(Adnkronos) - Dopo le vacanze i romani troveranno una città con sempre più zone a 30 all'ora, più autovelox e da settembre più telecamere per controllare chi passa con il rosso: il tutto per affrontare quella che Eugenio Patané, Assessore alla Mobilità di Roma Capitale, all'Adnkronos definisce una "emergenza in materia di sicurezza stradale". "A Roma, nonostante una leggera riduzione del numero dei morti (55 nei primi 6 mesi contro i 64 dello stesso periodo del 2024) gli incidenti sono aumentati: abbiamo l'esigenza di ridurre in maniera drastica il numero di vittime sulle nostre strade, per questo stiamo lavorando a un programma che ne farà - in alcune zone una 'città a 30 all'ora'. L'obiettivo è di arrivare a 1000 strade locali e alcune aree urbanisticamente omogenee, coperte da questo limite", dice Patané illustrando le novità che si preparano per i cittadini della capitale, tutte nel segno della sicurezza stradale e della 'convivenza' fra mezzi diversi, dai veicoli commerciali ai monopattini elettrici. "Ovviamente Roma è molto diversa. A Bologna la misura è stata applicata nel 70% del territorio comunale, noi non possiamo farlo dappertutto, ma puntiamo ad applicarla nelle strade locali, quelle di secondo livello, e nelle zone considerate urbanisticamente omogenee, come il Centro Storico, nella Ztl, dove sulle strade a scorrimento veloce, come Corso Vittorio, Via Nazionale o Via del Teatro Marcello, dove abbiamo avuto gravi incidenti e anche morti. A settembre dovremmo avere la delibera sulla trasformazione del centro storico a 'Zona 30' mentre entro agosto puntiamo a completare il posizionamento della segnaletica e le determine di traffico delle prime 52 strade locali che portiamo a 30 km/h". "In alcuni casi, come abbiamo già fatto a Casal Monastero, vorremmo rifare l'assetto stradale, garantendo maggiore visibilità, restringere la carreggiata per limitare la velocità, mettere all'ingresso attraversamenti pedonali rialzati, così da chiarire che si sta entrando in una 'zona 30', insomma creare un ecosistema dei 30 km/h". Ma quello che Patane' definisce 'il nostro Piano Marshall della sicurezza stradale' include anche nuovi strumenti di controllo. L'assessore ricorda che "la seconda parte del nostro lavoro riguarda le strade principali, quelle dove si transita a 50 o 70 km/h", traendo spunto dall'esperienza già fatta in alcuni punti "come la Galleria Giovanni XXIII, dove il tutor controlla la velocità media in 3 punti, e dove dopo l'introduzione di questo sistema abbiamo avuto una riduzione degli incidenti del 70%. Nel corso del tempo i cittadini si sono abituati al limite e da allora non abbiamo più avuto un solo incidente con vittime". Sulle strade principali, continua, "vogliamo mettere in campo 60 fra autovelox e tutor fissi, oltre ai 20 velox mobili in dotazione alla Polizia locale". Il primo passo "a settembre quando inizieremo il sanzionamento su 3 strade importanti: la prima è la Tangenziale, dove i controlli verranno messi su entrambi i lati all'altezza dei Campi Sportivi, quindi altri due velox su Via Isacco Newton, e infine - molto importante - la messa in funzione del tutor riadeguato (sistemato ma mai utilizzato) sulla Via del Mare". Patané ricorda che "sia le zone a 30 all'ora che i sistemi di controllo sono aspetti della sicurezza stradale legati alla velocità, ma stiamo lavorando anche ad altro, tenuto conto delle aggravanti previste dal nuovo Codice della Strada, come quella legata al passaggio con il rosso". A Roma - spiega - "abbiamo montato già 11 Vista Red su altrettanti semafori. Stiamo posizionando telecamere che rilevano il passaggio con il rosso anche in altri 15 incroci così da controllare altre 38 piste: li abbiamo posti sugli incroci più 'larghi', quelli nei quali l'automobilista deve fare più metri per passare da una parte all'altra e quindi ha una potenzialità 'offensiva' maggiore. I lavori sono già iniziati e da novembre i Vista Red inizieranno a sanzionare". Ma oltre alle misure restrittive, l'assessore vuole ricordare "una delle cose più importanti, ma anche impegnative che stiamo facendo", ovvero un censimento degli ultimi 30 mila incidenti a Roma, da quelli leggeri a quelli più gravi. "Stiamo analizzando i luoghi dove sono avvenuti, e questo ci ha permesso di identificare i 'black point' più pericolosi, sia per il numero di macchine in transito, sia per numero di sinistri che per costo sociale degli incidenti. Questa triste classifica ci ha mostrato 175 luoghi: abbiamo isolato i 75 più pericolosi e stiamo intervenendo sui primi 45, anche con contromisure ingegneristiche sulle infrastrutture". Patane' spiega che "in alcuni punti, ad esempio , certe traiettorie pur 'regolari' oppure le stesse fasi semaforiche possono rendere l'incrocio molto pericoloso. Ecco, la sistemazione di questi black point ha visto una riduzione sensibile dei casi, abbattendo gli incidenti anche del 100%". (di Massimo Germinario)
(Adnkronos) - “Il 30 giugno la Regione Emilia-Romagna ha varato l’ordinanza che determina lo stop all’attività lavorativa in esterno nelle ore calde. Mentre la normativa entrava in vigore, Ait El Hajjam Brahim, quarantasettenne titolare dell’impresa 'Veneto pavimenti Sas' di Treviso si accasciava al suolo stendendo il calcestruzzo nel parcheggio di una scuola in provincia di Bologna lasciando orfani 3 figli e vedova la moglie. Il Veneto ha emanato il decreto che mira a tutelare la salute dei lavoratori che svolgono attività all’aperto nella giornata di ieri. Sempre in Veneto e sempre ieri, precisamente a Tezze sul Brenta (Vicenza), intorno alle ore 15.00 due operai sono stati colti da malore mentre lavoravano dentro una buca. Uno dei due è in coma all’Ospedale di Bassano del Grappa. Ad oggi sono 13 le Regioni italiane che hanno consentito l’entrata in vigore delle norme anti-calore: Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Le vittime citate sono solo le ultime in ordine cronologico ma invito tutti a riflettere su quanti, in questo momento, continuino a lavorare nei campi del nostro Paese sottotraccia, nella voragine silenziosa del sommerso". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia il presidente nazionale Anmil, Antonio Di Bella, commentando l'entrata in vigore delle norme anti calore "Morire sul lavoro - sottolinea - è un dramma che mai troverà giustificazione. Una notizia, un moto di denuncia che, con cadenza giornaliera, anima l’indignazione e la protesta di quanti, come Anmil, lottano ogni giorno per porre fine alla strage. Invito ancora tutti a riflettere sul fatto che dietro le vittime accertate dalla cronaca, oltre al silenzio destinato al mondo del sommerso, esiste ancora un altro tipo di silenzio: quello relativo a quanti, a causa dell’esposizione ad agenti altamente nocivi – quali le temperature altissime che sentiamo sulla nostra pelle in questi giorni – contraggono malattie professionali tra le più lesive". "Come Associazione - avverte - che da oltre 80 anni tutela le vittime degli incidenti sul lavoro e i loro superstiti, non smetteremo mai di ribadire quanto le normative anti-caldo dovrebbero diventare un automatismo all’arrivo della stagione estiva, scrivendo – una volta per tutte – un piano strutturale". "Com’è possibile si chiede il presidente Di Bella - che lo scorso 27 giugno, solo per citare un esempio, non fosse in vigore alcuna normativa in una Regione come la Sardegna che, in alcune zone, ha raggiunto picchi di 41°? Sono settimane che il termine 'bollino rosso' è tornato a troneggiare in quotidiani e telegiornali". "E ancora - aggiunge - la fascia oraria di stop lavorativo più largamente diffusa, quella tra le ore 12.30 e le ore 16.00, si ritiene realmente efficace? Crediamo, invece, che una norma che consenta il ricorso agli ammortizzatori sociali per i dipendenti delle realtà che operano in esterno nel periodo estivo rappresenti un atto doveroso per favoreggiare la rapidità dell’attuazione di questi meccanismi di prevenzione e di tutela della salute dei lavoratori sostenendo il lavoro delle aziende". "In serata - ricorda - il ministro Calderone ha convocato le parti sociali per la sottoscrizione di un 'protocollo caldo' contenente misure di attenzione per i lavoratori esposti ad alte temperature. Un atto necessario e doveroso ma che arriva con un ritardo che uccide".
(Adnkronos) - Un valore della produzione salito dai 38 miliardi del 2015 ai 68 miliardi del 2025 e una crescita degli occupati, che in dieci anni sono passati da 90mila a 104mila. Sono alcuni dei dati sull’evoluzione del comparto delle utilities emersi oggi nell’Assemblea generale di Utilitalia, organizzata a Roma in occasione del decennale della Federazione sorta nel 2015 dopo la fusione tra Federutility e Federambiente. Dal 2015 al 2025 il valore della produzione delle utilities italiane è aumentato del 79%, arrivando a 68 miliardi. Gli occupati, anche a fronte di un consolidamento industriale che ha visto fusioni e aggregazioni, sono aumentati del 15%, dai 90mila del 2015 ai 104mila attuali. A testimonianza del valore generato dalle utilities sui territori nel quali operano, mediamente ogni euro di fatturato di queste aziende genera un livello di produzione di 2,6 euro e, al contempo, per ogni milione di euro di fatturato si impiegano tra i 16 e i 34 occupati. “Negli ultimi anni - spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini - tra pandemia, crisi energetica e siccità le utilities si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi ma hanno realizzato investimenti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese, confermando la loro centralità all’interno di questo percorso”. ACQUA - Per quanto riguarda il settore idrico, gli investimenti pro-capite sono passati dai 38 euro annui del 2015 agli 80 euro stimati nel 2025, con una crescita del 110%. "Tra i nodi da sciogliere - segnala Utilitalia - figurano gli investimenti relativi alle gestioni 'in economia', dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti crollano a 29 euro per abitante. Per il prossimo futuro, a fronte di un valore complessivo degli investimenti sostenuti dalla tariffa aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno, il fabbisogno di settore è stimato da Utilitalia in almeno 6 miliardi l’anno. Negli ultimi anni il Pnrr ha destinato al settore circa 1,1 miliardi annui: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Pnrr, per innalzare l’indice di investimento complessivo". Nell’ottica della Federazione, "alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni". RACCOLTA DIFFERENZIATA - Investimenti che sono necessari anche nel settore dei rifiuti urbani, dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti sul fronte della raccolta differenziata (passata dal 47,5% del 2015 al 67% attuale) e del riciclaggio (salito dal 41,1 % del 2015 al 50,8% attuale). L’Unione europea ha posto obiettivi sfidanti al 2035 che riguardano l’effettivo riciclo per il 65% dei rifiuti urbani prodotti e uno smaltimento in discarica fino ad un massimo del 10%, mentre attualmente l’Italia si attesta al 16%, anche se molti passi avanti si sono fatti rispetto al dato del 2015 (26%). Per centrarli in futuro - avverte Utilitalia - sono necessari investimenti aggiuntivi pari a circa 4,5 miliardi: di questi, 3 miliardi riguardano la dotazione impiantistica (2,5 per impianti di incenerimento e 0,5 per la digestione anaerobica), mentre 1,5 miliardi saranno necessari per implementare i sistemi di raccolta differenziata. ENERGIA - "Il settore dell’energia, invece, è atteso a una radicale trasformazione per far fronte agli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. Con il Green Deal e la Legge Europea per il Clima, l’Ue ha individuato un punto di arrivo estremamente ambizioso: la neutralità climatica al 2050", osserva la Federazione. L’analisi dei piani industriali delle maggiori utilities impegnate in campo energetico ha evidenziato un volume di investimenti programmati pari a circa 19 miliardi di euro nei prossimi 5 anni: fra questi, 7,6 sono destinati ad investimenti per le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento, 7,7 alla produzione di energia rinnovabile e non rinnovabile, mentre circa 1,5 miliardi sono destinati all’efficientamento energetico e alla mobilità sostenibile. LE PRINCIPALI SFIDE PER LE UTILITIES VERSO IL 2035 - Guardando al futuro, il comparto delle utilities si trova davanti a sfide cruciali che richiedono un impegno strategico su più fronti. Come evidenzia il vicepresidente vicario di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “le imprese dei servizi pubblici si candidano a essere attori essenziali nel nuovo equilibrio tra sicurezza energetica ed ambientale, innovazione e crescita economica e coesione territoriale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia, dove ancora presenti, restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva. La strategia futura si fonda su tre assi portanti: una regolazione evolutiva, una governance industriale efficiente e non meno importante una forza lavoro competente e orientata al cambiamento”. Tra le priorità chiave individuate da Utilitalia figurano il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nella sicurezza e resilienza delle infrastrutture e degli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate. E ancora il consolidamento dell’industrializzazione dei settori, investimenti ancora più ingenti per garantire la qualità della risorsa idrica, misure tese a garantire la continuità agli investimenti oltre l’orizzonte del Pnrr, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e gestionali e politiche del lavoro che favoriscano stabilità, formazione e innovazione organizzativa.