INFORMAZIONIGreta maria beatrice Acquati |
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(Adnkronos) - "Felice di essere nato in Italia". Jannik Sinner si esprime così rispondendo al direttore di Sky Sport Federico Ferri alla vigilia delle Atp Finals di Torino. Il numero 1 del tennis prova a chiudere il 'caso' (si fa per dire) e le polemiche dopo il suo no alla Final Eight di Coppa Davis. "Se penso che nascendo 50 chilometri più giù avrei ricevuto meno critiche sul fatto di essere italiano? Non lo so, è un po' come dire perché oggi c'è il sole? Non poteva piovere? Però sono molto orgoglioso di essere italiano, sono felice di essere nato in Italia e non in Austria o altre parti", dice Sinner. "Questo Paese - aggiunge il fuoriclasse azzurro - merita anche di più di quello che sto facendo io. Abbiamo strutture, allenatori, tantissime mentalità differenti. Ma è la nostra forza e la nostra fortuna. Abbiamo di tutto per essere lì a competere contro i migliori al mondo, dobbiamo unirci e darci forza per avere più trofei e orgoglio possibile. L'Italia lo merita". Nel corso dell'intervista, Sinner parla anche della Coppa Davis: "La decisione di non giocare le finali? A fine stagione, con tutte le pressioni, le partite giocate, le emozioni, sia quando si è vinto sia dopo una sconfitta, ci vuole tanto tempo a rimettere tutte le cose insieme. E soprattutto a fine stagione una settimana è davvero tanto, per noi atleti. Se hai una settimana in più di preparazione, a parte che hai una settimana in più di vacanza e arrivi in preparazione più forte, più carico, con più energie e soprattutto con più voglia". "Giochiamo a tennis tutti i giorni e quindi ci sta che, a volte, non hai tanta voglia… però se tu inizi una settimana prima le settimane di carico, perché non è che inizi a mille già dal primo giorno, quelle sono importantissime, soprattutto per l’inizio della stagione ma anche a lungo termine e per la prevenzione degli infortuni. Quindi per me quest’anno non c’è stato un minimo di dubbio che questa è stata la scelta giusta (non giocare la fase finale di Davis)", afferma. Il 2024 è stato differente: "L'anno scorso non ho giocato a Parigi, ho detto 'io voglio giocare la Davis' e mi hanno un po’ trattenuto, nel mio team, ma ho detto 'no, questo quest’anno voglio giocare' perché l’avevo promessa a Berrettini quando abbiamo vinto nel 2023, quando lui era lì a sostenerci e abbiamo vinto, io l’ho abbracciato e gli ho detto 'ti prometto che vinciamo insieme la prossima Coppa Davis, perché tu lo meriti e siamo una squadra incredibile'. E l'abbiamo vinta. Poi da lì avevo già deciso che l'anno prossimo (nel 2025) sicuramente non avrei giocato". "La cosa che a me personalmente non piace è che abbiamo una squadra incredibile anche senza di me e non ne parla nessuno. Noi dobbiamo rinunciare al numero 26 al mondo, che in questo momento è Darderi, possiamo permettere di non convocare il 26 al mondo in Coppa Davis perché c’è Cobolli, c’è Musetti, ce ne sono tantissimi altri: abbiamo una squadra di doppio incredibile! Possiamo vincere anche così, abbiamo lo stesso Berrettini, e quindi la possibilità di vincere la Davis è alta". Sinner è arrivato ieri a Torino per le Atp Finals. Oggi, per il terzo anno consecutivo, ha fatto visita all'Istituto di Candiolo - Irccs, confermando il suo legame con la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro e con Intesa Sanpaolo, promotori della campagna 'Un Ace per la Ricerca', che si rinnova in occasione delle Nitto Atp Finals 2025 di Torino. Il numero 1 del tennis mondiale, accolto da Allegra Agnelli, presidente della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, ha preso parte al lancio della nuova edizione della campagna, incontrando medici, ricercatori, pazienti e volontari. Durante l'incontro Allegra Agnelli, insieme ad Anna Sapino, direttore scientifico dell'Istituto di Candiolo - Irccs, e Gianmarco Sala, direttore generale della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, ha presentato a Sinner il celloscopio, oggetto della destinazione dei fondi della campagna 'Una Ace per la Ricerca' 2025: un innovativo macchinario destinato alla ricerca oncologica, che permette di approfondire lo studio dei tumori a livello molecolare e di accelerare la scoperta di terapie personalizzate. Durante la visita, inoltre, Sinner si è intrattenuto con Matilde e Paolo, due giovani pazienti in cura a Candiolo, e con un gruppo di medici e ricercatori.
(Adnkronos) - 92 miliardi di euro di ricchezza generata e 24 mila nuovi posti di lavoro in 10 anni. A dimostrare quanto la birra in Italia si sia evoluta da semplice bevanda estiva dissetante a vero e proprio pilastro per l’economia del Paese arriva l’ultimo studio realizzato da Osservatorio Birra, in collaborazione con Althesys strategic consultants. Il lavoro, che ha analizzato il valore condiviso generato dal settore birrario negli ultimi dieci anni, è stato presentato a Roma presso il Senato della Repubblica, in occasione del decennale di Fondazione Birra Moretti che, per prima, ha avviato il percorso di analisi e misurazione economica della filiera. Dallo studio emerge che, nonostante le crisi globali dell’ultimo decennio, il settore brassicolo pur confermandosi ciclico nel breve periodo si è dimostrato stabile e generatore di valore nel lungo termine. Dal 2015 al 2024 la filiera della birra ha infatti conosciuto uno sviluppo continuo, che ha portato il valore condiviso generato da 7,8 miliardi di euro a 10,4 miliardi annui, con un incremento del 33%. Questa crescita si riflette anche in altri indicatori: la produzione è aumentata del 20,5%, i consumi del 13,6%, mentre l’export ha registrato un balzo del 31%. Numeri che confermano la birra come uno dei settori più dinamici dell’agroalimentare italiano. Della ricchezza generata dal settore brassicolo non beneficiano solo i produttori, anzi. L’analisi mostra infatti quanto la birra sia un importante moltiplicatore di occupazione. Dal 2015 al 2024 ha generato oltre 24 mila nuovi posti di lavoro, portando il totale degli occupati del comparto da circa 88 mila a circa 112 mila (+27,5%). Ad oggi, ogni addetto alla produzione di birra genera 31 posti di lavoro lungo la filiera. Non sorprende quindi che la birra rappresenti lo 0,42% dell’occupazione nazionale. Anche sul fronte delle retribuzioni si registra un balzo: i salari lordi corrisposti lungo la filiera sono passati da meno di 2 miliardi nel 2015 a 3,2 miliardi nel 2024, raggiungendo l’1,8% del totale dell’industria manifatturiera. L’evoluzione del gusto e la crescente consapevolezza e curiosità degli italiani verso questa bevanda hanno trasformato la birra da prodotto unico e indifferenziato a universo di possibilità. Oggi si è passati “dalla birra alle birre”: un mondo variegato che spazia dalle classiche lager agli stili più caratteristici come Ale, IPA, Bock e Weiss, fino alle interpretazioni più local che esaltano gli ingredienti del nostro territorio - erbe aromatiche, spezie, riso, agrumi. La birra si è così affermata come un vero caleidoscopio di sapori, capace di incontrare le abitudini alimentari degli italiani e di inserirsi con naturalezza nella convivialità in abbinamento al cibo. A questa crescita culturale corrisponde anche la nascita di nuove professionalità qualificate: dai mastri birrai ai beer specialist, dai tecnologi alimentari ai sommelier della birra, testimoni di un comparto sempre più articolato, qualificato e connesso con la tradizione gastronomica italiana. “La birra oggi in Italia non è solo una bevanda, ma un simbolo di socialità e di convivialità. Grazie alla sua accessibilità, alla sua informalità e alla sua straordinaria versatilità negli abbinamenti, è ormai entrata a far parte delle abitudini di consumo degli italiani a tavola, accanto ai piatti della nostra tradizione. È questo il segno più evidente di una trasformazione profonda, che ha reso la birra una protagonista della quotidianità del nostro Paese”, afferma Alfredo Pratolongo, presidente di Fondazione Birra Moretti. “In questi dieci anni - continua - Fondazione Birra Moretti ha diffuso conoscenza sulla birra, sul suo consumo corretto, a pasto e responsabile. E ha dato importanza alla birra mettendo in luce la ricchezza generata dal comparto per il Paese”. Nel percorso di crescita della cultura birraria Fondazione Birra Moretti ha avuto un ruolo centrale. Nata nel 2015 con l’obiettivo di valorizzare la birra a tavola, la Fondazione ha accompagnato l’evoluzione del settore diffondendo conoscenza attraverso studi e ricerche e promuovendo, al tempo stesso, un consumo consapevole e responsabile. Ne è un esempio il progetto Responsibility in Education, rivolto agli studenti maggiorenni delle quinte classi degli istituti alberghieri: un’iniziativa che dalla sua nascita ha già coinvolto 39 scuole e oltre 6.600 studenti, con l’obiettivo di formare i futuri professionisti dell’ospitalità e della ristorazione come ambasciatori di una cultura del bere responsabile, in armonia con la tradizione gastronomica italiana. Per il futuro, Fondazione Birra Moretti si pone l’obiettivo di intercettare e interpretare sempre più le nuove tendenze del mercato, offrendo un punto fermo ai consumatori desiderosi di approfondire le proprie conoscenze su caratteristiche, qualità, servizio e degustazione delle birre, ma anche disorientati da un mercato in continua evoluzione. Non solo: attraverso ulteriori studi e ricerche, Fondazione Birra Moretti continuerà a intercettare tendenze, a dare visibilità all’impatto della birra sulla vita sociale ed economica del Paese, e ad accompagnare l’evoluzione della cultura di prodotto perché diventi sempre più una leva di crescita per tutto il comparto, capace di generare ricchezza e occupazione qualificata. “Nei prossimi anni - conclude Alfredo Pratolongo - l’abbinamento chiave della birra sarà l’informalità. L’informalità è il nuovo valore della convivialità italiana, un cambiamento che riflette la voglia crescente di libertà e autenticità espressiva nei momenti di socialità, dove la compagnia e il piacere di stare insieme superano la ricerca di una perfezione formale negli abbinamenti”.
(Adnkronos) - L'Italia continua ad investire nel verde: oltre 3 milioni di nuovi alberi messi a dimora nel corso del 2024 (+ 31% in un anno) per un totale di quasi 4mila ettari di superficie. Un investimento in capitale naturale che andrà a generare un ritorno economico di più di 20 milioni di euro l'anno in servizi ecosistemici per ciascuno degli anni di vita degli impianti arborei ed arbustivi messi a dimora. È quanto emerge dalla quinta edizione dell'Atlante delle Foreste, il rapporto annuale realizzato da Legambiente e AzzeroCO2. Lo studio, basato sull'analisi di circa 294 progetti distribuiti in aree urbane ed extraurbane lungo la Penisola mostra come a livello territoriale l'impulso decisivo nel 2024 venga dai rimboschimenti nelle Città metropolitane, mentre le Regioni affrontano un rallentamento dovuto al passaggio tra i vecchi e i nuovi piani di finanziamento. Nonostante il bilancio totale positivo, a ridursi sensibilmente è il contributo diretto delle aziende. Andando ad analizzare i dati complessivi regionali, in cima alla classifica si conferma per il secondo anno consecutivo il Trentino-Alto Adige, con oltre 748mila nuove piante, seguito dalla Basilicata che ne conta più di 539mila. Sale nella classifica, guadagnando il terzo posto, il Veneto. Se molte Regioni sono in una fase di attesa, a trainare la forestazione nazionale del 2024 sono le Città metropolitane, grazie all'impulso decisivo dei fondi del Decreto Clima e del Pnrr. È il centro sud a guidare la classifica con le prime posizioni occupate da Messina e Roma, rispettivamente 357.612 e 265.501 nuove piante messe a dimora. Seguite da Reggio Calabria, Cagliari e Napoli. Quest’anno lo studio evidenzia che circa il 75% dei progetti ammessi a finanziamento nel 2022 con i fondi del Pnrr ha completato la fase di transplanting. Sul fronte delle fonti di finanziamento, lo studio evidenzia un andamento divergente. Per il periodo preso in esame gli investimenti pubblici si rivelano il pilastro della forestazione nazionale, con una crescita del 31% trainata dai fondi del Pnrr. Vi è però da evidenziare come si registri una brusca frenata del settore privato: i contributi volontari, spesso legati a iniziative di Corporate Social Responsibility (Csr) delle imprese, sono scesi del 72% rispetto al 2023 traducendosi in appena 40.852 alberi messi a dimora. Le ragioni di tale contrazione, secondo il report, non indicano un calo di interesse, ma una diversificazione nelle strategie di Csr delle imprese. “Il calo degli investimenti privati, che potrebbe sembrare un segnale negativo, in realtà racconta un cambio di prospettiva. Le aziende proseguono sempre sulla strada della sostenibilità superando però l'approccio focalizzato su un singolo tipo di intervento per adottare piani più ampi e integrati, che includono ad esempio azioni di tutela e ripristino degli ecosistemi - ha commentato Sandro Scollato, amministratore delegato di AzzeroCO2 - La domanda che ci viene posta oggi dalle imprese non è più soltanto ‘quanti alberi piantiamo?’ ma ‘come possiamo creare valore per il territorio?’. Così si moltiplicano progetti di rigenerazione ambientale e di promozione della biodiversità che, pur riducendo il numero di alberi messi a dimora, hanno un altissimo valore ecologico e sociale, confermando come questi siano i veri obiettivi guida delle azioni di Csr delle imprese”. L'analisi dell'Atlante va oltre il semplice conteggio degli alberi e traduce in valore economico i molteplici benefici - i cosiddetti servizi ecosistemici - generati dalle nuove infrastrutture verdi. Tra i più rilevanti la mitigazione di eventi climatici estremi e la regolazione della qualità dell'aria e del suolo il cui valore è stimato in 2.202,9 euro per ettaro all'anno. Tra le voci di rilievo si considera anche il valore socio-culturale, che include l'impatto positivo sul turismo e le attività ricreative, stimato in 639,2 euro per ettaro all'anno. Altra componente importante è il 'valore di lascito', la garanzia, cioè, di consegnare alle generazioni future ecosistemi sani e ricchi di biodiversità, stimata in 2.342,5 euro per ettaro ogni anno. Tuttavia, la piena realizzazione del potenziale economico dei nuovi rimboschimenti dipende da un fattore sempre più critico: la capacità dei nuovi impianti di sopravvivere e prosperare in un clima che cambia. L'Atlante dedica un capitolo approfondito alle tecniche per ridurre i rischi di mortalità delle giovani piante. La crisi climatica, con la siccità e le ondate di calore, sta infatti mettendo a rischio i nuovi progetti. Per evitare che un investimento si trasformi in uno spreco di risorse, è necessario un approccio che va ben oltre la messa a dimora. Questo percorso virtuoso, come indicato nello studio, va iniziato molto prima, con una pianificazione attenta che include l'analisi del suolo e del clima per scegliere le specie più adatte, prosegue con la preparazione del sito per favorire lo sviluppo delle piante e si conclude con un piano di manutenzione. Queste cure post impianto sono decisive e includono interventi come le irrigazioni di soccorso nei periodi di siccità o gli sfalci periodici per controllare le erbe infestanti. Solo in questo modo i progetti di forestazione potranno realmente diventare un investimento duraturo capace di fornire benefici ecologici, economici e paesaggistici alla collettività. “La messa a dimora di alberi è un intervento strategico per un futuro più sostenibile a beneficio dei nostri territori, perché ogni singolo albero in più contribuisce a mitigare il cambiamento climatico, migliora la qualità dell’aria, tutela il suolo e rende le città più belle e vivibili - sostiene il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti - Affinché i benefici che derivano dalle nuove alberature siano duraturi, c’è bisogno di un approccio lungimirante: non basta infatti piantare ma è fondamentale progettare, scegliendo le specie adatte al contesto e garantendo la loro manutenzione nel tempo. Solo in questa maniera la forestazione urbana può affermarsi come una vera infrastruttura verde, generando valore ambientale, sociale ed economico per le comunità. È proprio per promuovere questa visione che anche quest’anno Legambiente torna con la storica campagna Festa dell’Albero, in programma dal 21 al 23 novembre, con decine di iniziative in tutta Italia. L’obiettivo è quello di creare nuovi polmoni verdi nelle città, per renderle più resilienti di fronte agli effetti sempre più estremi della crisi climatica. Una sfida che passa anche da una gestione attenta e continuativa del verde urbano, una risorsa ancora troppo spesso trascurata”.