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(Adnkronos) - Nel nostro Paese la popolazione umana diminuisce mentre quella degli animali da compagnia è in continua e rapida crescita: sono oltre 20 milioni i cani e gatti presenti nelle famiglie dove rivestono un ruolo fondamentale per il benessere psico-fisico delle persone. Il mercato globale della salute animale ha raggiunto, nel 2024, un valore stimato di oltre 62 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo superiore al 10%. Sono i dati di una ricerca indipendente condotta da Altems Advisory, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim, presentata oggi al Senato della Repubblica, all’evento ‘Future generazioni e salute animale: il ruolo centrale della ricerca e dell’innovazione’, promosso su iniziativa del senatore Guido Quintino Liris, componente della Commissione Bilancio e della Commissione d’inchiesta sul Covid, con l’obiettivo di discutere, in sede istituzionale, del valore generato dalla ricerca scientifica e dall’innovazione in ambito veterinario. I dati riflettono non soltanto l’aumento della spesa per gli animali domestici, ma anche la necessità di promuoverne la salute e il benessere, con evidenti benefici anche per chi li ospita. In questo contesto - si legge in una nota - emerge la necessità di promuovere e riconoscere il giusto valore all’innovazione in ambito veterinario, che presenta oggi molteplici affinità con il settore umano, pur mantenendo specificità e difficoltà proprie nei percorsi di autorizzazione e sviluppo dei farmaci. La salute animale – intesa in senso ampio, sia relativa agli animali da compagnia che d’allevamento – rappresenta, inoltre, un pilastro fondamentale del modello One Health, che riconosce l’interdipendenza tra salute umana, animale e ambientale. In un’epoca segnata da nuove vulnerabilità epidemiologiche, cambiamenti demografici e climatici, e pressioni sulla finanza pubblica, rafforzare il settore della sanità veterinaria diventa una priorità strategica. I dati dimostrano con chiarezza che circa il 58% delle malattie infettive umane ha origine zoonotica. Di conseguenza, prevenire e contenere le malattie animali significa ridurre in modo significativo anche il rischio di future pandemie, tutelando al tempo stesso la salute pubblica. “La pandemia ci ha ricordato con forza che la salute umana, quella animale e quella ambientale sono profondamente interconnesse - afferma il senatore Liris - È solo attraverso un approccio integrato, fondato su ricerca e innovazione, che possiamo prevenire future crisi sanitarie globali. Il nostro impegno deve essere chiaro: sostenere e rafforzare il ruolo strategico degli Istituti Zooprofilattici, valorizzare le competenze scientifiche italiane e attrarre investimenti in salute animale. In questa visione, il contributo di realtà come Boehringer Ingelheim, insieme al mondo accademico e agli enti di controllo, è cruciale. Guardare alle future generazioni - aggiunge - significa anche investire oggi in una filiera della salute moderna, digitale e resiliente”. “Questo - sottolinea il componente della Commissione d’Inchiesta sul Covid - è il momento di agire, unendo le forze per costruire un sistema sanitario capace non solo di curare, ma soprattutto di prevenire. Il salto di specie non deve più coglierci impreparati. Con coraggio e responsabilità, possiamo guidare il cambiamento e garantire un futuro più sicuro per tutti”. Il nostro Paese, “attraverso un apposito dipartimento al ministero della Salute - evidenzia Pierfrancesco Catarci, Ufficio 2-Coordinamento Ii.Zz.Ss, direzione generale della Salute animale, dipartimento della Salute Umana, della Salute animale e dell’Ecosistema (One Health) e dei rapporti internazionali del ministero della Salute - promuove un approccio One Health, puntando su una sanità integrata e multidisciplinare. Gli obiettivi includono indicatori biologici condivisi, raccolta e gestione dei dati interoperabili, collaborazione scientifica nazionale e internazionale, formazione sanitaria multidisciplinare, comunicazione efficace del rischio ed educazione alla sostenibilità. L’obiettivo principale è quello di evidenziare l’interconnessione e il legame tra la salute umana, animale e ambientale”. Nonostante gli impatti sulla salute, ma anche impatti economici mostrati, la consapevolezza e la conoscenza di questo particolare ambito di ricerca è ancora poco nota e spesso sottostimata rispetto a quanto avviene per l’umana. Lo sviluppo di farmaci innovativi, sicuri ed efficaci - secondo gli esperti- consente di ottimizzare le risorse e ridurre i costi sanitari e implica rischi e investimenti ingenti, ad oggi senza sostegni da parte del Sistema sanitario. “Fare ricerca è la nostra missione - sottolinea Karin Ramot, Head of Boehringer Ingelheim Animal Health Italia - e siamo consapevoli che innovazione vuol dire contribuire alla salute pubblica, con impatti importanti sulla sostenibilità ambientale ed economica. Anche per questo siamo tra le aziende che più investono in R&S, con il 10,5% del fatturato netto solo nell’area della salute animale. Abbiamo deciso di sostenere questo studio indipendente, il primo nel settore - precisa - per raccogliere e presentare le evidenze in ambito veterinario, viste la complessità e le opportunità legate alla ricerca veterinaria. Sarà fondamentale continuare il dialogo istituzionale e rafforzare il partenariato tra tutti gli attori della salute animale, ma anche umana, per garantire un futuro alle prossime generazioni”. La ricerca veterinaria “rappresenta una leva strategica per rafforzare la sanità animale e la sanità pubblica, in linea con i principi One Health - osserva Nicola D’Alterio, direttore Generale Izs dell’Abruzzo e del Molise G. Caporale - Attraverso sperimentazione in vivo, genomica avanzata, sistemi di intelligenza artificiale e banche dati integrate, i risultati scientifici si traducono in strumenti concreti per la sorveglianza, la prevenzione e l’intervento precoce a tutela della salute collettiva". A livello politico e istituzionale il tema sta riscuotendo attenzione per via delle profonde implicazioni sulla sanità pubblica e sul futuro del paese. L’Italia ha già compiuto passi importanti per rafforzare la governance della salute animale. L’introduzione della Ricetta elettronica veterinaria (Rev) nel 2019 - dettaglia la nota - il recepimento del Regolamento europeo 2019/6, la recente istituzione nel ministero della Salute del dipartimento One Health, sono solo alcuni dei progressi compiuti. Nonostante ciò, un dialogo aperto e sempre maggiori occasioni di partenariato pubblico-privato sul tema sono fondamentali per rispondere a temi ancora aperti, come l’assenza di copertura pubblica per molte terapie veterinarie, ostacolo concreto all’accesso alle cure soprattutto per le fasce economicamente più fragili della popolazione. “Il Covid, con il suo impatto economico e sociale - rimarca Ylenia Zambito, Commissione 10° Affari Sociali del Senato - ci ha dimostrato perché è importante costruire un quadro normativo che agevoli la collaborazione tra pubblico e privato e attragga sempre più investimenti in ricerca e innovazione anche in ambito veterinario. Quest’ultimi, infatti, non sempre godono della stessa dignità di quelli umani sebbene abbiano un ruolo importante nel sistema salute. I dati del Report elaborati da Altems e presentati oggi al Senato - grazie anche all’iniziativa di Boehringer Ingelheim - lo dicono chiaramente: da un lato c’è una sempre crescente centralità del benessere degli animali da compagnia per tante famiglie italiane, dall’altro emerge ancora più forte l’interconnessione tra benessere animale, umano e ambientale. In questo quadro - continua - investire in ricerca e innovazione in ambito veterinario significa investire in prevenzione, contrastare le zoonosi e contribuire alla lotta all’antimicrobico resistenza. Sfide di fronte alle quali siamo chiamati a farci trovare pronti". A tale proposito, dal Report, sono emerse proposte discusse durante l’evento e alla base di una definizione di proposte di policy concrete, orientate alla costruzione di un modello sanitario capace di rispondere in modo sostenibile alle sfide attuali e future e in grado di ridare dignità a questo ambito di ricerca.
(Adnkronos) - L’Italia ha già percorso più di metà del cammino verso gli obiettivi della Direttiva Case Green per il 2030 e la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese. È quanto emerge dallo studio 'La via italiana alla Direttiva Case Green', realizzato dal centro studi di Fondazione Geometri Italiani in collaborazione con Centro studi sintesi - Cgia di Mestre e Smart Land, che per la prima volta quantifica con rigore metodologico potenzialità e impatti dell'adozione nazionale della Direttiva Epbd iv. Grazie agli interventi di efficientamento energetico realizzati tra il 2020 e il 2024 - principalmente attraverso Superbonus 110% e altre detrazioni fiscali - l'Italia ha già raggiunto una riduzione dei consumi del 9,1% rispetto al target del 16% previsto per il 2030. Manca quindi solo il 6,9% per centrare l'obiettivo. “Questi dati dimostrano che la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese”, commentano il presidente Diego Buono e il vicepresidente Paolo Biscaro di Fondazione Geometri Italiani. “La versione finale della Direttiva Case Green offre flessibilità e pragmatismo: non ci sono obblighi diretti per i proprietari e i criteri di calcolo sono stati rimodulati. Questo ci consente di affrontare la transizione energetica senza preconcetti ideologici, puntando su strumenti concreti e sostenibili”, continuano. "Ringraziamo l'Onorevole Andrea De Bertoldi per sue parole che ribadiscono come la transizione energetica, che si accompagna all'edilizia in tutte le sue espressioni, rappresenta un passaggio fondamentale non solo per la tutela ambientale, ma anche per la crescita della nostra economia nazionale", commentano il Presidente Diego Buono e il Vicepresidente Paolo Biscaro di Fondazione Geometri Italiani. "Questa affermazione, insieme ai dati del rapporto, dimostra che la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese. La Direttiva offre pragmatismo e flessibilità - concludono - consentendoci di affrontare questa sfida con strumenti concreti e sostenibili". Per completare il percorso verso il 2030, lo studio quantifica la necessità di: 84,8 miliardi di euro di investimenti (ca. 14,1 miliardi/anno); 3 milioni di abitazioni da ristrutturare (ca. 505.000/anno); Costo medio per intervento: ca. 28.000 euro. L'impatto economico sarà significativo: gli investimenti genereranno un effetto moltiplicatore di 280 miliardi di euro complessivi, così suddivisi: impatto diretto settore costruzioni: ca. 133,76 miliardi; Impatto indiretto: ca. 44,70 miliardi; Impatto indotto: ca. 101,70 miliardi; valore aggiunto generato: 102,6 miliardi (ca. 17,1 miliardi/anno). Il piano di ristrutturazione energetica rappresenta una straordinaria opportunità occupazionale: circa 1.300.000 unità di lavoro attivate complessivamente, delle quali: circa 800.000 occupate direttamente nel settore costruzioni; circa 480.000 nell'indotto e nei settori collegati. Si tratta di una media di circa 219.000 posti di lavoro/anno, un contributo fondamentale per l'economia nazionale. Lo studio fotografa una realtà preoccupante del patrimonio edilizio nazionale composto da 14,8 milioni di edifici: oltre il 52% del patrimonio residenziale (18,5 milioni di abitazioni) è in classe energetica F o G, di cui 13,5 milioni stabilmente occupate; il 68% delle abitazioni utilizza ancora combustibili fossili per il riscaldamento. Il 9% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà energetica, il dato più alto degli ultimi dieci anni; 24 milioni di abitazioni (68,3% del totale) sono state costruite prima del 1980. Ulteriori criticità emergono dall'analisi socio-economica: 17,9% delle famiglie con spesa energetica elevata rispetto al reddito; 9,9% delle famiglie ha difficoltà a riscaldare l'abitazione; 17% vive in abitazioni con problemi di insalubrità; 20,1% di persone a rischio povertà. Gli investimenti previsti per il periodo 2025-2030 permetteranno di risparmiare 4,68 milioni di tonnellate di CO2/anno, pari a una riduzione del 9% delle emissioni generate dal residenziale al 2020. Attualmente il patrimonio costruito è responsabile del: 42% dei consumi finali di energia nazionale (46.359 Ktep nel 2022); 18,8% delle emissioni nazionali di gas serra (73,5 Mt CO2 eq./anno). Lo studio traccia anche la roadmap per gli obiettivi successivi: 2035, ulteriori 61 miliardi di investimenti (12,2 miliardi/anno) per efficientare altri 2,18 milioni di abitazioni, con un risparmio aggiuntivo di 3,37 milioni di tonnellate di CO2/anno; 2050, completamento della riqualificazione del patrimonio energivoro con due possibili scenari: scenario totale: 371 miliardi di investimenti per 13,3 milioni di abitazioni aggiuntive, scenario selettivo: 230 miliardi per 8,3 milioni di abitazioni occupate stabilmente. Il documento individua quattro ambiti strategici fondamentali per il successo della direttiva: sostenibilità economica degli interventi; incentivi calibrati per fasce Isee con particolare attenzione alle famiglie vulnerabili; sostegno prioritario alle prime case ed esclusione locazioni turistiche; creazione di fondi di garanzia e prodotti finanziari dedicati; maggiori incentivi per abitazioni in classe G con riqualificazione globale. E ancora rimozione degli ostacoli con semplificazione normativa per contesti condominiali complessi; rafforzamento misure per sanare irregolarità edilizie, garanzia di certezza e stabilità normativa per tutta la durata della Direttiva. Innovazione e abitazioni smart: incentivi mirati per sistemi smart e soluzioni digitali, promozione dei "gemelli digitali" degli edifici, formazione specializzata per professionisti del settore. Ruolo di tecnici e professionisti: assistenza tecnica specializzata attraverso sportelli dedicati, creazione di esperti indipendenti certificati, garanzia di competenze adeguate alle certificazioni e qualificazioni. “Abbiamo straordinarie risorse e saperi tecnici che ci consentono di affrontare questa trasformazione con realismo e determinazione", sottolineano per Fondazione Geometri Italiani il presidente Cngegl Paolo Biscaro e il presidente di Cassa Geometri Diego Buono. “È fondamentale costruire strumenti finanziari dedicati alle famiglie vulnerabili, anche grazie al Fondo sociale per il clima che l'Ue attiverà dal 2027. La ricerca dimostra che la 'via italiana' alla Direttiva Case Green è possibile e può diventare un volano per l'economia e l'occupazione nazionale”. Lo studio, realizzato con rigore metodologico utilizzando dati ufficiali Enea, Istat e Ispra, rappresenta il primo studio quantitativo completo sugli impatti della Direttiva Epbd IV in Italia. La categoria dei geometri rappresenta oltre 85.000 professionisti attivi in tutta Italia nei settori dell'edilizia, del territorio e dell'ambiente.
(Adnkronos) - Il 2024 è stato l’anno più caldo per la capitale, indicatori in crescita per tutti i dati che riguardano la temperatura e gli effetti sulle persone, mentre le precipitazioni diminuiscono durante l’anno ma aumentano gli episodi di piogge intense e violente. Per il futuro ci si aspetta un aumento di ondate di calore estive fino al 186% nello scenario intermedio. Dal Primo Rapporto di Monitoraggio Climatico per Roma Capitale, frutto di una collaborazione tecnico-scientifica tra il Cmcc - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e Roma Capitale, emergono informazioni preziose per comprendere l’andamento attuale e futuro degli indicatori climatici. Questo nuovo servizio di monitoraggio nasce con l’obiettivo di fornire dati e strumenti operativi per affrontare in modo concreto e localizzato gli effetti dei cambiamenti climatici sulla città. Il report è il risultato di un percorso pluriennale di collaborazione tra Cmcc e l’amministrazione capitolina, che ha visto Cmcc impegnato sia nel supporto scientifico alla definizione della Strategia di Adattamento Climatico di Roma Capitale, sia nella fase di ascolto pubblico. Il report del Cmcc rivela che il 2024 è stato l'anno più caldo dal 1991 per Roma, con una temperatura media di 19,7°C, superiore di 2,5°C rispetto alla media 1991-2020. I dati evidenziano una situazione critica su tutti gli indicatori: 36 notti torride con temperatura minima superiore a 25°C, quasi 30 giorni in più rispetto alla media storica 1991-2020; 5,4 ondate di calore estive in più rispetto al periodo di riferimento; 53 giornate con disagio termico estremo (temperatura percepita superiore a 45°C), 29 in più rispetto alla media 1991-2020. Il 2024 si è caratterizzato anche come un anno relativamente secco, con precipitazioni totali inferiori alla media, ma con episodi di precipitazioni estreme. Particolarmente anomalo è stato novembre con precipitazioni quasi totalmente assenti, secondo i dati delle stazioni meteorologiche. Questo dato non rappresenta un caso isolato ma si inserisce in una sequenza critica insieme al 2022 e 2023. Tutti e tre gli anni si contraddistinguono per valori elevati sia della temperatura media sia di numerosi indicatori legati al caldo, come le notti tropicali, le notti torride, i giorni torridi e il numero di ondate di calore estive. Le proiezioni climatiche elaborate per il 2050 mostrano un ulteriore peggioramento della situazione secondo tutti gli scenari Ipcc analizzati. Nello scenario intermedio Rcp4.5 ('Forte mitigazione'), i dati mostrano: aumento della temperatura media di 1,5°C rispetto al periodo 1981-2010; +22 giorni di notti tropicali (temperatura minima superiore a 20°C); incremento del 186% delle ondate di calore estive; +12 giorni con disagio termico estremo da combinazione di umidità e temperature elevate. Nello scenario più severo, caratterizzato da elevate emissioni di gas serra (Rcp8.5), la temperatura media potrebbe aumentare di 1,9°C, con 28 giorni aggiuntivi di notti tropicali e un incremento del 243% delle ondate di calore estive. Il servizio di monitoraggio che ha reso possibile il report si basa sulla piattaforma Dataclime, sviluppata dal Cmcc.