ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Un confronto aperto, plurale, concreto. È con questo spirito che Eni ha organizzato l’evento “Eni for a Just Transition”, un momento di riflessione sulla transizione energetica, economica e sociale che l’Italia e il mondo stanno affrontando. L’iniziativa ha riunito esponenti del mondo accademico, industriale, istituzionale e sociale per discutere le sfide e le opportunità legate a una trasformazione che non può più essere rimandata. Tre i pilastri attorno ai quali si è articolata la giornata: innovazione, competenze e partnership. Temi centrali per accompagnare il cambiamento in corso, come ha sottolineato Francesca Ciardiello, responsabile Sostenibilità Eni: “L’idea di organizzare un evento dedicato alla sostenibilità oggi nasce dalla consapevolezza che solo attraverso occasioni dirette di confronto e un racconto plurale – composto dalle voci di Eni e dei suoi stakeholder – si possa effettivamente comprendere il valore che un’azienda genera sui territori e su scala globale integrando le dimensioni della sostenibilità: economica, ambientale e sociale.” Uno dei momenti chiave è stato il panel 'Sostenibilità e trasformazione industriale in Italia', in cui i manager Eni si sono confrontati con due economisti di riferimento: Sandro Trento, professore ordinario di Economia e Direttore della School of Innovation dell’Università di Trento, e Angela Cipollone, Head of Sustainability di CDP. Trento ha lanciato un messaggio chiaro: “Spesso si ha la percezione che trasformazione industriale voglia dire ridurre un po’ di plastica prodotta o creare un ufficio ESG. In realtà, stiamo parlando di qualcosa di molto più profondo e strutturale. Stiamo chiedendo alle imprese di cambiare pelle, lungo tutta la filiera del valore: dagli acquisti al marketing, dalla gestione delle risorse umane alla R&S, fino al rapporto con i territori. È una vera rivoluzione industriale, qualcosa che poche volte avviene nella storia”. A portare l’esperienza concreta dell’azienda sul campo sono stati Giuseppe Ricci, Chief Operating Officer di Eni per la trasformazione industriale e Raffaella Lucarno di Enilive. Tutti hanno insistito sulla necessità di rendere la sostenibilità parte integrante del modello di business, non un’aggiunta. Nel panel “Tecnologia per la persona e per l’ambiente”, si è discusso di come l’intelligenza artificiale e l’innovazione possano accelerare la transizione energetica, garantendo sicurezza, inclusione e impatto positivo. Tra i relatori, il giurista Oreste Pollicino e le manager Eni Alessandra Fidanzi e Chiara Cerruti. Il dibattito su “Persone nella trasformazione” ha evidenziato l’urgenza di upskilling e reskilling per affrontare le sfide del nuovo mondo del lavoro. La trasformazione energetica impone nuove figure professionali, e partnership tra aziende e università diventano essenziali. Un tema affrontato da Luca De Santis (Eni), Roberto Zanino (Politecnico di Torino), Andrea Belli (Acea) ed Elvira Spatolisano, vincitrice dell’Eni Award 2024. La giornata si è conclusa con il panel “Impresa e Territorio: l’esempio di Ravenna”. È stato presentato il caso virtuoso della città romagnola, dove Eni e realtà locali come Rosetti Marino e Linea Rosa collaborano su progetti che uniscono sostenibilità industriale, innovazione sociale e sicurezza. In particolare, significativa è stata la testimonianza di Alessandra Bagnara, presidente di Linea Rosa, associazione che da oltre 34 anni è impegnata nel contrasto alla violenza sulle donne nei territori di Ravenna, Cervia e Russi: “Molto importante è la collaborazione e l'interazione che si crea sui territori, fra istituzioni, enti e imprese. Per noi di Linea Rosa è stato fondamentale poter contare su questa rete di sostegno. La partnership con Eni ci ha permesso di realizzare progetti indirizzati a supportare le donne nei percorsi di uscita da relazioni violente, fornendo assistenza concreta anche nell’accudimento dei figli e delle figlie.” “In particolare – ha aggiunto Bagnara – l’obiettivo è stato quello di aiutare le donne a riacquistare quell’indipendenza economica necessaria per liberarsi da situazioni di maltrattamento. Il supporto all’autonomia lavorativa, reso possibile grazie a questa collaborazione, rappresenta un passo fondamentale verso una vera rinascita personale e sociale.” “Solo con un approccio basato sulla fiducia reciproca, sulla comprensione delle sfide e sul dialogo – ha ribadito Ciardiello – potremo costruire soluzioni condivise, da portare a scala”. Eni for a Just Transition si è rivelato un momento di ascolto e proposta, un’occasione per ribadire che la sostenibilità non è solo un obiettivo da raggiungere, ma un processo da costruire ogni giorno.
(Adnkronos) - In un momento storico in cui salute, sostenibilità e impatto sociale sono al centro delle scelte dei consumatori, c’è un’azienda italiana che ha fatto di questi tre pilastri la propria missione. Si chiama Virtus Italia, è nata a Roma, ed è oggi tra le realtà più dinamiche e in crescita nel settore dei sistemi di depurazione dell’acqua. Negli ultimi mesi l’azienda ha registrato una crescita del 102%, con un incremento complessivo del +60% da inizio anno, dopo un 2024 già segnato da un +70%. Numeri che raccontano non solo un successo commerciale, ma anche la risposta concreta a un’esigenza crescente: quella di avere accesso a un’acqua buona, sana e libera da sostanze nocive, senza rinunciare a risparmio e rispetto per l’ambiente. Oggi, grazie alla guida di Lorenzo Malara ceo dell’azienda, Virtus Italia punta a raggiungere un fatturato di 8 milioni di euro entro il 2025. Virtus intercetta questa tendenza, offrendo soluzioni su misura e un’assistenza capillare nei territori di Lazio, Campania, Abruzzo, Emilia-Romagna e Veneto, con l’ingresso imminente anche in Lombardia. E proprio su questi territori Virtus ha svolto un recente sondaggio su un campione di 1000 famiglie, dal quale emerge che sempre più famiglie scelgono di installare sistemi di depurazione domestica: 1 famiglia su 3 ha già un depuratore, il 72% lo sceglie per l’ambiente, il 61% per il gusto, il 47% lo vede come un investimento. Ciò che distingue Virtus Italia è il suo servizio di assistenza tecnica interno, che garantisce interventi di alta qualità e rapidi. Inoltre, gli impianti Virtus offrono un flusso d'acqua molto più abbondante rispetto ai classici sistemi di depurazione d’acqua domestici, migliorando l'esperienza degli utenti, e l’integrazione di tecnologie avanzate con un approccio eco-friendly. Dalla depurazione dell’acqua domestica, che elimina la necessità di bottiglie di plastica, al lavaggio con ozono che riduce l’uso di detersivi fino al 90%, ogni soluzione proposta è pensata per garantire un ambiente più sano e un risparmio concreto. A trainare questa crescita è un team giovane e motivato: oltre 50 risorse impiegate, gran parte under 35. Virtus ha fatto della valorizzazione del talento giovanile un vero punto di forza, investendo nella formazione e nello sviluppo professionale, in un settore dove passione, etica e relazione umana fanno la differenza. Ma il successo economico per Virtus non è mai disgiunto dall’impatto sociale. Per ogni traguardo raggiunto, l’azienda reinveste parte del fatturato in progetti umanitari concreti. Ad oggi, sono già stati realizzati quattro pozzi d’acqua in Kenya, altri quattro sono in costruzione, di cui uno in una fattoria didattica per la comunità locale. Il prossimo grande obiettivo? La costruzione di una scuola entro il 2026. “Il nostro - racconta Lorenzo Malara - è un modello imprenditoriale che mette al centro la persona: chi lavora con noi e chi beneficerà, anche a chilometri di distanza, dei nostri risultati vendere un depuratore per noi significa offrire benessere, ma anche restituire valore e futuro a chi è meno fortunato”.
(Adnkronos) - ''Parlare di agricoltura significa parlare di ecosistemi, e per questo fin dall’inizio ci è sembrato fondamentale costruire un percorso che coinvolgesse tutti gli attori della filiera''. Così Alex Giordano e Teresa Del Giudice hanno presentato a Campania Mater, in corso al Palazzo Reale di Napoli, il volume dedicato al “Modello Campania”, frutto di un lavoro di ricerca e di confronto che ha messo insieme Istituzioni, imprese, accademia e territori. L’iniziativa, avviata mesi fa con il sostegno dell’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Caputo, ha avuto l’obiettivo di trasformare la Campania in un laboratorio di buone pratiche, capace di valorizzare le eccellenze ma anche di affrontare con realismo le criticità. ''Non volevamo un modello calato dall’alto – hanno spiegato Giordano– ma un lavoro condiviso, fatto con gli agricoltori, con le imprese, con le associazioni e con i territori. Solo così si può creare un ecosistema reale, che tenga insieme produzione, ricerca, innovazione e comunità locali''. Il percorso ha visto la partecipazione attiva di 160 attori diversi: agricoltori, imprenditori, ricercatori, associazioni di categoria, funzionari pubblici e rappresentanti delle istituzioni. ''La cosa più sorprendente – ha dichiarato Teresa Del Giudice – è stata constatare quanto fosse facile costruire un ecosistema se esiste un’istituzione pubblica che svolge il ruolo di attivatore. La Regione Campania ha avuto questa funzione, creando le condizioni per un confronto paritario e aperto''. Dal confronto è emersa una visione dell’agricoltura campana come patrimonio strategico, non solo per l’economia ma anche per l’identità e l’immagine internazionale della regione. ''Le eccellenze agroalimentari – hanno ricordato Del Giudice – sono già bandiere del Made in Italy nel mondo. Il nostro compito è rafforzare questa forza identitaria e, allo stesso tempo, affrontare i nodi ancora irrisolti: dalla frammentazione produttiva alle difficoltà delle aree interne, fino alla necessità di innovare e diversificare i modelli di business''. Il libro presentato a Campania Mater non è dunque soltanto un’analisi, ma anche un manifesto per il futuro: un documento che raccoglie esperienze, proposte e visioni, con l’obiettivo di orientare le scelte politiche e imprenditoriali dei prossimi anni. ''Il cambiamento o è condiviso, o semplicemente non avviene – ha ribadito Del Giudice –. La sfida è costruire un’agricoltura multifunzionale, capace di creare valore aggiunto, attrarre giovani e restituire vitalità anche alle aree più fragili, oggi a rischio spopolamento''. Concludendo il loro intervento, Giordano e Del Giudice hanno sottolineato come Campania Mater sia già un primo risultato concreto: ''Questi due giorni dimostrano che esiste una volontà reale di fare rete e di guardare all’agricoltura non solo come produzione, ma come sistema che tiene insieme ambiente, economia, cultura e comunità. È da qui che può nascere davvero un modello Campania, capace di parlare all’Italia e al mondo''.