei servizi ambientali, le capsule vengono poi trattate in un apposito impianto, affinché il caffè e l’alluminio vengano separati e avviati a recupero. L’alluminio, materiale riciclabile infinite volte, viene destinato alle fonderie per essere trasformato in nuovi oggetti come penne, biciclette, segnalibri e molto altro. Il caffè esausto, invece, viene destinato a un impianto di compostaggio per la sua trasformazione in compost, fertilizzante naturale che successivamente può essere ceduto a una risaia italiana. Da quel riso, poi riacquistato da Nespresso, nascono milioni di pasti donati e distribuiti attraverso Banco Alimentare e, dal 2024, anche dalle Cucine Mobili e dai Market solidali di Fondazione Progetto Arca. “Grazie al nostro progetto Da Chicco a Chicco, un gesto semplice come restituire le capsule esauste può generare un impatto concreto sul territorio e sulle persone, sia a livello locale, come anche qui in Emilia Romagna, sia a livello nazionale - ha dichiarato Matteo Di Poce, specialista in Sostenibilità di Nespresso Italiana - Un ciclo virtuoso, concreto e misurabile e un progetto che dimostra chiaramente come economia circolare e solidarietà possano lavorare insieme, trasformando quelli che sono possibili materiali di scarto in risorse preziose per le comunità e per l’ambiente. Un progetto che da oltre 14 anni parla di impegno sul territorio e di supporto concreto alle realtà locali. Ogni anno, la donazione del riso rappresenta per noi un momento importante, di cui siamo estremamente fieri, perché possiamo raggiungere direttamente le persone con un primo aiuto, donando non solo un piatto di riso, ma anche un momento di attenzione e cura”. “Siamo entusiasti di questa collaborazione con Nespresso - ha affermato Gianluca Benini, direttore di Banco Alimentare Emilia-Romagna - che ci consente di donare 10.080 kg di riso a circa 200 tra le realtà solidali convenzionate con il Banco sul nostro territorio, impegnate ad aiutare oltre 20mila persone in difficoltà. Ringraziamo Nespresso per averci resi partecipi di questa iniziativa che non solo ci consente di distribuire un prodotto di qualità, ma che rappresenta anche il risultato di un percorso virtuoso orientato alla cultura del recupero. Da più di 30 anni, Banco Alimentare lavora con questo obiettivo, recuperando alimenti ancora ottimi e facendoli arrivare là dove servono davvero”. A livello nazionale, ‘Da Chicco a Chicco’ continua a crescere: dal 2011 oltre 13.500 tonnellate di capsule esauste recuperate, più di 800 tonnellate di alluminio restituite ai circuiti produttivi, quasi 8mila tonnellate di caffè residuo trasformate in compost e più di 7.700 quintali di riso generati, equivalenti a oltre 8 milioni di piatti distribuiti nella rete capillare dedicata del Paese. Sempre a livello nazionale e solo nel 2025, sono stati donati oltre 1.300.000 di piatti di riso, frutto dell’attività coordinata dalle sedi regionali del Banco Alimentare e del lavoro di prossimità di Fondazione Progetto Arca.