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(Adnkronos) - La chiusura di Atreju, riservata come sempre alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, somiglia tanto a un comizio elettorale in pieno stile, per il tenore dell'intervento, ma anche per il pubblico che assiste, un'ondata considerando le foto che la stessa premier posta sui social. I più fortunati, o forse semplicemente i più mattinieri, si accaparrano un posto nella sala 'Giustizia giusta', gli altri ascoltano la voce della leader di Fratelli d'Italia in filo diffusione dal villaggio natalizio, o assiepati sulle ringhiere che portano ai giardini di Castel Sant’Angelo. Orecchie dritte, naso all’insù, i calli alle mani per gli applausi, tutti – ministri, sottosegretari, parlamentari, gli altri leader del centrodestra, la figlia Ginevra, la madre Anna Paratore e persino l'ex compagno Andrea Giambruno - sono qui per lei: Giorgia, Giorgia. E quindi, eccola, un pelino più informale del solito (giacca blu, che poi si leva, camicia bianca, jeans scuri) a strizzare l'occhio agli italiani, ricordando il rapporto che lega a doppio filo il suo mandato di governo con il voto passato (le elezioni del 2022), ma tenendo a mente anche il presente e il futuro, dalle riforme all'unità del centrodestra, invocata prima di lei dal pulpito anche dai suoi alleati, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Ed eccola, soprattutto, che prepara i guantoni per il duello a distanza - manco tantissima in realtà - con Elly Schlein. Dopo i ringraziamenti di rito, anche ai leader dell'opposizione che nei giorni scorsi si sono presentati alla kermesse di Fratelli d'Italia, Meloni sferra subito il primo gancio alla segretaria del Partito democratico. "Con il suo Nannimorettiano 'Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente' – dice la premier - ha comunque fatto parlare di noi. La cosa divertente è che il presunto campo largo l'abbiamo riunito noi ad Atreju e l'unica che non si è presentata è quella che dovrebbe federarli", perché nel luogo in cui anche Nietzsche e Marx si sarebbero potuti dare la mano "chi scappa dimostra di non avere contenuti". Citata a chiare lettere solo in quell'occasione, Schlein rimane comunque l'elefante nella stanza per l'intera ora in cui la presidente del Consiglio è davanti al suo pubblico. Per le ammucchiate che la sinistra fa "pur di gestire il potere", per le macumbe che avevano mandato anche ad Atreju: "Si portano da soli una sfiga che manco quando capita la carta della pagoda al Mercante in fiera", dice. Perché il centrodestra unito, dialogante pur nelle divisioni, "non nasce per ravanare qualche poltrona, ma per mettere al servizio della nazione una visione condivisa fondata sulla libertà, sulla responsabilità, sull'amore". Perché, ancora, se "questi vogliono governare la nazione insieme, come la governano? Con le lettere degli avvocati!". La numero uno dei dem, però, non è l'unico bersaglio contro cui si scaglia Meloni. La presidente del Consiglio, in ordine, se la prende pure con: il segretario della Cgil, Maurizio Landini, che ora esprime solidarietà per i lavoratori del gruppo Gedi, ma quando "faceva le interviste a Repubblica" su Stellantis "fischiettava"; con i sindacati in generale, poi con i giudici, tanto perché faranno partire con un anno e mezzo di ritardo (e conseguente danno erariale) i centri in Albania, che sì "funzioneranno", quanto per quello che "stiamo vedendo a Garlasco, ultimo caso, dal solo dal punto di vista temporale, di una giustizia che va profondamente riformata"; con Greta Thunberg, Francesca Albanese, e persino con Ilaria Salis. Nel mucchio di citazioni colte, da Blaise Pascal a Otto von Bismark, passando per i kebabbari, la premier tiene anche la barra dritta sull'Ucraina, sulla deterrenza, su Donald Trump e l'Europa, sulle riforme - premierato, autonomia differenziata "che renderà l'Italia più efficiente, ma anche le classi dirigenti più responsabili", Roma Capitale -, referendum, migranti, Islam, persino sulla scuola. Per cui rivendica "con orgoglio la norma sul consenso informato per l'educazione sessuale nelle scuole, perché educare i figli su materie così delicate è compito dei genitori, lo Stato non può sostituirsi alla famiglia". E così un'ora scivola via davanti ai Fratelli d'Italia, che "ogni giorno, in ogni scelta, saremo quella scintilla, una scintilla di consapevolezza, di amore, di coraggio, l'accenderemo di cuore in cuore, di città in città, fino a farla divampare ovunque, la proteggeremo dai venti contrari e non la lasceremo spegnere mai, e se ci riusciremo, vi garantisco che noi non racconteremo la storia, noi la scriveremo". Felpa, inno d'Italia e cala il sipario dell'edizione record, 105mila presenze in otto giorni: un successo.
(Adnkronos) - Sul dazio al 15% negli Usa per il pecorino romano "noi assolutamente non abbiamo intenzione di arrenderci, continuiamo a lavorare nella direzione del dazio zero. Oggi esiste da parte dell'Unione Europea una lista di prodotti candidati al dazio zero, ovviamente all'interno della quale è presente a pieno titolo il pecorino romano. Questo perchè in occasione dei dazi del 2019 il pecorino romano fu l'unico prodotto che venne escluso dai dazi, in quanto vennero riconosciute delle caratteristiche particolari di produzione, di filiera, che di fatto noi stiamo cercando di riproporre anche oggi. Ci stiamo lavorando in maniera assoluta e in prima linea". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, sottolinea l'impegno per 'bloccare' il dazio al 15% negli Usa per uno dei prodotti simbolo del made in Italy che sottolinea come "La notizia più impattante sul nostro business nel 2025 ovviamente sono i dazi Usa. Non c'era mai stato finora un dazio sul pecorino romano, e quindi questo 15% pesa in maniera importante, soprattutto su quel segmento del nostro prodotto che è destinato all'industria alimentare, dove il pecorino romano viene utilizzato come ingrediente per la preparazione di piatti pronti, salse e quant'altro", spiega. E Maoddi sottolinea che "il mese scorso siamo stati presenti più di una settimana a Washington dove abbiamo fatto degli incontri in ambasciata con dei senatori americani. Siamo stati in congresso per perorare la nostra causa, spiegando ai senatori le caratteristiche del pecorino romano affinché lavorassero insieme a noi per in qualche modo esonerare il nostro prodotti da questi dazi". E Maoddi non perde le speranze. "Mi piace essere ottimista, in queste ultime settimane si sta nuovamente parlando della possibilità di considerare questa lista di prodotti a dazio zero. Devo purtroppo però segnalare che la considerazione di questa lista è una conseguenza al completamento di alcune azioni da parte dell'Unione Europea che di fatto purtroppo non sono state terminate. Tanto che qualcuno l'altro giorno in una riunione alla quale noi abbiamo partecipato, visto che facciamo parte della task force dazi istituita presso il ministero degli Esteri, sosteneva che questo completamento di compiti da parte dell'Unione Europea l'avremmo in qualche modo visto verso fine gennaio e primi febbraio. E quindi in quell'occasione gli Stati Uniti dovranno considerare ovviamente ciò che gli abbiamo proposto, e che è ancora vincolato a queste ultime iniziative dell'Unione Europea", spiega. Gli effetti concreti dei dazi Ma sugli effetti concreti dei dazi sulll'export di pecorino romano però Maoddi è ancora cauto e c'è un perché. "Ad oggi -spiega- a causa anche dello shutdown che c'è stato negli Usa per 45 giorni, dal primo di ottobre fino al 15 di novembre, abbiamo i dati sull'export fermi al 31 di agosto. Dati che sottolineo sono ottimi perché di fatto le esportazioni rispetto allo stesso periodo del 2024 segnano un incremento di circa il 9%. Siamo consapevoli del fatto che il mese di settembre e di ottobre saranno mesi che porteranno giù questa percentuale. Questo perché sappiamo che ci sono stati acquisti speculativi soprattutto concentrati nel mese di aprile scorso, quello di annuncio dei dazi, e nel mese di agosto, che è il mese nel quale i dazi sono stati confermati al valore del 15%", sottolinea il presidente del Consorzio del Pecorino romano dop. E Maoddi sottolinea come il dazio al 15% sul mercato Usa "sicuramente pesa molto meno sul canale retail, dove comunque avendo un prezzo già importante ed essere appunto destinato a un consumatore alto spendente, è ovvio che 1,50-1,80 di dazio sul valore di partenza del formaggio ha un'incidenza al chilo molto inferiore sul consumatore finale rispetto all'industria", sottolinea. Per Maoddi è quindi prematuro tracciare un bilancio sugli effetti dei dazi per il pecorino romano sul mercato americano. "Sicuramente c'è un magazzino importante sul mercato americano -spiega Maoddi- e oggi è onestamente prematuro fare un bilancio della reazione del mercato, dovranno passare almeno altri 4-6 mesi per capire bene cosa succederà. Analizzando in maniera fredda e fermandoci a una data precisa che è quella del 31 agosto sicuramente i numeri sono della nostra parte", sottolinea. Gli effetti sul mercato italiano Ad oggi "il maggior problema derivante dai dazi Usa per il pecorino romano nasce sul mercato nazionale, che è molto attendista rispetto a un possibile calo sul mercato americano e di conseguenza i consumi e i prezzi sono un po' in calo. C'è da registrare che dal mese di agosto a oggi le quotazioni mercuriali del pecorino romano hanno perso circa 70 centesimi al chilo, appunto perché c'è stato questo rallentamento di consumi sul mercato interno", spiega Maoddi. Per Maoddi, una situazione che "speriamo ovviamente di superare quanto prima anche perché è speculativa. Il mercato interno, infatti, è attendista su un eventuale ribasso dei consumi americani, ma questo effettivamente nel momento ancora non lo registriamo. Registriamo purtroppo però un rallentamento delle vendite sul mercato nazionale e un conseguente ribasso del prezzo, che al momento è abbastanza controllato, però comunque sia è pur sempre un ribasso", aggiunge. Il bilancio del 2025 "Il 2025 lo voglio reputare ancora un anno positivo, perché un anno è formato da 12 mesi e sicuramente non tutti questi hanno segnato un rallentamento e un calo. Anzi abbiamo avuto anche dei mesi nei quali il valore del pecorino è cresciuto, come dal mese di aprile al mese di agosto quando i magazzini si stavano alleggerendo e di conseguenza c'era una richiesta maggiore di vendita di prodotto che stava terminando, e mi riferisco alla produzione del 2024. Con l'ingresso della produzione del 2025 c'è stato un po' questo rallentamento. Stiamo parlando di quantità di merci importanti che vengono comunque offerte sul mercato e di conseguenza hanno rallentato un pochino l'andamento delle vendite. Niente di drammatico, è sicuramente una situazione da monitorare, ma non è sicuramente drammatica", spiega Maoddi che ricorda come il Consorzio rappresenta un comparto composto "da circa 8.500 aziende agricole, quindi parliamo di all'incirca 12.000 allevatori, per un totale di circa 25.000 addetti tra allevatori e operai dei caseifici, stabilimenti ovviamente di trasformazione e di confezionamento. Il fatturato alla produzione è pari a circa 450 milioni di euro e circa 600 milioni di euro al consumo". Un comparto importante per i territori su cui insiste. "Soprattutto per la Sardegna -spiega Maoddi- dove rappresenta circa il 40% del Pil agricolo. La produzione totale di circa 360 mila quintali di prodotto vendibile è destinata per il 70% all'esportazione, e quindi evidentemente non c'è un prodotto in Italia che ha una vocazione all'esportazione come il pecorino romano. Circa quindi 100 mila quintali sono venduti sul mercato interno in Italia, dove all'incirca il 40% è destinato alla gdo, il 60% tra il global trade e l'industria, perché anche in Italia viene utilizzato parecchio nell'industria, quindi nella preparazione di salse, piatti pronti e quant'altro". E Maoddi chiarisce che del 70% destinato all'esportazione "circa il 60%, ovvero il 40% del 100 quindi del totale vendibile, viene esportato negli Stati Uniti, che è il primo mercato in assoluto, con all'incirca 130 mila quintali di prodotto, quindi superiore alla quantità venduta in Italia. Il secondo mercato è l'Unione Europea, con circa 55 mila quintali di prodotto, e poi seguono paesi come il Canada, il Giappone, l'Australia e via discorrendo". E Maoddi sottolinea che rispetto al pecorino romano altri prodotti dell'agroalimentare "come il latte di vacca, oggi hanno sicuramente dei problemi molto più grossi, anche perché per quanto ci riguarda stiamo mettendo in campo tutta una serie di iniziative che io sono convinto che porteranno dei benefici nel breve e medio periodo". E Maoddi ricorda l'importanza "del 'bando indigenti' da oltre 12 milioni che ha reso disponibile il Masaf, con il ritiro dal mercato di quantità di formaggio che verranno distribuiti agli indigenti nazionali attraverso le Croce rosse e tutti gli enti caritatevoli. È una quantità importante, 5 milioni e 8 sono disponibili nell'immediato, quindi entro dicembre probabilmente partirà il primo bando, e gli altri 7 milioni e 400mila sicuramente non appena terminerà questo primo bando. Oltre a questo la Regione Sardegna si è resa disponibile di integrare con 5 milioni subito e 5 milioni entro giugno questo bando e quindi da 12 milioni e 8 passiamo a 22 milioni e 800mila e inoltre sempre la Regione Sardegna ha dato disponibilità per l'utilizzo da parte delle aziende e ovviamente della filiera del pecorino romano di un fondo di rotazione che è presente presso la finanziaria regionale, attraverso la quale finanziare i magazzini delle aziende che in questo momento hanno maggiore necessità appunto di liquidità, con altri 14 milioni", sottolinea. "Infine anche la Regione Lazio -conclude Maoddi- si è resa disponibile di intervenire, ovviamente per la quota di competenza di produzione laziale e parliamo sempre di un 5-6% della produzione, con un milione di euro che anch'esso verrà utilizzato a supporto appunto di questi bandi indigenti. Ci sono quindi in campo strumenti per circa 40 milioni di euro che se spesi e utilizzati bene possono dare beneficio immediato al comparto", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - "Il valore più grande di Return è ciò che resta: aver creato una comunità ampia, omogenea e collaudata che prima non esisteva". Lo afferma Andrea Prota, presidente della Fondazione Return, nel corso del meeting finale del progetto, finanziato dal PNRR nell’ambito del programma NextGenerationEU, e in corso a Napoli. Tre giorni dedicati alla scienza del multi-rischio per comunità e territori resilienti in un clima che cambia, che hanno riunito ricercatori, istituzioni e imprese attorno ai risultati maturati in tre anni di lavoro. Per Prota, l’elemento centrale del progetto è la contaminazione tra discipline: “Abbiamo messo insieme chi studia i rischi naturali, ambientali e antropici e chi lavora nelle scienze sociali, economiche e umane. Questo approccio integrato è fondamentale per arrivare ai cittadini: capire come percepiscono i rischi, coinvolgerli nella coprogettazione e nelle azioni di mitigazione e adattamento climatico necessarie per ridurre impatti e rischi legati a fenomeni che cambiano rapidamente”. Il presidente sottolinea i risultati concreti: “Li distinguerei in due categorie: metodologie e tecnologie per supportare le decisioni di chi tutela i cittadini, e strumenti per valutare la situazione dei rischi e l’efficacia delle azioni messe in campo”. Tra questi, Return Ville, la città virtuale sviluppata dal progetto: “Abbiamo creato Return Land, un simulatore per mostrare scenari e interventi. Con il Dipartimento della Protezione Civile, nostro partner fin dall’inizio, porteremo questi strumenti a Regioni, Comuni, enti locali e imprese”. Prota evidenzia anche l’approccio multirischio come elemento distintivo: “Solo così possiamo avvicinarci alla complessità reale dei problemi”. E cita la Return Academy: “In aula hanno lavorato ingegneri, architetti, giuristi e filosofi, che hanno appreso direttamente dai ricercatori cosa emergeva dal progetto. Porteranno queste competenze nel loro lavoro quotidiano, pubblico o privato”. Ampio spazio è dedicato ai giovani: “Abbiamo superato i target previsti per RTDA, dottorati e assegni di ricerca, con una partecipazione femminile spontanea superiore al 40%. Il nostro obiettivo è dare continuità a queste professionalità, evitando che restino nel precariato”. Infine, il presidente sottolinea il rapporto con l’Anci: “All’inizio dell’anno nuovo ospiteremo un incontro a Napoli con i sindaci per chiudere il cerchio e penso che potremo anche sottoscrivere un accordo affinché i Comuni possano beneficiare pienamente dei risultati di Return".