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(Adnkronos) - Le nuove tecnologie rivoluzioneranno il settore dell’investimento e la ricetta del Gruppo Bcc Iccrea per accompagnare al meglio i propri clienti è quella di mixare la tecnologia con l’abilità umana e l’esperienza. “Ci aspettiamo che nel prossimo futuro gli investimenti siano stravolti dalla tecnologia, in particolare dall'intelligenza artificiale, che può invadere come si seleziona il titolo azionario, come si seleziona il fondo, come si costruisce il portafoglio. Chiaramente la nostra intenzione come Gruppo Bcc Iccrea è quella di mixare la tecnologia con l'abilità umana, con il fattore discrezionale, con l'esperienza”, spiega David Karni, il responsabile portafogli d’Investimento Bcc Risparmio&Previdenza. (Video) Il Gruppo Bcc Iccrea, sottolinea Karni, “crede molto nella sostenibilità e di conseguenza la parte investimenti è permeata dei temi legati a fattori ambientali di social e di governance. Per fare questo, utilizziamo dati da primari provider internazionali che ci permettono di filtrare l'universo investibile, ci permettono di escludere società che crediamo possono danneggiare il portafoglio nel lungo periodo e fornisce una continua evoluzione sia dal punto di vista normativo che degli investimenti. Quindi costruiamo portafogli sempre più green, sempre più social, sempre più attenti alla governance delle società”. In questo momento, spiega Luca Ramponi, vice direttore generale Bcc Risparmio&Previdenza, “ l'investimento sui mercati finanziari offre diverse opportunità ma anche svariati rischi, diventa cruciale la diversificazione. I mercati obbligazionari sono tornati ad essere un cuscinetto sul quale appoggiarsi nelle fasi di alta volatilità dei mercati azionari. Un prodotto bilanciato appare in questo momento, anche con una buona esposizione valutaria, la migliore soluzione per i diversi profili di rischio della clientela, che permetta di raccogliere la rivalutazione che i mercati azionari offrono nel medio lungo periodo senza esporci eccessivamente a rischio di fasi di momentanea flessione che, invece, i mercati obbligazionari possono efficacemente attutire”. L’elezione di Donald Trump per il secondo mandato alla presidenza degli Stati Uniti, sottolinea Ramponi, “funge da discrimine per l'andamento sia dell'economia americana e globale sia per le future prospettive dei mercati finanziari. Ci aspettiamo ora una rivalutazione nel medio periodo dei mercati azionari, in particolare quello americano. Potrebbe aprirsi una fase di disaccoppiamento degli andamenti dei diversi listini geografici. L'Europa potrebbe non beneficiare totalmente dell'avanzamento congiunturale che gli Stati Uniti dovrebbero catturare nei prossimi trimestri, quindi anche la diversificazione geografica torna ad essere un vantaggio dei portafogli da potere intercettare". "Anche il dollaro potrebbe avanzare in termini di valore rispetto alle altre valute, in particolare all’euro, e può essere un buon diversificatore di portafoglio. Cautela sui Treasury, i titoli di Stato americani che potrebbero invece soffrire delle politiche reflazionistiche da parte della nuova amministrazione americana. In generale però la notizia dell'elezione Donald Trump è favorevole per i mercati azionari, in particolare quello statunitense su cui è opportuno aumentare l'esposizione”, rileva Ramponi.
(Adnkronos) - "Se dovessi fare un titolo direi luce e ombre. Questo perché da un lato indubbiamente abbiamo apprezzato alcuni aspetti della manovra, come la grande attenzione alla tenuta dei conti pubblici che è sicuramente un tema importante, in un'ottica di potenziale poi risparmio in termini di interessi sul debito pubblico. Come è stato importante avere reso strutturale il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti, perché noi vediamo con favore tutto ciò che è definitivo e non temporaneo, così come anche la riduzione dell'aliquota di tassazione dei premi di produttività dal 10 al 5%. Quello che manca, secondo noi, è però una politica industriale a medio termine che dia quelle che sono le linee guida che il Paese vuole seguire". Così, in un'intervista con Adnkronos/Labitalia, Cristian Camisa, presidente di Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, sulla manovra economica del governo, il giorno dopo l'incontro con l'esecutivo. Secondo Camisa infatti "in un momento come questo occorrerebbe fare un piano triennale con al centro lo sviluppo delle nostre piccole e medie industrie, perché stiamo vivendo un momento di transizione estremamente importante, con sfide che, probabilmente, se non riusciamo a vincerle, ci porteranno fuori dal mercato", sottolinea. E il presidente di Confapi non usa gira di parole sul momento economico del Paese. "Io solitamente, come un imprenditore è, sono sempre molto ottimista. Non nascondo però -sottolinea- che in quest'ultimo periodo vedo segnali negativi che non sono solo dal punto di vista economico. C'è sicuramente un Pil che arranca, una produzione industriale che ha fatto un -0,4% a settembre e un -4% su base annua, ed è il ventesimo calo consecutivo, ma soprattutto vedo che si stanno incastrando una serie di scenari non positivi. Tra cui ad esempio la meccanica che è al palo, un costo dell'energia che è uno dei temi di competitività di questo Paese, la crisi di uno dei mercati di sbocco principale che è la Germania. Ma soprattutto sta cominciando a mancare la fiducia. Ecco, una delle azioni che secondo me il governo deve porre in essere è cercare di avere una strategia a lungo termine che ridia fiducia a questo Paese e che faccia capire che vogliamo continuare a essere una potenza manifatturiera", ribadisce. Uno dei nodi più critici oggi per il sistema Paese è l'automotive. "Abbiamo tantissime aziende -spiega- dell'indotto dell'automotive che sono in una crisi profondissima. Generalmente come Confapi abbiamo aziende dell'indotto di secondo livello, cioè non aziende che servono direttamente Stellantis, ma aziende che servono aziende che servono a Stellantis. Ecco, mentre le aziende di primo livello hanno internalizzato tutte le produzioni che prima avevano esternalizzato, questo ha comportato per le nostre aziende una mancanza completa di commesse da un giorno all'altro. Io ho visitato diverse aziende dell'indotto piemontese nell'ultima settimana, ho incontrato imprenditori disperati. Aziende sane, aziende che avevano avuto sviluppi molto importanti negli ultimi anni e che stanno chiudendo per mancanza di commesse. Noi abbiamo stimato almeno 35 mila posti di lavoro a rischio, senza contare quello che sarà poi l'indotto dell'indotto, cioè tutte quelle attività sinergiche a queste aziende", ribadisce. E le proposte della Confederazione vanno dirette al 'cuore' del problema. "Per lo sviluppo dell'automotive -spiega- occorre dare un segnale molto forte. Per noi oggi dare un segnale molto forte, ad esempio, è entrare nel capitale di Stellantis attraverso una società veicolo. Ho ricordato ieri a Chigi che il costo dell'azione di Stellantis è passato dai 27 euro di marzo ai 12,50 attuali, quindi l'esborso sarebbe anche meno importante e si darebbe un segnale. Si farebbe capire che in Italia si vuole ancora fare produzione. Contestualmente a questo occorre immediatamente riportare quegli incentivi che sono stati traslati alla Difesa, quei famosi 4,5 miliardi, sul Mimit. E dare incentivi per l'acquisto di vetture solo se, e solo se, la percentuale della vettura è stata prodotta per almeno il 60 o il 70% in Italia o in Europa. Questo sicuramente è un segnale forte se vogliamo mantenere l'automotive", sottolinea Camisa. Al contrario, spiega Camisa, "se invece si pensa che l'automotive non sia più un qualcosa all'interno del sistema Paese, occorre da un lato arrivare immediatamente, ho già scritto al Ministro Calderone, a un raddoppio delle settimane di cassa integrazione nel triennio, da 52 a 104 e avere un sistema di incentivi che però sia pluriennale, perché non è che le aziende si riconvertono in qualche mese, per permettere a queste aziende una riconversione industriale. Anche in questo caso però dovremmo dare delle linee guida per capire in che cosa e dove si devono riconvertire. Non penso che la sua Difesa possa andare a coprire tutti questi posti di lavoro, tutte queste aziende che stanno rischiando", sottolinea. E sul tema dell'energia le richieste di Confapi sono chiare. "Noi ci alziamo ogni mattina -spiega- avendo un gap competitivo che va dal 70 al 40% del costo energetico rispetto ai principali competitori europei. Quindi è necessario indubbiamente non ascoltare più le minoranze chiassose ma ascoltare le maggioranze silenziose. Il tema del nucleare è un tema che deve essere posto all'ordine del giorno, un tema su cui noi abbiamo già dato -sottolinea- la nostra adesione, però non si deve partire domani, si doveva partire ieri perché comunque stiamo parlando di anni per arrivare alla realizzazione. E quindi secondo noi dobbiamo agire anche su altre direttrici. La prima, uno sviluppo ulteriore dell'energia pulita, quindi in particolare dal fotovoltaico e non solo. E poi serve anche un sistema di calcolo un po' differente dei prezzi perché mentre in molte parti d'Europa i prezzi stavano calando, in Italia sono continuati a crescere", aggiunge ancora. "E quindi -spiega ancora Camisa- abbiamo da un lato il nostro mondo che sta continuando a pagare l'energia sempre più cara e dall'altro i big player dell'energia italiana che fanno utile a capogiro. Quindi io sono liberale e non ho mai parlato di extra profitti, però sicuramente un sistema diverso di calcolo del prezzo che possa un po' mitigare questa distorsione è assolutamente necessario", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Il settore dei data center "sta avendo un trend di sviluppo potenziale molto importante. Abbiamo due progetti già sostanzialmente identificati e in via di realizzazione su Milano e Brescia, ma il potenziale è molto più ampio". Lo ha detto Lorenzo Giussani, chief strategy & growth di A2a, durante la presentazione del Piano Strategico 2024-2035, in corso a Milano. "Se verranno realizzati questi data center - ha poi aggiunto Giussani - la rete dovrà essere rafforzata" perché "consumeranno moltissima energia". Per A2a non si tratta solo di fornitura di energia, ma anche di "recupero del calore" per poi destinarlo al teleriscaldamento. "È un altro esempio di calore rinnovabile ed è una buona notizia anche per i data center" ha spiegato.