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(Adnkronos) - La prima moglie di Celeste Pin ha presentato una formale richiesta alla Procura di Firenze affinché vengano approfondite le indagini sulla morte dell’ex calciatore, trovato privo di vita nella sua residenza sulle colline di Careggi il 22 luglio scorso. Pin, 64 anni, era una figura ben nota del calcio toscano, protagonista negli anni Ottanta con la maglia della Fiorentina e successivamente dirigente sportivo in varie società della regione. La Procura ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di omicidio colposo, con l’ipotesi prevalente di un suicidio. Tuttavia, al momento non risultano persone indagate e le indagini sono ancora a carico di ignoti. Il fascicolo è seguito dalla pm Silvia Zannini. Nonostante la magistratura avesse disposto la restituzione della salma ai familiari, il 25 luglio la prima moglie dell’ex calciatore ha chiesto una nuova fase investigativa. La donna, madre di due dei figli di Pin, ha espresso perplessità sull’ipotesi del gesto volontario e ha sollecitato l'esecuzione di ulteriori accertamenti, inclusa un’autopsia con particolare attenzione ai risultati tossicologici. Inoltre, ha domandato il sequestro del cellulare e dell’abitazione dell’ex marito. Nei giorni precedenti, gli inquirenti avevano già ascoltato diverse persone vicine a Pin, tra cui parenti e medici. La ex moglie, però, ha raccontato che l’uomo sembrava sereno, impegnato in nuovi progetti e pieno di energia. I due si sarebbero anche sentiti telefonicamente poche ore prima della tragedia, fatto che rafforza in lei il sospetto che non si tratti di un suicidio. Ora spera che la Procura non si fermi e vada a fondo nella ricostruzione degli eventi.
(Adnkronos) - Si fa sempre più ampio il divario tra chi crede nell’importanza delle trasferte di lavoro e chi preferisce alternative digitali. E gli italiani si confermano tra i più cauti: solo il 64% dei viaggiatori d’affari nel nostro Paese si dichiara disponibile a spostarsi nei prossimi 12 mesi, al di sotto della media globale del 70% e lontani dai picchi registrati in Messico (88%), Brasile (94%) e Regno Unito (87%). E' quanto emerge dalla nuova Global business travel survey di Sap Concur. A livello globale il compromesso tra risparmio sui costi, sicurezza dei dipendenti e valore delle interazioni in presenza è ancora oggetto di accese discussioni nelle sale riunioni. Se il 94% dei business traveller considera il viaggio uno strumento essenziale per il proprio ruolo, un terzo dei travel manager vede nell’ascesa delle riunioni virtuali una minaccia per il futuro stesso del business travel. In questo scenario il 43% dei cfo è convinto che oltre la metà dei viaggi aziendali potrebbe essere efficacemente sostituita da videoconferenze. Di fronte alla riluttanza a viaggiare, il 45% dei cfo teme che questa possa compromettere la salute dell’azienda, mentre il 35% dei travel manager considera la scarsa disponibilità dei dipendenti una minaccia concreta per la continuità delle trasferte. Le discrepanze non si fermano qui. Il 66% dei dipendenti afferma che viaggi importanti sono stati tagliati a causa dei costi, ma solo il 29% dei cfo riconosce apertamente che i limiti di budget ostacolano trasferte essenziali. E sulla governance delle trasferte? Per i cfo il potere decisionale è saldamente nelle loro mani (69%), mentre i travel manager vedono un equilibrio più distribuito tra ruoli. “Questi dati - commenta Andrea Piccinelli, head of Sap Concur Italy - mettono in luce per la prima volta in modo così chiaro i principali punti di disallineamento tra le tre anime del business travel: dipendenti, travel manager e cfo. Se vogliamo che i viaggi d’affari tornino a essere un motore di crescita, è essenziale costruire un nuovo allineamento tra esigenze operative e visione strategica, traiettoria che abbiamo scelto di perseguire in Sap Concur anche grazie all’enorme potenziale che l’innovazione sta offrendo, dall’automazione all’ai. Un’ia, se vogliamo, al servizio della relazione, perché viaggiare sia sempre più semplice per le aziende che vogliano investire nel contatto diretto, nella presenza fisica e nella relazione umana”. La ricerca conferma che il viaggio di lavoro resta un pilastro per il successo aziendale, ma serve una riflessione profonda sulle priorità, sulla cultura organizzativa e sulle aspettative reciproche. Per l’Italia, sarà decisivo capire se la cautela attuale è solo una fase transitoria o un cambiamento strutturale.
(Adnkronos) - “Per noi il welfare è una tradizione storica: siamo arrivati a questa decisione già nel primo dopoguerra grazie a coloro che mi hanno preceduto alla guida di A2a. Credo che sia un sintomo di responsabilità importante che ci siamo già assunti come Gruppo. Siamo la prima life company a presentare un piano di incentivazione per i nostri dipendenti e abbiamo un piano sulla genitorialità”. Sono le dichiarazioni di Roberto Tasca, presidente di A2a, in occasione dell’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’, organizzato da A2a per condividere una riflessione sui servizi di welfare, sui Premi di produttività e sul nuovo piano di azionariato diffuso, presentati a Milano. “In un momento in cui il Paese ha una serie di problemi di natura economica e sociale, dove gli stipendi sono bassi, noi vogliamo affrontare tali problematiche intervenendo a sostegno dei nostri dipendenti e della comunità nella quale siamo inseriti, con tutti i nostri limiti, ma con la consapevolezza di volerlo fare - spiega Tasca - Non è un caso che oggi vi sia la presenza dei sindaci di Milano e Brescia, le due città che rappresentano il controllo del nostro Gruppo. Credo sia un'unione perfetta di sforzi volti a intervenire su un problema concreto del nostro Paese”. “Il piano sulla genitorialità che abbiamo fatto consiste nel pagare chi fa figli all’interno della nostra life company, sostenendo da 1 a 18 anni il figlio: diamo 3250 euro al momento della nascita e diluiamo nel corso del tempo. Un piano varato per 12 anni - sottolinea - Abbiamo fatto questo per incentivare i nostri dipendenti. Infatti, regaliamo per tre anni il controvalore di 500 euro in azioni. Questo per far sì che chi lavora con noi si senta anche parte dei risultati economici e del comportamento che il titolo azionario ha sul mercato”. “Lo facciamo con un'assunzione di responsabilità: non è un vincolo, non è una legge o un decreto, è una testimonianza che vogliamo dare esattamente in questa direzione perché riteniamo che essere presenti in una comunità significhi anche farsi carico, in momenti particolari come questo, di questo tipo di responsabilità”, conclude il presidente di A2A.