ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Quello sulla riforma della giustizia sarà il quinto referendum di tipo costituzionale nella storia della Repubblica. Dal '46 a oggi, dalla prima consultazione popolare su monarchia o Repubblica, solo in altre quattro occasioni gli italiani sono stati chiamati a confermare o meno una modifica della nostra Costituzione votata dal Parlamento ma senza la maggioranza dei 2/3. Ecco le principali caratteristiche del prossimo voto referendario. Secondo la legge il referendum confermativo deve essere richiesto entro tre mesi dalla pubblicazione della legge costituzionale sulla Gazzetta ufficiale. Nel caso specifico, dal 30 ottobre. Il referendum può essere richiesto da 1/5 dei membri di una Camera, 500.000 elettori o cinque Consigli regionali. Sono previsti alcuni passaggi procedurali, con le verifiche della Cassazione e della Corte Costituzionale, quindi le votazioni si possono tenere in una domenica compresa tra il 50/esimo e il 70/esimo giorno successivo all'indizione del referendum. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato di un voto "tra marzo e aprile". La scheda referendaria riproduce il testo della legge che si è chiamati a confermare e il voto è, quindi, un semplice sì o no. Gli aventi diritto al voto coincidono con il corpo elettorale. Per il referendum confermativo non è previsto quorum della metà più uno dei votanti ed è quindi valido a prescindere dall'affluenza alle urne. Al di là dei Comitati per il sì e per il no, in vista del referendum i partiti si sono schierati. Per la conferma della modifica costituzionale, per il sì quindi, è compatta la maggioranza di governo che ha votato la legge in Parlamento. Contro la riforma, e quindi per il no al referendum, si sono è già espressa la maggior parte delle opposizioni con Pd, M5s e Avs su tutti. Nell'area del Pd, però, alcuni riformisti (a partire da Goffredo Bettini e a Libertà Eguale di Stefano Ceccanti e Enrico Morando) si sono detti a favore della separazione delle carriere, introdotta dalla riforma. Diversa anche la posizione su Iv e Azione, che già in Parlamento si sono distinti dalle altre opposizioni astenendosi o (come Carlo Calenda) votando sì. Il primo referendum costituzionale è stato quello del 2001 sulla riforma del Titolo V del centrosinistra, vinse il sì con il 65,21%. Poi, nel giugno 2006, si votò sulla riforma costituzionale del governo Berlusconi e prevalse il no con il 61,29%. Nel 2016 il referendum bocciò, con il 59% di no, la riforma costituzionale di Matteo Renzi, che poi si dimise da presidente del Consiglio. L'ultimo voto costituzionale, con vittoria del sì con il 69%, è del 2020 sul taglio del numero dei parlamentari voluto dal M5s.
(Adnkronos) - I dati del report Insight Lab di Webidoo lo dimostrano con chiarezza: in Italia solo il 6,9% delle pmi e il 14,7% delle medie imprese utilizza soluzioni di intelligenza artificiale, ma si stima che la loro introduzione possa generare un aumento della produttività superiore al 40%. Le aziende che adottano l’Ai crescono più velocemente, innovano prima e rispondono meglio al cambiamento. "Sono dati eloquenti eppure dobbiamo constatare che l’uso dell’Ai è ancora troppo spesso tattico, frammentato, non sempre consapevole”, commenta Giovanni Farese, Ceo di Webidoo Spa, tech company che sviluppa piattaforme Ai based per la trasformazione digitale e che, con la propria divisione Webidoo Insight Lab, pubblica il report 'Intelligenza Artificiale e produttività nelle pmi' . "Perché la tecnologia diventi davvero un motore di competitività, serve costruire una cultura dell’Ai 'umana' e pragmatica: occorre aiutare le imprese a costruire modelli di adozione sostenibili, accessibili e orientati al risultato, capaci di trasformare la semplice automazione in vero cambiamento organizzativo. L’Ai oggi è un’opportunità concreta che genera valore tangibile per le imprese e muoversi prima degli altri è strategico per guadagnare un vantaggio competitivo reale. Perché in un contesto come quello attuale, non vince chi osserva ma chi sperimenta", spiega. Il report evidenzia che, nelle pmi che già utilizzano l’Ai, gli ambiti prevalenti sono marketing e vendite (36%), ricerca e sviluppo(24,2%) e processi produttivi (21%). Un segnale chiaro: l’Ai non è futuro, ma presente. E giustifica la necessità di un quadro normativo che parli anche alle imprese, non solo ai big tech. Michela Pancaldi, Ceo di Tecnocupole Pancaldi, realtà italiana di riferimento nel settore delle strutture e macchine industriali, sottolinea il valore concreto di questa evoluzione: “L’automazione basata su Ai ha rivoluzionato il modo in cui le macchine dialogano con l’operatore. Le nuove interfacce sono intuitive, guidano l’utente passo dopo passo e riducono drasticamente i tempi di formazione e persino la necessità di operai iperspecializzati. Questo si traduce in maggiore produttività, meno errori e una gestione più sostenibile delle risorse in fabbrica: al punto che stiamo pensando di trasformare il nostro stabilimento in un polo in cui ospitare anche una parte di produzione altrui, di settori e parti completamente diverse dai nostri, ma adatti alla linea intelligente di Industria 4.0 in cui abbiamo investito". Le imprese che utilizzano l’Ai possono beneficiare di un incremento della produttività oltre il 40%. Le attività ripetitive, come l’inserimento dati o l’elaborazione documentale, possono essere svolte fino al 40% più velocemente; il supporto clienti può essere automatizzato fino all’80%, riducendo i tempi di risposta; l’automazione dei processi può migliorare l’efficienza fino al 65%. L’Ai va regolamentata, quindi, ma anche incentivata, perché il suo impatto sulla competitività è tangibile. Anche nel procurement il cambiamento è già realtà. Come spiega Daniele Civini, Head of Sales Jaggaer Italia, player globale in soluzioni source-to-pay e di collaborazione con i fornitori: “Sistemi come gli Ai agents possono aiutare i team di acquisto a ottimizzare i processi grazie a funzionalità di Q&A, rilevamento delle anomalie delle fatture Po e generazione e sintesi di contenuti tramite Gen Ai. Una tecnologia che offre agli utenti un’esperienza intuitiva ed efficiente su tutta la piattaforma di procurement, mantenendo ‘l’uomo al centro’, ma liberando tempo per attività strategiche ad alto valore". Il report evidenzia che le principali difficoltà nell’adozione dell’Ai riguardano la mancanza di competenze interne (55%) e la scarsa chiarezza normativa (41%). Due ostacoli che rallentano l’innovazione e confermano quanto una legge, se ben scritta, possa educare oltre che regolare. Le Pmi chiedono chiarezza, strumenti e orientamento, non solo vincoli. Sul fronte della gestione dei rischi e della sostenibilità, interviene Azzurra Gollotta, Sales Manager per Italia e Spagna di Achilles, leader globale nella gestione del rischio e delle performance della catena di fornitura che propone soluzioni basate su Ai per aiutare le aziende a comprendere e anticipare le proprie vulnerabilità Esg: “Il nostro sistema, per esempio, basa la propria analisi su dati strutturati e disponibili pubblicamente piuttosto che su input diretti forniti dai fornitori. Raccoglie e monitora informazioni provenienti da database normativi e di conformità, notizie e resoconti dei media, documenti societari e informative sulla sostenibilità, database Esg e di rischio di terze parti, nonché dati sui rischi geopolitici o a livello nazionale. Aggregando queste fonti, l'intelligenza artificiale è in grado di identificare modelli, anomalie e rischi emergenti, fornendo informazioni tempestive sulle potenziali vulnerabilità Esg lungo tutta la catena di fornitura, anche per i fornitori che non hanno inviato direttamente alcun dato”. La diffusione dell’Ai passa anche dalle persone. Perché non esiste trasformazione digitale senza trasformazione delle competenze. Come sottolinea Laura Basili, fondatrice di Women at Business, la piattaforma italiana che mette in rete donne e imprese: “Le skill legate all’intelligenza artificiale sono eterogenee, ovviamente per tantissimi aspetti sono legate ad ambiti tecnico informatici, ma non solo. Con l’evolversi delle tecnologie devono evolvere anche le competenze che si possono acquisire in itinere, anche partendo da carriere lontane dal mondo tech. Nella nostra piattaforma offriamo corsi gratuiti per svilupparle e inserirle nel proprio cv, perché oggi conoscere l’AI è una chiave di accesso al lavoro di domani”. Il quadro che emerge è chiaro: l’Ai non è più una prospettiva, ma una condizione competitiva. Perché generi vero valore, però, deve diventare parte integrante della cultura d’impresa: una cultura che unisca tecnologia, formazione e responsabilità. Solo così l’intelligenza artificiale potrà smettere di essere una promessa e diventare un motore reale di crescita per le pmi italiane.
(Adnkronos) - Lo stato di salute della green economy in Italia registra luci ed ombre. Nel 2024 le emissioni di gas serra diminuiscono troppo poco; aumentano i consumi finali di energia per edifici e trasporti e si importa troppa energia dall’estero; il consumo di suolo non si arresta; la mobilità sostenibile si scontra con 701 auto ogni 1000 abitanti, il numero più alto d’Europa. Dall’altro lato, la produzione di energia elettrica da rinnovabili è arrivata al 49% di tutta la generazione nazionale di elettricità, l’Italia mantiene il suo primato europeo in economia circolare, l’agricoltura biologica cresce del 24% nel 2024 e le città italiane mostrano vivacità nella transizione ecologica. È questa la fotografia dell’Italia della Green Economy contenuta nella Relazione sullo Stato della Green Economy 2025 presentata oggi in apertura degli Stati Generali della Green Economy, il summit verde promosso dal Consiglio Nazionale della Green Economy e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “L’Italia, con le sue leadership in settori fondamentali come l'economia circolare, ha le carte in regola per essere nel gruppo di testa di un'Europa che guardi alla transizione in modo realistico e pragmatico. In un contesto complesso sotto il profilo geopolitico e di profondi cambiamenti climatici, il nostro continente deve investire in innovazione, crescita sostenibile e sicurezza energetica - osserva Gilberto Pichetto, ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica - L'Italia delle imprese impegnate nella Green Economy è un esempio da seguire per l'economia del futuro". “Abbiamo messo al centro di questa edizione un tema cruciale per il nostro paese - osserva Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile - conviene o meno all’Italia tornare indietro nella transizione ad una Green Economy decarbonizzata, circolare e che tutela il capitale naturale? Noi riteniamo di no, anche alla luce dell’impatto positivo sull’economia italiana avuto con i progetti del Pnrr, nei quali è stato rilevante l’aspetto della sostenibilità ambientale. Senza il Pnrr, il Pil italiano sarebbe stato in stagnazione o, addirittura, in recessione e sarebbe stato molto difficile contenere il deficit al 3%. Per l’Italia, al centro dell’hot spot climatico del Mediterraneo, con un aumento delle temperature che corre il doppio della media mondiale, la transizione energetica e climatica è di vitale importanza”. Dal 1990 al 2024 sono state ridotte complessivamente del 28% ma nel solo 2024 il taglio delle emissioni di gas serra è stato di poco più di 7 milioni di tonnellate, neanche un -2% su base annua: un quarto della diminuzione registrata nel 2023. Per raggiungere l’obiettivo assegnato all’Italia nell’ambito del burden sharing europeo del 43% al 2030, occorre tagliarle di un altro 15% nei rimanenti 6 anni. In Italia il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre con oltre 3.600 eventi climatici estremi, quattro volte quelli del 2018. Dal 2005 al 2024, in Italia i consumi di energia per unità di ricchezza prodotta si sono ridotti del 28% (meno della media europea del 35%). L’Italia rimane inoltre fra i Paesi europei con la più alta dipendenza energetica dall’estero. Per i consumi finali di energia, le stime per il 2024 non sono positive: i consumi registrano un aumento di circa l’1,5%, da ricondursi interamente ai settori degli edifici e dei trasporti, che si confermano i veri settori 'hard to abate' per l’Italia. Nel 2024 la produzione di elettricità da rinnovabili ha superato i 130 miliardi di kWh, al 49% della generazione di elettricità, in traiettoria col target del Pniec del 70% al 2030. Ma i dati del primo semestre del 2025 - si legge nell'analisi - mostrano un nuovo possibile rallentamento del 17% per le nuove installazioni di eolico e fotovoltaico rispetto al primo semestre del 2024, probabilmente per la fine del superbonus del 110% e per la frenata attivata da alcune Regioni. "Più efficienza, maggiore risparmio energetico e un forte sviluppo delle rinnovabili sono essenziali non solo per la decarbonizzazione, ma anche per ridurre in Italia i costi dell’energia e aumentare la competitività", rimarca il report. La transizione verso una maggiore circolarità dell’economia è particolarmente importante per l’Italia che utilizza grandi quantità di materiali che importa per il 46,6%. L’Italia ha le migliori performance di circolarità fra i grandi Paesi europei per la produttività delle risorse, cresciuta dal 2020 al 2024 del 32%, da 3,6 a 4,7 €/kg; per il tasso di utilizzo circolare dei materiali, che nel 2023 ha raggiunto il 20,8; per il tasso di riciclo dell’86% del totale dei rifiuti e per il 75,6% di riciclo degli imballaggi. Attenzione però al mercato delle Mps, in particolare quello della plastica riciclata che è precipitato in una forte crisi e che, se non risolta, potrebbe produrre ricadute negative anche sugli sbocchi delle raccolte differenziate, si evidenzia. In Italia, benché nel 2024 abbiamo raggiunto il record europeo di 701 auto ogni 1000 abitanti (571 la media Ue), la produzione è scesa ai minimi storici, a 310mila unità, con una quota, ormai marginale, del 2,1%, della produzione di auto in Europa. Non solo: si stanno accumulando ritardi anche nell’industria automobilistica del futuro, quella delle auto elettriche, calate del 13% nel 2024, con una quota di mercato in diminuzione dall'8,6% al 7,6%, un terzo della media Ue che è al 22,7%. Benzina e diesel alimentano ancora l’82,5% del parco auto che invecchia ogni anno di più, è arrivato a una media di 12,8 anni. Tra il 1980 e il 2023 in Italia i danni causati all’agricoltura da eventi atmosferici estremi sono stati pari a 135 miliardi di euro, il dato più elevato in Europa. "È essenziale che l’agricoltura italiana sia più coinvolta nella transizione climatica, con misure di adattamento e mitigazione", si segnala nell'analisi. L’Italia è il Paese europeo con il più elevato numero di prodotti Dop, Igp, Stg: nel 2023 sono stati 856. Cresce ormai ogni anno l’agricoltura biologica. Nel 2024 la somma delle aree certificate e in conversione è stata di 2.514.596 con un incremento del 2,4% rispetto all’anno precedente e dell’81,2% in confronto al 2014. La Sicilia continua a essere la regione con la maggiore estensione in valore assoluto (402.779), seguita da Puglia e Toscana. Queste tre regioni concentrano il 38% di tutta la superficie biologica nazionale. Tra il 2022 e il 2023 il consumo di suolo in Italia è stato di 64,4 km2 circa 17,6 ettari al giorno, il terzo valore più alto dal 2012. L’impermeabilizzazione del suolo aumenta il deflusso superficiale e riduce la capacità di assorbimento delle piogge, contribuendo ad aumentare gli impatti degli eventi atmosferici estremi. In termini di impermeabilizzazione, tra i capoluoghi delle Città Metropolitane, si segnala che Napoli con il 34,7% e Milano con il 31,8%, hanno i valori più elevati, mentre Messina (6%), Reggio Calabria (5,8%) e Palermo (5,7%) registrano le minori percentuali. Le città italiane sono molto esposte ai rischi della crisi climatica. Nei mesi estivi del 2024, il 90,6% della popolazione residente nelle città italiane è stata esposta a temperature medie superiori a 40°C. Grazie alla partecipazione ad iniziative europee e ai fondi del Pnrr, molte città hanno realizzato interventi di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica e iniziative dedicate alla transizione ecologica: impianti innovativi per la gestione dei rifiuti urbani, aumento di piste ciclabili e potenziamento del trasporto pubblico, rinnovo delle flotte di bus, tutela e valorizzazione del verde urbano, ecc... "Nel 2026, terminati i fondi del Pnrr, occorrerà attivare nuove forme di finanziamento per continuare a sostenere la grande vivacità e qualità delle iniziative per la transizione ecologica avviate nelle città", conclude il documento.