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(Adnkronos) - Si è concluso al King’s Resort di Rozvadov il Main Event del People’s Poker Tour, evento che ha confermato ancora una volta il suo status di tappa imperdibile per il grande poker live europeo. A vincere il titolo e il prestigioso trofeo è stato il ceco Tomasjedno, protagonista di una splendida rimonta in heads-up contro l’olandese Leon Veehof. Partito in svantaggio al testa a testa finale, Tomasjedno ha saputo ribaltare la situazione con lucidità e aggressività, conquistando così il primo premio da 124.000 euro + ticket per le WSOP Europe. Secondo posto per Leon Veehof, che chiude con 69.000 euro + ticket, mentre il grande chip leader della vigilia Meelis Uusen completa il podio al terzo posto con 47.000 € + ticket. Grande soddisfazione anche per l’Italia grazie a Luca Corleone, unico azzurro al tavolo finale e qualificato online attraverso il network Microgame: il suo torneo si chiude con un brillante 6° posto, che vale 21.500 € + ticket WSOP Europe, a coronamento di un percorso partito dai satelliti online e concluso tra i migliori del field internazionale. Con oltre 1.899 entries complessive e un montepremi garantito di oltre 1 milione di euro, il People’s Poker Tour si conferma un appuntamento di riferimento per il poker live, capace di richiamare giocatori da tutta Europa e offrire un’esperienza di gioco di altissimo livello.
(Adnkronos) - Si informano scegliendo gli strumenti digitali che hanno a portata di mano (social media e motori di ricerca) ma in realtà si fidano di più di giornali e telegiornali. Considerano importante l’informazione (68,4%) ma poi la maggioranza dedica meno di mezz’ora al giorno (63,5%) a scoprire cosa succede in Italia e nel mondo. Ammettono però, 8 su 10, di avere difficoltà a capire se una notizia è vera o falsa. Questo il quadro che emerge dalla ricerca demoscopica "Senza filtri: l’informazione nell’epoca della disintermediazione tra opportunità e caos" condotta a maggio 2025 da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione italiana (1.023 interviste su un campione 18-70enni residenti in Italia). Dall'indagine, promossa dall'Istituto nazionale per la comunicazione (Inc), emerge che la maggior parte degli intervistati (63,5%) dedica meno di 30 minuti al giorno all'informazione, con un 30,5% che si limita a 20 minuti o meno. Solo il 13,4% degli italiani si informa per un'ora o più. La Tv si conferma il mezzo più utilizzato regolarmente dagli italiani (70,8%), seguita da familiari, amici e conoscenti (61,6%), dai social network (60,0%) e dagli strumenti di messaggistica con canali dedicati (57,1% - un ‘salto’ in avanti enorme).Gli aggregatori di notizie (46,5%) e i siti/portali internet (42,6%) sono ampiamente utilizzati, superando in diffusione i quotidiani (40,4%) e i periodici/riviste (29,7%), sia cartacei sia online. I podcast e i video, sebbene in crescita (38,1%), non raggiungono ancora la radio (43,7%) e sono sempre più percepiti come intrattenimento a discapito dell’informazione. Quando si tratta di affidabilità, emerge un quadro più complesso. La Tv (42,3%) e i quotidiani (40,8%) sono considerati i più attendibili, quasi a pari merito. I familiari, amici e conoscenti, pur essendo una fonte ampiamente utilizzata, sono ritenuti affidabili solo dal 29% degli intervistati, allineandosi a siti e portali Internet (29,4%) e aggregatori di notizie (29,4%). La percezione di affidabilità di una notizia è fortemente legata a chi la diffonde e a come viene presentata. La maggioranza degli intervistati (45,7%) ritiene più affidabile una notizia data da un divulgatore non giornalista (scienziati, ricercatori, docenti), superando di poco i giornalisti (41,7%) segno di una crescente ricerca di competenze (vere o presunte) e autorevolezza specifiche. In netta minoranza si trovano influencer, youtuber, tiktoker (8,2%) e personaggi pubblici (17,6%). In mezzo alla classifica i rappresentanti delle Istituzioni e i politici (25.6%). La preoccupazione per le fake news è piuttosto diffusa: alla maggioranza degli intervistati capita di leggere una notizia e pensare che possa essere falsa (59,5% a volte, 24,2% spesso). La difficoltà nel capire se una notizia è falsa è percepita come media (così così per il 41,7%, abbastanza 34,2%, solo il 6,9% lo considera molto difficile). In sintesi, solo 4 su 10 ritengono che sia molto o abbastanza difficile. Un'alta percentuale di italiani (83,8%) ammette di aver creduto a notizie false in passato (10,3% più volte e 73,5% qualche volta). Un dato significativo è che il 42% ha condiviso notizie poi rivelatesi false. Di fronte a una notizia che smentisce le proprie convinzioni, la maggioranza tende ad approfondire e verificare con altre fonti, sia che la notizia provenga da giornalisti (64,9%) che da influencer (66,2%). Tuttavia, c'è una netta differenza nella reazione iniziale: se la notizia viene da un giornalista, solo il 7,1% tende a pensare che sia falsa, mentre questa percentuale sale al 24,5% se la fonte è un influencer. Sull'influenza e il controllo dell'informazione, la percezione è che i poteri economici (60,9%) e politici italiani (60,5%) siano i principali responsabili della diffusione di notizie "di parte" o fake news, seguiti dagli interessi delle piattaforme social (55,9%) e dai poteri politici esteri (55,8%). Come emerge dall'indagine, c'è una chiara richiesta di maggiore regolamentazione per tutti i comunicatori online: il 62,3% ritiene che le regole deontologiche dei giornalisti dovrebbero essere applicate a chiunque comunichi sui mezzi di informazione. Tuttavia, quasi la metà (50,1%) crede che anche molti giornalisti non rispettino tali regole. Il controllo delle fake news da parte delle piattaforme è un tema caldo. Il 65,0% degli intervistati ritiene che il gruppo di persone che controlla le notizie dovrebbe essere scelto senza preconcetti, e il 60,8% vede un rischio nel controllo basato solo sugli utenti. Interessante è la percezione di chi determina il flusso delle informazioni online: i giornalisti e i media tradizionali (45,1%) sono ancora visti come i principali attori, seguiti a ruota dalle piattaforme con i loro algoritmi (43,8%). Meno influenti in questo senso i cittadini che condividono contenuti sui social networks (28,0%), istituzioni e governi (27,1%) e – ancor meno - influencer e creator (16,5%). La maggior parte degli utenti (70,0%) è consapevole che siti e portali online mostrano notizie personalizzate in base alle loro abitudini. Questo è percepito come un rischio - sia perché tende a confermare le opinioni preesistenti degli utenti (59,9%) sia perché limita l'ampliamento degli interessi (61,8%) - più che un aiuto nel trovare le notizie rilevanti per loro senza fatica (40,7%). Infine, anche l'introduzione dell'Intelligenza Artificiale nella sintesi delle notizie è vista più come un rischio che come un aiuto: prevalgono i timori di informazioni non corrette (58,4%) e di una minore sollecitazione alla verifica delle fonti (57,0%), rispetto all’aiuto dato agli utenti (37,9%). “La ricerca offre spunti di riflessione cruciali - afferma Pasquale De Palma, presidente e amministratore delegato di Inc - anche per le strategie di comunicazione di brand e organizzazioni. Perché in un mondo dove tante persone trovano difficoltà a distinguere le notizie vere da quelle false, il rischio che una fake news, alimentata da algoritmi, intelligenze artificiali e condivisioni inconsapevoli, possa danneggiare la reputazione di un’azienda o di una Ngo, è reale e tangibile. Ed è un rischio che va gestito con attenzione e professionalità”. “Bisogna anche avere il coraggio di dire che la disintermediazione oggi è un rischio per le democrazie, fortemente voluta da poteri politici ed economici e dagli interessi delle piattaforme social, che la guidano e la alimentano, sempre perseguendo un interesse personale che non coincide con la verità” commenta Paolo Mattei, vice presidente di Inc, che ha coordinato il gruppo di lavoro sulla ricerca.
(Adnkronos) - “Gli italiani hanno una percezione distorta della filiera degli oli minerali usati: pensano che siano in parte bruciati, in parte smaltiti impropriamente o raccolti in modo spontaneo dalle officine, ma la realtà è un’altra. L’Italia è un’eccellenza in Europa: raccoglie e rigenera la quasi totalità (98%) dell’olio usato mentre la media dell’Unione si ferma intorno al 60%. Al centro di questo sistema c’è il modello consortile del Conou, che organizza in modo efficiente tutta la filiera. È un peccato che i cittadini non conoscano questi risultati: la consapevolezza dell’efficacia dell’economia circolare italiana può rafforzarne il successo, anche grazie al ruolo attivo dei cittadini”. Queste le parole di Riccardo Piunti, presidente Conou, in occasione dell’Ecoforum 2025, organizzato a Roma da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club.