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(Adnkronos) - Oggi, domenica 17 agosto, saranno trascorsi 15 anni dalla morte di Francesco Cossiga, che proprio quaranta anni fa, il 24 giugno del 1985, veniva eletto, al primo scrutinio, con 752 voti, Presidente della Repubblica, iniziando il mandato il successivo 3 luglio. Il presidente 'picconatore', come fu poi definito per le cosiddette numerose e forti esternazioni che caratterizzarono gli ultimi due anni del settennato. Ma non furono certo il frutto di un improvviso e immotivato cambio della linea seguita nell'interpretazione del ruolo ricoperto. Come ricordato dall'attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel settembre 2020, in occasione della commemorazione per il decimo anniversario della morte, Cossiga "colse con acuta sensibilità che caduta del Muro e fine della potenza sovietica avrebbero avuto conseguenze anche sulla vita politica del nostro Paese, mettendo in discussione non solo i vecchi equilibri ma anche le rendite di posizione di chi supponeva di riceverne vantaggio in quanto estraneo all’ideologia sconfitta. La fine dell'equilibrio di Yalta, a giudizio del presidente, non poteva non riflettersi sul sistema politico italiano". Un'analisi che trovò uno snodo cruciale nel messaggio sulle riforme, inviato da Cossiga al Parlamento il 26 giugno del 1991, per sottolineare la necessità di "una democrazia compiuta e governante". "Sollecitavo la grande riforma di cui c'era bisogno per schivare la crisi che stava per esplodere - spiegherà Cossiga in un'intervista rilasciata un anno prima di morire - Andreotti, all'epoca premier, rifiutò di controfirmare il documento per la presentazione in Parlamento perché, si difese, non lo condivideva. Lo firmò il ministro della Giustizia Martelli. Fu il momento più difficile, per me. Sembravano tutti ciechi". Un'amarezza espressa anche nell'ultimo messaggio di fine anno, brevissimo, il 31 dicembre del 1991. "Il dovere sommo, e direi quasi disperato, della prudenza sembra consigliare di non dire, in questa solenne e serena circostanza, tutto quello che in spirito e dovere di sincerità si dovrebbe dire. Parlare non dicendo, tacendo anzi quello che tacere non si dovrebbe, non sarebbe conforme alla mia dignità di uomo libero, al mio costume di schiettezza, ai miei doveri nei confronti della Nazione. Ed allora -affermò l'allora Capo dello Stato- mi sembra meglio tacere. Mi duole di avervi forse deluso. Ma sono certo che voi, gente comune del mio Paese, vorrete comprendermi e, se lo ritenete, anche perdonarmi". Quella gente comune, aveva affermato Cossiga nel suo discorso di insediamento del 3 luglio del 1985, "punto di riferimento più sicuro, per saldare, sia nella nostra coscienza civile che nel nostro agire, il passato e il futuro". E sempre e già in quell'occasione il neo eletto Presidente non mancò di sottolineare che "l'Italia è cresciuta e si è trasformata con la Costituzione e nella Costituzione, e l'avvenuto mutamento nelle strutture civili, economiche e sociali del Paese richiede ad un tempo continuità dei valori perenni e disponibilità verso gli adeguamenti che favoriscano una nuova ed esaltante primavera della Repubblica". Indicazioni e auspici poi trasformatisi nell'accorato appello rappresentato dal messaggio alle Camere del 1991. "La richiesta di riforme istituzionali, di nuovi, moderni e più efficienti ordinamenti e procedure, non è -scriveva Cossiga- una richiesta solo 'politica' o tanto meno 'di ingegneria costituzionale', ma è una richiesta civile, morale e sociale di governo, di libertà, di ordine, di progresso da parte della gente comune; ed è una richiesta da parte di quei gruppi e di quei settori dirigenti del sistema politico, economico, culturale che avvertono come dinnanzi alle incalzanti scadenze europee, all'inadeguatezza dell'amministrazione, alle carenze e lentezze della giustizia, al dissesto della finanza pubblica, l'Italia corra il rischio di perdere o di vedere insidiato il posto che si è meritatamente conquistato nel concerto delle Nazioni". Meno di un anno dopo, il 25 aprile del 1992, Cossiga annuncerà la sue dimissioni, poi formalizzate tre giorni dopo, in anticipo rispetto alla scadenza del mandato, per consentire un ordinato passaggio tra la decima e l'undicesima legislatura e permettere così al Parlamento di eleggere un Capo dello Stato "forte politicamente e forte istituzionalmente, per promuovere la formazione di un Governo nuovo e forte". "Spero che tutti lo consideriate un gesto onesto, di servizio alla Repubblica. Concludo così sette anni che sono stati difficili non per me, o non solo per me, ma anche per il Paese. Sette anni in cui tante cose sono state cambiate e in cui mi è stato assicurato il privilegio di essere testimone di grandi cambiamenti, all’Est, ma io mi auguro anche all’Ovest adesso. Sette anni in cui ho cercato, con il silenzio prima, con la parola poi, con gli atti, con gli scritti, con i comportamenti di servire il mio Paese: vi sono riuscito? Non vi sono riuscito? Non spetta a me giudicarmi. Io non ho messaggi da lanciare, e non ho né forza politica, né rappresentanza morale tale da pretendere di lasciarvi testamento". Lasciato il Quirinale, da senatore a vita il Presidente emerito rappresenterà ancora una presenza incisiva dal punto di vista ideale, morale e politico, confermando così, come dirà sempre Mattarella nel 2020, di essere "un italiano che ha servito il Paese con tutta la forza di cui è stato capace". Dai banchi di Palazzo Madama, nel maggio del 1994, contribuirà alla nascita del primo Governo Berlusconi, la cui maggioranza è in bilico, "per dare -spiegherà- una soluzione alla crisi di Governo, per un coraggioso progredire sulla via della democrazia compiuta, come se valesse il 'già' pur nel 'non ancora', per la rifondazione della nostra Repubblica con un nuovo patto nazionale che nulla rinneghi delle radici storiche ed etiche della Repubblica del 1946, per l'Italia e per l'Europa". Quattro anni dopo, nell'ottobre del 1998, sarà l'artefice della nascita del Governo guidato da Massimo D'Alema, primo ex comunista ad approdare a Palazzo Chigi, pochi mesi prima della decisione della Nato di bombardare la Serbia per fermare la pulizia etnica praticata in Kosovo. Ancora una volta da Cossiga arriverà l'invito a dare inizio ad una nuova stagione che superi le vecchie ferite della storia nazionale e le contrapposizioni legate alla Guerra Fredda. "Con questo Governo -dirà nell'annunciare la fiducia all'Esecutivo- viene reso possibile far comprendere al popolo che la guerra fredda è finita e non è soltanto un grave errore politico o un’offesa alla storia, ma è un peccato contro lo spirito della nazione continuare a considerare comunisti, nel senso che questa parola aveva negli ultimi cinquant’anni, i Democratici di sinistra; così come sarebbe un errore storico e una grave colpa considerare fascisti coloro che siedono nei banchi della Destra". (di Sergio Amici)
(Adnkronos) - Il lavoro nel turismo cresce, ma la mancanza di personale rischia di arrestare bruscamente la corsa di un settore che traina l’economia italiana da anni. Nel 2024 questo comparto ha continuato a creare occupazione, superando 1,5 milioni di addetti (+2,1% rispetto al 2023 e +21,5% rispetto al 2014). Ma dietro i numeri da record si nasconde un paradosso: mai così tanti lavoratori introvabili. Rispetto al 2019, quando i profili mancanti erano 210mila (24,6%) il numero delle assunzioni di difficile reperimento si è triplicato, toccando quota 604 mila (51,8%). E a farne le spese sono soprattutto le aziende del Centro Nord. Secondo l'analisi della Fondazione Studi consulenti del lavoro, 'L’occupazione nel turismo, tra opportunità e limiti di crescita', elaborata su dati Istat, le imprese faticano soprattutto a trovare cuochi, pasticcieri, gelatai e camerieri. Un’emergenza silenziosa che rischia di inceppare il motore di uno dei comparti chiave dell’economia nazionale. Se, da un lato, il settore si consolida e vede aumentare soprattutto il lavoro dipendente (9% in cinque anni) nelle aree del Centro Italia così come nel Mezzogiorno, dall’altro continua a scontare difficoltà crescenti nell’intercettare i profili richiesti. A mancare sono soprattutto cuochi (irreperibili nel 61,7% dei casi), pasticcieri e gelatai (59,8%), camerieri (54,7%), baristi (50,6%) e, ancor di più, i tecnici della produzione e preparazione alimentare (76,4%). La difficoltà riguarda in modo particolare le regioni che negli ultimi anni hanno assistito a una crescita del fabbisogno di figure per il comparto ricettivo-ristorativo: è il caso, ad esempio, della Sicilia, Calabria e Sardegna. Ma le regioni dove si registra più affanno sono nel Centro-Nord: dopo il Molise (66,6% dei profili giudicati irreperibili dalle aziende), spiccano Umbria (61,1%), Trentino Alto Adige (58,4%), Lazio (58,1%), Piemonte e Val D’Aosta (55,7%). A pesare sul comparto, evidenzia l'analisi, sono fattori strutturali significativi: l’assenza sistemica di percorsi formativi idonei che producano personale qualificato in misura adeguata alle richieste, stagionalità e intensità del lavoro. In questa situazione, tuttavia, si intravedono dei segnali positivi: negli ultimi anni è cresciuta, infatti, la domanda di lavoratori con qualifica di formazione professionale, la cui incidenza sul totale delle assunzioni previste è passata dal 43,2% del 2019 al 51,7% del 2024. Piccolo segnale di un’evoluzione in corso anche se ancora molto lenta. “Il turismo rappresenta un volano per l’economia del nostro Paese, ma non possiamo ignorare l’altra faccia della medaglia: la difficoltà crescente nel trovare lavoratori qualificati rischia di trasformarsi in un’emergenza strutturale che mette a rischio lo sviluppo futuro del comparto e l’andamento positivo dell’occupazione. Oggi più che mai è fondamentale vincere la sfida del reperimento delle competenze investendo nella formazione mirata, soprattutto aumentando gli Its”, ha dichiarato il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca.
(Adnkronos) - Oltre il 90% degli ingredienti principali mappati sino all'origine con punte del 94% per le nocciole e del 97% per cacao e olio di palma, il 92,1% degli imballaggi progettati per essere riciclabili, emissioni di Scope 1 e 2 ridotte del 21,7% con l'obiettivo prefissato di dimezzare le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030, il 90% dell'elettricità per la produzione e lo stoccaggio proveniente da fonti rinnovabili. Sono i principali progressi raggiunti da Ferrero nel perseguimento dei principali obiettivi di sostenibilità coerente all’impegno del gruppo volto a generare un impatto positivo sull’intera catena del valore e contenuti nel 16esimo rapporto di sostenibilità pubblicato oggi. “La sostenibilità è profondamente radicata nella strategia a lungo termine di Ferrero - sottolinea Giovanni Ferrero, Executive Chairman del Gruppo - e’ un motore fondamentale della resilienza aziendale e guida le nostre decisioni, mentre cresciamo responsabilmente. Di fronte alle sfide globali, in particolare al cambiamento climatico, il nostro impegno rimane chiaro: approvvigionarsi responsabilmente, innovare con coraggio e salvaguardare l’ambiente per le generazioni future. Questo progresso è reso possibile grazie all’adozione di azioni collettive, alla valorizzazione dell'innovazione, ricerca e sviluppo, continuando ad imparare dalle nostre esperienze, per ottenere un impatto misurabile e significativo”. “A livello di sostenibilità, abbiamo compiuto progressi costanti nella nostra agenda durante l'anno fiscale 2023/2024 - aggiunge Lapo Civiletti, Chief Executive Officer del Gruppo Ferrero - sono particolarmente orgoglioso dei progressi che stiamo mettendo in atto per raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine. Abbiamo portato avanti con successo il nostro percorso in ambito sostenibilità, mantenendo al contempo una solida gestione finanziaria in tutta l'azienda. Stiamo compiendo grandi sforzi nella tracciabilità dei nostri ingredienti chiave e per migliorare la visibilità della catena di approvvigionamento, portando avanti al contempo i nostri impegni per garantire i diritti umani, proseguendo il nostro percorso di decarbonizzazione”. Tra gli gli altri punti significativi del rapporto, in tema di sicurezza e qualità alimentare emerge che il 100% degli stabilimenti Ferrero è certificato secondo lo standard Global Food Safety Initiative (Gfsi), un’attenzione costante alle porzioni accuratamente definite con l’85% dei volumi commercializzati che presenta una porzione pari o inferiore a 130 kcal, il 63% pari o inferiore a 100 kcal e il 91% inferiore a 150 kcal a porzione. Il rappoto segnala, poi, un impatto continuo sulle comunità nei Paesi di origine attraverso partnership di lunga data con organizzazioni internazionali e locali, come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) e Save the Children: in particolate, Kinder Joy of moving ha raggiunto oltre 3,7 milioni di bambini in 35 Paesi, con investimenti superiori a 13 milioni di euro. Nel 2024, Ferrero ha collaborato con Organizzazione degli Stati Americani (Oas ) per promuovere l'inclusione, l'equità e l'accesso ai diritti attraverso lo sport e l'attività fisica, in particolare per bambini, adolescenti e donne delle Americhe. Infine, sul fronte degli imballaggi il rapporto evidenzia notevoli progressi nella riduzione della plastica vergine, tra i quali è rilevante la diminuzione del 13% del rapporto plastica/prodotto. Questo include la conversione delle scatole di Ferrero Rocher da polistirene a polipropilene in Nord America e Cina, con un risparmio stimato di circa 11.000 tonnellate di plastica e il lancio di Nutella Plant-Based in vasetti realizzati con il 60% di vetro riciclato e il nuovo cucchiaino di carta di Kinder Joy.