ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - "Sono un'artista e giro spesso la notte: nella mia esperienza, Milano non è certo la città dello scippo, dell'accoltellamento o della sparatoria. Bisogna smetterla con questa strategia della paura". Così Morgan Castoldi, in arte Morgan, commenta all'Adnkronos la classifica del Sole 24Ore, secondo cui Milano si conferma la città con il maggior numero di reati denunciati nel 2023. "Non voglio negare che ci siano episodi di criminalità, ma non ho mai vissuto esperienze simili, quindi non posso dire di riscontrarle personalmente. Vivo in un quartiere non centrale, abitato prevalentemente da stranieri, ma non è mai accaduto nulla di rilevante in termini di sicurezza", afferma Morgan. "Mi sorprende, sinceramente, sentir dire che Milano sia considerata una delle città più pericolose. Nella mia percezione, Milano è una città ordinata, pulita, con molti pregi rispetto a tante altre città italiane. Trovo strano che abbia questa cattiva reputazione". Secondo l'artista, il problema è semmai all'opposto. "Milano ha un grande potenziale per essere più vivace. Creare un allarme continuo peggiora soltanto la situazione. Bisognerebbe promuovere un approccio positivo alla vita, incentivare le relazioni sociali, uscire di più e abbandonare le paure. Restare chiusi in casa per timore – aggiunge – non fa altro che peggiorare le cose. Dobbiamo imparare a uscire, conoscere nuove persone, fare gruppo e scoprire luoghi mai visitati. Solo così possiamo evolverci socialmente". Se si continua a propagare la paura, spiega, la città rischia di deprimersi e implodere su se stessa. "Non vedo una vera gioia di vivere. Mancano eventi e opportunità per incontrarsi. Mi ricordo che negli anni '80 e '90 c'erano tanti locali dove si suonava musica dal vivo la sera. Oggi, invece, sono pochissimi. Questo clima negativo che si associa alla vita pubblica è ciò che soffoca Milano". L’artista propone una soluzione: "Bisogna dare alla città un'energia diversa, più vivace e colorata, come accade in città come Parigi o Londra. In quelle città, la vita notturna è attiva, la gente si sente sicura e partecipa agli eventi. Qui, invece, si respira una sorta di privazione e negatività". Per Morgan, continuare a diffondere l'idea che Milano sia pericolosa non fa che peggiorare la situazione. "La gente, già restia a uscire, si barricherà in casa ancora di più. Io esco di notte e non ho mai avuto timore. Milano è una città tecnologicamente avanzata, piena di telecamere che garantiscono sicurezza. Dire che sia pericolosa mi sembra più una strategia della paura che una realtà".
(Adnkronos) - "Lo sottolineo spesso e l'ho sottolineato anche ultimamente alla presentazione dei dati che sono stati resi noti da Banca d'Italia, poco prima dell'estate, sullo stato dell'economia calabrese. E cioè che è vero che la Calabria in termini di valore assoluti ha un export ancora poco significativo a livello nazionale. Però attenzione abbiamo delle serie storiche dal 2020 in poi che segnalano una crescita costante e continua a due cifre dell'export calabrese che ci hanno portato da un valore di 397 milioni di euro sul Pil a 897 milioni del 2023. E in un anno peraltro particolarmente severo sotto il profilo macroeconomico per la fiammata inflazionistica, per i conflitti mondiali, per quello che è stato anche la politica restrittiva della Bce sui temi del credito. E quindi ormai questa serie storica indica una tendenza ben precisa: cioè l'apertura ai mercati internazionali della nostra regione". Così, con Adnkronos/Labitalia, Aldo Ferrara, presidente di Unindustria Calabria, commenta gli ultimi dati Istat sull'export che vedono una crescita del 18% della Calabria nel primo semestre 2024. Un dato, sottolinea Ferrara, "trainato dall'agroalimentare. Stiamo parlando di un'attività internazionale sicuramente significativa. E' una tendenza, secondo me, importante da sottolineare che ovviamente va assecondata, incoraggiata e accompagnata". E le misure messe in campo in ambito regionale hanno colpito nel segno. "Dalla Regione Calabria, sulla base anche di nostre sollecitazioni, è stato messo in azione un bando destinato all'internazionalizzazione delle imprese che è andato molto bene, tanto che che la Regione ha implementato i fondi. Il successo di questa misura indica la voglia delle imprese di poter e di voler internazionalizzarsi. Queste misure vanno incoraggiate, vanno riproposte in maniera sistematica perché danno la possibilità a tutte le imprese che ancora non l'hanno fatto di potersi attrezzare per competere anche sui mercati fuori Regione, soprattutto su quelli fuori il Paese". Ma non è solo l'export dell'agroalimentare calabrese a crescere. "Tutti i settori devo dire che stanno dando segnali positivi, penso alla metalmeccanica, l'abbigliamento, anche il digitale. E speriamo che il turismo sia finalmente grande attrattore di clientele internazionali". Ma per Ferrara l'internazionalizzazione delle imprese calabresi passa "dall'implementazione di infrastrutture e logistica. Lo abbiamo visto con il porto di Gioia Tauro, le aziende vanno sostenute anche mettendo in campo modalità logistica adeguate per la consegna dei loro prodotti. E ben vengano i sostegni al sistema aeroportuale", conclude.
(Adnkronos) - Aumenta il food waste nelle case degli italiani. Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia segna +45,6%: ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Sono alcuni dei dati dell’annuale presentazione del Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024, ‘Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall'analisi all'azione’, curata dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos che si è tenuta oggi presso lo Spazio Europa a Roma. Uno studio che vuole anche attirare l’attenzione del prossimo G7 Agricoltura sul tema del ‘fine vita’ dei prodotti alimentari. Nella top five dei cibi più sprecati troviamo frutta fresca (27,1 g), verdure (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g), prodotti fondamentali della Dieta Mediterranea. Secondo lo studio, questi dati non solo indicano una cattiva gestione della spesa familiare con i relativi sprechi economici, ma evidenziano due aspetti: se da un lato si è registrato un relativo incremento dei consumi alimentari, dall'altro una parte della domanda si è concentrata su alimenti di qualità inferiore. Il 42% degli italiani individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora, il 37% del campione intervistato sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimentica gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino; solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali; inoltre, il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli. “In Italia l'incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante - spiega Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher International - Campagna Spreco Zero, Università di Bologna - Non solo per l’aumento percentuale rispetto all'analoga rilevazione di Wwi del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, fra le quali l’abbassamento della qualità dei prodotti acquistati in particolare dalle fasce della popolazione a reddito più basso. Gli italiani inoltre hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull'educazione alimentare. L'Italia può beneficiare delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre”. “Se l’aumento dello spreco preoccupa - commenta Lino Enrico Stoppani vicepresidente vicario di Confcommercio - occorre investire con maggiore convinzione sull’educazione alimentare resistendo alla tentazione di introdurre nuovi obblighi a carico delle imprese come suggerito in alcune delle proposte in corso di esame in Parlamento. Ormai tutti i ristoratori sono attrezzati per consentire ai clienti di portare a casa il cibo avanzato durante i pasti mentre, per incrementare le donazioni di cibo avanzato negli esercizi commerciali, la via maestra è la riduzione degli oneri burocratici e la riduzione della Tari”. “Lo studio presentato oggi fornisce dati e informazioni utili a individuare margini di miglioramento e possibili attività da sviluppare per ridurre sensibilmente lo spreco alimentare - spiega Simona Fontana, direttore generale Conai - In tutti i Paesi, del resto, sembra chiara una forte consapevolezza della necessità di adottare comportamenti virtuosi che possono avere ricadute concrete ed efficaci. Cultura, comportamento e stile di vita dei consumatori sono fattori che influenzano lo spreco alimentare: è su questi che bisogna agire, attraverso misure che possano far leva sull’educazione e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Ma anche le imprese italiane stanno facendo molto: continuano a lavorare per proporre soluzioni di imballaggio che garantiscono il miglior equilibrio tra funzione e impatto ambientale, garantendo al prodotto una maggiore shelf life e proponendo soluzioni di pack meno impattanti sull’ambiente”. Per quanto riguarda la geografia nazionale emerge che il Sud e il Centro sono le aree dove lo spreco è maggiore con un +9% rispetto alla media nazionale (al Sud 747 g pro capite a settimana, al centro 744 g pro capite), mentre il Nord è relativamente più virtuoso con un -11% rispetto alla media nazionale (606,9 g pro capite). Sulle strategie per contrastare il fenomeno, gli italiani mostrano una disponibilità marcata a adottare comportamenti antispreco, con l'87% disposto a congelare i cibi e l’86% a utilizzare il cibo appena scaduto se ancora buono. Tuttavia, la disponibilità a donare cibo cucinato in eccesso (63%) e ad acquistare grandi quantità di cibo per surgelarlo (62%) è inferiore, suggerendo che le barriere pratiche o la mancanza di una rete adeguata a seguire tali pratiche potrebbero limitare l’adozione di queste strategie. Solo il 29% conserva il cibo avanzato cercando ricette creative per riutilizzarlo.