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(Adnkronos) - L'accordo sui dazi Usa-Ue potrebbe essere vicino. Domenica la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen vedrà Trump in Scozia. Sui dazi "c'è il 50% di possibilità di raggiungere accordo con l'Ue" ha detto oggi il presidente americano Donald Trump, parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, proprio poco prima della sua partenza per la Scozia. E poi ha precisato che "sono inferiori al 50%" non senza ricordare, però, che il Giappone aveva possibilità a suo dire ancora inferiori, finché non ha deciso di "aprire" la sua economia a quella degli Usa. Dopo una "proficua telefonata" con il presidente degli Usa Donald Trump, annuncia la presidente della Commissione europea,"abbiamo concordato di incontrarci domenica" prossima "in Scozia, per discutere delle relazioni commerciali transatlantiche e di come mantenerle solide". I negoziatori, Maros Sefcovic per l'Ue e Howard Lutnick e Jamieson Greer per gli Usa, hanno preparato un accordo che si fonda essenzialmente sull'imposizione di dazi da parte degli Usa sulle importazioni dall'Ue del 15%, con alcune eccezioni. Quanto all'auspicata pace nel conflitto israelo-palestinese, il presidente americano dice che "Hamas non voleva veramente raggiungere un accordo". Parole che riecheggiano quanto precedentemente detto dall'inviato in Medio Oriente Steve Witkoff, che aveva sottolineato una "mancanza di desiderio di raggiungere un cessate il fuoco" a Gaza da parte di Hamas. Parole a cui Bassem Naim, membro dell’ufficio politico di Hamas, aveva replicato, definendole "false, ma strumentali alla posizione israeliana". "Ho parlato con Netanyahu, ma non posso dirvi di cosa" ha rivelato poi Trump, limitandosi a definire il colloquio "un po' deludente". A proposito dell'annuncio di Macron sul riconoscimento dello Stato di Palestina il prossimo settembre, Trump ha definito il presidente francese "una brava persona, che mi piace e fa il gioco di squadra, ma la buona notizia è che quello che dice non conta". "Non posso parlare di grazia, c'è un'inchiesta in corso" ha detto Trump rispondendo a una domanda su un possibile atto di clemenza per Ghislaine Maxwell, l'ex partner e complice di Jeffrey Epstein che sta scontando una condanna a 20 anni di prigione per traffico sessuale di minorenni. Ieri il vice ministro della Giustizia, Todd Blanche, ha iniziato ad ascoltare la donna e l'interrogatorio continuerà anche oggi. Il presidente americano Donald Trump è in partenza per la Scozia per una visita di quattro giorni che lo porterà nei suoi resort di Turnberry e Aberdeen e includerà un incontro con il premier britannico Keir Starmer. La Casa Bianca ha definito il viaggio una "visita di lavoro", ma il programma prevede anche impegni legati a interessi imprenditoriali del presidente, tra cui l'inaugurazione di un nuovo campo da golf intitolato alla madre, Mary Anne MacLeod, originaria dell'isola di Lewis. Trump incontrerà Starmer "probabilmente in una delle sue proprietà", ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt, per discutere l'intesa commerciale firmata a giugno al G7 in Canada. L’accordo prevede la riduzione delle tariffe sulle auto britanniche e l’accesso agevolato per alcuni prodotti in acciaio e alluminio, a condizione che siano prodotti nel Regno Unito e non importati dalla Cina. Restano nodi aperti come la tassa sui servizi digitali, che Washington chiede di eliminare. Durante il soggiorno, Trump incontrerà anche il primo ministro scozzese John Swinney. Le associazioni imprenditoriali, tra cui i produttori di whisky, auspicano - secondo Bbc - che la visita possa servire a ottenere nuove concessioni tariffarie per l’export scozzese verso gli Stati Uniti. L’agenda non include incontri con Re Carlo III, che riceverà ufficialmente il presidente e la First Lady Melania Trump in occasione della visita di Stato prevista per settembre. Sul piano della sicurezza, l'operazione messa in campo è imponente. Sono stati rafforzati i controlli negli aeroporti di Aberdeen e Prestwick con zone di volo limitate e strade chiuse nei pressi dei resort. Per sabato 26 luglio sono previste, inoltre, manifestazioni di protesta ad Aberdeen e Edimburgo, organizzate dal collettivo "Stop Trump". La visita avviene a pochi giorni dall’entrata in vigore di nuovi dazi americani fino al 50% su decine di Paesi, inclusi Canada, Messico e Unione Europea, mentre il Regno Unito resta tra i pochi partner ad aver concluso un’intesa commerciale bilaterale con Washington. Il viaggio coincide inoltre con l’apertura del secondo campo da golf Trump a Menie, un progetto contestato in passato per l’impatto ambientale e per le polemiche con i residenti locali.
(Adnkronos) - “Ancora una volta da Bruxelles arriva un diktat che sa di ricatto: le proposte del Governo italiano sulle concessioni balneari vengono bocciate da funzionari non eletti, che nessuno conosce e nessuno ha mai votato, ma che pretendono di decidere il destino delle nostre coste e delle migliaia di famiglie che da generazioni lavorano per dare al turismo italiano un volto umano, accogliente, vincente. Ma stavolta l’Italia non può piegarsi. Il Tavolo tecnico di Palazzo Chigi, con il lavoro di ben nove Ministeri e i rappresentanti delle regioni, lo ha detto a chiare lettere: la risorsa in Italia non è scarsa. Le nostre coste non sono un bene limitato, non c’è alcun motivo per metterle a gara e svendere il frutto del lavoro di intere comunità a multinazionali pronte a fare razzia delle nostre spiagge". Lo dichiara Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia Federturismo Confindustria. "E allora diciamolo forte: basta svendere l’Italia! Basta accettare -continua Licordari- lezioni di 'mercato libero' da chi, in realtà, vuole solo spalancare le porte ai potenti dell’Europa del Nord. Vogliono farci credere che la Bolkestein sia un obbligo? Falso! È una scelta politica. E se Bruxelles pensa di piegarci con le sue minacce, stavolta si sbaglia di grosso. L’Italia deve alzare la testa. Basta sottomettersi a un’Europa che tratta gli Stati membri come vassalli e non come popoli sovrani. Le nostre spiagge non sono in saldo. Non sono un regalo da fare a chi specula dall’estero", continua. "Sono un patrimonio nazionale, costruito da lavoratori italiani con decenni di sacrifici, tasse pagate e investimenti. Il Governo ha il dovere morale e politico di resistere: nessuna svendita, nessuna gara che distrugga l’economia balneare. Se Bruxelles continuerà con il suo atteggiamento da tiranno burocratico, Roma deve reagire. La sovranità del nostro Paese viene prima di ogni trattato, prima di ogni direttiva scritta da tecnocrati che non conoscono nemmeno la nostra realtà. Questa non è solo una battaglia per le imprese balneari. È una battaglia per l’Italia", conclude.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.