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(Adnkronos) - Stagione influenzale più complicata per i 5 milioni di italiani che si ritrovano, causa carenza dei camici bianchi del territorio, senza medico di famiglia. "Per loro, senza un punto di riferimento di fiducia, la prevenzione, la cura e le complicanze legate al virus influenzale sono di certo più difficili da gestire, in particolare se si tratta di anziani e cronici. Anche perché l'epidemia potrebbe essere aggressiva a giudicare da quanto si è osservato in Australia prima e in Giappone poi", spiega all'Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), che teme, in questa situazione, un aumento degli accessi impropri nei pronto soccorso, già fortemente pressanti in particolare nell'autunno-inverno. Sappiamo che l'influenza "rappresenta sempre uno 'stress-test' per il sistema sanitario e che la medicina generale ha anche una funzione di filtro rispetto al pronto soccorso. Un filtro però depotenziato - sottolinea Scotti - perché in pochi anni siamo passati da 43mila dottori di famiglia a 37mila. Questo lascia molti italiani senza un proprio riferimento territoriale. Sul piano pratico, rispetto al virus influenzale, significa anche che la proposta vaccinale, che il medico fa al paziente in forma attiva, conoscendo anche la sua storia clinica, in molti casi non si concretizza. E questo per cronici ed anziani è un problema importante. Cosi come è ridotta la possibilità di assistenza durante le fasi più critiche del picco influenzale, con il rischio di aumentare la pressione sui pronto soccorso che diventa l'unico presidio a cui il paziente può accedere". Un problema, quello della carenza dei medici, che per 2025 e il 2026 non sembra destinato a risolversi. "Per quest'anno e per il prossimo - continua Scotti - le previsioni sono di 4mila colleghi all'anno che andranno in pensione, sostituiti da meno di 2mila nuovi ingressi. Con questo ritmo rischiamo di arrivare a 8 milioni di italiani senza medico a fine 2026". Tutto questo "è ovviamente legato ad una programmazione che non è stata, diciamo, ben bilanciata. Quindi è chiaro che quando la categoria viene accusata di essere responsabile degli accessi impropri al pronto soccorso sale una certa indignazione, perché oltre al danno (poiché la carenza aumenta il nostro carico di lavoro e lo stress) c'è anche la beffa di essere ritenuti responsabili di una situazione di cui siamo vittime insieme ai pazienti". I responsabili dei prevedibili accessi impropri di quest'anno al pronto soccorso, avverte il leader Fimmg, "non saranno evidentemente i medici di famiglia, ma tutti quelli che si sarebbero dovuti occupare della programmazione e della stabilizzazione delle cure primarie sul territorio e non l'hanno fatto". Intanto, raccomanda Scotti, è importante che i pazienti a rischio "si vaccinino. E che adottino misure di prevenzione: da un'alimentazione ricca di frutta e verdura all'attenzione ai contagi". Utile anche ricordare cosa non fare durante l'influenza: in primis "non vanno usati gli antibiotici, che favoriscono la resistenza a questi farmaci e che possono anche deprivare il sistema immunitario peggiorando i sintomi. No inoltre ai decongestionanti nasali, che funzionano 'bloccando' la patologia, ma quando finisce l'effetto il raffreddore ritorna tal quale prolungando il sintomo: un raffreddore che durerebbe una settimana rischia di durare 15-20 giorni e si può creare addirittura una cronicizzazione. L'alternativa è la soluzione fisiologica. Insomma lavare il naso invece di irritarlo".
(Adnkronos) - “La nostra è la rete più vera e profonda dell’Italia. L’idea di questo incontro viene da Antonello Aurigemma e dal nostro segretario generale Massimiliano Monnanni. Mi misi in testa già quarant’anni fa il fatto che ogni Regione dovesse avere internamente il suo Cnel. Ne sono nati pochissimi, uno anche nel Lazio, purtroppo con poca fortuna. Questa dimensione di rappresentanza della società civile faceva fatica a trovare un suo insediamento. Grazie all’intuizione di un bravo ministro della Pubblica Istruzione, attorno al 2009/2010, siamo stati costretti dal Parlamento a redarre un rapporto sui servizi pubblici, che sono l’oggetto più importante per gli Stati sotto il profilo della spesa pubblica. Noi, ogni anno, produciamo questo rapporto sui servizi pubblici, con Marcella Mallen che con grande pazienza mette insieme le analisi dirette e indirette sui servizi pubblici italiani". Così Renato Brunetta, presidente del Cnel, intervenendo oggi a Roma all’incontro interistituzionale tra Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e Cnel, che segna l’inizio di una collaborazione su alcune tematiche specifiche come salute, imprese e lavoro. "Abbiamo scoperto che a Roma e nel Lazio - ha sottolineato - esiste un ente che è preposto all’analisi dell’efficienza dei servizi pubblici, dipendendo dal Consiglio comunale della Capitale. Ho pensato che, qualora dovessimo coinvolgere tutti i consiglieri, avendo per ogni Consiglio regionale il giusto numero di interlocutori, avremmo una rete operativa straordinaria. Immaginate la valenza a livello regionale di un rapporto sui servizi pubblici redatto direttamente dai consiglieri regionali della data regione. Se riuscissimo a parlare pure di sanità, che a livello regionale non è un tema casuale, di lavoro e di imprese, noi potremmo avere un sistema di monitoraggio straordinario". "Questa è l’idea di base: siamo un organo di rilevanza costituzionale così come voi (Regioni, ndr); allo stesso modo siamo entrambi dei legislatori, pure se noi al Cnel non abbiamo la prerogativa di approvare le modifiche legislative. Un giorno mi ha chiamato un presidente di Regione dell’Italia centrale, chiedendomi dell’algoritmo di distribuzione del fondo sanitario regionale e segnalandomi di come penalizzasse le regioni italiane con minor densità di popolazione e con orografia complicata sotto il profilo territoriale", ha ribadito. "Se su questi argomenti - ha proseguito Brunetta - riuscissimo a mettere in piedi un algoritmo diverso, con un bel disegno di legge da presentare in Parlamento con l’appoggio delle Regioni, forse riusciremmo a riaprire il dibattito sull’efficacia degli attuali algoritmi di distribuzione dei fondi sanitari su base regionale. Questo è solo un piccolo esempio delle decine dei problemi che abbiamo da risolvere, partendo proprio dalla sottoscrizione dell’accordo odierno, col quale potremo veramente cambiare l’Italia”. “Noi, lato Cnel, abbiamo necessità di avere rilevanza e impatto regionale; voi, lato Consigli regionali, avete l’esigenza di un coordinamento e di una verticalizzazione. Dobbiamo far confluire i bisogni comuni nel protocollo d’intesa che firmeremo alla fine del nostro incontro: abbiamo già messo in piedi tre gruppi di lavoro con focus specifici su Sanità, Lavoro e Imprese. Alla fine del nostro incontro, stilato il protocollo d’intesa, metteremo in piedi subito la tabella di marcia", ha detto. "Sono solito dire due cose, che sono sempre le stesse. In lingua italiana la parola ospite ha due significati distinti, riferiti a chi ospita e a chi viene ospitato. Oggi, come Cnel, sto ospitando qui le Regioni. Il Cnel è ospitato parimenti da voi Regioni e ho la netta sensazione di essere dentro i Consigli regionali sia dal punto di vista contenutistico sia dal punto di vista delle prerogative istituzionali. Questo è l’atteggiamento più fecondo che possiamo avere. Oggi, con quel che sta succedendo in demografia, nel mondo delle energie e della geopolitica, chi ha una rete ha un tesoro e voi siete una straordinaria rete territoriale fatta di popolazione, imprese e welfare. Voglio approfittare della vostra straordinaria rete democratica e rappresentativa”, ha concluso il presidente del Cnel.
(Adnkronos) - "Se c'è un mercato che è fortemente in salute è proprio quello della second hand, il mercato dell'usato. Da 11 anni collaboriamo con Bva Doxa per un osservatorio sulla second hand che ogni anno ci fa scoprire un mondo che è in continua espansione ed evoluzione. Solo l'anno scorso, nel 2024, ben il 63% degli italiani si sono dati alla second hand per comprare o per vendere. Il settore ha rappresentato ben 27 miliardi di giro d'affari". Così Giuseppe Pasceri, Ceo Subito.it, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. Tra l'altro "questi 27 miliardi per la prima volta hanno visto l'online superare l'offline. Siamo passati dal 30% circa dell'online nel 2014 fino al 54% dell'online sull'offline". "Se poi pensiamo alle motivazioni che spingono gli italiani a fare questa scelta, sicuramente in primis c'è il risparmio ma è molto interessante vedere come la riduzione degli sprechi diventi un fattore motivante di primissimo piano e poi c'è il guadagno, che è comunque visto come un aspetto importante", aggiunge.