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(Adnkronos) - "In questo momento così bello lascio il gossip a chi ha solo questo per esistere". Così Achille Lauro replica a chi gli chiede un commento sulla vicenda che coinvolge Chiara Ferragni e Fedez e sui gossip che lo riguardano. In particolare, le 'rivelazioni' di Fabrizio Corona chiamano in causa Achille Lauro per un presunto flirt con l'imprenditrice. "Io, grazie a Dio, vivo ancora nel mondo dei sogni e dei grandi sognatori e vivo alienato a fare tanti progetti", dice durante un incontro con la stampa a Milano in vista della sua partecipazione al Festival di Sanremo con il brano 'Incoscienti giovani'. "Sto tanto all'estero, non seguo e non mi piace (il gossip, ndr). Si parla tanto di violenza sulle donne e bisogna rendersi conto che questo non è tanto diverso", aggiunge. Il cantante è reduce dall'esperienza come giudice di X Factor. "Tanti hanno conosciuto un lato di me nascosto. Penso che lo rifarei e credo che anche Freemantle e Sky siano d’accordo. Abbiamo seminato bene e credo sia giusto dare ancora acqua a questa piantina", dice. "C'è stata una grande affinità tra me e gli altri giudici - osserva - e l'affinità tra le persone al tavolo è importantissima. Siamo stanchi della tv in cui ti aspetti la litigata o dove viene indotta. Dopo la pandemia abbiamo bisogno di leggerezza e qualità e in Italia è pieno di talenti". Il successo dell'edizione 2024 "è stato trasformato in attenzione reale da parte del pubblico - spiega Achille Lauro -. Penso ai sold out di Les Votives e i Patagarri, Lorenzo è un grande cantautore. Il senso del programma è scoprire la new sensation, credo che sia stato fatto un grande percorso e lo rifarei".
(Adnkronos) - "Git è un esempio di buone pratiche di gestione e programmazione, quella di Grado è una spiaggia bella e moderna. Ha una grande capacità di offrire servizi". Così l’assessore regionale del Friuli Venezia Giulia, Sergio Emidio Bini, intervenuto oggi alla presentazione del bilancio 2024 della Grado impianti turistici e della Stagione 2025. Prendendo spunto dalla relazione di Marin, Bini ha manifestato soddisfazione per i prezzi invariati, sulle presenze di turisti stranieri e sul tema della vigilanza in spiaggia. "Gli strumenti di reperimento sono interessanti e moderni", così Bini. "Qui si fanno i fatti - ha proseguito l’assessore - continuano gli investimenti. È stato completato il primo lotto delle Terme, il secondo sarà completo a luglio. Potenziati i parcheggi. Investito 1 milione di euro per il fronte spiaggia, per i servizi igienici e la palazzina Antiche Terme. Continueremo a spingere sull’acceleratore il terziario rappresenta un asse di sviluppo importantissimo per la comunità. Non si compie nessun traguardo, si va avanti e se si vince, si vince tutti assieme". "Git - ha ribadito il sindaco di Grado, Giuseppe Corbatto - è un modello virtuoso di collaborazione punta ad un turismo sostenibile e qualità. La stagione balneare è frutto di lavoro sinergico. Le spiagge sono un patrimonio da conservare e preservare".
(Adnkronos) - "La crisi climatica minaccia il futuro delle zone umide e degli ecosistemi acquatici, scrigni di biodiversità e antidoti naturali contro gli eventi meteo estremi. A pesare, l’innalzamento del livello del Mediterraneo, che potrebbe portare alla sparizione di ampi tratti di costa che ospitano zone umide, come le lagune costiere alto-adriatiche (Delta del Po, Laguna di Venezia, Lagune di Grado-Marano e Panzano), il Golfo di Cagliari, la costa fra Manfredonia e Margherita di Savoia, e l’aumento di frequenza e intensità di periodi di siccità, che nel 2024 hanno messo in ginocchio soprattutto il sud Italia, la Pianura Padana e diverse aree fra Toscana, Umbria e Marche". A fare il punto è Legambiente che, raccogliendo i più recenti dati di studi internazionali e nazionali e i contributi dei circoli territoriali, pubblica il focus 'Ecosistemi acquatici 2025', a pochi giorni dalla Giornata mondiale delle Zone Umide 2025 del 2 febbraio (quest’anno dallo slogan 'Proteggere le zone umide per il nostro futuro comune - Valorizzare, proteggere, ispirare') Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, l’Italia (che conta 57 zone umide d’importanza internazionale, distribuite in 15 Regioni) negli ultimi 300 anni (dal 1700 al 2000) ha già perso il 75% delle zone umide - ricostruisce l'associazione, analizzando diversi contributi - A livello globale, il report Ipbes stima che l’85% delle zone umide è oggi a rischio scomparsa e con esse 4.294 specie su 23.496 animali d'acqua dolce iscritti nella Lista Rossa Iucn, tra cui il 30% dei crostacei decapodi (gamberi, granchi, gamberetti), il 26% dei pesci d’acqua dolce e il 16% degli odonati (libellule, damigelle). Nel focus Legambiente individua gli 'scrigni di cristallo', ovvero le zone umide più minacciate dalla crisi climatica. Come il Delta del Po (Veneto-Emilia-Romagna), che sta facendo i conti con la siccità, registrando nel 2022 il peggior periodo di magra idrologica e con l’innalzamento del livello del mare che sta provocando l’inquinamento delle falde acquifere da acqua salata (risalita del cuneo salino), con gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull’agricoltura e sull’approvvigionamento idrico di intere comunità. Il Lago Trasimeno (Umbria) che, nell’estate 2024, ha visto ridurre del 40% la piovosità, con relativa diminuzione dei livelli delle falde e delle portate delle sorgenti, inferiori ai valori medi. In Basilicata, il Lago di San Giuliano (MT) che nel 2024 ha registrato una riduzione dei volumi d’acqua del 60-70%. In Sicilia, il Lago di Pergusa (EN), importante stazione di sosta per centinaia di specie di volatili durante il loro viaggio dall’Africa all’Europa e scrigno di ricchezze floro-faunistiche, durante la scorsa estate completamente prosciugato. Altro 'osservato speciale', nel Lazio, sono le 'piscine naturali' della Tenuta Presidenziale di Castelporziano (RM): dal 2000 persi già il 43% di questi importanti invasi d’acqua naturali chiusi (a riempimento periodico e/o saltuario e di modeste dimensioni), habitat fragilissimi, ricchi di macroinvertebrati, vertebrati e piante rare. Ricordando "i ritardi dell’Italia nell’applicazione della Strategia dell’Ue sulla Biodiversità per il 2030 e della Nature Restoration Law", Legambiente chiede al governo "un serio impegno non solo nella messa a punto di risorse economiche e interventi su prevenzione, mitigazione e adattamento alla crisi climatica, ma anche nella protezione e nel ripristino degli ecosistemi acquatici e delle zone umide". Tre le priorità: "Tutela del 30% degli ecosistemi acquatici e delle zone umide e protezione del 10% in maniera rigida entro il 2030, accelerando l’istituzione di nuovi parchi e riserve fluviali, a partire da quelli già previsti da leggi nazionali e regionali; gestione unitaria tra le aree naturali protette e la rete Natura 2000, affidando la gestione dei siti fluviali della Rete natura 2000 ai parchi e alle riserve esistenti; ripristino di almeno il 20% degli ecosistemi acquatici degradati, dando priorità a interventi Nature-based Solutions". Inoltre, il Cigno Verde chiede al governo di "non sprecare il 'secondo tempo' della Cop 16 (a Roma dal 25 al 27 febbraio) per arrivare ad un accordo sul finanziamento della protezione della natura nei Paesi poveri e, più in generale, su come mobilitare le risorse finanziarie per la biodiversità, per una piena ed efficace attuazione degli obiettivi di Kunming-Montreal (Cop 15)". “In piena crisi climatica, il valore delle zone umide e degli ecosistemi acquatici cresce considerevolmente: oltre a conservare la biodiversità, immagazzinano grandi quantità di carbonio, assorbono le piogge in eccesso arginando il rischio di inondazioni, rallentano l’insorgere della siccità e riducono al minimo la penuria d’acqua - dichiara Stefano Raimondi, responsabile biodiversità Legambiente - Il governo italiano recuperi i ritardi nell’attuazione della Strategia per la biodiversità al 2030 e della Nature Restoration Law; una riforma, quest'ultima, che ha fortemente osteggiato ma fondamentale, che impone all’esecutivo di presentare, entro il 1° settembre 2026, un piano nazionale di ripristino alla Commissione europea per riportare da cattive a buone condizioni almeno il 30% degli habitat coperti dalla legge entro il 2030 e il 90% entro il 2050. Fondamentale anche per affrancarsi dal numero alto di richiami che riceve dall’Ue per il mancato rispetto delle direttive sulla biodiversità (come la direttiva Uccelli e il regolamento Reach)”.