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(Adnkronos) - L'allarme caldo nasconde insidie anche per chi cerca di concepire un figlio. L'inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici minacciano sempre di più la capacità riproduttiva umana, incidendo negativamente sulla fertilità. A evidenziarlo è un recente documento pubblicato dall'Eshre, la Società europea di riproduzione umana ed embriologia, riunita per il suo 41esimo congresso annuale dal 29 giugno al 2 luglio a Parigi. Giorni roventi per la capitale francese, che si prepara a picchi di 38 gradi. Nel rapporto l'Eshre riassume le principali evidenze scientifiche sull'effetto che smog e climate change possono avere per la natalità, aggravando un'emergenza in crescita. "L'innalzamento delle temperature e l'aumento dell'inquinamento atmosferico - spiega - sono associati a un peggioramento della qualità del seme maschile, con alterazioni nei parametri spermatici, riduzione del numero di spermatozoi e danni al Dna. Anche la riserva ovarica nelle donne può essere ridotta, con impatti negativi sul potenziale riproduttivo spontaneo e sulla risposta ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita". Il report evidenzia come circa 3 miliardi di persone nel mondo vivano in aree ad alta vulnerabilità climatica, con possibili ripercussioni sulla salute di donne in gravidanza, bambini, anziani e pazienti con malattie croniche. "Negli ultimi anni, nella nostra pratica clinica abbiamo osservato un crescente numero di casi in cui le cause dell'infertilità appaiono sempre meno riconducibili a fattori individuali e sempre più legate a elementi ambientali", conferma Alberto Vaiarelli, ginecologo specialista in medicina della riproduzione e coordinatore scientifico del centro Genera di Roma. "Tutto quello che noi facciamo, il modo in cui viviamo - sottolinea - sicuramente ha un'influenza sulla fertilità. L'inquinamento atmosferico e l'ipertermia ambientale sono fra le variabili che progressivamente rischiano di minare la salute riproduttiva, sia maschile che femminile". L'esperto ricorda il ruolo chiave della temperatura testicolare nei maschi: "Anche un aumento di soli 1-2 gradi può compromettere la spermatogenesi. Studi clinici e di laboratorio - rimarca Vaiarelli - dimostrano un calo significativo del numero e della motilità degli spermatozoi in presenza di esposizioni croniche a temperature elevate". Proprio come quelle che l'Italia sta vivendo in queste settimane, stretta in una morsa bollente che in molte aree del Centro-Sud ha portato la colonnina di mercurio stabilmente sopra i 40°C. "L'ondata di calore che sta colpendo il nostro Paese - ammonisce il ginecologo - non è solo un disagio climatico: è un fattore di rischio concreto per la salute riproduttiva. Certo non è il solo", precisa, però "è sicuramente qualcosa su cui dobbiamo tenere alta l'attenzione". Nel suo documento, l'Eshre invita a "politiche rapide e coordinate per ridurre le emissioni di CO2 e migliorare la qualità dell'aria entro i prossimi 20 anni, in linea con il Green Deal europeo". La società scientifica sollecita inoltre "un investimento massiccio nella ricerca sugli effetti dell'inquinamento sulla fertilità, per orientare meglio la prevenzione". "In un mondo che cambia - osserva Vaiarelli - anche la salute riproduttiva chiede protezione. E il cambiamento climatico non è solo una minaccia per l'ambiente: è una sfida per la sopravvivenza stessa della specie umana, che peraltro sta perdendo la spinta a procreare per una serie di motivi sociali ed economici". Al 41esimo Congresso dell'Eshre di Parigi è stato presentato anche uno studio del gruppo Genera, condotto su oltre 1.200 coppie di aspiranti genitori, che invita le donne a non arrendersi se il primo tentativo di fecondazione assistita è andato male. Al secondo tentativo, infatti, circa il 50% delle pazienti produrrà più ovociti e più embrioni. Ma attenzione a non aspettare troppo: riprovarci presto può aumentare di molto le probabilità di una gravidanza a termine; al contrario, ogni mese di ritardo può ridurle un po' di più. Secondo gli ultimi dati del Registro Pma dell'Istituto superiore di sanità, sono quasi 88mila le coppie italiane ricorse alla procreazione medicalmente assistita nel 2022, in aumento del 2,3% rispetto alle circa 86mila del 2021. Sempre nel 2022, i bimbi nati grazie a queste tecniche sono 16.718: il 4,3% del totale nati vivi (393.333, fonte Istat), in crescita dello 0,5% circa rispetto ai 16.625 del 2021. La ricerca ha voluto rispondere a una domanda cruciale per molte coppie che intraprendono un percorso di fecondazione assistita: il fallimento di un primo ciclo di trattamento condiziona negativamente le possibilità di successo di un secondo tentativo? I risultati dello studio dicono di no, indicano che l'esito del secondo ciclo di Pma non c'entra con come è andato il primo. "Spesso sono le pazienti stesse a tirare le somme sulla base della loro esperienza, pensando che se nel primo tentativo sono stati ottenuti, ad esempio, solo embrioni cromosomicamente anomali, allora anche i prossimi lo saranno", spiega il ginecologo Alberto Vaiarelli, responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma, uno dei 7 del gruppo presenti in Italia. "Abbiamo voluto dimostrare con evidenze scientifiche che gli esiti clinici del primo ciclo non predicono quello che succederà dopo. L'unica vera strategia efficace che abbiamo - sottolinea lo specialista - è procedere con una nuova stimolazione ormonale senza perdersi d'animo e il nostro studio ci dimostra che prima la si fa, maggiori sono le probabilità di successo". Lo studio Genera ha incluso 1.286 secondi cicli di Pma eseguiti tra il 2015 e il 2021, con un'età media delle pazienti di 39 anni e un valore mediano dell'ormone anti-Mülleriano (Amh) pari a 1,2 ng/ml. I ricercatori hanno analizzato numerosi parametri del primo ciclo - dall'età materna alla causa d'infertilità, fino agli esiti embriologici - per capire se influenzassero il secondo tentativo. Le pazienti hanno intrapreso un secondo ciclo per diversi motivi: mancata formazione di blastocisti (41%), fallimento dell'impianto (20%), aborto (5%), o per il protocollo DuoStim (26%) che prevede 2 stimolazioni in un unico ciclo mestruale. Tutti i cicli includevano stimolazione ovarica e fecondazione Icsi con coltura a blastocisti. Dall'analisi è emerso che il 48% delle pazienti ha prodotto un maggior numero di ovociti al secondo tentativo; la competenza ovocitaria è migliorata nel 40% dei casi, con un aumento medio del 3% nel tasso di blastocisti per ovocita. Anche il numero di blastocisti è cresciuto nel 43% dei cicli successivi. E il tasso cumulativo di nati vivi dopo il secondo ciclo, indipendentemente dall'esito del primo, è stato del 24%. Il tempo tra il primo e il secondo tentativo è apparso un fattore chiave: "Ogni mese di ritardo è associato a una leggera diminuzione delle probabilità di successo", avvertono gli autori. "Anche 6 mesi fra una stimolazione e l'altra fanno la differenza per le nostre pazienti", precisa Vaiarelli. I dati confermano che "le coorti follicolari sono indipendenti fra di loro, anche se i parametri clinici come età e riserva ovarica restano invariati - commenta Danilo Cimadomo, Research Manager di Genera - Una paziente che ha avuto pochi ovociti o embrioni nel primo ciclo non è destinata a ottenere lo stesso risultato. Il 90% di chi non ottiene ovociti al primo ciclo li ottiene nel secondo, e il 60% riesce ad avere embrioni vitali. La variabile decisiva è il tempo: prima si effettua il secondo pick-up, migliori sono le probabilità". Alla luce dei risultati, per gli esperti serve un cambio di prospettiva: "Non bisogna considerare la Pma come un singolo trattamento, ma come un progetto di genitorialità personalizzato, con obiettivi di medio-lungo periodo". Conclude Vaiarelli: "E' necessario considerare la Pma come una strategia multiciclo, utile non solo per ottenere una gravidanza, ma per realizzare un vero e proprio progetto familiare, che può prevedere uno o più figli. I centri specializzati e all'avanguardia basano il loro lavoro su un miglioramento continuo del trattamento e delle tecnologie a disposizione e su un counseling precoce e personalizzato, già dal primo colloquio. L'unico vero consiglio che possiamo dare, di fronte a un primo tentativo andato male, è che dobbiamo andare avanti, senza giudicare un esito negativo iniziale, dato che nei successivi cicli le chance di successo aumentano progressivamente".
(Adnkronos) - Nella giornata di oggi si è tenuto un incontro istituzionale tra Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia, appartenente al sistema di Federturismo Confindustria ed il suo direttore Antonio Barreca, e Base Balneare e il commissario europeo al Turismo, Apostolos Tzitzikostas. Durante il colloquio è stata consegnata una memoria illustrativa ufficiale contenente le istanze del comparto balneare italiano in merito alla corretta applicazione della Direttiva Bolkestein e lo stato del contenzioso italiano approdato alle Sezioni Unite sul tema della scarsità della risorsa naturale. Il documento, elaborato da Assobalneari Italia e Base balneare, evidenzia la necessità di un approccio più equilibrato e realistico parte delle istituzioni europee, che tenga conto delle peculiarità storiche, economiche e sociali del modello balneare italiano e della tutela dei diritti acquisiti dai concessionari che da decenni operano e investono nel settore. Durante l’incontro, il Presidente di Assobalneari e l'Avvocato Nicolò Maellaro per Base Balneare hanno formalmente richiesto un tavolo di confronto con le istituzioni europee competenti, con l’obiettivo di individuare soluzioni normative che garantiscano certezza giuridica, continuità imprenditoriale e salvaguardia dell’occupazione lungo le coste italiane. "Abbiamo ribadito con forza - hanno dichiarato Licordari e Maellaro - che non si può applicaE'È fondamentale che l’Europa ascolti la voce dei territori e comprenda che il sistema balneare italiano così come quello degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, rappresenta una risorsa strategica per l’economia del turismo nazionale, fatta di imprese familiari, lavoro, identità e presidio ambientale". Assobalneari Italia e Base Balneare auspicano che questo confronto possa essere il primo passo verso una nuova fase di dialogo e collaborazione con la nuova dirigenza politica dell’Unione Europea, affinché le future scelte in materia siano il frutto di una volontà politica consapevole e non delle scelte di oscuri tecnocrati che, con la loro influenza proveniente da loro ruolo di intoccabili, riescono ad indirizzare decisioni che sono più il frutto di pressioni di poteri forti a discapito dell’interesse comune, e che tengano conto della specificità e della sostenibilità del comparto balneare italiano e di quello degli altri Paesi che hanno le loro coste sul mar Mediterraneo, valorizzando coloro che nel corso degli anni hanno investito e creato occupazione inventando il modello di turismo balneare che oggi viene esportato come modello in altri Paesi del mondo.
(Adnkronos) - Oltre trent'anni di storia al servizio della salute e della persona, una visione che guarda al futuro e un impegno concreto che ora viene tradotto in numeri, scelte e progetti concreti. La Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico ha presentato oggi a Roma il suo primo Bilancio di Sostenibilità, che fornisce una testimonianza tangibile di un percorso che mette insieme innovazione sanitaria, centralità dell’essere umano, impegno sociale e rispetto per l’ambiente. La presentazione si è svolta presso Palazzo Colonna, nel centro di Roma, durante l’evento dal titolo 'Sostenibilità in sanità: una nuova sfida' con gli interventi del presidente della Fondazione Carlo Tosti e dell’amministratore delegato e direttore generale Paolo Sormani. All’iniziativa hanno partecipato numerosi tra esperti di settore, accademici e rappresentanti del mondo delle istituzioni e dell’impresa, con i contributi, tra gli altri, del Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, del capo di Gabinetto del ministero della Salute Marco Mattei e della deputata Ylenja Lucaselli, componente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione. L’evento di presentazione ha previsto anche un talk sul tema della sostenibilità in sanità a cui hanno preso parte l’amministratore Delegato di Deloitte & Touche Valeria Brambilla, la Theme Chair of Planetary Health dell’Erasmus School of Health Policy & Management University di Rotterdam Chiara Cadeddu e il responsabile del progetto Green Hospital della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico Lorenzo Sommella. Il bilancio, redatto con il supporto metodologico di Deloitte & Touche secondo gli standard internazionali Gri (Global Reporting Initiative), racconta "la sempre crescente attenzione del Policlinico Campus Bio-Medico ai temi della sostenibilità sociale e ambientale, confermata da numerose attività: dal progetto Green Hospital, con un team multidisciplinare dedicato proprio alla transizione ecologica, fino alle azioni a forte impatto sociale rivolte al benessere delle persone – professionisti e pazienti – che vivono ogni giorno la realtà del Policlinico. Un approccio che riflette la volontà di coniugare sostenibilità ambientale, responsabilità sociale, innovazione tecnologica e qualità delle cure". Le misure per l’ambiente. Tra i dati più significativi sul fronte ambientale, nel rapporto spicca l’investimento del Policlinico Campus Bio-Medico nell’efficientamento energetico: già oggi quasi il 57% dell’energia elettrica necessaria alla struttura viene autoprodotta grazie all’impiego di fonti alternative. Dal 2025, inoltre, è previsto che il Policlinico utilizzi energia prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili. A questo si aggiungono i risultati nella gestione dei rifiuti, con una riduzione del 31% degli imballaggi misti e un deciso orientamento verso materiali riutilizzabili ed eco-compatibili. Sotto l’aspetto della sostenibilità sociale, "il bilancio restituisce l’immagine di un’organizzazione che crede convintamente nelle proprie persone. Nel 2024 - riporta la nota del Policlinico - l’organico è cresciuto del 4%, raggiungendo quota 1.775, con una presenza femminile pari al 61,5% del totale. Un dato che conferma l’importanza fondamentale del ruolo delle donne nel Policlinico, anche nei ruoli apicali: quasi un dirigente su due (il 49,1%) è, infatti, di genere femminile. Tutto questo si inserisce in un più ampio impegno a favore della parità, sostenuto dal Gender Equality Plan e da iniziative strutturali come l’asilo aziendale, attivo per i figli dei dipendenti dai 3 mesi ai 6 anni e teso a favorire il benessere lavorativo e il bilanciamento tra vita privata e professionale". Le attività di impatto sociale. "Non meno rilevanti sono le azioni rivolte alla comunità. In particolare, la Fondazione mette a disposizione della cittadinanza gli ambulatori open: accreditati con il Servizio Sanitario Nazionale e operativi tutto l’anno, consentono di svolgere visite specialistiche in chirurgia toracica, senologia e nella diagnosi delle neoplasie del colon-retto senza prenotazione, con la sola presentazione dell’impegnativa del medico - continua la nota - Vi sono poi le numerose campagne di screening gratuiti come, ad esempio, 'Ottobre rosa', mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno, 'Marzo blu' per quella del tumore del colon-retto o 'Novembre azzurro', rivolto agli uomini per i controlli sulle principali patologie maschili". L’attenzione del Policlinico Campus Bio-Medico al territorio "si manifesta, inoltre, con Tariffa Amica, l’iniziativa di privato sociale che consente ai pazienti di accedere a visite ed esami diagnostici con tariffe agevolate e tempi di attesa ridotti. Soltanto nel 2024, le prestazioni in questo regime sono state 141.841, con un incremento del 16% sul 2023 e del 33% sul 2022, a conferma ulteriore che il bisogno è reale e diffuso e la Fondazione Policlinico è impegnata nel farsene carico. Un modello assistenziale in grado di tenere insieme qualità clinica e accessibilità, con particolare attenzione alle fasce più fragili della popolazione. Il bilancio di sostenibilità diventa così per il Policlinico Campus Bio-Medico una traccia concreta su cui basare il processo di sviluppo in cui è impegnato e ribadire l’identità di istituzione sanitaria no profit e ispirata ai valori cristiani, capace di guardare alla persona in tutte le sue dimensioni, di misurarsi, di progredire e, al tempo stesso, di restare fedele alla sua vocazione originaria. “Questo bilancio non è solo uno strumento di rendicontazione, ma un atto di trasparenza e coerenza tra i valori che ci guidano e le decisioni che prendiamo ogni giorno - ha commentato il presidente della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico Carlo Tosti, che poi ha aggiunto: “In fondo, questo documento racconta ciò che siamo fin dalla nostra nascita: un’istituzione attenta alla dignità dell’essere umano, che mira a massimizzare l’impatto sociale e ambientale delle sue progettualità e che guarda al domani con spirito di programmazione e fiducia. Tutto ciò deriva da un’idea precisa di sostenibilità: che assistere il prossimo significhi anche prendersi cura di tutto ciò che esiste al di fuori del Policlinico, con la consapevolezza di avere una forte responsabilità nei confronti dell’ecosistema, della società e delle future generazioni”. “La presentazione del nostro primo Bilancio di Sostenibilità segna un momento cruciale nel percorso di crescita del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e della sua comunità - ha affermato l’amministratore delegato e direttore generale della Fondazione Paolo Sormani. “Tale report si inserisce all’interno della nostra più ampia strategia di consolidamento e sviluppo, consapevoli dell’importanza fondamentale che il settore sanitario riveste dal punto di vista della sostenibilità sociale e ambientale. In un contesto in continua trasformazione e che ha davanti a sé sfide epocali – dal processo di progressivo e inesorabile invecchiamento della popolazione al conseguente fenomeno della multicronicità, fino alla diffusione sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale e della robotica – sono convinto che il nostro impegno sul versante sociale e della transizione ecologica ci aiuterà ad affrontare le sfide di oggi e di domani con maggiore efficacia, con l’obiettivo di garantire ai cittadini un accesso alle cure sempre più ampio, equo e di qualità”. Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, ha affermato: “Il Bilancio di Sostenibilità del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico rappresenta un esempio concreto di come la sanità possa e debba essere protagonista della transizione ecologica e sociale. In un momento storico in cui sostenibilità significa garantire salute, equità e futuro alle prossime generazioni, iniziative come questa indicano la direzione giusta. La Regione Lazio guarda con grande favore a percorsi di innovazione responsabile come quello del Policlinico, che coniugano eccellenza clinica, attenzione all’ambiente e cura della persona in tutte le sue dimensioni. È questo lo spirito con cui vogliamo costruire il sistema sanitario del futuro”. Secondo Marco Mattei, capo di Gabinetto del ministero della Salute, "la sostenibilità è sicuramente una leva strutturale della programmazione sanitaria: non riguarda soltanto la tutela dell’ambiente, ma incide sull’organizzazione dei servizi, sulla capacità di innovare i modelli di assistenza e sul rafforzamento delle politiche di prevenzione. In questo senso, è fondamentale promuovere una cultura della misurazione e della trasparenza, con l’obiettivo di rendere il Servizio Sanitario Nazionale sempre più efficiente, vicino ai cittadini e pronto ad affrontare le transizioni attualmente in corso”. Ylenja Lucaselli, deputata della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione, ha rilevato: “La sostenibilità in sanità non può essere affrontata in modo settoriale. L’esperienza del Covid ci ha insegnato quanto sia indispensabile un approccio integrato alla salute, capace di mettere in relazione saperi e competenze diverse. Il lavoro svolto dal Policlinico Campus Bio-Medico si muove esattamente in questa direzione, dimostrando come sia possibile declinare tale principio in modo concreto e coerente con le sfide del nostro tempo. È anche quello che siamo impegnati a fare in Commissione Bilancio e con l’Intergruppo parlamentare One Health. Il compito delle istituzioni è creare le condizioni affinché esperienze come questa si moltiplichino e diventino strumento di programmazione, responsabilità e crescita per l’intero sistema salute”. Valeria Brambilla, amministratore Delegato di Deloitte & Touche, ha osservato: “Il settore Health Care è intrinsecamente connesso allo sviluppo sostenibile, con particolare riferimento alla capacità delle strutture sanitarie e ospedaliere di generare impatto sociale grazie ai servizi offerti e all’attenzione alla cura della persona. In questo senso, la rendicontazione non finanziaria rappresenta un elemento chiave nel percorso di continuo miglioramento delle performance, a favore della collettività. L’Unione europea ci mette oggi a disposizione gli strumenti giusti per comunicare in modo chiaro, trasparente e comparabile tali informazioni, che devono sempre più costituire parte integrante non solo del reporting delle organizzazioni, ma anche e soprattutto dei loro piani strategici”. Chiara Cadeddu, Theme Chair of Planetary Health dell’Erasmus School of Health Policy & Management University di Rotterdam, ha dichiarato: “È fondamentale riconoscere il paradosso che affligge il settore sanitario: se non intraprendiamo azioni decisive per decarbonizzare questo settore, ci troveremo ad affrontare conseguenze dirette che impatteranno la salute pubblica. L'incremento di patologie e ospedalizzazioni dovuto alla tripla crisi planetaria – climatica, della biodiversità e dell’inquinamento – rappresenta una sfida che dobbiamo affrontare con urgenza e determinazione. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo garantire un futuro sostenibile per la salute del pianeta e delle generazioni presenti e future”. Per Lorenzo Sommella, responsabile del progetto Green Hospital della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, "la sostenibilità ambientale in sanità non può più essere considerata un tema di nicchia. Fin qui si è proceduto con iniziative virtuose di singole aziende sanitarie, tra cui anche la nostra Fondazione, per via della mancanza di una policy a livello nazionale. L’attenzione all’ambiente circostante allunga la catena del valore dei processi sanitari, a monte con il green procurement e l’economia circolare e a valle con la riduzione della carbon footprint. Solo l’impegno per tutti di redigere un Green Plan, con azioni chiare ed efficaci, potrà però fare davvero la differenza”.