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(Adnkronos) - Un paziente su 4 con carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato guarisce completamente anche senza la chirurgia. Ne sono convinti gli autori dello studio No-Cut, i cui risultati sono stati presentati al Congresso Esmo 2024 in corso a Barcellona. I ricercatori dello studio - promosso e realizzato dall'Ospedale Niguarda di Milano - hanno dimostrato che preservare l'integrità del retto, garantendo gli stessi livelli di sicurezza e guarigione dati dall'approccio chirurgico tradizionale, è possibile. Allo studio, condotto dal 2018 al 2024, hanno partecipato con radioterapisti, oncologi medici, chirurghi, radiologi, endoscopisti, patologi, biologi, farmacisti, coordinatori di studio, amministrativi e ricercatori in 4 istituzioni in Italia: l'Ospedale Niguarda di Milano (ente promotore), l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A illustrare i dati nel simposio presidenziale 'Eyes to The Future' l'oncologo Alessio Amatu di Niguarda: "Gli obiettivi traslazionali di genomica e trascrittomica, presentati per la prima volta al congresso Esmo, riguardano il valore predittivo del Dna tumorale circolante (ctDna, liquid biopsy) e dell'Rna tumorale e sono anch'essi significativi e indicativi perché in grado di predire la risposta clinica". Nei tumori del retto localmente avanzato, una delle strategie di cura attualmente più utilizzate prevede la rimozione chirurgica della malattia. In particolare, i casi di carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato fino al 2017 venivano sempre curati in tutti i casi con chemio-radioterapia e chirurgia del retto, e a seguire chemioterapia precauzionale (adiuvante) post-chirurgica per diminuire il rischio di recidiva. Con lo studio No-Cut i ricercatori hanno voluto invece indagare l'efficacia di un percorso di cura che potesse preservare l'integrità del retto garantendo gli stessi livelli di guarigione e sicurezza dati dalla chirurgia. Il protocollo ha previsto la somministrazione preventiva di una terapia più intensa, composta da una prima fase di chemioterapia seguita da una seconda potenziata con radioterapia. Successivamente, se alla rivalutazione clinica strumentale (con esame rettale, risonanza magnetica nucleare, ecoendoscopia rettale e biopsia) veniva evidenziata una remissione clinica completa della malattia, il paziente poteva evitare la chirurgia rettale venendo invece sottoposto a sorveglianza attiva con stretti controlli nel tempo. Nello studio in questi anni sono state curate e studiate 180 persone e il risultato clinico è stato che una persona su 4 ha raggiunto la remissione clinica completa che si è mantenuta nel tempo. Una caratteristica che ha consentito loro di evitare la chirurgia del retto e la colostomia, migliorando sensibilmente la qualità di vita. All'interno dello studio No-Cut, inoltre, sono stati studiati alcuni biomarcatori multiomici (caratteristiche radiologiche e patologiche, 'radiopatomica'; Dna del tumore e circolante nel sangue, 'genomica e biopsia liquida'; Rna del tumore, 'trascrittomica'), con lo scopo di identificare a priori in quali casi fosse possibile evitare la chirurgia del retto o coloro che, non raggiungendo una remissione clinica completa, avrebbero potuto beneficiare in futuro di nuove terapie. "L'obiettivo principale dello studio - commenta Salvatore Siena, direttore Oncologia dell'Ospedale Niguarda di Milano e principal investigator di No-Cut - è molto innovativo e rilevante per lo sviluppo della terapia senza chirurgia del carcinoma del retto localmente avanzato: si tratta di verificare se evitare la chirurgia (il Non-Operative Management, Nom) condizioni il tasso di metastasi del tumore. L'obiettivo principale è stato raggiunto ed è positivo, perché seguendo la Nom la sopravvivenza dei pazienti a distanza di 30 mesi era del 97%, e libera da metastasi. Un risultato ampiamente più favorevole di quanto atteso". Lo studio No-Cut è finanziato dal grant IG-20685 di Fondazione Airc Ets, da Fondazione Oncologia Niguarda Ets e dal Fondo Divisionale della Struttura complessa Oncologia Falck di Niguarda.
(Adnkronos) - Estate 2024, i cani bagnini della Scuola italiana cani salvataggio (Sics) sono stati al lavoro sulle spiagge italiane. Da Nord a Sud, sono state circa quaranta le postazioni sorvegliate speciali dalle circa 400 unità cinofile di volontari che nel weekend estivi hanno garantito la sicurezza del mare e dei principali laghi italiani. A fare il punto con Adnkronos/Labitalia di questo esercito a 'sei zampe' che lavora sulle spiagge italiane per la sicurezza di tutti è Ferruccio Pilenga fondatore dei Sics, la più grande realtà internazionale che si occupa di salvataggio in mare con unità cinofile. "La Scuola italiana cani salvataggio-Sics - ricorda - è una realtà italiana unica nel suo genere che tutti ci invidiano. I cani della scuola, per la maggior parte terranova, golden retriver e labrador, sono i soli cani al mondo addestrati a lanciarsi per addestramento all’operatività, da un elicottero sospeso sull’acqua per salvare chi sta annegando. Vegliano sull’incolumità dei bagnanti sulle spiagge, forti di un vero e proprio brevetto operativo. Prestano servizio a bordo delle motovedette della Guardia Costiera e collaborano con l’aeronautica militare, la protezione civile, la guardia costiera, la polizia, i carabinieri, i vigili del fuoco, la guardia di finanza". "La Sics - racconta - è la più grande organizzazione nazionale ed internazionale dedita alla preparazione di unità cinofile da salvataggio nautico, operativa in Italia dal 1989. La Sics ha perfezionato, in questi anni, tecniche addestrative e capacità operative all’avanguardia, che le hanno permesso di operare in collaborazione con i principali enti istituzionali, contribuendo al salvataggio di numerose vite umane. In questi decenni si è costruita veramente un'organizzazione unica che ha permesso di salvare tantissime vite e non sappiamo immaginare con la prevenzione che si fa ad ogni servizio, quante persone sono state allontanate da ogni genere di pericolo in acqua. Questo viene raccontato dagli istruttori a ogni allievo che intraprende il lungo e impegnativo percorso, per far capire che cosa significa fare parte della Sics, ed essere orgogliosi di farne parte". I bagnini a quattro zampe sono un valido supporto nell'ambito del progetto 'Mare e laghi sicuri' della guardia costiera: "Impieghiamo pattuglie a terra e a mare per monitorare le coste. Ma non si può essere presenti ovunque - rimarca Felice Monetti, capitano di fregata e caposervizio operativo della Capitaneria di porto di Genova - dunque più sono le risorse, più è facile intervenire. La collaborazione con la Sics nasce ormai più di dieci anni fa proprio qui a Genova e nel tempo si è formalizzata con un protocollo nazionale nel 2021, recentemente prorogato per altri tre anni". Questa estate ha visto le unità cinofile operative sics sulle spiagge italiane in collaborazione alla Guardia Costiera. In tutte le regioni d’Italia è stata forte la presenza di questi speciali amici dell’uomo. Da Genova Voltri alla Sardegna sua in spiaggia che sulle motovedette SAR della Capitaneria di Porto. Da Forte dei Marmi a San Benedetto del Tronto. Da Soverato a Chioggia. Sui laghi Lombardi a bordo dei mezzi navali dell’Autorità di Bacino del Ceresio e dell’Associazione Nazionale Carabinieri sull’Iseo. "Le decine di salvataggi che ogni anno si compiono - continua Ferruccio Pilenga - sono la dimostrazione che l’impegno di tutti gli istruttori nazionali Sics, dei loro cani e di tutte le scuole riconosciute presenti in ogni regione sono valsi tutti gli sforzi di questi decenni. Questi veri SuperpowerDogs, sulle orme di Mas, il primo cane da salvataggio e adesso con Reef, che sta trasmettendo alle nuove generazioni l’istinto, rinnovano tutti gli anni i brevetti nel mese di maggio e nel mese di giugno perché la preparazione e la forma fisica è fondamentale per la sicurezza in mare". "A settembre sul lago di Garda - continua - si svolgerà anche il terzo corso internazionale per unità cinofile sul lago di Garda. Questo corso è uno dei più importanti, e sottolinea l’incredibile know how che l’Italia ha acquisito in questa specialità esportata anche in USA. Quest’anno per la prima volta oltre a tedeschi francesi saranno presenti anche unità cinofile dalla Slovacchia e dalla Polonia. Insegneremo loro anche come vivere l’operatività in spiaggia". "Bambini, rumori, palloni, cibo, altri cani - sottolinea - l'elenco potrebbe essere infinito, eppure i nostri compagni sono assolutamente sereni in ogni occasione e socievoli con tutti, ma come fanno? Il segreto è soprattutto nel loro speciale addestramento, oltre naturalmente alla loro indole socievole. Sin dall'inizio del percorso formativo, vengono addestrati in situazioni realistiche e dinamiche, in presenza di altri cani e distrazioni di ogni tipo. Si tratta di un processo di desensibilizzazione verso le possibili cause di stress, favorito anche dell'estrema fiducia che si crea con il conduttore. Il cane impara a leggere le reazioni del suo compagno umano e ad adeguarsi ad esse, restando sereno nonostante il caos di una spiaggia affollata". "I cani - continua Pilenga - guidati dai loro conduttori, possono intervenire in maniera autonoma o insieme alle squadre di soccorso tradizionali, come ad esempio la Guardia Costiera grazie all’ausilio delle loro imbarcazioni, durante le operazioni di salvataggio". Ma qual è l’asso nella manica di questi splendidi cani eroi? "L'imbragatura - avverte - è fondamentale. Quando la scuola è nata, alla fine degli anni Ottanta, ne usavamo un tipo leggero. Poi c’è stata l’'ntuizione di cambiare, siamo arrivati al delphinus, un'imbragatura galleggiante che avvolge il cane come un mantello di Superman. Chi è in difficoltà si attacca a quella, come fosse un salvagente. E si salva". La formazione delle unità cinofile prosegue durante tutto l'autunno, l'inverno e tutta la primavera cosicché per l'estate sia i cani che i conduttori siano assolutamente al top dell’efficienza. Inoltre, nei mesi invernali le unità cinofile Sics continuano il loro lavoro di aiuto fuori dall'acqua. "Si impegnano - afferma - anche per portare un sorriso negli ospedali e per far conoscere la loro realtà anche nelle scuole, dove viene spiegata l’importanza della sicurezza in mare ai bambini. A Milano all’ospedale dei Bambini Buzzi, alla Fondazione de Marchi del Policlinico e da quest’anno anche all’Istituto dei Tumori negli ambulatori pediatrici, a Roma Pediatria Ospedale Gemelli, Ospedale Bambin Gesù e San Raffaele". "Il momento più toccante - chiarisce - è anche magico, quando i cani entrano nella stanza d'ospedale, percepiscono la sofferenza e allungano la zampa. E agli occhi dei bambini diventano eroi. Si fa presto a dire amici fedeli, questi cani benedetti sono addestrati ma di base hanno istinto generoso e altruista. E con i piccoli si danno anche appuntamento leale, come se dicessero 'guarda che poi ti aspettiamo vicino al mare', il bambino ci crede e quando è portato nel luogo promesso, i quattro zampe sono lì, sulla spiaggia a accoglierlo. Idroscalo a Milano, Marina di Massa in Toscana, Genova Voltri, Montalto di Castro e Ladispoli per esempio. Commoventi le visite dei cani ai piccoli tetraplegici che il gruppo Pilenga segue a casa e nelle strutture, associazioni con nomi simbolici come 'Il sogno di Eleonora', una bambina paralizzata di Milano, o 'Seconda navigazione', ispirato all'immagine metaforica con cui Platone descriveva la fase successiva alla prima navigazione, quando calano i venti e il marinaio è costretto a remare. "Facciamo tutto questo - sottolinea Ferruccio Pilenga - per regalare un po' di luce a chi è più sfortunato e più debole non vogliamo nemmeno i rimborsi spese e per noi è giusto cosi. Ogni volta che i cani entrano in quelle stanze è un momento magico. Il vecchio torna bambino e il bambino vorrebbe restarci, per sempre come Peter Pan".
(Adnkronos) - Accelera la fusione del ghiacciaio della Marmolada, al ritmo attuale entro il 2040 non esisterà più. A fare il punto è Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che oggi conclude il suo viaggio sull’arco alpino con la sesta tappa sulla Marmolada diffondendo i dati sullo stato di salute del ghiacciaio e informando i cittadini sugli effetti della crisi climatica ad alta quota. "Il ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, è ormai un ghiacciaio in coma irreversibile - spiega Legambiente - Dal 1888 è arretrato di 1.200 metri e con un innalzamento della quota della fronte di 3500 metri. Negli ultimi cinque anni il ghiacciaio ha perso ben 70 ettari di superficie, ossia pari a 98 campi da calcio passando da circa 170 ha del 2019 ai 98 nel 2023. A questo ritmo entro il 2040 il ghiacciaio della Marmolada non esisterà più. Una condanna a morte che condivide con i due ghiacciai più grandi delle Alpi, quello dell’Adamello, situato tra Lombardia e Trentino, e quello dei Forni, in Lombardia, tutti e tre posti sotto i 3500 metri e segnati da perdite di spessore importanti". "Misure sulle condizioni superficiali dei ghiacciai indicano che il ghiacciaio della Marmolada e dei Forni hanno picchi di perdita di spessore a breve termine rispettivamente di 7 e 10 cm al giorno; mentre per il ghiacciaio dell’Adamello le misurazioni a lungo termine rilevano che la perdita di spessore derivata dalla fusione glaciale permette di camminare oggi sul ghiaccio derivato dalle nevicate degli anni '80", spiega l'associazione. Il ghiacciaio della Marmolada è un "super osservato speciale da Carovana dei ghiacciai che ha fatto tappa sulla Regina delle Dolomiti già nel 2020 e nel 2022 per poi tornarci nel 2024. Quello che emerge è un ghiacciaio in forte sofferenza: se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. Nel 2024 lo spessore massimo è di 34 metri. L’accelerata della fusione del ghiaccio ad alta quota sta lasciando il posto ad un deserto di roccia bianca, levigata da quello che un tempo era il grande gigante bianco, e prendono vita nuovi ecosistemi". “Le Alpi sono un luogo fondamentale a livello nazionale ed europeo, ma sono anche sempre più fragili a causa della crisi climatica che avanza. Il ghiacciaio della Marmolada - dichiara Vanda Bonardo responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia - ne è un esempio importante e con Carovana dei ghiacciai abbiamo raccontato la sofferenza di un ghiacciaio morente, segnato da un’accelerazione del processo di fusione che ha numeri impressionanti e che richiede risposte urgenti a partire da una governance sostenibile del territorio. Per questo abbiamo sottoscritto il Manifesto per Un’altra Marmolada per una fruizione sostenibile della montagna presentato da Climbing For Climate”. “Con Carovana dei ghiacciai, che con questa tappa conclude la sua quinta edizione, non solo è importante conoscere e capire cosa sta accadendo ad alta quota, ma anche che impatti sta avendo la crisi climatica in queste aree montane e che ripercussioni sta provocando a valle. La conoscenza, unita alla ricerca scientifica - commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - devono però essere accompagnate anche da politiche di adattamento e di mitigazione, e da interventi su scala nazionale e locale, coinvolgendo anche le comunità locali. Per questo riteniamo sempre più urgente l’attuazione, accanto alle politiche di mitigazione, di un efficace piano di adattamento nazionale alla crisi climatica, a partire dalle zone più vulnerabili, come l’alta montagna". “I dati glaciologici sulla Marmolada rendono questo ghiacciaio emblematico per la sofferenza di tutti i ghiacciai alpini - dichiarano Valter Maggi e Marco Giardino, rispettivamente presidente e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano - Si tratta di un corpo glaciale scarsamente alimentato che soffre a causa della pressione climatica e antropica. Le trasformazioni ambientali si stanno ripercuotendo su questo ambiente glaciale e dobbiamo tenerne conto sia per i ghiacciai sia per le aree circostanti”.